24 • Schegge di sangue
"Not yet corpses.
Still we rot."
Song: Run for the hills - Tate McRae
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«Non devi dirlo a nessuno, hai capito?»
Mi scostai dalla presa di Quinlan, le cui mani sul mio viso erano state in grado di riportarmi con la testa nel caos che ci circondava, lontano dall'odore di bruciato che mi graffiava la gola.
Che mi soffocava come cenere nella trachea, mentre la mia pelle pulsava per le unghie di Quinlan impresse in essa.
«Cosa?»
Quando mollò la presa, sentii la carne scattare all'indietro, come per scappare anche lei a ritmo delle ondate di sangue che sbattevano contro le valvole cardiache e echeggiavano nelle orecchie.
«Ho solo» annaspai, «fatto quello che dovevo.»
Traballai in avanti cercando appiglio contro la parete annerita.
«Non devi dire a nessuno quello che hai appena fatto. Non è una cosa normale», riprese puntandomi il dito contro il petto.
«Lo sappiamo noi tre e basta», concluse trafiggendo con lo sguardo Nora e Nathan, ancora stordito al suolo. La divisa era incenerita nel punto in cui gli avevo poggiato le mani umide, lasciandovi impressa la loro forma.
«Ma Claudia...»
Il suo sguardo, gelido come il metallo della protesi di Nathan, mi interruppe prima che potessi anche solo pensare che lei poteva sapere, che mi fidavo perché ero sicura che la morte la conoscesse anche lei.
Che la morte era cessata per mio volere, e lei avrebbe voluto fare altrettanto.
«Claudia la troviamo non appena alzate il culo da questo benedetto pavimento da ricchi», imprecò tirando su i miei amici per le braccia, appena sotto le ascelle.
Li avevo quasi persi, li avevo visti entrambi ad un passo dalla fine e avevo sperato con tutte le mie forze di essere io al loro posto, perché quella che per loro era una punizione ingiusta, per me sarebbe stata liberazione.
Le colonne ad Elettro esplosero in un tutt'uno con le vetrate, scontrandosi in uno sbocciare di schegge e scosse.
Rose cremisi si aprivano nella serra in cui eravamo rinchiusi, umide al contatto con il liquido di morte che già cominciava a ristagnare lungo le fughe di pavimento.
La sala del trono si ritrovò immersa in un silenzio surreale, quasi a farmi credere che le mie orecchie avessero smesso di funzionare.
Solo il leggero crepitio dei fulmini che illuminavano debolmente le alte pareti di pietra rompevano il silenzio. Il trono e il suo sovrano sembravano osservare dall'alto la scena, scossi solamente nel corpo dalla regina e la principessa.
Qualsiasi cosa accadesse, quella sala, quell'uomo, non dovevano cadere. Erano l'unica prova di quello sguardo freddo che mi trafiggeva.
«Lascialo morire quel bastardo.»
L'Energia era talmente forte da insinuarsi senza alcuna difficoltà sotto la mia carne, aprendo il mio cervello come se fosse fatto di burro. Eppure era spaventosamente silenzioso; noi delle prede ignare che il serpente fosse alle nostre spalle felice di essere sicuro di star per banchettare.
Gli uomini avanzarono affannosamente, avvolti in lunghe cappe scure che ondeggiavano come ombre al loro passaggio. Le cappe sembravano fatte di un tessuto che assorbiva ogni luce, lasciando dietro di esse l'odore di qualcosa di innaturale. I loro volti erano nascosti sotto cappucci spessi, ma dalle mani fuoriuscivano sottili rivoli di potere.
«Non sento niente, loro non hanno Energia», dissi girandomi, le orecchie tappate, solo per costringere il mio cuore ad accelerare senza preavviso.
Nathan stava tirando per la manica Nora, che aveva una scheggia di vetro conficcata nella guancia, appena sotto l'occhio sinistro.
La carne le si era divisa con un taglio netto, i lembi di pelle non erano frastagliati, ma il liquido rosso scuro usciva copiosamente, coprendo la viva profondità. Creava un rigagnolo verso il labbro, dove la ragazza spingeva in fuori la lingua per non dover ingerire il liquido metallico.
«Nora», urlai mettendomi al suo fianco.
Il resto della sala era in preda al panico, un alveare senza regina, ma tutto quello che vedevo erano le due persone al mio cospetto, la consapevolezza che se quella era la mia famiglia, io l'avrei difesa con la mia vita.
Strappai la parte inferiore dei pantaloni, leccandola leggermente per poi passarla sulla guancia di Nora e toglierle la scheggia di vetro prima che i suoi livelli di adrenalina scendessero e lei si rendesse conto del dolore che in quel momento stava prendendo possesso di lei.
«I Guaritori stanno arrivando.»
Avrei riconosciuto quella voce anche se mi avessero resa sorda, se l'unico modo che avessi avuto per avvertirla fossero state le delicate vibrazioni che emetteva.
La ragazza si ergeva davanti a noi in tutto il suo rigore, nonostante alle sua spalle esili stessero sfrecciando vestiti in seta e uomini privi di Energia che, tuttavia, potevano evocare gli elementi delle Dee.
Il pensiero mi mandò una fitta allo stomaco.
Nell'aria pareva esserci solo il suo profumo di cioccolato e lavanda, ciò di cui aveva così tanto paura perché da piccola sua nonna aveva avuto una reazione allergica alle bestioline nere e gialle che la popolavano.
Incespicai non appena anche la sua chioma bionda sfiorò il centro del mio campo visivo.
«Layla», urlai arrampicandomi sopra il tavolo caduto e le sedie ribaltate.
Le schegge mi si conficcarono nel tessuto dei guanti, lasciando un percorso verso i miei polsi.
La ragazza, le mani poste in avanti a espandere il loro dono cicatrizzante, sbarrò gli occhi quando incontrò i miei. Per qualche secondo, le sue lingue di acqua si abbassarono, giusto il tempo di realizzare che non avrebbe permesso alle emozioni di interrompere il suo compito.
Lo scontro fra corpi che ci fu senza che me ne accorgessi mi rimise a posto il respiro, lo riportò nei limiti imposti dai polmoni, trascinandolo a terra.
Le mani avevano acquistato un battito proprio ma, forse per la prima volta, non le fermai, felice di concedere anche loro di esprimere felicità per essersi riunite all'amica che per anni era stata la mia via per casa.
Affondai la testa fra i suoi capelli, la feci mia coperta e, finalmente, mi lasciai andare nel primo vero abbraccio completo dopo quasi otto mesi.
«Com'è possibile che tu sia qui?» domandai scostandomi leggermente da lei per poterle vedere il viso e permetterle di lavorare, «Come ci sei arrivata?»
I suoi occhi cerulei facevano capolino fra le folte ciglia marroni, incorniciandoli in uno scorcio talmente innaturale da trascinarti dentro e divorarti.
«Kiross è più vicina a Brental rispetto a quel postaccio ghiacciato in cui ti hanno trascinata», rispose scostandosi piano per guardarmi negli occhi, «assolutamente deplorevole.»
Si strinse le guance rosate fra le mani, quasi a dimenticarsi delle urla circostanti e del sangue che stava iniziando ad allagare le fughe delle piastrelle. Sullo sfondo di sfuggita vidi una chioma rossa fuoco prendere la principessa Zelia da sotto le spalle, trascinarla nel tumulto con la sua gonna rosa caramella.
Nella grande sala del trono, le pareti di pietra risuonavano dei passi rapidi e affannati dei presenti, ora abbelliti da quelli dei tacchi della principessa. Le luci ad Elettro tremolavano, gettando ombre violacee mentre l'aria si riempiva di una sensazione straziante di vuoto.
Tutti e tre ci ritrovammo a fare uno scatto in avanti, allungando delle mani elettriche ad afferrare Zelia, ma l'uomo che per vent'anni mi aveva cresciuta ci fece affondare sotto una cupola d'acqua.
Lo vidi, chino a terra con il volto segnato dalla stanchezza e dal tempo, ma con quegli occhi inconfondibili che mi riconobbero all'istante.
Il mondo intorno sembrò congelarsi per un secondo, quasi la dea dell'Idro ci avesse spiato. I rumori della battaglia si affievolirono, lasciandomi concentrare sul suo volto incredulo.
«Ari...» sussurrò, lo vidi solo muovere le labbra.
La bolla d'acqua non ci invase i polmoni come avevo pensato; si limitò ad appiattirci al suolo, proteggendoci da una pioggia di fulmini neri come la pece.
Ancora, silenzio.
Mio padre scosse la testa, riprendendosi dal torpore: «Lasciatela andare con Lauren», urlò con voce ferma abbassando la patina melliflua.
«Papà», gridai finalmente, ma il pavimento cedette sotto i nostri piedi mentre mio padre mi accarezzava con lo sguardo.
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Fare i tirocini in ospedale ha ridotto drasticamente il mio tempo libero, infatti sono veramente sconsolata. Scrivo pochissimo e mi manca tanto.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, come sempre fatemi sapere; i vostri commenti e le vostre critiche sono sempre ben volute 🤍
A mercoledì prossimo (si spera!) ^^
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