Are you dreaming of me?
N.B.: I'll traduce it this week! I just wanted to post something here because has passed a lot from last time!! (and I had inspiration lol😏🔥)
🎼 I wrote on the notes of "Sentimi – Madame"
"Scivolerei tra le tue mani lisce
Almeno fino a che non riusciamo a dormire
Mi racconti una favola così dormo
Mi addormento con te come sottofondo
Vorrei solo del profumo del sudore del tuo corpo
Come stampo sulla felpa della Volcom che poi ti regalerò
Siedi e sentimi
Stammi accanto finché posso toccarti
Taci e stenditi
Dormirò sulle tue mani calde"
—ENG—
Coming.
— ITA —
Ajan Kloss era sempre stato un pianeta freddo, quando il sole tramontava.
Di giorno i raggi bagnavano le fronde della foresta in cui Rey correva a piedi lesti e labbra sfiatate, ciuffi di capelli sul viso e spada laser alla mano. Gli allenamenti si facevano ogni giorno più intensi e la meditazione la sfiancava tanto fisicamente quanto mentalmente.
C'erano certi giorni in cui la sera riusciva a malapena a reggersi in piedi, le ginocchia un fremito di stanchezza. Ecco... quel giorno era stato uno di quei giorni.
Quando era tornata dalla foresta, il sole ormai calante e le membra intorpidite, aveva trovato i suoi compagni e parte della flotta raccolti intorno al fuoco, scaldati da risate e fumo di una cena che prometteva bene.
Finn le aveva chiesto più volte di unirsi a loro, ma lei aveva declinato con un sorriso dolce e un movimento della mano. Con C3PO aveva dovuto, invece, essere un po' più autoritaria: il droide non le aveva dato pace finché non era salita sul Millennium Falcon e si era sbattuta la porta alle spalle.
Respirò come di cento polmoni, gli occhi chiusi e la testa reclinata contro lo stipite.
Si staccò piano da lì; avanzò in passi lenti dal lato opposto della postazione di volo.
Rey era l'unica a dormire su quella navicella, nessun altro dei suoi compagni aveva mai avanzato la richiesta di dormire sul Falcon e lei, dal canto suo, non ne era mai stata poi così dispiaciuta. Molti la guardavano ancora con occhi dubbiosi, un po' come si guardano i nuovi arrivati, perché lei in fondo lo era. Altri le serbavano occhiate di riverenze mute e si tenevano a distanza, ma con tanti aveva già fatto amicizia.
Nonostante ciò, però, amava ancora la compagnia di se stessa. Dopotutto aveva passato una vita da sola e, per quanto sembrasse assurdo, a volte la malinconia di quei giorni le grattava un po' il cranio e capiva di aver bisogno di... spazio.
Ultimamente, poi, di spazio ne aveva avuto anche troppo... Lui era sparito.
Non lo percepiva più, non lo sentiva mai, e pensava che forse la stesse rifuggendo allo stesso modo di come lei rifuggiva lui.
Non sentirlo era una mancanza cruda, come avere tra le dita una consistenza evanescente e sapere di non poterla afferrare.
Per quanto odiasse ammetterlo a se stessa... era frustrante. Eppure era giusto, lo sapeva. Doveva essere giusto.
Rey sbruffò e, con dita rigide dal nervoso per quei suoi pensieri, cominciò a slegarsi i capelli.
Era una cosa che non faceva mai in pubblico, nessuno l'aveva mai vista con i capelli sciolti e non che a lei piacessero chissà quanto. Al caldo torrido di Jakku erano sempre stati inutilmente scomodi e l'allenamento di quei mesi non aveva fatto altro che confermarlo. L'unico motivo per cui si ostinava a non tagliarli era l'acconciatura che usava fare tutti i giorni: era la stessa che le faceva mamma da bambina e, in qualche modo, si sentiva come se fosse una delle poche cose che le erano rimaste di lei.
Adesso, però, mentre li sentiva scivolare tra le dita in onde disordinate, giù oltre le spalle... si rese conto di quanto fossero diventati troppo lunghi e un altro sbruffo le uscì a fior di labbra. Li avrebbe tagliati, appena avrebbe avuto tempo.
Si diresse verso l'ala est della navicella, verso l'unica piccola cabina che riusciva ad ospitare giusto due letti. Rey aveva unito i materassi, fatto spazio per una piccola lanterna a led che aveva montato lì vicino, così da poter studiare i diari di Luke alla sera, più comodamente possibile.
Si spogliò con calma. Rimosse la cintura di pelle e fece lo stesso coi calzari e con le fasce che le avvolgevano gli avambracci.
Tolse via anche la divisa morbida che ormai usava portare sempre. La notò infeltrita e di un bianco sporchissimo, così si ripromise di lavarla il giorno dopo.
Rimase in sola biancheria intima e in gesti velocissimi si mise addosso l'unica maglietta che usava per dormire. Gliela aveva prestata Finn, era bucherellata in più punti e talmente lunga che le maniche le arrivano quasi al gomito e l'orlo le sfiorava le cosce.
Tolse via lo sbuffo di capelli che era rimasto dentro la maglietta e a piedi ormai nudi si diresse verso il materasso, gettandocisi sopra con tutta la stanchezza del mondo.
Cercò di decifrare un disegno in un diario di Luke finché non si addormentò.
🪐
Era un sogno confuso.
Sentiva qualcosa scivolarle addosso, soffi caldi che le facevano bollire la pelle.
Avrebbe voluto svegliarsi, e invece era bloccata in quel limbo di velluto in cui le rimbalzavano i respiri, le scivolavano di nuovo dentro, le immischiavano l'aria nel petto in un affanno quasi frustrante.
Scalciò, spazientita, e in quel gesto le lenzuola le si impiastrarono tra le gambe in un groviglio stropicciato.
C'era qualcosa, in quel sogno... qualcosa che le dava fastidio... qualcosa... che non riusciva a definire.
Ma se solo avesse saputo perché. Se solo avesse saputo qual era il vero problema.
Ed era semplice, elementare e terrificante.
Kylo Ren la aveva trovata.
L'aveva finalmente trovata e non era affatto vero ciò che pensava Rey, perché lui l'aveva cercata con tutte le sue forze, ma in quei mesi l'unica risposta che aveva ottenuto era stata un silenzio sordo.
La ragazza era stata brava a nascondersi, a chiudersi a lui. Ma nessuno è così bravo da resistere alla Forza. E loro insieme erano Forza– no, di più, di più. Loro insieme erano Diade. E questo era il motivo per cui lui l'avrebbe sempre, sempre trovata.
Dopo quasi una nottata intera a cercarla... adesso era davanti a lei. Aveva trovato il suo subconscio e ci si era aggrappato con un bisogno quasi vorace. E adesso... adesso era lì.
Era lì lì. In quella cabina striminzita, le ginocchia a sfiorare il materasso su cui lei dormiva.
Ecco perché Rey si era agitata. In qualche modo lo aveva percepito, in qualche modo sentiva la sua presenza anche nel sonno.
Kylo se ne stava nell'ombra, il corpo prestante e florido fasciato nella sua divisa a gettare ombra sulla figura esile e inconscia di lei.
E lui si riempì gli occhi senza accorgersene. Le sue cosce nude gli colpirono le pupille come uno schiaffo e queste si estesero come una disperazione nera, avide di lei.
Le dita chiuse tra le lenzuola e quello straccio di tessuto che teneva addosso salito su fino alla vita, lasciando parte dell'addome sodo e definito scoperto, il bacino una conca in cui le sue dita avrebbero potuto scivolare troppo, troppo facilmente.
E poi... poi c'era il peggio. C'erano i capelli.
Le si riversavano intorno in un groviglio selvaggio, una corona di dedali a circondare capo e spalle.
Kylo chiuse gli occhi e strinse pugni in un moto di fastidio. La mascella gli guizzò contro la guancia in uno spigolo netto.
Schiuse le labbra e fece per chiamarla, ma nello stesso istante lei emise un respiro profondo.
Riaprì gli occhi solo per vedere un ansito fragile lasciarle la bocca. Fu così intimo che il petto le si contrasse, i seni delicati premettero contro il tessuto in uno sfruscio lento.
Gli occhi di Kylo caddero su quel movimento involontario del corpo ma lui non avrebbe fatto niente, davvero. Non avrebbe fatto niente se solo... se solo...
«Ben...»
Lo tirò fuori come un miagolio, e quel nome sulle sue labbra a Kylo sembrò il peccato più giusto del mondo.
In un istinto virile si chinò su di lei per guardarla meglio.
Lei lo stava sognando. Con tutta probabilità era l'influenza della sua presenza, il suo subconscio che voleva avvertirla che lui fosse davvero lì. Che l'avesse trovata, eppure... c'era qualcosa che non quadrava.
Per quanto fosse normale che non si svegliasse... la reazione. La reazione era completamente sbagliata.
Perché non era arrabbiata? Perché non scalciava o gridava o si dimenava? Perché... perché respirava in quel modo e lo chiamava in sussurri che gli facevano accartocciare la carne?
«Ben...» sussurrò di nuovo, una mano a scendere sul tessuto inutile della maglietta, le dita proprio in mezzo ai seni.
Kylo ebbe un impulso cieco di toccarla, il bisogno scorticante di sentirla dormire sulle sue mani calde.
Si accorse di essersi avvicinato troppo solo quando il respiro di lei gli finì in bocca e lui dovette mandarlo giù come un veleno rovente.
Perché... perché lo stava facendo? Perché non se ne andava e basta?
Ormai sapeva dove fosse. Dopo la prima volta, le successive non sarebbe stato difficile trovarla. Eppure... non riusciva a staccarsi da lì. Sentiva le gambe inchiodate, la schiena piegata su di lei.
E lei... lei che a ogni respiro inarcava la schiena un po' di più, gli respirava addosso, si smuoveva sotto il peso dei suoi occhi come se... come se volesse qualcosa da lui perché in fondo lei sapeva, sapeva che c'era.
«Ti prego... ti prego.» le uscì dalle labbra in un sussurro sfibrato, un altro movimento impulsivo delle gambe nude.
Fu allora che Kylo capì. Lo capì perché era un uomo acuto, lo capì perché forse il bisogno che gli smuoveva le viscere era lo stesso.
A vederla così, calda ed eccitata sotto di lui, capì che lo stava pregando per un motivo ben diverso dell'andare via.
E nella sua testa ci fu un frastuono pazzesco, la voglia di spaccare qualcosa, di picchiare il cranio da qualche parte, andare via di lì il prima possibile. Di rinnegare se stesso, la maledetta Luce e lei. Oh lei, la maledizione più grande che–
«Toccami.»
Gli occhi di Kylo si sgranarono, ma ancor prima che potesse dubitare di ciò che avesse sentito lei lo ripeté.
Inarcò la schiena, si passò le mani sui fianchi in un sogno che ormai per lei era diventato disperato. «To... toccami.»
Lo disse come se a mancarle fosse l'aria e invece era solo lui.
Con una lentezza che sarebbe potuta durare eoni, Kylo frappose la sua mano tra di loro. La lasciò in bilico prima di lasciar scivolare le dita sul collo di Rey.
A quel tocco la sentì davvero, sentì la sua pelle calda, il battito pulsare contro i polpastrelli.
Rey espirò di un appagamento intimo, come riuscisse a sentirlo anche lei.
A vederla così gratificata, in una delicatezza che non sapeva neanche di possedere, fece scivolare le sue dita sul suo braccio nudo.
Fu in quel momento che lei si mosse, offrendogli il fianco scoperto in una metafora che a Kylo quasi fece ridere dall' amarezza.
Eppure adesso era lì, la sua pelle nuda premuta contro le dita come a chiedere di più.
Lui allora la toccò ancora, la accarezzò facendole scorrere addosso tutto il palmo, talmente grande confronto alla vita di lei che riuscì ad accoglierne metà nella sua mano chiusa.
La fece scivolare di poco sulla conca del bacino solo per sentirla ansimare e spingersi di più contro di lui.
Kylo la guardò in viso... le lunghe ciglia a ricamare un'ombra sulle guance, le labbra morbide leggermente schiuse...
Il basso ventre gli si contrasse in una scossa bruciante e quando il mignolo incontrò l'orlo degli slip di lei, Kylo si ritrasse in un respiro ruvido, masticato e risputato dentro.
«No.» fu il ringhio che gli vibrò in gola.
Così basso e forte che bastò a Rey per riprendere contatto con la realtà.
Gli occhi le si aprirono di colpo, nello stesso istante in cui lui rifuggiva da lei, interrompendo il contatto e svanendo da lì.
Lei non poté che rimanere così, con gli occhi febbricitanti a guardarsi intorno e una strana sensazione di bollore, una scia che andava dal collo al ventre.
Non chiuse più occhio per tutta la notte e come lei, su un altro pianeta, qualcun altro.
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