XIII: LE 20:35

Arrivato l'ascensore, mi fece cenno col capo, rivolgendo lo sguardo sulla sua Lotus.

«La guardo io, non si preoccupi...», gli assicurai, rassegnato.

Lo scopo di quell'uomo dal vestito di lino non mi fu chiaro all'istante...

Ma dopo tre minuti, scese con una borsa contenente una chitarra, almeno credo...

Salì sulla sua Lotus gialla e sfrecciò via, senza nemmeno un saluto o mezzo sguardo...

Lo scopo di quell'uomo? Mah. So soltanto che fui licenziato senza motivo dopo il colloquio avuto col mio capo, Mr. Constance...

E fu così che quell'offerta che mi fece divenne impossibile da rifiutare, indispensabile per continuare a lavorare...

Licenziato, io! E pure così, senza motivo! Cosa sconvolgente, era il sorriso del signor Constance, così felice che poco mancava che mi facesse le sue congratulazioni per il mio repentino licenziamento. Mi disse: «Benvenuto nel club dei bugiardi! Ora sì che la tua vita cambierà, mio caro ragazzo!»

Ricordo solo questa frase. Echeggiava nella mia mente per tutto il giorno questo strano avviso...

Ero un falso? Ma che ho fatto? Che ho fatto per entrare in questo immaginario club dei bugiardi?

Beh, non ci volle molto tempo per scoprire cosa si nascondeva realmente dietro tutto quel mistero...

Il giorno dopo andai in cerca di un nuovo lavoro. Non volevo basarmi soltanto sull'appuntamento delle 20:35. Infatti, la mattina presto preparai il mio curriculum vitae: mi feci una foto con la mia fotocamera "bridge" e mi presi cinque minuti per osservare il mio viso...

La consapevolezza di sé stessi non è una cosa così normale come sembra; non tutti la raggiungono subito. O almeno, non tutti la vogliono raggiungere...

Io notai il mio volto, che per i miei gusti era troppo pallido. Qualche lentiggine arancione si sbriciolava sulle mie guance, accostandosi al colore naturale dei miei capelli rossicci...

I miei occhi verde bottiglia erano piuttosto preoccupati, ma vispi. Quegli occhi mi dicevano: "E ora che si fa?" Nemmeno un po' di barba; avevo il volto di un bambino, eppure sfoggiavo i miei venticinque anni con i suoi piccoli acciacchi, già comuni fra quelli della nostra generazione malaticcia. Buttai giù quattro righe col PC e, delineate le mie competenze, stampai il tutto.

Così scesi e mi incamminai. Ero solo in questa città italiana. Era un paesino sperduto sulla costiera sorrentina. Girai tutte le aziende e gli hotel per continuare la mia entusiasmante carriera da receptionist. Sì, urrà. Eppure il mio pensiero era fisso su quell'orario: 20:35.

Fui in giro per infinite ore, finché si fecero le 19:46...

Forse avrei dovuto ignorare quell'appuntamento misterioso, ma la curiosità e la disperazione erano più forti di qualsiasi prudenza.

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