Giorno 6 - Prime luci del mattino (Inizio secondo atto)

Quando aprii gli occhi, attorno a me c'erano delle macerie. Non ero sul letto, e quando me ne resi conto, mi alzai di scatto. Il cielo era tutto arancio, e quello che avevo attorno era distrutto. Forse erano proprio le costruzioni di Fork Lake.

Ero spaesato, e mi presi anche uno bello spavento per non essermi trovato nel letto di casa, a dormire assieme a Enrico.

Ero da solo. Non riuscivo a vedere nessuno, e nel mentre nel cielo tuonava un temporale. Provai a muovermi tra le macerie per raggiungere un posto lontano dai palazzi, e trovare qualcuno. Mi muovevo lentamente, per evitare di inciampare sulle macerie. Dopo pochi passi, sfiorai con la mano il mio fianco sinistro. Era intriso di sangue. Ero ferito, e non me n'ero accorto. Com'era possibile? Avrei dovuto sentire il dolore, magari avrei dovuto anche gridare. E invece nulla.

Continuai a camminare, e trovai finalmente un altro corpo. Era accasciato a terra, e immerso nel sangue. Inizialmente non riuscii a riconoscerlo, ma quando mi avvicinai, il mio volto fu pieno di orrore per quello che avevo visto. Era Enrico, la sua bocca grondava di altro sangue, e gli occhi vuoti. Mi allontanai subito dal corpo, ma non riuscii a digerire quello che avevo visto. Rimasi seduto per terra, e mi sentivo il cuore in gola.

Ero di nuovo dentro un film dell'orrore! Nemmeno il tempo di riprendere fiato e alzarmi, che sentii una voce:

"Perché ti allontani?"

Non potevo crederci. Era la sua voce, di quello che avevo appena visto morto per terra! E non riuscivo a rispondere, tanto meno a muovermi dalla mia posizione.

Davanti ai miei occhi, c'era sempre lui, ma in piedi, e in controluce. Era una figura quasi totalmente colorata di nero, come l'ombra più scura.

"Tutto questo è opera tua."

Non si limitò a dirlo. Lo urlò. Poi cominciò a ripetere all'infinito le ultime parole, finché non cominciarono a ripetersi persino nella mia testa. Avrei potuto anche tapparmi le orecchie, anche farmi sordo, ma avrei continuato a sentire quelle parole.

Intorno a me si materializzarono altri soggetti, anche loro in ombra. Anche loro a dire la stessa cosa. E io non riuscivo a muovermi, nemmeno a parlare, nonostante nella mia testa stavo implorando loro di smettere.

"Basta" urlavo nella mia testa. "Lasciatemi in pace!"

Ma non funzionava. A un certo punto, un fulmine mi colpii, e io lanciai una scarica di energia a tutti coloro che avevo vicino. Esplosero tutti in una fontana macabra, e io non riuscivo a fermarmi. Stavo attaccando anche i palazzi, che cominciarono a crollare uno dopo l'altro. Uno di quelli stava crollando contro di me. Cercai di distruggerlo per salvarmi, ma riuscii solo in parte.

"Ethan?" Era la voce di Enrico, ma era flebile, e calma. "Ethan?" Ripeté.

Mi alzai di scatto dal letto. Era ancora notte. Portai la mano in avanti d'istinto, e respirai con agitazione. Ci fu pure una breve scossa, ma tornò tutto alla normalità in fretta. Vicino a me, Enrico era preoccupato, e aveva acceso la lampada:

"Va tutto bene?" Mi chiese.

"Ho avuto un incubo" e mi stesi sul letto.

"Eri agitato, e te muovèv in nu' modo strano."

"Scusami per averti svegliato" gli risposi.

Enrico non rispose alle mie scuse, ma invece cominciò ad accarezzarmi il petto. Lo faceva ogni volta che ero agitato, e precedentemente aveva funzionato. Certo, la prima volta stimolò anche i miei desideri sessuali, ma era un discorso a parte. Era pur sempre rilassante.

"Ora dormi" mi disse Enrico.

"Grazie, Enrico" e il pastore spense la lampada.

Dopo quell'incubo, non ebbi più problemi a dormire. Anche Enrico era riuscito a riprendere sonno, e si era addormentato appoggiato su di me.

Quando sorse il sole, e venne il momento di svegliarmi, Enrico si era già alzato. Aveva posato la tazzina del caffè sul comodino.

"Buongiorno" disse solare.

"Oh," avevo gli occhi aperti, ma nessuna voglia di alzarmi. Mi sentivo terribilmente stanco, ma non volevo che il caffè si facesse freddo. Mi avvicinai al comodino, e bevvi un sorso.

"Sai, Enrico," dissi, ma lui mi lesse nel pensiero.

"Te fa schifò chistu caffè?" Chiese, dopo aver bevuto dalla sua tazza.

"Giusto un po'."

Non volevo essere certo scortese, ma aveva ragione.

"Beh," disse lui sorridendomi, "si assaggiassi o' caffè napoletano, ci scommetterei o' mie pelo ca' nun vorrèst cchiu' bevere ro' caffè comm chesta merda ca' abbiamo."

"Può darsi" risposi.

Trovai la forza di alzarmi, e poi andai subito a farmi la doccia. Ormai mi ero abituato all'acqua fredda, e perciò finii in poco tempo.

Anche Enrico finì la doccia in poco tempo. Una volta vestiti, fu lui a prendere l'iniziativa:

"Ca' ne diresti e' i' a vve comm sta Matthew?"

"Certo" gli dissi.

Si avvicinò a me, e questa volta a essere seduto sul letto ero io.

"Ethan," disse, "stai meglio adesso?"

Capii che si riferiva al tormento che ricevetti dal sogno.

"Certo," gli risposi, senza fretta, "sto meglio."

Enrico non resistette ad abbracciarmi. E non potevo rifiutarlo. Era come — forse era solo che adoravo l'abbraccio, nient'altro.

Ci avviammo a casa di Hana. Avevo intuito che normalmente la mattina noi del gruppo ci limitavamo a passare il tempo alle nostre case, oppure a fare qualche passeggiata, ma ero comunque curioso di vedere che cosa facessero gli altri.

Bussammo alla porta. Da dentro casa, Matthew sbuffò e disse "un attimo" con sufficienza, poi venne ad aprirci. Enrico era davanti alla porta, e si ritrovò di fronte il coniglio, col volto di uno che è stato disturbato proprio nel più bello.

"Non potevate scegliere un momento migliore" furono le sue prime parole quando ci vide.

Enrico lo guardò subito male, e si mise a braccia conserte.

"Pezzo d'ingrato" gli risposi. "Volevamo sapere solo come stavi."

"Bene" rispose, calmandosi un po'. "Hana mi stava facendo provare un gioco fantastico!"

Hana venne da noi proprio in quel momento. Matthew si spostò per permetterle di aprire la porta. A differenza del nuovo arrivato, Hana era sorridente come sempre:

"Buongiorno" disse. "Entrate pure!"

"Certo" rispose Enrico.

"Matt," disse Hana al coniglio, "non essere così scorbutico con loro. Sono amici."

"Scusami, Hana" rispose il coniglio imbarazzato.

“Matt?” Chiesi confuso.

“Solo i miei amici mi chiamano così” disse il coniglio.

Riprese Hana:

"Parlando con Matt, ho scoperto che lui adora i videogiochi. E ho pensato di fargli provare quello che possiedo! Mi ha sorpreso che non conoscesse il novanta per cento dei giochi che gli ho proposto!"

Mentre Hana ci parlava, ci fece entrare nel suo salotto, e ci fece sedere per terra, davanti a una vecchia televisione a tubo catodico. Collegata alla TV c'era una vecchia console, che io non riconobbi. Enrico si sedette vicino a me, e Hana prese posto vicino alla console, insieme a Matthew.

Si sedettero in modo da non oscurarci la visuale. La luce della stanza era spenta, e c'era solo la luce della televisione a illuminarci. Non era proprio salutare, a dire la verità. Perlomeno la luce che entrava dall'unica finestra della stanza riusciva a compensare in parte. E anche a illuminare le mura blu della stanza. L’unica che fosse dipinta in questo quartiere.

"Cosa volete farci vedere?" Chiese Enrico.

"Stavo facendo provare a Matt un capitolo di Tomb Raider per la prima PlayStation, trovata da Joel per puro caso."

"Come fate a trovare oggetti così vecchi?" Chiesi. Prima il telefono, poi la TV e la console. Era abbastanza inusuale, considerato il livello di salute della città.

"Pare che alcuni vecchi chiedano molto questi prodotti nella cittadina" rispose Hana.

Nel mentre, Matt era intento a giocare. Mi disinteressai subito del gioco a cui stavano giocando, ma volevo restare a parlare con i due.

"Come va a voi, invece?" Chiese ancora Hana, "Qualche novità?"

"Ieri abbiamo giocato con Mark" rispose Enrico. Ok, quello che avevamo fatto non era proprio un gioco...

"Interessante" rispose lei.

"A voi invece?" Chiesi.

"Ottimamente! Matt ha superato la timidezza iniziale, e siamo diventati subito amici. Abbiamo letto insieme l'ultimo volume di Beastars trovato da Joel, e poi abbiamo giocato insieme a Final Fantasy VI. Lui lo ha adorato."

Sentendo di quel numero di Beastars, Enrico sbuffò.

"Lo abbiamo letto anche noi" dissi. "E a Enrico non è piaciuto."

"Nun me ne parlà" disse il pastore tedesco.

Hana andò in camera per prendere una cosa, e chiuse la porta. Dopo un po', Matt iniziò a imprecare dopo essere morto nel gioco. Superato il momento, si stese per terra, e mi guardò:

"Oh, siete ancora qui" disse.

"Stavamo parlando con Hana" risposi.

"Ho sentito. Lei sembra veramente una buona amica. E io non ho mai avuto amici, specialmente da quando hanno cominciato a darmi fastidio."

"Possiamo essere tuoi amici anche noi" proposi.

"Ethan," disse Enrico, "perché non passeggiamo un po'. Mi annoio a restare qui!"

"Possiamo fare una passeggiata tutti e quattro insieme" disse Matthew. In quel momento Hana tornò da noi. Aveva preso la confezione di un altro videogioco, ma non le sarebbe più servito.

"Per me non c'è problema" disse lei. "E non può succederci nulla, finché c'è Ethan!"

"Certamente" risposi col sorriso, nascondendo la mia perplessità sulla dichiarazione.

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