Giorno 4 - Notte
Lasciai Enrico sul divano, e con Elise e Joel tornammo alla cittadina. Nonostante tutto, non ero teso. Ero più tranquillo che mai. Potevo contare sui miei poteri, e avevo l'idea che qualsiasi cosa fosse successa, noi ce la saremmo cavata. Eravamo tutti e tre armati, in modo da poterci difendere in caso di bisogno.
Elise ci indicò il posto che dovevamo depredare. Era un centro commerciale chiuso, dall'aspetto decisamente generico. Un grande blocco di cemento con una persiana, un paio di finestre, e una scritta al neon spenta che non volli leggere. Eravamo nascosti un un punto che i lampioni non riuscivano a illuminare, in modo da poterci accordare senza essere visti.
"Ora ascoltatemi" disse Elise, per richiamare la nostra attenzione. "In un modo o nell'altro, Ethan, dovrai farci entrare. Una volta che saremo dentro, come pensi di mettere fuorigioco le telecamere?"
"Con la telecinesi potrei comandarle strategicamente per non permetter loro di vederci."
"Ottimo" esultò a bassa voce la ragazza. "Attento a non fare casini coi poteri."
"Va bene."
Contavo di aprire le porte del centro commerciale con la telecinesi, ma Joel mi bloccò. I due preferivano entrare in modo silenzioso, da una delle finestre. Ne trovai una che pareva abbastanza larga per tutti e tre, e la aprii, con uno schiocco delle dita. Era tutto così facile. Una volta aperta l'entrata, restava il problema di raggiungerla. Elise, in tutta risposta, mi porse una busta della spazzatura:
"Noi ci sediamo sulle buste, e tu le sollevi cautamente per farci arrivare alla finestra."
"Dici sul serio?" Disse Joel, perplesso.
"Cosa c'è che non va?" Chiesi. A parte l'ovvia puzza dei sacchi...
"Soffre di vertigini, ed è un gatto" disse Elise ridendo. Joel provò a ribattere, ma lei lo zittì subito.
"Andrò piano piano" dissi, sperando di confortare il gatto.
Ci sedemmo sui sacchi, e dovetti mettere in conto di fare la mia magia senza farmi distrarre dal fetore. La odiavo, ma dovevo farlo. Con un gesto delle mani sollevai i sacchi come fossero dei piccoli ascensori. Elise doveva trattenere l'energia, se non voleva svegliare il vicinato, e Joel stava tremando. Se fosse capitato un agente della polizia o un criminale nei paraggi, sarebbe stato un casino.
Arrivati all'altezza della finestra, feci avvicinare Elise, che si sedette sulla finestra. Poi fu il turno di Joel, e poi andai io. Dopodiché riportai con cautela i piccoli ascensori a terra.
"C'è mancato poco" Joel stava recuperando fiato.
"Ricordati solo che ieri hai preso Mark per il culo per la stessa ragione" gli disse seccata Elise.
"Ma lui è una volpe grigia! Dovrebbe poter-"
"Fate silenzio" dissi.
Dall'altra parte della finestra, il pavimento del centro commerciale mi parve un po' alto, e realizzai che forse avevo scelto la finestra sbagliata. Non conoscevo il centro commerciale!
"Ethan" mi chiamò Elise, e lei si lanciò verso gli interni. Nel disperato tentativo di prenderle la mano, capitò invece che lei rimase a fluttuare in aria. I miei poteri funzionavano anche sulle persone, e ne avevo avuto la conferma. Ero felice di non averlo provato su Enrico prima.
"Sta funzionando" disse lei. "Mi faresti scendere?"
Meno male che dovevamo essere silenziosi...
La portai pian piano a terra, e lei si riparò sul muro. Non riuscivo a vedere dove fosse la telecamera, e non potevo fare alcun calcolo. Ma qualcosa potevo farla. Avvicinai le mie mani a Joel.
"Ethan, che cosa-"
Non riuscì a finire che lo lanciai, per poi lasciarlo a mezz'aria.
"Pezzo di merda" sbraitò adirato.
"Abbassa la voce" disse Elise.
Lo lasciai allo stesso modo in cui lasciai Elise. Era arrivato il mio turno, ma non sapevo se sarei riuscito a controllarmi durante la caduta. Se fosse andata male, avevo dei poteri rigenerativi. Se Hana aveva detto che potevo competere con Wolverine in persona...
Mi lasciai cadere, e cercai di bloccare la mia caduta. Rimasi a mezz'aria solo quando ero sul punto di toccare le mattonelle.
"Ce l'ho fatta" dissi sorpreso. Poi mi alzai da terra.
Una volta dentro, non restava che sbarazzarsi delle telecamere, e prendere tutto quello che potevamo. Non appena vidi una telecamera, subito provai a fare qualcosa. Il mio intento era di spostarla, ma il potere fu tale che la telecamera non riuscì a reggerlo, e si spense.
"Ottimo" disse Elise. "Spegni tutte le telecamere che puoi, io e Joel pensiamo a prendere la roba."
Annuii, e poi alzai le mani, per arrivare a tutte le videocamere che potevo. E anche agli altri sistemi di sicurezza che c'erano. Sperando di massimizzare la resa del mio potere, pensai a tutto quello che mi veniva in mente. Telecamere, sistemi anti-taccheggio (magari a Fork Lake li tenevano attivi anche di notte), sistemi di rilevazione a infrarossi. Se non avevo sbagliato qualcosa, era tutto disattivato.
Elise e Joel partirono subito, e io li seguii. I due cominciarono a muoversi da un reparto all'altro, con la velocità di una lince, e cominciarono a prendere tutto il possibile. Cominciammo dai reparti degli alimentari, e prendemmo tutto il possibile. Frutta, verdura, snacks, taralli, e anche carne e altri alimenti che richiederebbero la cottura. In un reparto c'era persino del carbone, e Joel lo prese. Nel giro di venti minuti, il sacco era pieno, ed eravamo pronti ad andare.
Eravamo tornati all'entrata, ma sentimmo una voce:
"Fermi dove siete! Alzate le mani."
Ci girammo. Elise preparò l'arma, ma dietro di noi non c'era altro che un guardiano notturno, un dobbermann. Teneva la pistola puntata contro di noi, e tremava vistosamente:
"Posate quello che avete, e non vi farò del male."
Elise era pronta a sparare, ma io la fermai. Non potevamo ucciderlo in quella maniera. Le sue tracce sarebbero rimaste, e avrebbero saputo del furto. Feci fluttuare l'uomo, facendogli cadere la pistola, poi lo riportai con cura a terra, e allontanai l'arma da lui.
"Che cosa sei?" mi chiese, guardandomi intimorito.
"Allo stesso modo, ho disabilitato i sistemi di sicurezza di questo posto" dissi. "Noi stiamo solo cercando di sopravvivere."
La guardia stava per controbattere, ma sentimmo tremare, e ci zittimmo tutti. Non era la scossa violenta che feci di mattina davanti a Enrico, ma era una scossa subdola.
"Ethan?" parlò Joel.
"Non sono io."
"Che cosa sta succedendo?" disse il guardiano.
"Resti fermo, non siamo noi" dissi ancora. Stavo ancora provando a trattare. "In questo posto-"
Le luci cominciarono a spegnersi e accendersi a intermittenza. Con tutti gli horror che avevo visto, questa cosa non mi fece paura, ma rimasi in guardia. Poteva essere il preludio di qualcosa di peggiore. Il rumore della scossa, però, cominciò a crescere d'intensità.
"Cosa fanno gli spettri qui?" disse Elise.
"Spettri?" La guardia non sapeva nulla degli spettri. "Che cosa?"
Cominciò a puntare la pistola qua e là, senza sparare. Tremava di più ogni movimento che faceva. A un certo punto rischiò di scivolare sul pavimento per la fretta dei movimenti, ma riuscì a riprendersi. Io e i miei compagni eravamo ancora fermi. Joel teneva il sacco in mano, e Elise aveva il fucile pronto, per quanto sarebbe stato inutile.
Una tegola cadde dal soffitto, ed era sopra di Joel. Lasciò il sacco, e si lanciò verso sinistra. La tegola cadde sul sacco, e si ruppe in pochi pezzi. Da quel momento la scossa che stava perseguitando l'ambiente circostante divenne più forte. Gli scaffali cominciarono a tremare vistosamente. Sia Elise e Joel, sia la guardia cominciarono ad andare in ansia.
"Ethan, dobbiamo andarcene da qui" disse la lupa.
"Certo! Così quello chiama la polizia" ribatté Joel.
"Ci penserà Ethan! Andiamo!"
Cominciammo a correre verso l'uscita del centro. Grazie alla telecinesi, era la via più veloce. Ma la guardia alle nostre spalle non si era data per vinta, e continuò a inseguirci. Riuscì a riprendere la pistola, e provò pure a sparare, ma mancò noi tutte le volte. Avrei dovuto fermarlo, oppure avrebbe senz'altro chiamato soccorsi.
Lo spettro fu più veloce, e il dobbermann fu lanciato sul soffitto. Quanto fu buttato a terra, uscì di getto una pozza di sangue, che rovinò definitivamente la nostra possibilità di andar via senza lasciare alcuna traccia. Ma lo spettro non si fermò, e cominciò a lanciare oggetti dagli scaffali contro di noi.
Elise sparò contro gli oggetti per tentare di deviarli. Io invece aprii subito le persiane dell'uscita del centro, e subito dopo le porte. Elise e Joel scapparono fuori, ma le porte si chiusero davanti a me, lasciandomi dentro.
"Andate" dissi. "Andate senza di me!"
Non potevamo fallire per colpa mia. Ero l'unico che avrebbe potuto affrontare lo spettro.
"Ethan, ma sei-"
"Lasciatemi qui!"
Sentii dei passi che diminuivano di volume. Li avevo convinti. Ora eravamo solo noi e lo spettro. Cercai di lanciare alcuni oggetti con la telecinesi per scovare lo spettro. Fu lui a comparire davanti ai miei occhi.
Lo spettro si lanciò contro di me, e cercai di bloccarlo a mezz'aria. Non ci riuscii, e lui mi scaraventò contro gli scaffali. Non mi aveva ferito, grazie al cielo, e mi ripresi subito. Provai a lanciare alcuni oggetti contro lo spettro, ma non gli facevano nulla. Lo spettro lanciò un grido d'oltretomba, e si scagliò nuovamente contro di me.
Venni nuovamente scagliato contro degli scaffali, ma questa volta non riuscii ad alzarmi. La mia gamba era bloccata sotto lo scaffale, e se avessi perso tempo a liberarla sarei finito alla mercé dello spettro. Dovevo cercare un modo di affrontarlo, o di fuggire.
Lo spettro stava caricando contro di me, ma questa volta riuscii a bloccarlo. Era come se avessi preso il braccio di un energumeno, per quanto sentivo pesante la presa. Con uno sforzo degno d'Ercole, lo lanciai il più lontano possibile da me. Ero affaticato, e avevo indebolito temporaneamente i miei poteri, ma avevo la possibilità di scappare.
Mi liberai dallo scaffale che mi bloccava, e corsi verso l'uscita. La raggiunsi in poco, e aprii le porte, ma nel frattempo lo spettro stava caricando contro di me. Cercai di bloccarlo con i miei poteri, ma non ci riuscii. Dovetti lanciarmi fuori, prima che mi potesse prendere. E chiudere alla svelta.
Ma qualcuno sparò allo spettro, e questo si tirò indietro. Forse non gli aveva fatto alcun danno, ma lo aveva spaventato. Quello fu il momento in cui chiusi subito la saracinesca, bloccando lo spettro per il tempo necessario per fuggire.
Dietro di me, Enrico aveva in mano il fucile, e non c'era nessun altro.
"Enrico" dissi con stupore.
"Gli altri sono andati verso casa" disse.
Ma dietro di lui c'erano tre poliziotti. Avevano sentito tutto il trambusto, e stavano venendo a controllare. Come ci videro, ci puntarono contro le armi. Ma io li misi subito KO con i miei poteri, sbattendoli tra loro. Dopodiché io ed Enrico fuggimmo.
Il rimprovero di Jim
Riuscimmo a tornare a casa sani e salvi. Se c'era una cosa che avevamo imparato quella notte, era che gli spettri, almeno in apparenza, attaccavano i cittadini di Fork Lake con la stessa violenza con cui attaccavano noi. Forse tutto quello che aveva ipotizzato Mark era errato, oppure il sindaco, nel caso in cui fosse davvero lui, riusciva in qualche modo a comunicare con gli spettri, per convincerli a risparmiare loro e noi in parte. Magari Mark mi avrebbe saputo dire di più. O forse no.
Ciò che mi lasciava ancora più interdetto fu che quel guardiano notturno era inconsapevole della presenza dello spettro, ed era infatti impreparato. Questo sarebbe significato che anche la polizia avrebbe ignorato la presenza dello spettro durante le indagini sull'omicidio. E pensare che avrei voluto risolvere tutto senza spargimento di sangue!
Quando arrivammo al nostro quartiere, Elise e Jim ci accolsero subito. Notai subito l'assenza di Joel:
"Dov'è Joel?"
"Caroline lo sta medicando" disse Elise. "Una pattuglia della polizia ci aveva attaccato mentre cercavamo di fuggire. Sono riuscita a metterli a terra, ma loro hanno ferito Joel."
"A ogni modo, non è ferito gravemente," disse Jim, "e la refurtiva è salva. Non è stato tutto invano."
"Grazie al cielo" disse Enrico.
"Quanto a te!" Jim si stava avvicinando al pastore tedesco, con tono di rimprovero. "Sai bene le regole delle missioni notturne. Dovevi restare con gli altri."
"Non potevo farlo" ribatté subito Enrico.
"Avresti potuto compromettere la missione."
"Sarei morto se non fosse stato per lui" attaccai.
Avrei dovuto gestire lo spettro e la polizia insieme, e nulla mi garantiva che le capacità rigenerative mi avrebbero sempre salvato. Non sarei morto, magari, ma sarei finito in arresto, e tutta questa merda sarebbe stata inutile.
"Se avessi saputo di quello spettro del cazzo non vi avrei mandati" disse ancora Jim. "Sarebbe dovuta essere un'operazione furtiva, come tutte le altre."
"Possono venire a vessarci lo stesso" controbatté Enrico.
"Ora hanno un motivo certo per farlo!"
"Basta" urlò Elise, zittendoci all'istante. "Credete di risolvere qualcosa litigando come dei bambini? Credete di fare del bene per Joel, o per Hana, o per qualsiasi altro di noi? Quello che è fatto è fatto, abbiamo fatto del nostro meglio, e affronteremo qualsiasi pericolo insieme. Non è questo quello che dovresti dire tu, Jim?"
"Un conto è dirlo, l'altro è metterlo in pratica. Non posso-"
"Io torno a casa" dissi. "Ne ho abbastanza."
Jim non rispose, mentre io ed Enrico camminammo verso casa. Elise ci raggiunse subito:
"Grazie per tutto, Ethan" disse.
"Ho fatto solamente quello che mi avete chiesto."
Lei annuì. "Buonanotte. Dormite bene."
Entrammo a casa, e chiudemmo la porta. Enrico lasciò il fucile sotto il divano, e poi andò a sedersi sul letto. Si tolse i vestiti, restando unicamente con lo slip. Poi mi guardò, con un volto che trasmetteva il suo senso di colpa:
"Ethan," disse, "nonostante Jim avesse tentato e' fermarmi, io ero venuto int'a' cittadina e' nascosto. Sarei voluto venir ad aiutàr ra primà, ma nun potevò entrarè. Nun son nimmanco intervenùt quann Elisè e Joèl avevàn bisògn e' aiutò. Son uscito allò scopèrt soltànt quann t'avev vistò aprirè a' persiàn ppe uscire."
Mi avvicinai a lui. Sembrava già più calmo rispetto a prima.
"Ma sei riuscito a salvarmi" risposi.
"Ethàn, nun ho fatto chello ca' potevò."
"Avevi soltanto paura," gli dissi, per cercare di consolarlo. "Come me, e come anche Joel ed Elise. Noi non siamo delle macchine assassine, Enrico."
"Eppure dobbiamo uccidere, per salvarci..."
Dovevo ammettere, in silenzio, a me stesso di aver creduto che lui ci fosse abituato. Ma gli dissi soltanto "grazie per avermi salvato."
Lui si girò verso di me, e riuscì a sorridere. Stava recuperando la calma.
"Prima di dormire," cambiò argomento, "toglìt e' vestitì. Nun teng pigiamì, e nun me piacè a' puzzà dei vestìt."
"Ok" gli risposi, e mi lasciai addosso esclusivamente lo slip. E poi ci stendemmo entrambi sul letto. Enrico mi fu piuttosto vicino, cercando comunque di non esagerare con il contatto fisico. Mi rasserenava che lui fosse a suo agio con me.
"Buonanotte, Ethan" mi disse.
"Buonanotte, Enrico."
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