Giorno 4 - Mezzogiorno
Era ora di pranzo, e andammo alla mensa con gli altri. Quando arrivai, tutti quanti notarono da subito la mia mano, e Mark fu il primo ad avvicinarsi per studiarla.
"Sembra che uno spettro abbia lasciato parte di sé sul tuo corpo" concluse la volpe. Per mostrargli i potevi che avevo, feci tremare la tavola della mensa per poco. Smisi subito, e Mark commentò con calma:
"Hai anche dei poteri. Dobbiamo sapere cosa puoi fare con essi."
Non solo lui, tutti loro erano troppo calmi per i miei gusti. Nemmeno un segno di stupore, solo una leggera curiosità. Non mi piaceva.
Ero perplesso. "Non diventerò il giocattolo del gruppo, vero?"
"Certo che no" rispose Hana. "Tu sei nostro amico."
"Tuttavia, ritengo che i tuoi poteri potrebbero darci un vantaggio" disse invece Jim. "Se imparerai a controllarli, potresti esserci molto d'aiuto."
“Non siete per nulla preoccupati?”
“E da cosa?” rispose Jim ridendo. “Siamo abituati a vedere di tutto e di più ogni giorno, e abbiamo subito in prima persona attacchi da parte degli spettri. Ripeto, se tu hai i loro stessi poteri, non ci sarai altro che d’aiuto.”
"Per esempio, abbiamo bisogno di rifornirci alla svelta" disse Joel. "Ho saputo che domani termineranno il loro nuovo sistema di sorveglianza. Abbiamo bisogno di più provviste possibili, e anche di armi nuove se riusciamo."
"Come facciamo a ottenere le armi?" chiesi.
"Di solito riusciamo a ottenerle assaltando i camion dei trasporti," rispose Elise, "o almeno questo fino a quando non spostarono tutto in una strada più sorvegliata."
"Sarebbe fantastico andare a prenderle direttamente dai loro ripostigli, ma finora è sempre stato fuori dalla nostra portata" disse Jim. “Ma non pensiamo alle armi. Concentriamoci sulle provviste per ora.”
"Ho bisogno di tempo" dissi alla fine.
"Ethan deve imparare a controllare i suoi poteri" motivò Mark. "Non possiamo permetterci di giocare d’azzardo. Rischiamo già abbastanza le nostre vite."
"Noi dobbiamo convivere con il rischio" disse Jim. "Noi dobbiamo accettarlo, dobbiamo domarlo, e usarlo a nostro vantaggio, in modo che il nostro rischio diventi un pericolo certo per loro."
"Io torno a casa" dissi. "Ho bisogno di pensarci con calma."
"Vai pure" disse Jim.
Faceva sul serio? Avevo avuto quei poteri soltanto da poche ore. Sapevo solo in piccola parte come usarli e che cosa potevo farci. Non sapevo nemmeno se avrei voluto usarli, anche se ero certo che quei poteri sarebbero saltati fuori anche contro la mia volontà. Enrico mi aveva implorato di non diventare un mostro, ma non potevo prometterlo.
Tornai a casa. Invece di restare con gli altri, Enrico mi seguì. Ancora una volta, era preoccupato per me. Ma avrei voluto stare da solo, avevo bisogno di riflettere in pace, magari persino sperimentare con il pericoloso regalo che avevo avuto dagli spettri.
"*Vorrei stare da solo*" gli dissi, sulla porta di casa.
"*Vurria sta' cu te*" mi rispose lui. "*Ti prego!*"
Stavo per rispondergli di no, ma lui mi trattenne per il braccio infetto. Mi ricordai delle sue parole proprio in quel momento. *Non diventare un mostro* mi aveva chiesto in dialetto. E come avrei dovuto cominciare? Dandogli uno sguardo intriso di rabbia e magari anche mandandolo via con la forza? Lanciandolo in aria e garantendogli morte certa?
No. Non potevo farlo.
"*Andiamo*" gli dissi. Lui mi seguì a casa, e poi mi accompagnò fino al divano. Quando andò a chiudere la porta, trovò Hana all'entrata.
"Oh, Hana" disse Enrico, sorpreso.
"Non so se è quello che serve, ma ho giocato a tanti videogiochi pieni di ragazzi e ragazze coi super poteri. Potrei essere utile a Ethan."
"Entra pure."
Seduto in silenzio sul divano, salutai Hana con la mano. I due ragazzi presero posto sul divano, ciascuno di loro accanto a me. Enrico era alla mia sinistra, Hana era alla mia destra. Per cercare di smorzare la mia tensione, feci una domanda a Hana. Una domanda molto semplice, e anche insolita per il momento che stavo vivendo:
"Che videogiochi hai giocato, tra quelli utili ad aiutarmi?"
"Avrò giocato a *Beyond: Two Souls* alla PlayStation fino allo sfinimento. E poi ho giocato a *Life is Strange*. Ne ho giocati anche molti altri, ma credo che questi due bastino a darti un'idea."
"*Life is Strange* non l'ho mai provato" dissi. "E *Beyond* era fin troppo strano per i miei gusti. L'ho mollato dopo poco tempo."
Aveva funzionato. Ero calmo. Ero *quasi* calmo, ed era un buon inizio.
"Peggio per te" disse lei, e subito si alzò a controllare le credenze di Enrico.
"Che cerchi?" Chiese il ragazzo.
"Hai del sale? O dello zucchero?"
"Zucchero. In alto."
Hana prese una confezione di zucchero, e venne vicino a me.
"Che cavolo prendete a fare lo zucchero se non funziona il gas?" Disse la ragazza ridendo, e poi versò lo zucchero sul tavolo, formando una piccola montagnola. "Ora ha un'utilità!"
"Che devo fare?" Chiesi, confuso.
"Fai una qualsiasi forma con lo zucchero. Se riesci, cerca di non colpirci nel mentre."
Era una semplice operazione di telecinesi. Niente di pericoloso, sperai. Mossi la mano infetta in avanti, e in un batter d'occhio lo zucchero fluttuò in aria, e assunse la forma di una meravigliosa aquila in miniatura. Colsi i due spettatori di sorpresa, e furono entusiasti. Non fui da meno, al punto di distrarmi, e lo zucchero si sparse sul tavolo.
"Ottimo" disse Hana. "Questa è telecinesi. Oltre a questo, e alle scosse, sai se puoi fare altro?"
"Non lo so" risposi. "Ho avuto oggi questi poteri. Se non erro, credo di potermi salvare dalle esplosioni."
"Ti manderemo a fare concorrenza a Wolverine allora" disse lei ridendo.
"Ma sei una nerd" dissi ancora, ridendo a mia volta.
"Lo so! Ora prova qualcos'altro."
"Va bene" e subito cercai di pensare cosa avremmo potuto fare. Rimasi indeciso, e avevo il timore di fare qualcosa di pericoloso. Dopo averci pensato per un po', con Hana ed Enrico che continuavano a guardarmi impazienti, alla fine mi accasciai sul divano. E davanti a me comparve una visione. Era come un ologramma che fluttuava poco distante da noi. Erano Mark e Jim, e stavano discutendo. I due vicino a me rimasero letteralmente a bocca aperta.
"*Comm hai fatto?*" chiese Enrico stupito.
"*Non lo so*" dissi.
"Ma voi due parlate italiano tra voi?" chiese Hana.
"Perché no?" Rispose Enrico. "Odio l'inglese."
Non riuscivo a sentire bene cosa si stessero dicendo i due che stavamo spiando, poiché il volume della visione era basso, ma potevo capire che non erano consapevoli di quello che stavo facendo. Da poche parole che riuscii a distinguere, stavano parlando di me, e dei miei poteri. Mark era preoccupato, e Jim tentava di calmarlo. Dopo la discussione, i due rimasero fermi.
"Jim," disse Mark, "stai attento. Fallo per me."
La volpe artica si avvicinò, passo dopo passo, alla volpe grigia. Una volta vicini, gli accarezzò il volto.
"Andrà tutto bene. Te lo prometto. E farò del mio meglio per mantenere questa promessa."
Poi la visione andò via. A onor del vero, avevamo visto abbastanza. Non ci avevamo capito molto, ma non potevamo violare la privacy dei due.
Hana ci lasciò con la stessa leggerezza con cui era entrata. Prima di andare, ricevette un grazie dal cuore da parte mia. Aveva un atteggiamento particolare, ma mi aveva aiutato con successo a rilassarmi, e a capire cosa avrei potuto combinare coi miei poteri. Restava soltanto imparare a controllarli.
Mi alzai per andare a letto. Volevo riposarmi un po'. Come sempre, Enrico mi seguì nell'altra stanza, e poi ci sedemmo entrambi sul letto.
"*Come stai?*" mi chiese.
"*Sto meglio, adesso*" risposi. "*Grazie per avermi aiutato a riprendermi.*"
"*Ha fatto tutto Hana*" disse Enrico ridendo.
"*Beh, se prima non avessi insistito nel rimanere con me, avrei cacciato anche lei. Non hai idea di come stavo.*"
"*Hai ragione*" Enrico si avvicinò a me. "*Ma so cosa significa sentirsi dei mostri.*"
Questa volta, non mi guardava con quello sguardo infantile con cui mi guardava prima. Era uno sguardo determinato, di uno che sapeva cosa diceva. Non aveva finito di parlare:
"*Quann ero a Napolì, ho dovuto lottàr ppe nun diventarè... comm lorò, comm e' criminàl ca' avevàn corròtt a' mentè e' pàtemò. Nun era ppe nulla facile, ma mamma me riceva e' provàrc cchiu' ca' potevò. O' dovevò a leì. Ppe chistu motivò, vogliò aiutartì.*"
"*Vorrei chiederti una cosa anch'io*" risposi.
Stavo esitando. Non ero abituato a parlare con l'Enrico serio con cui avevo cominciato a parlare nelle mie prime ore in quella casa. Non aveva raccontato parte di sé soltanto per parlare, questa volta. Lui era determinato ad aiutarmi.
"*Vorrei che tu facessi del tuo meglio per mantenere questa promessa.*"
Avevo copiato le parole di Jim, ma credevo in quello che ho detto.
"*Lo farò.*"
Quelle parole mi infusero coraggio, ancor più di tutto quello che aveva detto prima. Forse per lui sarebbe diventato un gran fardello, ma lui era pronto ad accettarlo. Dopo qualche secondo, il suo sguardo si ammorbidì.
"*Ethan*" mi disse lui.
Eravamo vicini, e lui stava meditando su cosa dire o fare. Io ero in attesa, ero paziente, perché sapevo che mi avrebbe detto qualcosa di buono. Lui non parlò. Si avvicinò a me, e sfiorò il mio becco con il labbro del suo muso. Ebbi a malapena il tempo di accorgermi della cosa, e poi lui allontanò il volto. Provai una sensazione che non riuscivo a descrivere, per quanto banale possa suonare.
Enrico si alzò dal letto, con un mezzo sorriso.
"*Ora te lascio dormì*" disse.
"*Grazie*" gli risposi. Non era quello che avrei voluto dirgli, ma non sapevo cos'altro - Ero rimasto di stucco. Forse ero solo stanco.
Enrico venne a svegliarmi dopo qualche ora.
"*Amma i'*" disse con dolcezza.
"*Che cosa?*" risposi con la voce flebile. Non ero ancora totalmente sveglio.
"*Dobbiamo andare con gli altri.*"
"*Certo*" e finalmente mi alzai dal letto.
Fin dal primo istante, i ragazzi alla mensa avevano gli occhi puntati su di me. Dovevo ammettere che era preoccupante, ma avevo ancora sicurezza. Enrico era insieme a me, e camminava a testa alta, esattamente come me.
Una volta preso posto attorno agli altri, Jim prese subito la parola, mentre gli altri guardavano silenziosi:
"Ethan, questa sera vorrei mettere alla prova le tue rinnovate capacità. Come sempre, abbiamo bisogno di provviste per sopravvivere, ma abbiamo sempre agito furtivi. Non appena quelle telecamere saranno funzionanti, non potremo più mettere piede in quella cittadina. Avrei voluto pensare a un piano per manomettere le costruzioni, ma abbiamo ancora bisogno di provviste, e in ogni caso potremmo solo rallentarli, non fermarli. Abbiamo bisogno di te."
"Cosa devo fare?" chiesi.
“Rapineremo un supermercato” disse Elise. “E tu dovrai aiutarci.”
“Figo” dissi tra me e me. Ero sarcastico, ma—
"Anche questa volta, porteremo le armi" disse subito Joel. "Ma sappiamo che non basteranno. Se ci scoprono, dovremo reagire. Se tu riuscissi ad attaccarli coi tuoi poteri, potremmo tornare a casa senza che nessuno di noi muoia."
"E questo significherà che loro dovranno morire" aggiunse Jim. "È il loro prezzo per averci chiuso qui."
"Abbiamo ancora da indagare," disse Elise, "ma fino a quel momento, loro sono nostri nemici. E non avremo alcuna pietà."
"Sei pronto?" chiese Joel.
"Sono pronto" risposi.
"Ti chiedo però una cosa, Ethan."
Jim assunse subito un'espressione ferma, come se non fosse stato abbastanza serio già prima.
"Non giocare con i tuoi poteri" aggiunse a voce sommessa.
"Starò attento" dissi subito.
"Siete inquietanti" disse Elise. E tutta la tensione andò via come un venticello. Tutti cominciarono a ridere per l'uscita della lupa, che rimase a sorridere alla volpe. Dopo che finimmo di ridere, mangiammo quello che c'era da mangiare sul tavolo. Il tempo passò in fretta, e a me venne concesso la possibilità di riposarmi un po' prima della missione.
Ma prima di lasciarci, Jim espose in breve il suo piano:
"Questa volta, sarete in pochi. Io resterò qui, per assicurarmi che in caso di fallimento chiunque rimanga qua si difenda adeguatamente. Elise guiderà la spedizione, e io mi fido di lei. Ringraziamo Hana per aver detto a Elise delle capacità di Ethan."
"Farò del mio meglio" disse la lupa. Hana invece si alzò per fare un inchino, per poi risedersi.
"Ethan, oltre a lei ci sarai tu, e anche Joel, che provvederà a trasportare la refurtiva."
"Sarà fatto" disse il gatto.
"Ora potete andare."
"Ci vediamo qui tra mezz'ora," disse Elise, "non fatemi aspettare!"
Questa volta, a casa di Enrico ci fu silenzio. Restai sul divano a riposarmi, e il pastore tedesco rimase a leggere un fumetto, che io non riconobbi. Inizialmente mi chiesi cosa avesse provocato il cambio di atteggiamento di Enrico, sempre abituato a parlarmi non appena tornavamo a casa. Dopo dieci minuti, cominciai a preoccuparmi:
"Enrico, *va tutto bene?*"
"*Scusami.*"
I suoi occhi erano ancora fissi sul giornalino. Dopo un attimo, che io lo guardavo, lui lasciò il fumetto, e sbuffò.
"*Teng paurà. Teng paurà ppe te*" disse brevemente.
"*Se avessi saputo di dover andare a morire, avrei detto loro di no.”*
“*Se dovessi morire, nun me o' perdonereì maì.*"
Mi avvicinai a lui. Aveva cominciato a lacrimare. Gli asciugai la faccia con la mia mano, e lui se la tenne con la sua mano. Stavo agendo senza pensarci, ma speravo allo stesso tempo che funzionasse.
"*Io tornerò questa notte.*"
Lui stava per rispondermi, ma le sue parole si bloccarono. Lasciò cadere il fumetto a terra, e mi abbracciò. Restammo abbracciati per un po'. Adorai la sensazione che aveva il suo pelo su di me, e il profumo che aveva. Poi lasciò il mio corpo:
"*Ethàn, nun te chiedò e' venirè cu te, pecché sareì soltànt nu' ostacolò. Ma tu dovraì sta' attentò, e dovraì far felicè pure e' altrì. Lorò contàn su e' te. Nun deluderlì.*"
"*Farò del mio meglio*" dissi.
"*Me sentò na' merdà*" disse Enrico.
Elise ruppe il momento aprendo di scatto la porta, facendomi voltare di scatto.
"Allora?" disse lei. "Muovi il culo!"
"Stavo per venire" risposi.
"*Ora va'*" disse ancora Enrico. "*Buona fortuna! Che Dio ti protegga.*"
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