Giorno 3 - Pomeriggio
Raggiungemmo il nostro quartiere sani e salvi. Eravamo sporchi di sangue, ma almeno stavamo bene. Gli altri ragazzi erano già alla mensa, intenti a mangiare in pace. Stavolta, fu Jim per primo ad accorgersi di noi. Si alzò, e arrivò verso di noi:
"Che è successo?"
"Siamo di ritorno da una lotta" rispose Mark. "Stiamo bene."
"Cristo sia lodato!"
Si avvicinò subito a Mark, e controllò se avesse ferite o quant'altro. Gli accarezzò in fretta una delle guance, e poi venne anche verso di noi.
"Abbiamo delle cose da dirti" disse ancora Mark.
Jim si stava assicurando che non avessimo ferite gravi, con la stessa attenzione che ebbe con Mark.
"Certo" disse. "Andate a lavarvi, e ne parliamo durante il pranzo. Sarà bene che lo sappiano tutti quanti."
Andammo tutti e tre a lavarci dal sangue, come chiesto da Jim. Io mi feci una lavata veloce del viso e delle mani, mentre Enrico si fece la doccia, dal momento che non l'aveva fatta di mattina. Volli aspettarlo, e perciò rimasi seduto sul divano.
Dopo cinque minuti, lui aveva finito. Aprì la porta del bagno, e uscì nudo. Dovevo trattenermi dall'essere maleducato, ma non ci riuscii, e lui se ne accorse subito:
"Puoi guarda', se vuoi" disse senza alcun disprezzo nei miei confronti.
"Scusa" dissi imbarazzato.
Oh, cielo. Non potevo negare che aveva un bel corpo. Era in perfetta forma. Non era grosso, ma aveva degli addominali ben scolpiti, quanto i miei se non di più. Il suo ventre e il petto erano colorati di nero, a differenza del resto del corpo, e c'erano alcuni contorni sottolineati da delle linee beige.
Cominciai a provare una sensazione intensa. Avrei voluto solamente... avvicinarmi, sentire quella bellezza accanto a me. Già sentivo una delle mie mani mentre—
Distolsi la mente subito da qualsiasi pensiero erotico. Non era il momento. Non potevo farlo.
Lui, intanto, era di spalle a me, e si stava vestendo in camera. Fece scodinzolare lentamente la coda, e poi si mise la mutanda. E poi anche gli altri vestiti. Mi raggiunse subito dopo aver finito di vestirsi, e io mi alzai dal divano. Eravamo pronti ad andare.
Jim e gli altri ci stavano aspettando alla mensa. Mark era già seduto insieme a loro, e ci salutò con la mano non appena ci vide. Risposi al saluto con la mano quasi senza pensarci, sorridendo. Poi io ed Enrico andammo a sederci. Una volta seduto, notai che Mark stava disegnando su un taccuino ciò che avevamo visto nella caverna. Infatti riconobbi subito la figura del secondo graffito che vedemmo.
"Cosa stai disegnando?" chiese Jim curioso.
"Lasciamelo finire un attimo, e te lo dico."
"Va bene" rispose Jim, che diede una pacca sulla spalla della volpe grigia. "A proposito, durante la vostra assenza avevo provato a scrivere una poesia. Dopo te la leggo."
"Scrivi poesie?" chiesi curioso.
"Certo!" rispose la volpe artica.
"Ne ho letta qualcuna," commentò Enrico, "ed è tutta merda."
"Modera i termini" attaccò Caroline. Dopo fu Jim stesso a rispondere:
"Ti capirei se leggessi davvero delle poesie, non dico le mie."
Enrico alzò gli occhi al cielo, e poi prese qualcosa da mangiare. Presi qualcosa anch'io, per la precisione un pezzo di mela, da un piatto pieno di pezzi di frutta. Nel mentre, Mark aveva finalmente concluso i suoi disegni.
"Ok, Jim" disse, "quando io, Ethan ed Enrico siamo andati in quella caverna, abbiamo visto questi disegni. Uno illustra un uomo imprigionato in una bolla, il secondo invece mostra un uomo che doma gli spettri. Del terzo ho disegnato quello che sono riuscito a capirne, ma era rovinato."
"Interessante" rispose Jim.
"Come mai siete tornati sporchi di sangue?" Chiese Elise, con la bocca piena.
"C'erano dei criminali, che volevano ucciderci. Siamo riusciti a difenderci."
"Ottimo" si complimentò Jim.
"Hanno fatto tutto Ethan ed Enrico."
"Sei stato bravo anche tu" dissi.
Mark rispose con un cenno veloce della testa, e poi ritornò a parlare delle figure:
"Allora. L'uomo che doma gli spettri dovrebbe indicare che qualcuno in questo posto controlla gli spettri."
"Vuol dire che non agiscono per conto loro?" chiese Joel.
"Esatto. Per assurdo potrebbe persino trattarsi del Governatore di Fork Lake, il signor Baker."
"Per quanto vorrei darti ragione," disse Caroline, "è impossibile che possano farlo, con tutto il livello di tecnologia che abbiamo."
"Lo so" disse Mark. "Ma non possiamo scartare questa ipotesi."
"Mark potrebbe avere ragione" disse Jim. "Se gli spettri ci attaccano solamente quando cerchiamo di scappare dalla città..."
"Perché non ci attaccano negli altri momenti, allora?" chiese Hana.
"Forse perché ci pensano già gli abitanti della cittadina" proposi io.
"Con molta probabilità, è esatto" rispose Jim. "Dobbiamo capire cosa fare. Non è qualcosa che posso dirvi dall'oggi al domani. Dobbiamo indagare a fondo."
"Come pensi di farlo?" chiese Caroline, perplessa.
"Credo di aver detto che devo pensarci" rispose Jim. "A ogni modo, vado a casa mia. Voi potete continuare a mangiare."
Continuammo a mangiare anche quando Jim andò via. Era la mia occasione per conoscere meglio gli altri membri del gruppo, specialmente coloro con cui interagivo poco o nulla.
"Allora," parlai, "caverna a parte, è successo qualcosa di interessante?"
"Certo" rispose Caroline. "Mark ha deciso di uscire di casa una volta tanto!"
"Ma smettila" disse la volpe.
Gli altri si misero a ridere. Poi Hana cambiò argomento:
"Oggi sono andata alla grande durante l'allenamento con Elise!"
"Ottimo" risposi. "Che allenamento fate?"
"Per il combattimento, ovviamente!"
"Un giorno dovrei venire anch'io. Non avrò sempre fortuna come oggi!"
"La vittoria in uno scontro non è questione di fortuna, Ethan" commentò la lupa, sprezzante. "Se vuoi, oggi pomeriggio potrebbe essere una buona idea, se vuoi."
"Ci penserò su."
"Ho una notizia anch'io" disse Joel. "Ho..." e rimase in sospensione, a pensare cosa dirci.
"Che cosa?" incalzai. "Non ti diciamo nulla."
"Mi ha confessato che mi ama" disse Elise. "E... niente, gli ho risposto che provo lo stesso per lui."
Tutti quanti applaudirono, felici della notizia. Joel si rilassò, dopo il notevole imbarazzo.
"Non è qualcosa che..." commentai, dubbioso.
"Tenerlo nascosto?" chiese Hana, sorridente. "Come mai? Siamo una piccola comunità, e dobbiamo poterci fidare gli uni degli altri. E penso che queste confessioni aiutino a capirci meglio."
"Capisco" risposi. "Quindi, se io dovessi innamorarmi di qualcuno, sarei tenuto a dirlo?"
"No, ovviamente" rispose Hana ridendo. "Solo se tu e quello che ami ve la sentite."
"Joel fa eccezione" disse Elise.
"Volevo soltanto trovare le parole giuste, Elise" disse Joel, imbarazzato. "Tu sei una ragazza esigente, e non posso darti il minimo. Solo il meglio."
Elise sorrise, e questa volta era un sorriso sincero. Non ci potevo credere! Elise aveva sempre quell'aria da cazzuta, e invece aveva trovato qualcuno che la sciogliesse. E poi i due si baciarono, e tutti applaudirono.
Dopo il felice annuncio di Hana prima, e di Joel ed Elise poi, andammo tutti quanti alle nostre case. Prima di andare, ci salutammo l'un l'altro. Mi fermai anch'io a farlo, questa volta, e tutti quanti mi augurarono un sereno pomeriggio. Elise inclusa. Ormai ero parte del gruppo, e non potevo far finta del contrario.
Una volta tornato a casa, mi sedetti sul divano, ed ero indeciso su cosa avessi voluto fare. Non volevo andare a dormire, perché non mi sentivo stanco, e sarebbe andata a finire che non sarei riuscito ad andare da Elise, nel caso avessi voluto. Però non volevo restare a parlare con Enrico di argomenti deprimenti come le altre volte.
Lui arrivò dopo un po', e chiuse la porta. Mi guardò e disse:
"Tu sempe su chillu divanò staì?"
"Cosa vuoi?" gli chiesi, scherzoso. "È così comodo."
"Allorà me siedò anch''iò" disse lui, e subito si mise accanto a me.
Mi guardava sorridendomi come al solito. E questa volta ricambiai il sorriso. Avevo passato soltanto un giorno e mezzo con lui, ma sentivo come se avessimo già fatto molto insieme. O magari questo posto mi stava talmente scombussolando che mi fidavo a condividere casa con uno che conosco appena.
Era più probabile la seconda.
"Te piacciòn e' fumettì?" mi chiese casualmente Enrico.
"Certo" dissi. "Ne hai qualcuno?"
"Certo" rispose festoso Enrico. "Aier' Joèl ha truvat nu' volume ro' mie preferitò. nun l'ho ancora letto, ma putimme leggèrl insiemè."
"Che fumetto è?"
"Mo' o' scopriraì!"
Andò a prendere da un ripostiglio il volume di cui aveva parlato, e subito tornò da me felice, ma allo stesso tempo attento a muoversi senza farmi male per sbaglio.
"Oh, ma è un volume di Beastars" dissi sorpreso.
"Joèl ha avutò o' mazzo e' averlò trovàt in italianò! Nun ci credò!"
"Non credevo di trovare altri appassionati di manga" dissi. "Di solito quando dico che leggo un manga mi prendono in giro! Di solito la cosa finisce lì, e nessuno ne fa un dramma, ma ho dovuto leggere tutto quanto da solo."
Mi sorpresi della mia abilità con l'italiano, ancora una volta.
"Ora lo puoi leggere con me" aggiunse lui.
La lettura del manga procedette fluida, e senza commenti. Dopo una rocambolesca fuga, il protagonista del manga aveva trovato rifugio dalla polizia nella sua vecchia stanza nella Cherryton Academy, la scuola in cui studiava. Per tutto il tempo della lettura, Enrico scodinzolava a non finire. Adorava il manga, e da qualche occhiata capii che adorava anche il protagonista, quel lupo quasi diciottenne con dei graffi sull'occhio destro, a causa di uno scontro contro un orso che aveva ucciso un erbivoro.
Arrivammo così al secondo capitolo del volume. Subito riconobbi, oltre al protagonista Legoshi, anche il suo migliore amico, un Golden Retriever.
"Quello è Jack" dissi felice come un bambino.
"Nun me è maje piaciùt luì" sostenne Enrico, con disappunto. "Isso è... nun sa' combàtt comm fa Legoshì. Ma e' canì sannò combatterè, nun song comm chistu quì, chistu secchionè!"
"Come fa a non piacerti?" chiesi ridendo. "È così innocente, così carino, e io lo adoro per questo."
"È chistu o' problemà!" ribatté il pastore tedesco. "Te o' ripetò, e' canì nun sono rammolliti, sannò combattèr quantò voglionò!"
"Grazie al cazzo! Tu sei un pastore tedesco, e tutti i pastori tedeschi che conosco sono poliziotti, o wrestler!"
"Ma Carolìne è nu' Labradòr comm 'stò scemò, ma si accìrere comm o' sappiàm fa' noì!"
"Senti, andiamo avanti."
Nel manga, Jack descrisse all'amico le classi speciale che doveva frequentare. Dovevo ammettere che rimasi impressionato da ciò che lessi. Guerre atroci tra erbivori e carnivori, roba che se accadesse al momento della nostra lettura sarebbe stato scandaloso, se non peggio! Grazie al cielo le guerre descritte nel manga erano fittizie. Qualche volta alcuni provavano a seminare zizzania basandosi sulle differenze tra erbivori e carnivori, ma la società moderna riteneva queste cose ormai sorpassate da una pacifica convivenza.
Dopo il racconto, però, Jack sfogò la sua sofferenza, e si lamentò davanti agli occhi del lupo che non poteva provare emozioni negative. Subito arrivò il commento di Enrico:
"Ma chesta è na' cazzatà! Io provò emoziòn negatìv ognì giornò!"
"Enrico" dissi ridendo. "Finiamo di leggere, e poi mi dici tutto quello che vuoi!"
In un impeto di rabbia e sofferenza, Jack arrivò a tentare il suicidio mangiando una cipolla, nociva per i cani. Ovviamente mi venne un colpo davanti a tale scena.
"Ma chistu è pazzò" commentò ancora Enrico.
Fortunatamente, Legoshi riuscì a salvarlo, ma a capitolo finito Enrico chiuse il volume con disappunto.
"Adorò chistu mangà, ma chistu capitòl è na' merdà" sbottò, alzandosi in piedi e lasciando il volume sulle mie gambe.
"Non puoi non aver provato angoscia per quello che è successo!"
"Si nun stavà isso a salvarlò, fusse crepatò."
"A questo servono gli amici" commentai, cercando di tranquillizzarlo. "Oggi se non fossimo stati insieme a combattere saremmo morti tra le braccia di quei leoni di merda!"
"Ma nuje avimm lottàt" disse Enrico, mentre alzava le braccia in alto per stiracchiarsi. "E poì, ha pure ritt ca' nu' canè comm me può fa' na' stragè si vienè illusò ca' è na' cosà razionalè. Ca' diavolò..."
"Continuiamo a leggerlo un'altra volta" Lo bloccai. "Questo capitolo mi ha dato troppa emozione."
"Anche a me" disse Enrico.
Enrico aveva commentato un po' troppo durante la lettura, rovinandomela. La prossima volta avrei voluto leggere da solo. Dio del cielo, Enrico, sono solo le frasi di un personaggio fittizio. Sono da leggere e valutare in base al contesto, mica parla della vita reale!
Restammo fermi sul posto. Io stavo guardando Enrico, immerso nei miei pensieri, ma lui girò improvvisamente la testa dall'altra parte. Eravamo stati tutto il tempo insieme, e non capii il perché del suo gesto.
"Enrico, va tutto bene? Ti comporti in modo strano" chiesi preoccupato.
"Niente, avevo solo... pensato a' domanda ca Mark me aveva fatto prima."
"Ti stava prendendo in giro" dissi ridendo.
"Non dirmi ca' nun t'è maje capitato."
"Capita a tutti. Ma—"
"Preferisco non pensarci, hai ragione."
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