Giorno 1 - Mezzogiorno




Appena finii le quattro ore di viaggio in treno, fui immerso in un mondo di colori!

Il cielo era sereno, e per questo i vivaci colori che popolavano i palazzi potevano esprimersi al massimo delle loro possibilità. Non erano solo variopinti, ma anche ben costruiti, con la loro architettura di stampo neoclassico e i pilastri agli angoli che sembravano marmorei! Il marciapiede era color sabbia, e lo stesso anche le strade. E c'erano anche un paio di querce rigogliose, e su alcuni davanzali c'erano anche dei vasi.

Andando avanti per raggiungere la piazza, mi ritrovai sopra un ponte che passava sopra un fiume. Era pulitissimo. L'acqua era di un colore celeste che adoravo. E anche il ponte era davvero bello, con le sue forme lisce e pulite e il suo grigio chiaro. Dopo il ponte, ero arrivato nella piazza!

Mi sedetti su una panchina, e feci una foto. I colori vivaci dipinti sui palazzi e un cielo sereno furono il duo perfetto per rendermi felice. Davanti a me, c'era pure una meravigliosa fontana, con tanto di statua. E poco distante c'era un maxischermo acceso, con dei video che mostravano ancora e ancora le bellezze della cittadina. La gente per strada non era moltissima, ma passeggiava col sorriso in volto.

Feci una bella foto del panorama, e subito dopo un fantastico selfie. Il mio sorriso venne alla perfezione!

Avrei fatto meglio ad andare da mio zio. Non potevo farlo aspettare troppo!

Mi capitò di passare proprio vicino al maxischermo. Ora c'era un uomo, vestito con uno smoking nero, seduto dietro a una scrivania, modello 'Presidente degli Stati Uniti'. La sua formalità mi mise subito a disagio, ma non potei fare a meno di ascoltare quanto aveva da dire l'uomo.

Il sindaco era un golden retriever, probabilmente l'etnia più bella tra quelle canine secondo i miei gusti, per quanto non avesse i muscoli di un rottweiler o l'eleganza di un husky. La perfetta via di mezzo. Discorsi inutili del sottoscritto a parte, sul maxischermo c'era anche una scritta del telegiornale, che riportava il nome completo dell'uomo: Charles Baker.

Il sindaco parlò da subito a tutti noi.

"Se state ascoltando le mie parole, io sono qui per ricordarvi che oggi è il giorno in cui festeggiamo il trentesimo anniversario dalla fondazione di questa fantastica cittadina, Fork Lake! Sono anche passati i primi sei mesi dall'inizio del mio mandato da governatore della cittadina."

La gente, impegnata nei propri affari, lasciò tutto quanto e andò ad assistere al maxischermo.

"Sono grato dell'ottima accoglienza che continuate a riservarmi fin dal giorno in cui mi avete eletto in piena democrazia. Da quel momento, ho indirizzato la mia attività di governo per ottenere un paese bello, benestante e che fosse sicuro da tutti i pericoli esterni."

Era strano che avesse posto l'accento proprio sulla sicurezza. Non conoscevo certo la città, e non potevo tirare giudizi al vento. I cittadini cominciarono ad accogliere il discorso con applausi e grida festose. Forse non era così male come temevo.

Il sindaco continuò. "Mi avevate chiesto di far sì che questa cittadina possa vivere in modo pacifico e sereno, senza che le influenze esterne possano minarne le fondamenta. Dopo sei mesi, i dati hanno riportato una crescita economica esponenziale di questa magnifica cittadina, e procediamo spediti verso l'obiettivo di migliorare il tenore di vita di tutti i cittadini di Fork Lake. E tutto questo è grazie a voi, e al vostro sostegno per il mio lavoro, sempre attento alle vostre esigenze!"

Gli applausi crebbero di volume, e la gente attorno al maxischermo si moltiplicò. Io, invece, decisi di tornare per la mia strada.

Quel discorso provava così tanto a essere rassicurante da faticare a nascondere i tratti inquietanti. Per il novanta per cento del discorso pareva parlasse come un populista qualunque, e questo poco mi importava. Ma come faceva la cittadina a essere autosufficiente? E di che pericoli esterni parlava?

"Spero di non essere in lista nera," dissi ridendo a me stesso.

"Ethan," disse mio zio appena aprì la porta di casa sua, "entra pure!"

A quasi cinquant'anni aveva ancora un fisico tonico, oltre ai grossi occhiali che portava sempre. Aveva il piumaggio della testa leggermente più scuro del mio, bianco latte, ma per il resto era un mio parente. Un'aquila americana come me. Stesse piccole piume come mani, stesso piumaggio marrone per il corpo, stessa corporatura robusta ed elastica.

La casa in cui mi accolse era modesta, ma funzionale. Le mura d'intonaco dipinte di bianco, i mobili semplici, le lampade penzolanti. Era tutto a posto, e creava un buon ambiente. Alla televisione, mio zio aveva lasciato acceso il telegiornale locale, dove il sindaco continuava a parlare. Ma avevo già smesso di seguirlo.

Mio zio era andato in cucina, e stava lavando alcune padelle e altri oggetti che aveva usato per farsi il pranzo. Dopo aver lasciato le padelle dentro il lavabo, si fermò a prendere un breve respiro. Pareva stanco. Non mi capitava spesso di vederlo così.

"Hai bisogno di mangiare qualcosa?" Mi chiese.

Cercai di stare fermo, e di non trasmettere la mia preoccupazione. "No, sono a posto."

"La tua camera è al primo piano, porta a destra. Puoi posare lì le tue cose."

Feci come mi chiese mio zio. Ero sorpreso, e non era una buona cosa. Forse lo avevo solo beccato in un pessimo momento, ma di solito mi accoglieva sempre con la massima solarità. Forse questa cittadina non era rose e fiori come avevo pensato. Cercai di scacciare via queste idee.

Anche la camera era semplice e buona. Avevo una buona vista della cittadina, grazie alla grossa finestra che c'era, e gli arredi erano tutti dall'aspetto moderno e colorati come il mio piumaggio. Era il nido perfetto.

Volevo rinfrescarmi un po' prima di passeggiare per la cittadina. Posai la valigia vicino al comodino, e subito dopo mi lanciai sul letto. Trac! Sentii questo suono, e mi preoccupai subito di aver rotto qualcosa. Ma che preoccupazione! Invece ero solo steso, a pensare a nulla se non a rilassarmi. Il letto era pure comodo, e profumava di vaniglia.

Peccato che l'olezzo dei miei vestiti disturbò subito il mio piacere. Era tempo di cambiarsi.

Prima mi accertai che la porta fosse chiusa (non volevo che mio zio potesse entrare all'improvviso), e poi mi tolsi i vestiti, restando in mutande. Mi ricordai subito della grossa finestra che c'era, e mi coprii il petto con la maglietta, come se degli occhi indiscreti mi stessero guardando. Però poi superai il momento, e presi dei vestiti nuovi. Una t-shirt blu, e dei jeans.

Mio zio si era seduto sul divano verde di fronte alla televisione, e aveva in mano una tazzina di caffè. La televisione era spenta, e lui sembrava già più tranquillo.

"Bella la cittadina?" Mi chiese.

"Ho visto ancora poco, ma è niente male."

"Non preoccuparti per me," mi disse subito, come se mi avesse letto la mente. "Ho avuto una settimana dura al lavoro."

"Che lavoro fai?"

"Poliziotto. E qua sono molto isterici sulla sicurezza."

"Oddio." Non riuscii a non ridere, "è..."

"Hai sentito il discorso del sindaco?"

"Sì, l'ho seguito..."

Mio zio si prese un momento per riprendere fiato. "Scusa, Ethan. Non vorrei rovinarti la vacanza. Se vuoi, puoi andare in giro per la cittadina. Io ho bisogno di riposare."

"Va bene."

"Auguri passati per il tuo diciottesimo compleanno."

Mi bloccai per un momento. "Grazie, zio."

Spazio dell'autore

Benvenuti a Fork Lake, cari lettori! Per coloro che avevano letto la versione precendente, bentornati!

Non posso che ringraziarvi da subito per la vostra fiducia e il vostro supporto, nonché per tutto il feedback che ho ricevuto finora, che plasmerà la versione che state leggendo in questo momento.

Spero che abbiate qualche cuoricino di scorta come regalo di compleanno per il nostro Ethan! Se vi va, fate pure. Sarà molto felice di riceverli!

Ci vediamo domani per la seconda parte di questo primo giorno!

Nel frattempo, potete seguire il mio canale Telegram per gli aggiornamenti, oppure quello Instagram, che trovate nella mia bio!

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