Quella sera (parte 2)
«Ovviamente non hai sentito neanche mezza parola di quello che ti ho detto, vero Pevensie?»
Edmund posò il libro che stava leggendo sul proprio petto, levando un sopracciglio in direzione di Adam.
«Scusa, ero distratto» ribatté torvo.
«Ma non mi dire. Che cosa leggi? Orgoglio e Pregiudizio?» ribatté lui.
«Storia della Magia.»
«A quest'ora? Cavolo, devi essere proprio un pazzo masochista! Senti, vuoi che parliamo dei tuoi gusti? In caso ho io qualcosa per farti tornare il buonumore, e magari anche la voglia di socializzare.»
«Ah, ah, spiritoso come sempre.»
«Cerco solo di aiutarti.»
Il ragazzo si sedette all'estremità opposta del divano che da ormai diverse settimane era diventato il loro letto, slacciandosi la cravatta verde e argento e scalciando via le scarpe lucide.
«Però, devo dire che la tua amica è un'ottima insegnante» commentò.
«Abbassa la voce, per favore. Non vorrai farti sentire da Malfoy, spero!» squittì Edmund, lanciandosi intorno occhiate terrorizzate.
«Tranquillo, a quest'ora quell'idiota sarà dritto nel mondo dei sogni. O al massimo dalle parti di Pansy Parkinson.»
«Perché mai dovrebbe andare nel dormitorio delle femmine?»
«Lascia stare, Pevensie, ne riparleremo quando sarai più grande.»
«Ma io...»
Adam scosse il capo, ridacchiando. «Piuttosto, che mi racconti di Potter?» tornò alla carica subito dopo.
«Harry?»
«Ma no, razza di deficiente. La sorella, Jane. È da un po' che vi vedo parecchio affiatati. Non è che tante volte...»
«Tante volte cosa?!»
A quelle parole, Edmund si sentì avvampare con tutte le lentiggini.
«Niente, niente, cazzeggiavo come mio solito. Non mi fare quella faccia, però, mi metti ansia!» si schermì Adam.
«Sono inquietante?» chiese l'altro, riscuotendosi.
«Parecchio. Soprattutto quando metti il muso.»
«Scusami.»
Edmund si rannicchiò sul divano, recuperando il libro e cercando di recuperare il punto dove stava leggendo fino a pochi minuti prima. La sua testa era un'accozzaglia di pensieri e non riusciva a scacciare in alcun modo la sensazione di disagio che lo attanagliava dalla sua fallimentare prima lezione di Schiantesimi.
Odiava ammetterlo, ma in quel momento si era sentito come paralizzato. Accadeva sempre più spesso, da quando i Grifondoro lo avevano accolto tra loro nonostante il Cappello Parlante avesse deciso di spedirlo a Serpeverde. Jane era sempre stata il suo faro, la prima e unica persona che aveva avuto il coraggio di venirlo a cercare nella prigione dorata in cui era rimasto confinato per i primi quattordici anni della sua vita e lo aveva portato via, salvandolo da un destino orribile e svelandogli il mondo che scorreva fuori dalle mura invalicabili di Villa Black.
A lei sembrava non importare nulla sulle sue origini, né lo aveva additato come un mostro nel momento in cui lui le aveva confidato gli orrori che avevano costellato la sua infanzia. E anche quando era stato smistato nella Casa dei suoi nemici giurati, Jane era sempre rimasta al suo fianco, sicura che esistesse una ragione dietro al suo attuale stato di Serpeverde, e che in lui ci fosse inequivocabilmente qualcosa di estremamente puro, privo di qualsiasi forma di malvagità.
Per tutta la vita, Edmund non aveva fatto altro che sentire storie terribili, su di lui e le proprie origini. Verità che ora più che mai echeggiavano come incubi nella sua memoria, e più passava il tempo a Hogwarts più il ragazzo iniziava a convincersi che queste non fossero altro che il prodotto dei terrificanti vaneggiamenti di Alhena Black.
Lui non era quella cosa. Lui era diverso. Una persona come tutte. Un mago, certo, ma pur sempre un essere umano. Ed era stata proprio Jane a farglielo capire, a svelare quell'umanità che credeva di non avere. Quell'infinità di sentimenti ed emozioni che in passato erano stati bollati come debolezza. La compassione, l'empatia, la gentilezza e, infine, l'amore.
Già, l'amore. Sin da piccolo, Edmund amava leggere libri ed erano tante le storie che aveva incontrato in cui due persone cadevano preda dei reciproci sentimenti, esplorandoli fino a quando essi non sfociavano in tragedia o in eterna fedeltà. Ora però quelle favole si stavano scontrando con la realtà, e le crescenti palpitazioni che il ragazzo avvertiva nel momento in cui Jane era vicina iniziavano a fargli porre delle domande scottanti sul suo conto.
Era ancora acerbo, Edmund, e totalmente impreparato di fronte a quel caotico universo chiamato mondo. Già faceva fatica a inserirsi in una famiglia e in una scuola, come se la sua vita fosse partita direttamente dall'adolescenza senza curarsi minimamente di ciò che era avvenuto prima, figuriamoci ora che si trovava improvvisamente preda delle guance che andavano in fiamme e le farfalle nello stomaco, al punto che alle volte non riusciva nemmeno a guardare Jane negli occhi, quasi temesse di venire accecato da lei, bella e gentile al punto da fargli male.
Jane, il suo angelo. Non sapeva come definirla altrimenti, e si vergognava terribilmente per ciò che pensava di lei. Lui, sporco insetto che non avrebbe dovuto nemmeno esistere, che di colpo si sentiva così miseramente innamorato della sorella gemella di Harry Potter. Cosa avrebbe pensato di lui, se solo avesse saputo che cosa gli stava attraversando il cervello in quel periodo? Lo avrebbe deriso, o scacciato? Avrebbe mandato in cenere l'incantesimo che si era creato tra di loro?
«Comunque, secondo me tu le piaci. Alla Potter, intendo» tornò alla carica Adam nel mentre.
Era appena ritornato dal bagno e ora appariva avvolto in un morbido pigiama color verde smeraldo.
«Ah, sì? E che cosa te lo fa pensare?» chiese Edmund, aggrottando le sopracciglia.
«Guarda che si vede. Da parte di entrambi» rispose l'altro, buttandosi sul divano.
«Ed è un male?»
A quelle parole, Adam volse gli occhi al soffitto. «Sei senza speranza» sospirò. «Senti, ne parliamo domani, d'accordo? Magari dopo essere sopravvissuti al compito di Pozioni.»
«Sì. Forse è meglio» borbottò Edmund, stendendosi a sua volta e cercando di mettere a tacere i pensieri. «Buonanotte, Adam.»
«'notte, Pevensie.»
Cadde il silenzio, rotto solo dallo scoppiettare nel fuoco all'interno del grande camino e il respiro di Adam che si faceva sempre più profondo e regolare.
Edmund si girò di fianco, proseguendo la lettura con l'aiuto dell'avvolgente luce delle fiamme fino a quando le palpebre non si fecero via via più pesanti e il sonno lo accolse tra le sue braccia prima ancora che avesse avuto modo di rendersene conto. Precipitò in un mondo lontano, fatto di labirinti di siepi e cupi sotterranei, in fondo al quale una sagoma esile e gentile lo aspettava con una mano tesa, una tenue luce che la avvolgeva mentre lo chiamava dolcemente a sé.
**** Ma come ho fatto a perdere la seconda parte di questa storia, io proprio non lo so! Perché esisteva un secondo capitolo, un Edmund's POV che però il mio pc ha salvato in una cartella remota che è saltata fuori solo oggi. Pazienza, anche se con un po' di ritardo ho potuto farvi leggere la degna conclusione di questa OS. E farvi riabbracciare almeno per un pomeriggio uno dei personaggi a cui sono più affezionata in assoluto, notando quanti punti in comune ha con quello che un giorno sarebbe diventato Caspar.
Spero che abbiate apprezzato questa rimpatriata e che continueremo a leggerci anche in seguito.
Mi trovate anche su Instragram con le_storie_di_fedra
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