CAPITOLO 25

Consumammo silenziosamente la cena sulla penisola, scambiandoci ogni tanto delle occhiate.

"Sparecchio io." Dissi una volta che entrambi avemmo finito, iniziando a spostare i piatti nel lavabo.

Ero impegnata a strofinare i piatti e le posate quando sentii due braccia avvolgermi i fianchi.

"Che fai?" Dissi a Leith con il tono più calmo che riuscii a trovare.

"Ti guardo." Appoggiò il mento nell'incavo tra il mio collo e la mia spalla, sul sigillo.

Rimanemmo qualche momento in silenzio, mentre il respiro caldo di Leith mi solleticava il collo. Poi, all'improvviso, un'andata di calore attraversò il mio corpo, scivolando prima giù per i fianchi, per poi, incontrate le braccia, ritornare su. Il piatto mi scivolò tra le mani facendoci sussultare entrambi. Leith rise e si staccò. Si, adorava proprio stuzzicarmi.

"Lascia stare i piatti e vieni qui."

Un po' perplessa, ma felice di potermi separare dalle stoviglie, chiusi l'acqua e mi asciugai sbrigativamente le mani per raggiungere Leith in soggiorno. Lo trovai in piedi al centro del salotto, con una mano dietro la schiena.

"È ora di fare allenamento."

Evidentemente, guardarmi mentre lavavo i piatti non era la sua unica intenzione, poichè mi porse il coltello da cucina, sicuramente preso poco prima, che teneva nascosto dietro la schiena.

"Già?" Ero stupita.

"Se proprio vuoi farlo, meglio prima che poi." Guardai per qualche secondo il coltello, poi lo afferrai con decisione.

"Ok. Cosa devo fare?"

"Prova a colpirmi." Mi fece segno con le dita di venire avanti.

"Cosa? No!"

Mi allontanai con uno scatto, aggrottando le sopracciglia, mentre ogni momento del mio incubo si materializzava nella mia mente sempre più vivido.

"Fidati. Non mi farò colpire."

Non avevo dubbi, ma gli incidenti potevano accadere. Ancora riluttante provai un debole affondo. A Leith bastò spostarsi di lato per schivarlo, non spostò neanche i piedi.

"Così non va! Devi essere più decisa! Riprova."

Sferrai un altro attacco, fallendo nuovamente.

"Sei lenta!"

Leith era dietro di me e, mentre con un braccio mi bloccava la mano con il coltello dietro la schiena, con l'altro mi avvolgeva il collo. Dopo poco mollò la presa.

"Ti avrebbero già uccisa, o spezzandoti il collo, o soffocandoti. Ricorda di non abbassare mai la guardia."

Si riposizionò davanti a me e io provai un altro colpo ma questa volta mi fece lo sgambetto facendomi cadere a terra.

"Attenta ai colpi bassi."

Mi porse la mano per aiutarmi ad alzare, ma la ignorai e mi sollevai con le mie sole forze, ottenendo in cambio un suo sopracciglio alzato a simboleggiare il suo stupore. Anche se cercavo di non darlo a vedere iniziavo ad avere l'affanno e I colpi presi a fare male. Mentre cercavo di alzarmi, mi toccai la schiena dolorante, sforzandomi di non badare a quello che a breve si sarebbe trasformato in un livido violaceo e mi misi nuovamente in posizione. Un po' più determinata di prima, provai un altro affondo, tuttavia senza colpirlo. Questa volta però cercai di prevedere le sue mosse e mi abbassai per schivare il colpo. Leith, inizialmente, sembrò meravigliato, ma non perse tempo e, rapido, contrattaccò con un altro sgambetto che questa volta non riuscii a prevedere. Caddi in avanti, dandomi giusto il tempo di ammortizzare il colpo con le mani. Ma l'azione di Leith non era finita lì e, con una lunga falcata, mi fu in un attimo sulla schiena, immobilizzandomi le mani e strappandomi il coltello da una di queste, per poi puntarmelo alla gola. Mi serviva un modo per contrattaccare e di certo la forza non era un punto su cui contare, quindi passai all'astuzia.

"Leith mi fai male." Dissi nel tono più convincente che trovai.

Fu sufficiente che lui allargasse la stretta ai polsi di pochi centimetri per liberarli con uno strattone deciso. Nel movimento più rapido e fluido che mi riuscii possibile, mi girai supina e, mentre con una mano gli strappai il coltello, con l'altra lo spinsi, facendogli perdere l'equilibrio e cadere sulla schiena. Sgranò gli occhi quando gli puntai il coltello alla gola.

"Mai abbassare la guardia." Gli feci eco, soddisfatta, per stuzzicarlo.

"Questo è giocare sporco!" Disse Leith con finta amarezza.

"Perché i demoni non lo fanno?"

Le mie labbra si sollevarono in un ghigno soddisfatto.

"Si." Rispose Leith con un'improvvisa luce maliziosa che gli brillava negli occhi.

"Lo fanno."

Neanche il tempo di realizzarlo, che allungò un braccio prendendomi per il collo della maglietta, e mi tirò a se, facendo scivolare lontano il coltello con la mano libera. Mi strinse tra le braccia e invertì la posizione dei nostri corpi, ma così facendo, la maglietta si arrotolò su se stessa scoprendomi le gambe. Restammo in quella posizione, entrambi con il respiro veloce, a specchiarci l'uno nelle pupille dell'altro, e, apparentemente, nessuno dei due aveva intenzione di distogliere lo sguardo. Anche batter ciglio ci sembrò impossibile. Rimanemmo così per dei lunghi secondi, mentre il nostro respiro diventava sempre più irregolare. Socchiusi le labbra e lo sguardo di Leith si posò su di esse. Contemporaneamente a quell'azione, i suoi occhi si tinsero di quell'oramai tanto familiare color lavanda. Non osavo parlare. Lasciai che mi passasse una mano dietro la nuca, avvicinando così il mio collo alla sua bocca. Sentii le sue labbra posarsi sul sigillo e iniziare a succhiare. Un gemito di piacere mi lasciò la gola. Accecato da quel momento, Leith fece scivolare l'altra mano dietro la mia schiena e pochi istanti dopo lo sentii sollevarmi da terra. Istintivamente avvolsi le gambe intorno alla sua vita per sorreggermi. Neanche il tempo di esalare un respiro, che mi ritrovai distesa sul divano, mentre il mio corpo veniva sormontato da quello di Leith. Mi guardò un'altra volta e nuovamente mi persi nei suoi occhi, trovando il mio riflesso nella sua scura pupilla dilatata al massimo. Feci giusto in tempo a riprendere fiato che le mie labbra vennero a contatto con quelle di Leith, fondendosi e bruciando. Sentii una mano risalire la coscia mentre il bacio diventava sempre più profondo e avido. Il mio corpo andava a fuoco. Allungai le mani verso la nuca di Leith, spingendolo verso di me e lasciando che qualche ciocca di capelli si intrecciasse tra le mie dita. In un battito fulmineo, Leith spalancò gli occhi, che ora risplendevano di un rosso intenso. Sentii i suoi muscoli contrarsi e poi, con uno scatto si alzò dal divano.

"Per oggi abbiamo finito." Disse dopo essersi schiarito la voce, dandomi le spalle, mentre si spostava nervosamente indietro i capelli con la mano.

"Quando vai in camera ricordati di chiuderla a chiave e di tenere il pugnale sempre a portata di mano."

Balbettai un si ancora perplessa e poi, senza aggiungere altro, mi diressi in camera, chiudendo la porta a chiave. In un sospiro liberatorio mi gettai sul letto, cominciando a chiedermi se tutte quelle precauzioni fossero dovute per proteggermi dai demoni o da se stesso.

Quella notte mi girai e rigirai nel letto, senza mai riuscire a chiudere occhio, disturbata dal rapido pompare del mio cuore che mi rimbombava in petto, mentre un peso mi opprimeva lo stomaco. E così, senza che me ne rendessi conto, si fece l'una di notte quando, pugnale in mano, mi decisi ad uscire dalla camera, dirigendomi a passo felpato verso il salone. La fioca luce della luna illuminava la pelle chiara di Leith, addormentato sul divano, con un braccio dietro la testa e un ginocchio sollevato. Mi avvicinai facendo attenzione a non svegliarlo.

Mai svegliare un demone che dorme.

Ricordai.

Così come si fa con gli oggetti di molto valore presi a guardarlo, ma senza toccarlo. Il suo volto era totalmente disteso e ora che aveva gli occhi chiusi potevo notare quanto lunghe fossero le sue ciglia. Le sue labbra erano carnose e socchiuse. La maglia, un po' tirata per la posizione, mostrava, in alto, le clavicole e, in basso, la linea V del bacino, rivelando anche parte degli addominali bassi, mentre dei jeans, neri e attillati, mettevano in evidenzia i muscoli delle gambe. Stavo quasi per andarmene quando lo sentii lamentarsi nel sonno. Mi girai verso di lui e lo vidi svegliarsi con un sussulto. Si sedette con uno scatto, mentre cercava di riprendere fiato, annaspando affannosamente.

"Tutto bene?" Gli chiesi.

Mi guardò annuendo. I suoi occhi erano limpidi come i diamanti.

"Cosa ci fai qui?" Mi domandò con voce roca per il sonno.

"Non riuscivo a dormire, ma ora torn-"

"No aspetta!" Mi bloccò Leith, fermandomi per il polso.

"Resta...qui."

Improvvisamente tutta la sua spavalderia era stata sostituita dall' insicurezza. Gentilmente, mi tirò a se facendomi spazio sul divano e avvolgendomi con entrambe le braccia. Potevo sentire il suo diaframma sollevarsi a ogni respiro e spingere contro la mia schiena, mentre le nostre gambe si incrociavano ai piedi del divano. Quando fummo avvolti da una sensazione di calore, Leith mi strinse più forte, temendo che potessi andarmene.

"Cosa hai sognato?" Gli chiesi, accorgendomi che, anche un demone come lui che ne aveva passate tante, faceva ancora brutti sogni.

Questo suo lato umano mi fece tenerezza.

"Niente...era solo un brutto sogno. Ora dormiamo."

E così fu: ci addormentammo l'una nelle braccia dell'altro mentre Leith mi disegnava piccoli cerchiolini con il pollice e mi accarezzava prima i capelli, poi la guancia. 

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