CAPITOLO 12

Tornammo sul dirupo dove, delicatamente, Leith mi appoggiò al suolo, spostando I fili d'erba con un fruscio finale di ali. Nonostante ora fossi con i piedi ben piantati per terra, il cuore non smetteva di ribombarmi in gola. Deglutii, in un vano tentativo di placare I miei battiti, poi mi girai verso Leith, per osservare le sue condizioni: le sue ali immense, ancora spiegate, si muobevano alla leggera brezza, mentre gli ampi raggi del sole che filtravano dalla rada vegetazione, illumivano delicatamente la superfice delle piume. Proseguii, spostando lo sguardo nel suo, dove due pupille intrinse di ametista mi fissavano con dolcezza, ma con un accenno di rimprovero.

Timidamente, abbassai la testa.

"Non le...togli?" Chiesi, indicando le ali, non sapendo con esattezza quale termine usare.

Stavo cercando disperatamente di portare avanti una conversazione nella speranza di eliminare quella sensazione di disagio che percepivo.

"Posso tenerle spiegate per tre ore." Rispose lui, pacato.

"Sarebbe uno spreco richiamarle prima." Con dolore mi ricordai del contratto che aveva stretto per poter continuare ad usare le ali.

"È stato uno spreco!" Esclamai improvvisamente, facendolo sussultare.

"Cosa devi dare in cambio?" Si era sempre rifiutato di dirmelo, e ciò mi preoccupava ancora di più.

"Niente di pericoloso tranquilla, altrimenti non avrei accettato il contratto." Concluse sorridendo in un vano tentativo di tranquillizzarmi. Lo aveva fatto di nuovo, deviare la domanda non faceva altro che insospettirmi.

"Adesso andiamo. Ho portato il pranzo al sacco." Mi disse, prendendomi per mano e iniziando ad incamminarsi, dopo aver recuperato la maglia dal ramo, che tuttavia potè indossare.

Ritornammo sul sentiero, dove gli alberi si infittivano, e proseguimmo fino ad un piccolo spiazzo pianeggiante irrorato da fiumi e piccoli torrenti. Individuammo un albero dal tronco particolarmente ampio e ci distendemmo all'ombra del fogliame, l'uno di fianco all'altra.

O quasi: le ali di Leith erano così larghe che per non toccarle dovetti stendermi così lontano che non saremmo riusciti a sfiorarci neppure se entrambi avessimo allungato le braccia.

"Avvicinati." Mi incoraggiò lui, notando il mio desiderio di stargli più vicino.

"Ma le tue ali..." Dopo quello che era appena successo sarei stata sicuramente più prudente.

"Non preoccuparti, ora non stiamo volando. Non c'è pericolo. Forse." Un ghigno allusivo, da tanto scomparso, gli ricomparve sulle labbra.

Inizialmente esitai, ma poi mi fidai, avvicinandomi a Leith. Così, restammo abbracciati per lunghi minuti, che però non sembrarono durare abbastanza. Lasciò che appoggiassi la testa nell'incavo della sua spalla e, mentre con una mano mi teneva stretto a sé, con l'altra mi accarezzava I capelli, le tempie, le guance, il collo. Chiusi gli occhi, scossa da un brivido. Mi rilassai così tanto che rischiai di addormentai. Quando riaprii gli occhi però, vidi che quello a cedere al dolce richiamo del sonno era stato Leith. Sollevai leggermente il busto, per osservarlo meglio in viso: il suo volto era disteso e rilassato, leggermente nascosto da un ciuffo di capelli scuri che gli ricadeva sugli occhi chiusi, le cui lunghe ciglia sfioravano la pelle. Lentamente lo spostai, scoprendo maggiormente il suo volto. In quell'istante però, commisi un errore. Gli occhi di Leith si aprirono fulminei e, con un veloce scatto,mi ritrovai sovrastata dal suo corpo: le sue mani vicino le mie spalle, un suo ginocchio tra le mie gambe.

"Mai toccare un demone che dorme." Bisbigliò, avvicinando la sua testa alla mia. Ma non mi lasciai intimidire, e sfruttai l'occasione per allungare il collo nel tentativo baciarlo. Si allontanò con un ghigno soddisfatto prima che potessi farlo.

"Ti piace stuzzicarmi?" Chiesi.

Lui, come risposta allargò il suo ghigno. Non l'avrei di certo lasciato fare senza contrattaccare. Mi ero ripromessa di essere più prudente, ma questa volta, se l'era cercata.

"L'hai voluto tu."

Approfittai di quella posizione, in cui Leith si credeva in vantaggio, e feci scivolare ripetutamente le dita tra le piume delle sue ali spiegate. Quel gesto fu come un colpo basso per lui: un verso gutturale uscì dalla sua gola, mentre corrugava le sopracciglia e chiudeva gli occhi. Contemporaneamente lo vidi serrare la mascella e stringere i pugni nell'erba. Tuttavia non ero ancora soddisfatta, così lasciai scivolare la punta delle mie dita fino all'attaccatura delle ali, raggiungendo le scapole. Come colpito da una scossa, Leith riaprì gli occhi con un sussulto e le braccia cedettero, facendo quasi cadere il suo corpo sul mio. Finalmente in mio pugno, gli raccolsi il viso tra i palmi e mi ripresi il bacio che precedentemente mi aveva impedito. Rimase qualche istante in quella posizione, prosciugato di ogni energia, dove era udibile solo il suo respiro irregolare che faceva abbassare e alzare il suo petto, avvicinandolo e allontanandolo dal mio. Quando finalmente ritrovò la forza per muoversi, sollevò la testa, avvicinando la sua fronte alla mia. Ma il gioco e bello finchè dura poco. Rimasi pietrificata quando vidi che che le sue iridi erano diventate quasi rosse. Lo vidi inclinare la testa di lato, puntando al mio collo senza che io potessi far nulla, e continuò a scendere più giù, sfiorando il marchio con la punta del naso, e proseguendo ancora, fino a raggiungere il cuore. Fu allora che avvicinò le sue labbra al tessuto della mia maglia. L'ultima cosa che vidi prima di chiudere gli occhi, strizzandoli, fu Leith mentre schiudeva la bocca.

Mi irrigidii.

Ma pochi attimi dopo il mio corpo era tornato ad essere leggero: con violento battito di ali, Leith si era allontanato da me.

"Perché non hai fatto nulla?" Iniziò a muovere la testa a scatti, portandosi il palmo sugli occhi. Sembrava come se stesse cercando di liberarsi da un pensiero che aveva preso il sopravvento su di lui.

Rimasi in silenzio, perplessa, non sapendo cosa rispondere.

"La prossima volta che succede una cosa del genere allontanami. In ogni modo. Prendimi pure a calci e pugni se necessario, ma fermami. A qualunque costo." Ora ero ancora più allibita.

Cos'era appena successo?

Mi limitai ad annuire.

"Ora mangiamo." Disse freddamente, sedendosi vicino al cesto del pranzo.

Mi alzai e lo raggiunsi, cercando di ignorare la sensazione di disagio.

"Vi ho riportato vostra nipote, sana e salva, prima di cena." Disse Leith ai nonni con sarcasmo tirato, indicandomi con un ampio e teatrale gesto della mano.

"Ora con permesso." Disse chiudendosi la porta alle sue spalle.

"Tesoro allora, racconta! Come è andata?" Chiese mia nonna un po' troppo invasiva.

"Bene, abbiamo pranzato tra le montagne seduti su un prato, come Heidi e Petar, mancavano solo le caprette." Dissi con un leggero sarcasmo, abbozzando un falso sorriso e sminuendo la situazione, per non farli preoccupare inutilmente.

"L'altro giorno è arrivata una lettera da tua madre, per il tuo compleanno." Fortunatamente il nonno, al quale Leith non pareva andare a genio, cambiò in fretta argomento.

Mi porse la busta ancora siggilata. La aprii e presi a leggere la lettera:

Cara Alexa,
Come stanno andando le vacanze?
Ti stai divertendo? Ho comprato il tuo regalo, una macchina nuova di zecca per quando avrai la patente. Te la mostrerò non appena tornerai in città. A proposito di questo, nella busta c'è il biglietto del treno per il ritorno. Ti aspetto. A presto.
TANTI AUGURI
-Mamma"

Era vero, presto sarei dovuta tornare in città, ma Leith? Mi avrebbe seguito anche lì? Con la scusa di mettermi in pigiama salii in camera, dove Leith mi aspettava ogni sera.

"Leith?" Chiamai. Aspettai una sua risposta.

"Leith?" Riprovai. Niente.

Mi stava evitando di nuovo? Per quello che era successo oggi?

I suoi occhi erano schiariti velocemente dal quasi-rosso al viola, ma erano rimasti color lavanda per tutto il tempo successivo.

Finii di cambiarmi e, con un peso sul cuore, tornai in cucina. Sentivoche quella sera non sarebbe venuto.     

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