CAPITOLO 18
Il mio cuore saltò un battito mentre la presa sulla caviglia si rafforzava. Gettai lo sguardo su quella che sembrava essere una liana. Con un violento strattone del piede provai a liberarmene, ma la liana continuava a salire, stringendomi, prima un polpaccio, e poi l’altro, aggrovigliandosi fino al ginocchio, mentre Kalin, che non si era accorto di nulla, continuava a camminare. Inciampai sbattendo i palmi sul suolo umido e infilandomi qualche radice tra le costole. Con difficoltà mi girai supina, aiutandomi con le mani per cercare di liberarmi dalla presa. In quel momento fu come se tutti gli alberi si fossero girati verso di me, guardandomi con quel loro legno nodoso, mentre tendevano i rami neri e spogli verso il mio corpo. In pochi secondi mi ritrovai immobilizzata tra i tralci: i rami, ora, mi avvolgevano le braccia e il torace, mentre strisciavano, rigidi, come serpenti per raggiungere i punti ancora scoperti. Ogni movimento tortuoso era più forte di quello precedente ed io ero quasi sul punto di soffocare. Con tutta la forza che avevo in gola, urlai il nome di Kalin, che però era già un’ombra lontana. Ero sola. I rami presero a trainare il mio corpo, come fosse già un cadavere, verso il tronco più vicino. Man mano che mi avvicinavo il legno si dilaniava, aprendo uno squarcio. I rami continuarono a trascinarmi finché non fui completamente inghiottita nella voragine. Il tronco iniziò lentamente a richiudersi davanti ai miei occhi. Io non avevo smesso un attimo di dimenarmi e di oppormi a quell’ingiusto destino, mentre con la poca mobilità delle mani cercavo di allentare la presa attorno al collo, fino al punto di farmele sanguinare. Non potevo cedere proprio ora, dovevo combattere e resistere finché non mi sarei assicurata la salvezza di Leith. In quel momento delle fiamme scaturirono dal mio corpo, fiamme, che senza bruciarmi, corrosero quel legno nodoso che mi opprimeva, liberandomi. Presi a correre il più velocemente possibile, poco curante dei miei passi, che più volte vennero fermati dalle radici nodose, facendomi cadere sulle mie ginocchia e sbucciare la pelle.
“Alexa! Pensavo fossi dietro di me!” Kalin si inginocchiò al mio fianco e mi porse la mano per aiutarmi a sollevare.
“Ho trovato Leith, seguimi.” Le mie speranze si riaccesero, mentre camminavo stringendo la mano del mezzo demone, poi accadde l’inimmaginabile.
Prima un fischio a pochi centimetri dal mio orecchio e infine un suono di membra lacerate. Un pugnale si era conficcato nella schiena di Kalin, all’altezza del cuore, passandolo con furia da parte a parte.
Lentamente il mezzo demone girò la testa verso di me guardandomi con la bocca aperta e gli occhi vitrei. Strozzai un grido in gola. Allungai lentamente la mano sulla punta del pugnale che gli sporgeva dal petto, ma prima che potessi toccarla, l’intero corpo di Kalin esplose, trasformandosi in una melma scura e viscida, che mi imbrattò i vestiti.
La mia gola non riuscì a trattenere un urlo straziante, causato da quella vista raccapricciante, che echeggiò in tutto il Bosco di Ossa, accompagnato dal tonfo sordo delle mie gambe che cedevano al suolo.
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