CAPITOLO 11
Mi svegliai sussultando e gridando.
“No!”
“Alexa cosa succede?”
Accanto al mio letto c’era mia madre avvolta in uno scialle, con i capelli scuri raccolti in una coda bassa. Un velo di cipria le copriva le occhiaie.
“Mamma io posso spiegarti…”
Ero nel completo panico e le parole mi rimanevano bloccate in gola.
“Ecco…Leith…è il mio…ma lui-“
“Chi è Leith?” Sgranai gli occhi.
Non le aveva ancora detto nulla. Feci un sospiro di sollievo.
“Io.”
Una voce inconfondibile entrò dalla porta scorrevole della camera, accompagnata da lunghi e agili passi, costretti in un paio di jeans neri strappati, mantenuti in vita da una cintura dalla quale sblusava una t-shirt bianca, nascosta da una giacca di pelle in tono con i pantaloni. Scattai in piedi sul letto e deglutii a fatica.
“Piacere.” Disse porgendo la mano a mia madre, che la accolse titubante.
“Sono Leith Lereux, il fidanzato di Alexa.”
La saliva mi andò storta e iniziai a tossire, sollevando di tanto in tanto lo sguardo per incrociare quello basito di mia madre.
“Alexa, mi devi delle spiegazioni.”
Stavo iniziando a sudare freddo, non avevo la più pallida idea della scusa che avrei dovuto inventare.
“Non se la prenda con sua figlia.”
Intervenne Leith.
“Ora non è nelle condizioni giuste per discutere. Che ne dice se ci accomodiamo fuori?”
Propose Leith a sopracciglia inarcate, indicando con il pollice la porta alle sue spalle. La mamma mi diede un ultima occhiata, non molto rassicurante e poi uscì, seguita da Leith che mi fece l’occhiolino.
Per niente rassicurante!
Il ticchettio dell’orologio che rimbombava nel silenzio iniziava a diventare sempre più snervante. Si, avrei potuto raccogliere tutta la mia forza e scendere dal letto, aprire quella porta e affrontare mia madre. Ma per dirle cosa? Che il mio fidanzato era un mezzo demone conosciuto quest’estate, in un bosco, con ferite mortali alle quali era però sopravvissuto, obbligandomi al silenzio stringendo un contatto contro la mia volontà? Tremai al solo pensiero. La furia di mia madre sarebbe stata dieci volte peggiore della disavventura nel sottomondo. Iniziai a dondolarmi nervosamente avanti e indietro. Se fosse entrato un medico mi avrebbe sicuramente mandato al manicomio a farmi ricoverare. Sentii la porta aprirsi e mi congelai sul posto.
“Leith! Dov’è mia madre?”
“Fuori, a raccogliere le idee.”
Mi riempii i polmoni di aria come se avessi trattenuto il respiro per tutto quel tempo.
“Cosa le hai detto?”
“La verità.” Rispose lui con nonchalance.
“…escludendo qualche dettaglio.”
Aggiunse in fine, dopo avermi fatto perdere qualche anno di vita.
“Ci siamo conosciuti l’anno scorso a scuola ma quest’estate ci siamo avvicinati molto e da una cosa ne è nata un’altra eccetera eccetera.” Gesticolò Leith sollevando gli occhi al cielo.
Poco dopo la porta si aprì nuovamente, facendo entrare la donna che mi aveva data alla luce.
“Mamma…” la chiamai.
“Non mi fido di te.” Disse a braccia conserte squadrando Leith dall’alto al basso.
“Ma mi fido di Alexa, e spero che la tua sia stata una scelta ben riflettuta.”
Deglutii annuendo.
“Potresti…lasciarci sole?”
Continuò mia madre con il tono di voce più calmo che riuscì a trovare, mentre indicava a Leith la via d’uscita con tutto il braccio.
“Certamente.”
Si limitò a dire il demone, mansueto come un angelo.
“Perché me lo hai tenuto nascosto Alexa?”
“Io…avevo intenzione di dirtelo ma al momento giusto.”
Avevo i palmi sudati.
“Alexa io capisco che stai crescendo e sono felice che tu abbia trovato una persona da amare, ma credi che sia quella giusta? Non so, ma il sesto senso materno non me la racconta giusta.”
Sentii le pulsazioni aumentare, mentre sudavo a sangue freddo, cercando di non dare troppo a vedere quanto in realtà fossi preoccupata.
“Alexa tutto bene? Non hai una bella cera…”
Si corrugò mia madre preoccupata.
“Scusa, sono solo un po’ nervosa per… quello che è successo ultimamente.”
Cercai di sviare l’argomento e con mia fortuna ci riuscii, guadagnandomi un’affettuosa carezza materna.
“Il medico ha detto che puoi uscire oggi stesso, ti ho portato il cambio.” Disse porgendomi una busta.
“Ti aspetto fuori.”
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