8. at times confusing

L'agitazione che traspariva dagli occhi di Aurora era la stessa che avevo intercettato quella fatidica mattina. Il giorno seguente, durante un quasi equatoriale tragitto verso scuola, mi divorai le mani per il turbinio di consapevolezze che affrontare una certa conversazione con la mia migliore amica, non sarebbe stato come bere un bicchier d'acqua. Lei tuttavia sapeva indorarmi la pillola e sconvolgere la mia esistenza sfoderando le sue solite follie inaspettate. I ticchettii dell'orologio che mi ci volevano a digerire le sue avventure scellerate mi permettevano di trascendere dalla realtà come se lei stessa si tramutasse in uno dei miei libri. Le mie labbra restarono infatti dischiuse per una manciata di minuti nell'apprendere che Luke l'avesse baciata pochi giorni fa.

All'improvviso confessarle il mio segreto fu un gioco da ragazzi.

"Sei stata l'unica a vederci?" mi assicurai di chiederle in merito alla notte del compleanno di Ashton. "Sì, ma dubito che Michael abbia tenuto l'acqua in bocca con Luke" bisbigliò spiattellandomi un'ipotesi che avevo già curato di mettere in conto. "Mi dispiace di avertelo tenuto nascosto. Pensavo che se non lo avesse saputo nessuno, avrei evitato i rimpianti" cercai di giustificarmi lottando ovviamente contro i miei occhi che si inumidirono per il sollievo. Quel grande macigno arenato sul mio stomaco era finalmente sprofondato tra la sabbia e adesso riuscivo quasi a respirare a pieni polmoni. Il senso di colpa era ancora uno zaino rimpinzato che penzolava sulle mie spalle, ma almeno i miei amici avrebbero fatto a turno per aiutarmi a portarlo. Io e Michael non nuotavamo più soli nel nostro mare di scelte possibilmente sbagliate.

"Hai rimpianti?"
"No" risposi sinceramente "ma resta il problema che mio fratello sia una testa dura."

Pregai che Aurora tenesse nascosta dietro la schiena una bacchetta magica capace di compiere miracoli. Lei era pasticciona, disordinata e fastidiosamente strafottente, ma la sua mente escogitava iniziative tanto intricate e funzionali da far invidia a Scotland Yard. "Non riesco a capire chi dei due stia sbagliando" ragionò piombando in uno status di intensa concentrazione "se voi due perché siete orgogliosi e amanti del rischio o lui perché si fa strane idee e ha paura delle conseguenze." Probabilmente nemmeno la magica Aurora avrebbe potuto trovare una soluzione al groviglio che io e Michael avevamo imprudentemente ammatassato, e le sue parole lo confermavano: eravamo stati avventati e forse Ashton era realmente da biasimare. "Tutti i fratelli maggiori sono così, è scientificamente provato" continuò come se parlasse con se' stessa "ma è un peccato che non ne voglia sapere!"
Io sorrisi intenerita, ma la verità era che fossi soprattutto parecchio frustrata. Mi ritrovai a sguazzare in una pozzanghera completamente nuova per me, in cui più aspetti della mia vita collidevano come meteoriti provocando frastuoni insopportabili. "Secondo te dovremmo piantarla?"
"Sai che non sono la persona giusta per giudicare cosa la gente dovrebbe e non dovrebbe fare" ridacchiò. Come negare quell'inconfutabile verità? Non avrei osato, ma le mie orecchie esigevano il dolce suono di una certezza dopo quello raschiante e spigoloso di troppe domande. Ero certa che avrei potuto accontentarle quel giorno, ché era solito di Aurora spiattellarmi il suo cuore davanti ai miei occhi per incoraggiarmi a vivere in funzione di me stessa. "No" rispose semplicemente tornando seria "credo che dobbiate alimentare ciò che rende la vostra quotidianità meno quotidiana, capisci che intendo? Continuate finché ne avrete voglia, siamo giovani! Se non rischiamo ora, quando potremo farlo? Che storie racconteremo ai nostri figli? É questo il momento di fare cazzate. Guarda me, non passa un giorno in cui non mi ficchi in qualche casino! Sbagliare è umano, lo faremo per il resto della nostra vita, ma gli errori che commetteremo adesso, quelli ai quali sarà dura rimediare, li ricorderemo per sempre. Potrà sembrarti la fine del mondo, ma ti giuro che un giorno rideremo di queste follie e delle decisioni masochiste."

A fine mattinata il trillo della campanella sembrò stridere più insopportabilmente del solito. Non appena saltai sull'attenti, parve come se la mia vita fosse ripartita da capo. Per me il mercoledì era cento volte peggio del lunedì, talmente massacrante che io e Aurora smarrivamo persino la frenesia di distrarci durante la lezione di storia. Il terzo giorno della settimana calamitava a se' un'improponibile pigrizia, le felpe extralarge di mio fratello e un'insormontabile trepidazione di varcare il cancello d'uscita.

Lo strascicare delle mie scarpe si ammutoliva con il brusio degli studenti che zampillavano fuori dalla scuola e il sole picchiava così intensamente sul mio viso, che fu un sollievo quando finalmente saltai sull'auto di Calum. Lui mi osservava sorridente in tenuta da basket, occhiali da sole e tanto di bicipite appoggiato allo sportello. "Ciao, Cal" sospirai crollando pesantemente sul sedile in pelle. "Tutto bene, pulce?" mi scrutò attentamente trattenendosi dal mettere in moto. "Sono solo stanca" borbottai stiracchiandomi. "Non mollare, manca poco a venerdì" sorrise teneramente. Agganciò le dita attorno il cambio al volante e ingranata la prima, partimmo verso casa. "Allora" cantilenai rompendo il silenzio "come vanno le prove del vostro primo concerto?"
"Alla grande! Era da un anno che non suonavamo con Luke, ma abbiamo scoperto di non essere poi così tanto arrugginiti."
"Forse vi concentrate sul debutto e non su Julie Dixon" ridacchiai. "Peccato che lei ci abbia assunto solo per via di Michael" canzonò in tono amareggiato. "Se Mike si mettesse con lei avreste di certo un contratto garantito, ma purtroppo è fuori discussione" affermai minacciosamente sollevando le spalle. "E pensare che è quello che gli stiamo imponendo di fare da mesi. Mi dispiace che non ti stia molto simpatica" mi punzecchiò in un'espressione artificiosamente desolata. Nel caso fosse stato serio, il suo naso a patata avrebbe seriamente rischiato una gravissima frattura in seguito al violento impatto che io stessa avrei indirizzato contro il clacson. "A quanto pare avete deciso di perdere le palle" lo fulminai senza alcuna pietà. "Non proprio, però adoro quando fai la gelosa con noi" ghignò soddisfatto. Calum aveva appena tirato il freno a mano, giunti sul vialetto di casa mia. "Evidentemente non è la stessa sensazione che provo io quando mio fratello fa il geloso con me" roteai gli occhi, poi mi chinai per raccogliere il mio zaino di scuola e mi sporsi per dare un bacio sulla guancia al mio amico. "Fudge, aspetta" mi bloccò nello spalancare la portiera "a proposito di Michael e Ashton, dovresti sapere una cosa."

Il fatto che mi avesse trattenuta sulla sua macchina, non presagì nulla di buono. I miei amici erano accumunati dal vizio di dimostrarsi eccessivamente melodrammatici persino in situazioni che non lo richiedevano. Pertanto mi sforzai di mantenere la calma prima ancora di apprendere l'accaduto per intero, benché i nomi di Ashton e Michael all'interno della stessa frase mi avessero già provocato una serie di brividi lungo la colonna vertebrale. Le mie labbra si dischiusero in attesa delle sue parole. Dentro il petto, un animato tamburellare si coordinava alle dita di Calum che picchiettavano sul sottile volante della sua auto d'epoca.

"Tuo fratello ha scoperto di avere una leggera polmonite; il dottore ha detto che nonostante sia autosufficiente, non è consigliabile lasciarlo solo mattinate intere perché potrebbe avere degli attacchi respiratori improvvisi. Quindi dal momento che tu hai una vita e Michael no, verrà a stare per un po' da voi per prendersi cura di Ashton o per aiutarti. Si è offerto lui, non abbiamo dovuto convincerlo" Recitò quelle battute come fossero un copione, con una speditezza tale che mi parve si fosse esercitato allo specchio per ore intere. Mi allungò un sacchetto di carta precedentemente pescato dal sedile posteriore comunicandomi che si era personalmente preso la briga di passare dalla farmacia. "Grazie, Cal. Spero si riprenda per il concerto" mi premurai di riferirgli. Scesi dall'auto e mi diressi verso la porta di casa. Il cuore non batteva più tanto forte, ma potevo avvertire la sua classica, patetica ansia di prendere di petto una responsabilità per la quale non era preparato.

"Non ti torturare!" Mi raccomandò il mio amico mettendo in moto. Ridacchiai amaramente e gli rivolsi un ultimo sguardo complice che recitava un ci proverò, ma non ti prometto nulla.

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