UFO CLUB


Pamela Rose Anderson era tutto fuorché una donna comune.

Dopo una travagliata infanzia ed adolescenza vissute nella grigia campagna inglese, il giorno stesso del suo ventunesimo compleanno, Pamela aveva preparato in fretta le valigie, aveva rubato tutti i soldi trovati in casa ed era saltata sul primo treno che si era fermato in stazione: non si era soffermata a guardare neppure per un secondo qual'era la sua destinazione.

Non appena le porte scorrevoli si erano aperte, lei era salita dentro la carrozza della classe economica.

Non aveva alcuna importanza dove quel treno fosse diretto, le bastava abbandonare la casa genitoriale nella quale era nata e cresciuta, e nella quale regnava un padre padrone che non esitava ad alzare le mani quando lo riteneva opportuno, ed una madre fredda e dura come una lastra di ghiaccio.

Suo padre picchiava sua madre, e sua madre la picchiava di rimando per la frustrazione.

Da quel momento in poi, Pamela aveva vissuto alla giornata, girando il mondo e seguendo e combinando insieme le sue due più grandi passioni: la fotografia e la botanica.

Il suo amore più grande era stata l'Africa e lì aveva vissuto fino quando un brutto incidente, che non si era trasformato in tragedia per un soffio, non l'aveva fatta riflettere sulle sue priorità e su ciò che desiderava davvero dalla vita: avere delle figlie.

Niente maschi, solo femmine.

A quel punto, non senza una piccola vena di amarezza e tristezza, la donna aveva preparato i bagagli e se ne era andata per sempre dall'Africa lasciando lì il suo spirito libero e portando con sé ricordi ed immagini che avrebbe custodito gelosamente per il resto della propria vita; era tornata in Inghilterra ed aveva lottato con le unghie e con i denti per ottenere l'affidamento di una bambina, e ce l'aveva fatta.

La piccola si chiamava Mary Jane, ma Pamela l'aveva soprannominata 'Ginger' dopo aver visto la sua fiammante chioma rossa; secondo lei, il nome Mary Jane era troppo insignificante per descrivere una personalità così frizzante.

Ginger, invece, era perfetto.

Due anni più tardi era arrivata Jennifer.



Pamela non era la madre biologica di Ginger e Jennifer, ma le bastava una fugace occhiata per capire se e quando c'era qualcosa che turbava le due piccole donne che amava con tutta sé stessa.

Posò la forchetta, intrecciò le dita e guardò la sua primogenita negli occhi.

"Che cosa ti turba?".

Ginger sollevò gli occhi dal piatto ed incrociò lo sguardo di Pamela.

"Nulla"

"Nulla? Ne sei proprio sicura? Credi davvero che non sappia riconoscere quando una di voi due mi racconta una bugia o la verità?"

"E va bene, hai vinto" sospirò la giovane, posando la forchetta sul bordo del piatto "in effetti c'è una cosa di cui vorrei parlarti, ma non so come fare"

"Sei incinta?".

Ginger sgranò gli occhi scuri.

"No!" esclamò sconcertata, arrossendo vistosamente "come ti viene in mente una idea simile? Non ho neppure un ragazzo, te lo avrei detto altrimenti... No, si tratta di una faccenda completamente diversa. Ieri pomeriggio mi sono incontrata con Rick per bere un the insieme... Gli ho chiesto come sta procedendo con il contratto discografico e lui mi ha detto che sta andando tutto bene... E mi ha anche detto che lui e la band hanno bisogno di qualcuno che si occupi della loro immagine pubblica, di un fotografo personale..."

"Mh-mh"

"E... Vorrebbe che quella persona fossi io" concluse la giovane, mordendosi il labbro inferiore.

Pamela guardò la figlia in silenzio e sbatté le palpebre.

"Ed il problema quale sarebbe?"

"Come quale sarebbe?" domandò Ginger, ancora più sconcertata "te lo spiego in parole semplici: non ho mai svolto un solo lavoro professionista prima d'ora e non ho alcuna referenza... Ti sembrano particolari di poco conto?"

"Da qualche parte bisogna pur iniziare, non credi? A me sembra una grandissima opportunità che non puoi sprecare. Hai diciannove anni, Ginger, se non cogli al volo occasioni come questa, un giorno potresti pentirtene amaramente. Sono sicura che Rick non avrebbe fatto il tuo nome se non nutrisse una enorme fiducia nelle tue capacità"

"Credo che riponga fin troppa fiducia nelle mie mediocre capacità di fotografa"

"Ecco, lo stai facendo ancora. Quante volte ti ho già detto che non devi sminuirti in questo modo?"

"E chi ti aiuterà con il negozio?" insistette la ragazza.

Al suo rientro in Inghilterra, e con l'arrivo delle figlie, Pamela aveva definitivamente detto addio alla vita avventurosa della fotografa in giro per il mondo, e si era data ad un'attività più tranquilla aprendo un negozio di fiori; Ginger aveva iniziato a darle una mano nel corso dell'estate in cui aveva compiuto sedici anni, e da quando aveva finito gli studi lavorava lì stabilmente, cinque giorni a settimana.

Pamela la lasciava libera il sabato e la domenica perché riteneva giusto che vivesse appieno i suoi diciannove anni, dato che lei non aveva mai avuto la possibilità di farlo.

Pam agitò la mano destra con noncuranza.

"Il negozio... Al negozio posso pensarci benissimo da sola. Ho quarant'anni, tesoro, non sono ancora da rottamare. Le mie ossa stanno benissimo"

"Non lo so... Rick mi ha invitata ad andare a vederli suonare in un locale questa sera, visto che sono così titubante"

"E tu và, allora"

"Posso andare anche io?" intervenne Jennifer con uno sguardo speranzoso; Ginger fulminò la sorellina con un'occhiata.

"Non se ne parla nemmeno. Non è un posto per mocciose"

"Io non sono una mocciosa! Ho quattordici anni!" replicò Jennifer con un'espressione offesa, stanca di essere sempre considerata come l'eterna piccola della casa "e poi non è giusto che tu e Rick fate sempre cose divertenti senza di me. Posso andare anche io con loro, mommi?".

Mommi era il nomignolo affettuoso con cui Ginger e Jennifer si rivolgevano a Pamela; non la chiamavano mai 'mamma', perché lei era infinitamente molto di più di una semplice madre.

"Jen, non puoi andare con Ginger perché non sei stata invitata. Sarebbe molto scortese se ti presentassi anche tu, capisci? E poi sei ancora piccola e domani devi svegliarti presto perché c'è scuola... Sbaglio o hai un test molto importante di algebra?"

"Io odio la scuola e odio ancora di più l'algebra. E odio ancora di più il fatto che voi due vi divertite sempre senza di me" borbottò la ragazzina; lasciò ricadere la forchetta sul piatto, si appoggiò allo schienale della sedia ed incrociò le braccia, assumendo un'espressione corrucciata che divertì immensamente Pamela.

"Ti prometto che un giorno andrai anche tu, ma non questa sera. Finisci di mangiare il polpettone ed il purè".

Jennifer, in tutta risposta, scosse le lunghe trecce nere e Ginger non resistette alla tentazione di lanciarle una frecciatina.

"Vedi? Solo le mocciose si comportano in questo modo"

"Strega!" strillò Jen inviperita, si alzò di scatto dalla sedia e sparì in salotto; poco dopo Pamela e Ginger sentirono il rumore di passi veloci sulle scale, seguito da quello di una porta che veniva sbattuta con forza e dal silenzio più assoluto.

La rossa emise un sospiro esasperato.

"Non la sopporto quando fa così. Ormai non è più una bambina e certe cose dovrebbe capirle da sola. Non può starmi sempre in mezzo ai piedi"

"Fa così perché ti vede come un modello da imitare e seguire, Ginger. Tua sorella è entrata nella fascia della pubertà, ricordi che cosa significa? Il corpo che inizia a cambiare, gli sbalzi d'umore, le prime mestruazioni... Cerca di essere un po' più comprensiva nei suoi confronti. Lei si comporta in questo modo e ti sta sempre appresso perché sei il suo punto di riferimento: ti vede come un modello da seguire e imitare"

"D'accordo. Cercherò di essere più comprensiva... Ma lei deve cercare di essere meno irritante"

"Tornando a noi... Che cosa hai intenzione di fare? Vuoi andare a vedere Rick e conoscere i suoi amici, oppure preferisci rimanere rinchiusa in casa?"

"Secondo te che cosa dovrei fare?"

"Vuoi un consiglio spassionato e oggettivo?" domandò Pamela, iniziando a sparecchiare la tavola.

La giovane annuì.



L' UFO club era un locale underground di Londra.

Consisteva in una sala situata in uno seminterrato al numero 31 di Tottenham Court Road; a causa di un cinema posizionato proprio al piano di sopra, le esibizioni iniziavano solitamente verso le dieci e mezza di sera e continuavano fino all'alba.

Ginger arrivò poco dopo le dieci, quando il locale era già per metà pieno di gente che fremeva per l'inizio dello spettacolo.

Non esistevano sedie o poltroncine all'UFO club per gli spettatori: coloro che assistevano alle diverse esibizioni musicali si sedevano a gambe incrociate, o si sdraiavano, sul pavimento dopo aver scelto il punto più strategico da cui si aveva un'ottima visuale del palco; Ginger individuò tale punto poco lontano dal bancone in cui vendevano succhi di frutta e falafel per coloro che desideravano rifocillarsi, e si affrettò a raggiungerlo prima che qualcun altro potesse fregarglielo.

Si sedette a gambe incrociate sul parquet e lanciò un'occhiata in direzione del palco, ma non c'era alcuna traccia né di Rick né degli altri componenti della band; c'erano solo i loro strumenti, posizionati e accordati con estrema precisione: la tastiera di Richard, una batteria, una chitarra ed un'altra chitarra col manico più lungo.

La giovane si guardò attorno nella vana speranza di rintracciare e salutare il suo migliore amico prima dell'esibizione, ma non riuscì a scorgerlo in mezzo a tutti quei giovani che parlavano, ridevano, bevevano succhi di frutta o si passavano uno spinello da condividere in gruppo.

Ginger non aveva mai fumato una sigaretta né tantomeno provato a farsi una canna; non sentiva il bisogno di allontanarsi dalla realtà o di ribellarsi alle regole della società come la maggior parte dei suoi coetanei, e tantomeno non sentiva il bisogno di fare ricorso a qualcosa di molto più pesante come le pasticche di allucinogeni o le altre sostanze stupefacenti: a sedici anni aveva seguito un corso come volontaria di primo soccorso, e nei due successivi aveva assistito a scene orribili, che spesso erano tornate a farle visita negli incubi.

Molte avevano a che fare con la droga ed i ragazzi della sua età...

Le luci si spensero all'improvviso, segnando l'inizio dell'esibizione.

Dei fari colorati si accesero, puntando in parte sul palco ed in parte sugli spettatori; Ginger si coprì gli occhi con la mano destra, colta alla sprovvista dalla forte ed inaspettata illuminazione.

Quando riuscì ad abituarsi alle luci colorate scostò il palmo, guardò nuovamente verso il palco e rimase senza fiato.



Mary Jane Anderson sussultò quando si sentì afferrare per una spalla.

Si voltò verso il suo assalitore e lo ripagò con una spinta tutt'altro che gentile.

"Rick, sei proprio un idiota quando fai così, lo sai? Mi hai fatto prendere un colpo!"

"Scusa, non era mia intenzione spaventarti" disse a sua discolpa Wright con una risata "davvero ti ho fatto prendere paura?"

"Sì, pensavo fossi... Non lo so chi pensavo che fossi, solo non farlo mai più, per favore"

"D'accordo, ti prometto che non lo farò mai più. Questo è sufficiente per farmi perdonare? Ti ho preso un succo alla pesca, il tuo preferito"

"Solo per questa volta" rispose Ginger con una risata; prese la bottiglietta di plastica, mandò giù un lungo sorso di succo alla frutta e Richard fece lo stesso con quello che aveva preso per sé.

Dopo essersi rinfrescato la gola sostituì la bevanda analcolica dolce con una sigaretta.

L'unico difetto, se così poteva essere chiamato, di Richard Wright era proprio quello: le sigarette.

Ginger lo aveva ripreso più volte, ma Rick non era ancora riuscito a liberarsi dal vizio del fumo; le Marlboro lo aiutavano a tenere sotto controllo lo stress prima di una esibizione ed a distendere i nervi a serata conclusa.

Aspirò una boccata di fumo e la buttò fuori girandosi da tutt'altra parte, assicurandosi che non finisse in faccia alla sua migliore amica provocandole un'ondata di nausea.

"Allora, che ne pensi dell'esibizione? È stata di tuo gradimento?"

"Se è stata di mio gradimento?" ripeté la giovane incredula "che fossi un mago della tastiera lo avevo capito già da tempo, ma devi spiegarmi come è possibile tirare fuori certi suoni da dei strumenti musicali. E le luci... I colori... Non so neppure come descrivere quello che ho visto"

"Vorresti conoscere gli altri?"

"Adesso?"

"Sì, sono qui fuori dal locale che stanno caricando gli strumenti sul nostro furgoncino, lo avevo detto che te li avrei fatti conoscere"

"Non vorrei essere di troppo tra voi ragazzi".

Rick scoppiò a ridere.

"Sei diventata timida tutto d'un tratto? Andiamo, vieni, sono ansiosi di conoscerti" Richard invitò Ginger a seguirlo fuori dall'UFO; quando sbucarono all'esterno dell'edificio, la ragazza ispirò a pieni polmoni il vento freddo che le sferzò il viso.

A fine serata l'aria all'interno del seminterrato si era fatta pressoché irrespirabile.

Scoprì con enorme sorpresa che il cielo ricoperto di nuvole era striato di arancione.

"Che ore sono?" chiese, senza riuscire a staccare gli occhi dal sole per metà coperto che stava sorgendo.

Rick guardò l'orologio che portava al polso sinistro.

"Meno un quarto alle sei"

"Stai dicendo che sono trascorse più di cinque ore?"

"Il tempo passa in fretta quando ti diverti, vero? Andiamo, forza, se non mi sbrigo ad arrivare per aiutarli a caricare gli strumenti mi strangolano a mani nude".

I due giovani percorsero in fretta il marciapiede deserto; arrivati in fondo, Richard svoltò l'angolo a destra, Ginger lo imitò e vide un furgoncino nero, su cui campeggiava una sgargiante scritta rosa, parcheggiato a pochi metri di distanza da loro.

Semi sdraiato sul cruscotto, con la schiena appoggiata al vetro del veicolo, c'era un ragazzo intento a fumare una sigaretta; non appena li vide, il giovane aspirò un'ultima boccata di fumo e si liberò del mozzicone.

"Finalmente, Rick!" esclamò, scendendo con un balzo dal furgoncino "ma si può sapere che fine hai fatto? Ci hai lasciati qui a sgobbare come dei muli e sei sparito senza dire una parola!"

"Guarda che avevo detto che dovevo rientrare un momento all'UFO perché c'era una persona che dovevo assolutamente farvi conoscere, non vedi che non sono da solo?" Rick indicò Ginger con un cenno del capo, ed il ragazzo la fissò incuriosito, inarcando le sopracciglia scure.

La rossa ne approfittò per osservarlo con cura: capelli neri, ondulati, occhi verdi, viso leggermente paffuto; indossava un paio di jeans a zampa d'elefante, degli stivaletti di pelle nera, una camicia rosa ed una giacca marrone con delle frange sul petto e sulle braccia.

Aveva un'aria terribilmente buffa, forse proprio a causa della curiosa giacca con le frange.

Ginger provò un istintivo moto di simpatia per lui.

"È lei la ragazza di cui ci hai parlato?" domandò il giovane, per poi emettere un lungo fischio ammirato, squadrando la rossa da capo a piedi "cavolo, adesso capisco perché l'hai tenuta nascosta così a lungo, Rick. Dovresti presentarci più spesso le tue amiche se sono tutte così carine... Ohh, ma non dire a Lindy ciò che ho appena detto, altrimenti sono nei guai"

"Lindy?" chiese la ragazza con un'espressione confusa, non capendo a chi si stesse riferendo l'amico di Rick.

"Sì, la mia ragazza... Sai com'è... Comunque io sono Nick"

"Ginger"

"Ginger? Un nome che sta proprio a pennello con i tuoi capelli" commentò Nick, stringendole la mano destra dopo essersi presentato ufficialmente; lasciò andare la presa e con l'indice indicò la macchinetta fotografica che la ragazza portava appesa al collo "ti sei portata appresso i ferri del mestiere, vedo. Rick ci ha raccontato che hai un vero talento per le foto"

"Rick esagera sempre" mormorò Ginger, lanciando un'occhiata in direzione di Richard "ad ogni modo sì, l'ho portata con me per scattare qualche foto"

"Spero che tu mi abbia ripreso dal mio profilo migliore".

Ginger scoppiò a ridere divertita, coprendosi la bocca con la mano sinistra: non si era sbagliata, quel ragazzo era davvero simpatico; Rick si guardò attorno.

"Ma dove sono finiti gli altri?"

"È quello che mi sto chiedendo anche io. Hanno detto che andavano a comprare delle birre e che sarebbero tornati subito indietro, ma inizio a pensare che siano andati dall'altra parte di Londra per prendere quelle cazzo di birre"

"Magari hanno trovato traffico"

"Traffico? Vuoi scherzare? Ma se siamo le uniche persone ancora in giro per strada!"

"Sono sicuro che saranno qui a momenti"

"Me lo auguro. Spero che tornino il prima possibile, con o senza birre, perché avverto il bisogno fisico di sentire la consistenza del materasso del mio letto sotto il mio corpo... Adesso"

"In verità dovrei andare anche io, Rick" disse a sua volta Ginger controllando il proprio orologio a polso "vorrei essere a casa prima che mommi e Jennifer si svegliano, non ci tengo a passare dei guai seri. Mi dispiace per i vostri amici, ma non posso trattenermi un solo istante in più"

"Eddai, resta ancora qualche minuto! Ti diamo un passaggio, se vuoi. Dovrai stringerti un pochino a causa degli strumenti, ma non è così tremendo quando ci hai fatto l'abitudine"

"Vorrei davvero, Nick, ma se non torno il prima possibile a casa per me è la fine. Mommi sa essere molto comprensiva, ma è sempre meglio non tirare la corda con lei"

"Chi è mommi?"

"Te lo spiegherò un'altra volta, ora devo proprio andare, scusami"

"Puoi raccontarmelo quando ci porterai le foto che hai scattato questa sera" disse Nick ad alta voce, con le mani appoggiate ai lati della bocca, perché Ginger si era già avviata verso la strada di casa "mi raccomando: scegli quelle in cui mi hai ripreso dal mio profilo migliore!".

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