THE BIG CHANCE (PARTE TRE)


David aveva abbandonato da tempo il piccolo appartamento in cui aveva vissuto per anni dopo aver lasciato la casa genitoriale, ma continuava a pagare l'affitto ed a recarsi là quando aveva bisogno di silenzio e doveva lavorare su qualcosa di nuovo: lo aveva trasformato nel proprio Studio personale, esattamente come aveva fatto Roger col seminterrato di casa sua.

Il giovane socchiuse gli occhi ed emise uno sonoro sbadiglio: era stato svegliato da un buon profumo che proveniva dalla cucina.

Nulla di simile ai disastrosi pasti che cucinava nei suoi giorni di ragazzo di diciannove anni, single e totalmente imbranato con i fornelli.

Uscì dal letto, indossò un paio di boxer ed uscì dalla camera, seguendo il delizioso profumo di frittelle che proveniva da qualche stanza più in là; si appoggiò allo stipite della porta della cucina ed osservò in silenzio, con un sorriso sulle labbra, Virginia intenta a cucinare la colazione per entrambi, destreggiandosi tra le frittelle da girare in padella ed il caffè che stava per bollire: indossava solo un paio di slip rosa ed aveva preso in prestito la maglietta che lui aveva indossato durante il concerto.

Anche se le stava larga, non nascondeva affatto le forme rotonde del suo bellissimo seno.

Virginia percepì la presenza di un'altra persona nella stanza e si girò a guardare David con un sorriso allegro sulle labbra.

"Buongiorno" gli disse in un tono carico di gioia, tornando ad occuparsi delle frittelle che rischiavano di bruciare "hai dormito bene? Spero di non averti svegliato io... Ho pensato di prepararti una colazione all'americana. Non so se hai avuto occasione di assaggiarla mentre eri a Philadelphia, ma posso assicurarti che non è nulla in confronto a queste frittelle: si tratta di una vecchia ricetta di mia nonna. Vedrai, sono buonissime".

La giovane tolse l'ultima frittella dalla padella, la posò in cima ad una pila che aveva formato sopra un piatto e lo posò al centro del tavolo; si sedette e guardò di nuovo il chitarrista, che non si era mosso di un solo millimetro dallo stipite dalla porta.

"Dave... C'è qualcosa che non va?"

"No, assolutamente no, stavo solo pensando"

"A cosa?"

"Che mi piacerebbe svegliarmi così ogni mattina, con te a mio fianco... O in cucina a preparare la colazione per entrambi"

"Stai dicendo che ti diverti a vedermi sgobbare in cucina?" rispose Virginia con un sorrisetto divertito sulle labbra carnose: più David la guardava, più restava incantato dalla sua bellezza senza paragoni e più se ne innamorava perdutamente "vieni a mangiare prima che si raffreddano. Guarda, la noce di burro si è già sciolta!".

David obbedì in silenzio e con un sorriso divertito sulle labbra: stava scoprendo sempre di più che adorava farsi comandare a bacchetta da quello scricciolo dai lunghi e vaporosi capelli rossicci.

Ora capiva come si sentiva Nick con Lindy.

Si sedette di fronte a lei e mangiò una frittella ancora calda, gustandosela appieno.

"Avevi ragione, sono davvero buonissime. Rischi di viziarmi così, lo sai?"

"Aspetta a dirlo... Ho preparato anche del caffè, ne vuoi una tazza?"

"Preferisco il the caldo, ma sono pronto a fare un'eccezione per te".

Virginia sorrise, riempì due tazze con il caffè bollente e ne porse una al suo amante; tornò a sedersi di fronte alla tavola e lanciò uno sguardo alle sue due valigie, abbandonate in un angolo, poco lontano dalla porta d'ingresso del piccolo, ma confortevole, appartamento.

Le guardò in silenzio, tormentandosi una ciocca di capelli, finché non trovò il coraggio di confessare a Gilmour ciò che l'aveva spinta a prendere un volo di sola andata per Londra.

"David, io... L'ho fatto"

"Fatto cosa?" chiese lui, non capendo.

"I miei genitori hanno scoperto per caso l'ultima lettera che mi hai spedito, sono andati fuori di testa e così... Ho fatto le valigie e sono venuta qui. Non starò qui per pochi giorni per poi tornare a casa, io... Io ho lasciato l'America per venire qui... Per te" negli occhi azzurri della giovane apparve uno sguardo preoccupato "ti prego, non ti arrabbiare con me, ma..."

"Arrabbiarmi? Perché mai dovrei arrabbiarmi? Non potrei essere più contento" David si sporse al di sopra del tavolo per dare un bacio alla ragazza americana che gli aveva rapito il cuore e fatto perdere la testa nell'istante stesso in cui l'aveva vista per la prima volta "non sai quanto ti ho desiderata e sognata negli ultimi mesi, Virginia, ancora non riesco a credere che tu sia proprio qui, davanti ai miei occhi... E non riesco neppure a credere alla notte che abbiamo avuto"

"Penso che le molle del tuo povero letto la pensino in modo diverso" mormorò Virginia con una mezza risata, prima di tornare seria "ma... Dave, come faremo con... Insomma, come faremo con tua moglie? Io... Io ti amo, voglio stare con te, ma non voglio essere la tua amante per sempre, non voglio essere costretta a nascondermi"

"Ohh, porca puttana" sussurrò il chitarrista voltandosi a fissare l'orologio a muro della cucina, che segnava le nove e mezza.

Erano le nove e mezza, e non aveva ancora fatto ritorno in albergo.

Aveva completamente perso la cognizione del tempo, e la sua assenza doveva essere stata notata per forza.

Porca puttana.

"Porca puttana!" ripeté di nuovo, precipitandosi in camera da letto per rivestirsi il più in fretta possibile: forse non tutto era perduto se si sbrigava a raggiungere l'albergo il prima possibile; forse c'era la piccola possibilità che Ginger stesse ancora dormendo, dandogli così l'occasione d'infilarsi sotto le coperte e di fingere di essere lì a dormire da ore ed ore.

"Te ne stai andando via? Devi tornare da lei prima che s'insospettisca?" domandò Virginia, seguendolo in camera da letto.

"Sì, anche se con tutte le ore che sono passate... Dov'è? Dove diavolo è finita?"

"Stai cercando questa?" chiese la giovane, sfilandosi la maglietta e rimanendo con addosso il misero paio di slip rosa; Gilmour interruppe bruscamente la ricerca dell'indumento che credeva perduto e fissò ipnotizzato il corpo quasi completamente nudo della giovane, soffermandosi sulla stoffa semitrasparente del misero indumento di biancheria intima e sul seno scoperto.

Deglutì a vuoto.

"Sì, stavo cercando proprio quella. Dammela per favore, ho bisogno di indossarla ora"

"Non puoi aspettare ancora cinque minuti?"

"No, non posso"

"Sicuro che non puoi?" domandò la ragazza avvicinandosi, passandogli le braccia attorno al collo e premendo il proprio corpo contro il suo.

"Lo vorrei tanto, Virginia, non immagini neppure quanto vorrei restare ancora con te, ma adesso non posso farlo, devo tornare in albergo. Io... Ti prometto che risolverò il prima possibile questa situazione, e finalmente noi due potremo stare insieme alla luce del giorno, senza doverci nascondere e guardare continuamente alle spalle. Ti prometto che tutto finirà presto, ma ora devo andare"

"Lo so, ti credo, David, ma visto che potrei essere costretta a passare qui dentro giorni interi prima di vederti ancora, penso di avere tutto il diritto di tenerti segregato per altri cinque minuti, non credi?" mormorò la giovane; s'inginocchiò sul pavimento ed iniziò a sbottonare i jeans a David con lo stesso sorriso furbetto di poco prima "sei terribilmente teso, lascia che ti rilassi un po'"

"Ohh, cazzo..." sussurrò lui, chiudendo gli occhi con un sospiro, mentre Virginia gli abbassava i boxer.



Ginger aprì gli occhi, si tirò su a sedere ed appoggiò entrambe le mani sulle tempie a causa di una dolorosa fitta alla testa che le fece stringere i denti con forza; trascorse qualche minuto, ma alla fine la fitta dolorosa sparì nello stesso modo in cui era apparsa.

Quasi contemporaneamente, Roger uscì dal bagno.

"Buongiorno" disse passandosi un asciugamano sui capelli ancora umidi che gli scendevano fino alle spalle "dormito bene?"

"Mi sono svegliata con una dolorosissima fitta alla testa, ma adesso è passata"

"Per forza, con tutta la tensione nervosa che hai accumulato ieri notte..."

"Devo andare da mia sorella" Ginger sollevò il lenzuolo ed uscì dal letto; si alzò così rapidamente che si ritrovò costretta a risedersi sul bordo del materasso a causa di un improvviso cerchio alla testa.

Waters scosse la testa con un sorriso ironico.

"Non puoi andare da nessuna parte in queste condizioni, per fortuna ho avuto la brillante idea di richiedere il servizio in camera... Faresti meglio a mettere qualcosa sotto i denti prima di uscire dalla stanza, altrimenti rischi di svenire in corridoio. Lì c'è il vassoio" il giovane le indicò il vassoio posato sopra un mobile, ancora intatto, ma Ginger si dimostrò irremovibile riguardo la propria decisione.

"Ti ringrazio, ma la colazione può aspettare. Jennifer, no"

"Come vuoi, allora andiamo"

"Grazie ancora ma, no. Hai fatto già abbastanza. A mia sorella ci penso io"

"Sei proprio sicura di non volere qualcuno che ti accompagni?"

"No, questa è una faccenda che riguarda solo me e lei"

"D'accordo" si limitò a dire il bassista "fuori in terrazza ci sono i tuoi vestiti, se desideri cambiarti. Li ho lavati e messi fuori ad asciugare. Io ho fatto il possibile, ma credo che abbiano comunque bisogno di un bel giretto in lavatrice".

La rossa lo fissò esterrefatta.

"Hai davvero lavato i miei vestiti?"

"Sì, te l'ho detto ieri sera: non ci tenevo ad avere la camera che puzzava di vomito. È stato già abbastanza orribile dormire sulla poltrona... Mai dormire su una poltrona quando sei alto un metro e novanta, a meno che non sia fatta su misura per te... Avrò le ossa della schiena a pezzi per mesi"

"Hai davvero dormito sulla poltrona?"

"Che dovevo fare? Dormire sul pavimento?"

"Io credevo che... Credevo avessi dormito sull'altra piazza del letto"

"Assolutamente no" rispose Roger, sbattendo le palpebre "non volevo rischiare che mi vomitassi addosso nel bel mezzo della notte. Posso anche accettare di ritrovarmi la giacca ed i pantaloni macchiati di vomito, ma i miei capelli ed il mio viso sono una storia completamente diversa. Darei di stomaco a mia volta... No, non ho dormito sul letto... Te ne saresti accorta, altrimenti".

La giovane socchiuse le labbra per poi richiuderle, scuotendo la testa; prese i vestiti in terrazza, andò in bagno a cambiarsi e poi uscì dalla stanza, abbottonandosi il cappotto.

"Sei proprio sicura di non avere bisogno di qualcuno che ti accompagni?" chiese di nuovo Waters, uscendo a sua volta nel corridoio ed appoggiandosi allo stipite della porta.

La rossa scosse la lunga coda di cavallo che le ondeggiava sulla schiena.

"No, da qui in poi ci penso io, è una faccenda personale che riguarda solo me e lei. Credo che seguirò il tuo consiglio e concorderemo insieme una versione in comune da dare a mommi perché è meglio che non sappia nulla della cazzata che Jen ha commesso, ma prima dovrà vedersela con me"

"Penso sia la scelta migliore"

"Sì" mormorò la giovane abbassando lo sguardo, per poi sollevare gli occhi di scatto e richiamare l'attenzione del bassista prima che rientrasse in camera "Roger, aspetta un momento!".

Lui si fermò e tornò in corridoio.

"Sì?" domandò appoggiandosi di nuovo allo stipite della porta, fissando la ragazza dai suoi quasi due metri d'altezza "devi dirmi qualcos'altro?"

"Sì, in effetti sì. Io... Ecco... Non so davvero come ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me la scorsa notte... Insomma, voglio dire... Non avevi alcun obbligo nei miei confronti, visti soprattutto i nostri precedenti, eppure sei venuto in ospedale e sei stato a mio fianco. Non ce l'avrei mai fatta se non avessi avuto una persona vicino a me... E quella persona sei stato proprio tu: l'ultima che mi sarei mai aspettata. Quindi... Grazie. Grazie davvero per averlo fatto"

"Ginger, quello che è successo ieri notte andava al di là di ciò che pensiamo l'uno dell'altra. Tu mi hai assistito quando eravamo in Italia, ed io ho assistito te ieri notte: adesso siamo pari. Come puoi vedere, anche io so essere obiettivo"

"Grazie"

"Me lo hai già detto, non c'è bisogno che continui a ripeterlo all'infinito, anche se..." sulle labbra del giovane apparve un sorriso compiaciuto "anche se non mi dispiacerebbe affatto sentirmelo ripetere un altro paio di volte, visto che non so quando ricapiterà una seconda volta".

La giovane ignorò la battutina e, senza alcun preavviso ed alzandosi sulle punte dei piedi, gli buttò le braccia attorno al collo per abbracciarlo.

Mai avrebbe immaginato che un giorno avrebbe abbracciato Roger di propria spontanea volontà per ringraziarlo.

E mai avrebbe potuto immaginare che proprio lui, fra tutti quanti, le sarebbe stato vicino in uno dei momenti peggiori della sua vita.

Lui... Proprio la persona che detestava di più sulla faccia della Terra.

"Grazie" mormorò la rossa ad occhi chiusi, lasciando da parte ogni ostilità passata per una volta "grazie per tutto quello che hai fatto, significa molto per me, e questo non ci rende affatto pari: ho un enorme debito nei tuoi confronti, sentiti libero di riscuoterlo in qualunque momento e per qualunque cosa".

Lo aveva detto sul serio? Sì, lo aveva detto sul serio.

Aveva appena detto a Roger di avere un enorme debito nei suoi confronti che poteva riscuotere quando voleva e per qualunque cosa.

Lo aveva detto davvero e non poteva rimangiarsi la parola, non dopo tutto quello che lui aveva fatto nell'arco di poche ore.

Sperava solo di non pentirsene amaramente.

Waters non disse nulla: chiuse gli occhi, passò le braccia attorno ai fianchi di Ginger e la strinse a sé.



David rientrò in albergo a passo svelto e con lo sguardo incollato al pavimento per evitare di essere visto e riconosciuto da qualcuno; ma quando passò affianco alla zona degli ascensori, sfortunatamente udì una voce famigliare provenire dalle porte scorrevoli di una cabina che si era appena aperta.

"Dave?".

Il chitarrista, col piede destro appoggiato al primo scalino, serrò gli occhi e soffocò a stento una imprecazione; lentamente, si voltò verso Rick che lo stava fissando con un'espressione incredula e sconcertata allo stesso tempo.

"Ehi, Rick..." disse poi, sforzandosi di sorridere nel modo più normale possibile, anche se dentro di sé sentiva di essere in parte già tremendamente fottuto "come va? Sei appena sceso per fare colazione?"

"Come va? Sei appena sceso per fare colazione? Mio dio, Dave, hai proprio una bella faccia tosta a farmi queste domande! Tu sei... Sei appena rientrato?" domandò Wright spalancando gli occhi.

"Sì, ecco..."

"E si può sapere dove diavolo sei stato per tutta la notte? Ti abbiamo cercato ovunque, non so se te rendi conto! Perché dopo il concerto sei completamente sparito?"

"Ohh, ecco... Io..." balbettò il giovane, sforzandosi di pensare il più in fretta possibile ad una bugia convincente da raccontare a Rick ed, in un secondo momento, a Ginger "mio fratello ha avuto un problema... E... Si è trattata di una emergenza improvvisa"

"David" mormorò Richard con un tono ed uno sguardo seri "non crederai davvero che io mi beva questa cazzata, vero?"

"Non è una cazzata!" ribatté Gilmour; dio... Si faceva schifo da solo per mentire così spudoratamente a Rick, che aveva già capito ogni singola cosa "mio fratello ha avuto davvero un problema grave, lui... Ohh, al diavolo, non capisco perché sto perdendo tempo a raccontarti quello che è successo, visto che non ti devo alcun genere di spiegazione in merito a quello che ho fatto ed a dove sono stato ieri notte!"

"Ma le devi a tua moglie" ribatté a sua volta, in tono piccato, Wright "e se fossi in te, farei in fretta a raggiungerla visto il casino che è accaduto ieri notte"

"Casino? Quale casino?"

"Fattelo raccontare da lei. Io non ti devo alcuna spiegazione" sibilò il tastierista, scomparendo in direzione della sala per la colazione, stanco e nauseato di sentire l'amico che continuava ad arrampicarsi sugli specchi.

David iniziò a salire le numerose rampe di scale fino al piano in cui si trovava la stanza che divideva con la moglie, percorse in fretta un breve corridoio, ma si bloccò non appena girò l'angolo, alla vista di due figure appena fuori dalla porta spalancata di una camera.

Erano Ginger e Roger.

Abbracciati.

Ma quello... Quello era tutto fuorché un abbraccio normale.

David non riusciva a vedere il volto della moglie, perché era nascosto contro la spalla sinistra di Roger, ma riusciva a vedere quello del suo compagno di band: riusciva a vedere molto chiaramente l'espressione sul suo viso, come riusciva a vedere altrettanto chiaramente come stringeva a sé la ragazza ed il modo in cui le accarezzava lentamente la schiena con la mano destra.

Loro non lo avevano visto, ma lui aveva visto benissimo loro.

Gilmour tornò indietro nel corridoio, appoggiò le mani su una parete e si ritrovò costretto a prendere un profondo respiro per ricacciare indietro l'orribile sensazione che gli stava salendo dalla bocca dello stomaco.

Non aveva alcun senso, per lui, reagire in quel modo visto che aveva una relazione extraconiugale da mesi, ma vedere Ginger stretta in quel modo così intimo tra le braccia di un altro uomo era stato comunque un pugno allo stomaco.

E per giunta, non l'aveva sorpresa stretta tra le braccia di un altro uomo qualunque, ma di Roger.

Roger.

Il suo compagno di band.

La persona che diceva di odiare con tutta sé stessa.

David prese un secondo respiro profondo e ripensò ai suoi tre anni di matrimonio con Ginger, concentrandosi su tutte le volte in cui lei aveva discusso, litigato o si era sfogata per dei comportamenti del bassista che considerava inopportuni.

Ma certo.

Era stato proprio un idiota, per tre anni aveva avuto una benda sugli occhi che gli aveva impedito di guardare in faccia la realtà, ed ora ci stava facendo i conti nel modo più orribile in assoluto.

Come aveva fatto ad essere stato così cieco?

Come aveva fatto a non arrivarci prima?

Come aveva fatto a non capire che quell'odio così profondo, così viscerale, che a tratti lo lasciava perplesso, altro non era che una grandissima farsa per nascondere tutt'altro?

Era stato proprio un vero idiota.

Si era fatto fregare ad un palmo dagli occhi, proprio sotto il naso.

Adesso, finalmente, capiva appieno le parole che Roger gli aveva rivolto l'ultima sera della loro permanenza a Philadelphia...

"David?".

Il giovane sollevò lo sguardo dalla moquette del corridoio ed incontrò quello sorpreso della moglie: la scoperta che aveva fatto lo aveva sconvolto così tanto, che non si era neppure accorto di lei.

Ginger lo squadrò da capo a piedi con gli occhi e la bocca spalancati, come se davanti a sé avesse un fantasma anziché il marito scomparso nel nulla da ore ed ore.

"Mio dio, Dave!" esclamò ritrovando l'uso della parola "ma dove sei stato per tutto questo tempo? Alla festa sei sparito senza dare una spiegazione e non sapevo come rintracciarti! Anche i ragazzi ti hanno cercato ovunque, erano tutti preoccupatissimi per te!".

Gilmour pensò tra sé e sé che di sicuro quello più preoccupato di tutti doveva essere Waters.

Sì... Preoccupato a scoparsi sua moglie.

"Peter ha avuto un problema e mi ha chiesto di correre immediatamente da lui per aiutarlo. Era uscito al cinema con la sua ragazza e poi sono andati nei pressi di un campo di frutta per... Beh... Lo sai, no? Per trascorrere qualche ora in intimità. Quando è stato il momento di far ripartire la macchina, si è reso conto che le ruote erano affondate nel terreno, e così ha cercato una cabina telefonica e mi ha contattato. Sono subito corso da lui e sono appena tornato adesso" spiegò il chitarrista concentrando lo sguardo su qualunque punto del corridoio ad eccezione del viso della ragazza, perché adesso continuava ad essere tormentato dall'immagine di lei e di Roger insieme nello stesso letto "non ti ho avvisata prima perché non ne ho avuto il tempo, e quando ormai siamo riusciti a risolvere il problema del fango, era mattina e sono tornato qui il più in fretta possibile"

"Mio dio, non devi farmi prendere mai più un colpo simile! Non immagini neppure quanto mi sia preoccupata per te!" esclamò la rossa, con un sospiro di sollievo, senza mettere in discussione le parole del marito, a cui credeva ciecamente; lo abbracciò con trasporto, e lui impiegò una manciata di secondi prima di rispondere all'abbraccio, e non provò neppure a trattenere Ginger quando si allontanò "dobbiamo subito andare in ospedale! Jennifer si trova lì da ieri notte!"

"Perché?" chiese David, in tono distaccato "cosa le è successo?"

"Te lo spiegherò mentre siamo in macchina. Adesso dobbiamo andare!" rispose la rossa, prendendolo per mano, senza accorgersi di quanto il suo atteggiamento fosse diventato improvvisamente freddo e distante.



Jennifer era pronta per essere dimessa dall'ospedale, ma non voleva essere dimessa perché sapeva fin troppo bene a che cosa sarebbe andata incontro: quando il medico che si era occupato di lei era passato per una visita di controllo, le aveva raccontato tutto quello che era accaduto la notte precedente, compreso il crollo nervoso che Ginger aveva avuto nella sala d'attesa del pronto soccorso e la forte dose di calmante che erano stati costretti a somministrarle per evitarle un ricovero forzato.

Di conseguenza, non appena la ragazza vide la sorella maggiore entrare nella stanza in cui l'avevano sistemata per la notte, abbassò automaticamente il viso e lo sguardo in un atteggiamento vergognoso; gli occhi verdi le si riempirono di lacrime ed avvampò violentemente.

Ginger si tenne a distanza di sicurezza dal letto per evitare di aggredire fisicamente Jennifer, ed incrociò le braccia sotto il seno per resistere ancora di più a quell'impulso che si faceva sempre più forte, ora che il pericolo era stato scampato ed era solo un brutto ricordo da lasciarsi alle spalle per sempre; restò in silenzio a fissare la sorella minore, in attesa di ricevere delle spiegazioni approfondite.

"So già tutto riguardo a quello che è successo" mormorò Jennifer, quando decise di troncare il silenzio "e voglio dirti che mi dispiace tantissimo per tutto quanto... Non era mia intenzione..."

"Cosa?" la bloccò Ginger, non riuscendo più a rimanere in silenzio "non era tua intenzione fare cosa? Farmi preoccupare terribilmente? Farmi trascorrere la notte più orrenda della mia vita? Farmi avere un crollo nervoso nella sala d'attesa del pronto soccorso? Perché se non era tua intenzione fare neppure una di queste cose, allora non avresti assolutamente preso una pasticca di acido"

"Mi dispiace, Ginger, io... Io..."

"Ti dispiace? Non me ne frega un cazzo delle tue scuse, Jennifer, non m'importa sentire che ti dispiace, va bene? Quello che m'interessa, adesso, è sapere per quale fottuto motivo hai assunto quella dannata pasticca di acido! Perché lo hai fatto? Dimmelo!"

"Io... Io... Ecco..." la ragazza deglutì un grumo di saliva "ero terribilmente nervosa per il concerto e... E per il party... Ero... Avevo i nervi a fiori di pelle perché stavo per incontrare finalmente Roger, e così Liza ha tirato fuori la bustina con dentro quelle pasticche e mi ha detto che mi avrebbero aiutata a sentirmi più tranquilla ed a farmi godere al meglio la serata. Io non volevo prenderle, te lo giuro, ma lei ha insistito dicendomi che non dovevo preoccuparmi di nulla, che non mi avrebbero fatto nulla di male... Ne ha presa una davanti ai miei occhi, e così mi sono detta che... Infondo... Infondo che male avrebbe potuto fare una pasticca così piccola?"

"Infatti hai avuto un collasso e sei fortunata ad essere qui a raccontarmelo su un lettino, anziché essere sdraiata su una barella e coperta da un lenzuolo. Jennifer, ma non lo capisci che questa merda fa male? Sai quante vite ha rovinato? Lo sai che non ha alcuna importanza quanta ne assumi? Ogni dose può essere letale, visto che non hai la più pallida idea delle schifezze che ci mettono dentro quelli che le preparano! Lo sai che può essere sufficiente la tua prima pasticca per spedirti all'altro mondo? Proprio quello che stava per accadere a te..."

"Mi dispiace, Ginger!" Jennifer sollevò il viso rigato dalle lacrime di scatto "non volevo fare nulla di male... Non volevo... Non volevo deluderti così tanto. Ti prometto che non accadrà mai più: quella è stata la prima ed unica volta"

"Come hai potuto prendere quella pasticca, quando sai benissimo cosa la droga mi ha portato via? Come hai potuto essere così egoista?"

"Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace tanto. Scusami. Hai perfettamente ragione. Sono stata una stupida idiota. Sono stata una stupida ragazzina egoista che non ha pensato alle conseguenze di quello che stava facendo ed ha fatto preoccupare terribilmente le persone attorno a sé. Scusami, scusami, scusami tanto. Perdonami, ti prego!".

Ginger scosse la lunga coda di cavallo e si avvicinò ad una finestra con la scusa di guardare il paesaggio; in realtà lo aveva fatto per asciugarsi le lacrime che avevano ricominciato a scendere al ricordo di Syd.

Tornò a fissare la sorella minore, che piangeva ancora disperata, dopo aver ritrovato il pieno controllo del proprio corpo.

"Non dirò nulla a mommi di quello che è successo, perché per il suo bene è meglio che non sappia nulla: tu, Danny e Liza siete venuti al concerto ed al party, vi siete molto divertiti e poi David vi ha riaccompagnati in macchina al vostro albergo"

"Ohh, Ginger, ti..."

"Non ho finito" continuò la rossa con uno sguardo freddo quanto una lastra di ghiaccio "io ti coprirò le spalle per evitare di dare a mommi un dolore inutile, perché non se lo merita con tutto quello che ha sempre fatto per noi due, ma da questo momento in poi devi troncare ogni rapporto con Liza perché ha una brutta influenza su di te, e non chiedermi mai più di venire ad un concerto o di vedere Roger. Ti sei giocata la tua unica possibilità con la cazzata che hai commesso. È arrivato il momento che tu metta un punto definitivo a questa storia".

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