LIKE A CANDLE
1970, 18 luglio.
"Questa sera ci sarà un concerto gratuito a Hyde Park, ti va di venire?".
Ginger rimase completamente spiazzata dalla proposta di David, ed impiegò almeno una trentina di secondi per riprendersi e rispondere.
"Mi piacerebbe molto" mormorò infine, lanciando un'occhiata in direzione di una finestra che si affacciava sul giardino anteriore dell'abitazione, da cui provenivano le risate allegre di Jennifer e Keith: la ragazza stava inseguendo il bambino e lui cercava di sfuggirle "ma non posso proprio".
Da quando il chitarrista le aveva allungato il biglietto col proprio numero di telefono, i due ragazzi si erano sentiti diverse volte.
Ginger aveva scoperto di gradire la compagnia virtuale di David, e trovava ancora più gradevole la sua voce calda e profonda; tuttavia, c'erano molti argomenti che non avevano ancora affrontato: Ginger non gli aveva raccontato nulla dei mesi che aveva trascorso in compagnia della band, non gli aveva raccontato perché aveva bruscamente troncato i rapporti con loro e non gli aveva raccontato nulla della travagliata storia d'amore che aveva avuto con Syd.
E, soprattutto, non gli aveva raccontato nulla di Keith.
Lei non gli aveva detto nulla di quel pezzo di passato che voleva lasciarsi alle spalle, e lui non le aveva mai fatto nessuna domanda a riguardo.
"Non puoi proprio? Sicura? Sarà un'esibizione stupenda, all'aperto, mi piacerebbe molto che ci fossi anche tu"
"Non posso proprio"
"Ho un pass apposta per te, così potrai stare dietro le quinte insieme a noi"
"Apprezzo molto il tuo gesto, ma questa sera proprio non posso, magari la prossima volta..."
"Almeno vieni al party che faremo dopo lo spettacolo, dai. Così ci vedremo prima della partenza" insistette il giovane.
"Partenza?"
"Sì, tra tre giorni partiamo per un mini tour in Francia, sulla riviera"
"Sulla riviera francese? Chissà che paesaggi da cartolina ci saranno..."
"Allora? Verrai almeno al party?" insistette una seconda volta David "dai, ti divertirai! Non sei costretta a rimanere fino alla fine. Beviamo qualcosa, chiacchieriamo un po' e poi ti riaccompagno a casa. Ricorda che dobbiamo ancora bere quel famoso the".
La rossa sorrise divertita e sistemò una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio sinistro.
"Com'è possibile che, con tutti gl'impegni che hai col gruppo, ti ricordi ancora della storia del the?"
"Tu dimenticheresti mai qualcosa che ritieni importante?" domandò il chitarrista "allora? Verrai? Ti vedrò questa sera? Dimmi di sì. Non riattaccherò il telefono fino a quando non mi dirai che verrai al party"
"Dai, Dave, non fare lo scemo. Avrai le prove..."
"In effetti rischio di arrivare in ritardo se non parto... in questo preciso istante, ma non sono intenzionato a muovermi di un solo millimetro fino a quando non mi confermerai che..."
"D'accordo!" esclamò la ragazza, arrendendosi "hai vinto tu! Verrò al party!"
"Perfetto" dal tono di voce di David, Ginger era pronta a scommettere che stesse sorridendo "a questa sera, Ginger. Non vedo l'ora di vederti"
"A questa sera" mormorò lei in risposta; posò la cornetta, si voltò e sussultò "ohh, mio... Santo cielo!"
"Scusami, tesoro, non volevo spaventarti" disse Pamela con un sorriso: Ginger non si era accorta della sua presenza nel corso della conversazione telefonica "e perdonami anche per aver ascoltato di nascosto la tua conversazione, ma è stato più forte di me. Hai un appuntamento per questa sera?"
"Non si tratta di un appuntamento, e comunque non è neppure certo che ci vada. Gli ho detto di sì perché non ho avuto altra scelta"
"Stai parlando dell'amico di Rick che ti ha mandato i fiori? Quello di cui mi hai parlato qualche giorno prima della festa di primavera? Il nuovo chitarrista, vero?" domandò la donna, per poi aggiungere a bassa voce "non esiste alcun nuovo vicino, ho indovinato?"
"Non potevo dire davanti a Jennifer che le rose erano da parte di David, altrimenti avrebbe iniziato a strillare come una matta"
"Vi frequentate?"
"Parliamo qualche volta al telefono, ma non ci siamo più visti da giugno. Non è una vera e propria frequentazione. Siamo... Amici"
"Tu e Richard siete amici da tantissimi anni, eppure non l'ho mai visto regalarti un mazzo di rose"
"Perché lui sa che preferisco i pasticcini con la marmellata di fragole e panna"
"Quando un ragazzo regala un mazzo di fiori ad una ragazza, non lo fa mai per amicizia" ribatté Pamela sedendosi sul bracciolo destro del divano "che tu gli piaccia è palese"
"Non ha mai detto nulla riguardo un possibile interesse nei miei confronti"
"Forse non lo ha fatto perché sta aspettando il momento giusto per dichiararsi"
"Non credo. Ti stai sbagliando"
"E tu stai commettendo di nuovo lo stesso errore che hai fatto tre anni fa: ancora una volta ti rifiuti di guardare in faccia la realtà!".
Ginger socchiuse le labbra, sdegnata e incredula.
"Stai facendo un paragone tra la conoscenza superficiale che ho con David e la relazione che ho avuto con Syd? Stai davvero facendo questo?"
"Tre anni fa non hai voluto guardare in faccia la realtà fino a quando non è diventata talmente evidente da non poter essere più ignorata, ed adesso stai agendo nello stesso identico modo anche se la situazione è differente: continui a fingere di non vedere quanto quel ragazzo sia interessato a te, ma cosa farai quando lui si dichiarerà? Ginger, voglio farti una domanda diretta, e vorrei ricevere una risposta altrettanto diretta: lui, David, ti piace o è solo un amico?"
"Che razza di domanda mi stai facendo?"
"Ti piace o è solo un amico?" ripeté Pamela, e la giovane rimase muta.
Non sapeva cosa rispondere.
Parlare con David le piaceva, trovava rilassante trascorrere del tempo con lui al telefono al termine di un'estenuante giornata dedita al lavoro ed al piccolo nano pestifero che aveva come figlio, ma non si era mai posta una domanda simile.
David le piaceva?
O era solo un amico?
"Mi piace parlare con lui" disse, evitando di dare una risposta più approfondita.
"Ginger, se i sentimenti che quel ragazzo prova per te non sono corrisposti, faresti meglio a dirglielo, così non continuerà ad illudersi inutilmente"
"Ecco, lo sapevo, ho sbagliato tutto fin dall'inizio: non avrei mai dovuto accettare il suo numero, non avrei mai dovuto iniziare a telefonargli e non avrei mai dovuto acconsentire all'invito di questa sera!"
"Di che invito state parlando?" domandò Jennifer, rientrando con il piccolo Keith in braccio: entrambi erano stanchi, sudati ed accaldati dal lungo inseguimento "il nuovo vicino di Rick si è fatto di nuovo vivo?"
"Sì" rispose la sorella maggiore; lanciò una fugace occhiata a Pamela, pregandola in silenzio di reggere la bugia "in verità, io e lui ci sentiamo da un po' per telefono e mi ha chiesto di andare a vedere il concerto a Hyde Park questa sera"
"Posso venire anche io?"
"Jennifer, ne abbiamo già parlato: non è il caso che tu vada con la brutta allergia al polline che hai" intervenne Pamela, stroncando per l'ennesima volta il sogno di Jen si vedere dal vivo il ragazzo per cui aveva perso la testa tre anni prima.
La giovane espresse il proprio disappunto assumendo un'espressione contrariata.
"Non è giusto! Non è assolutamente giusto! Questa è una vera ingiustizia! Perché ogni volta che posso vedere Roger c'è sempre qualcosa che, puntualmente, me lo impedisce? Non posso proprio andare al concerto di questa sera, mommi? È perfino gratuito! Porterò con me una scorta copiosa di fazzoletti e farò attenzione a stare ben lontana dalle piante che producono polline a grandi quantità. Per favore, per favore, per favore!"
"Non mi sembra il caso di giocare col fuoco, Jennifer. Non voglio essere costretta a chiamare un'ambulanza nel cuore della notte. Non bisogna mai scherzare con una cosa seria come un'allergia"
"Non è giusto!"
"Cresci, Jennifer, per l'amor del cielo!" esclamò Ginger stizzita "ormai non sei più una bambina! I veri problemi sono altri"
"Parla per te".
Jen commise l'errore di parlare senza pensare, e non riuscì a frenare la lingua in tempo; si pentì delle proprie parole nell'esatto momento in cui le scapparono dalle labbra.
Ginger impallidì e lo sguardo nei suoi occhi divenne più duro e freddo; Jennifer provò a rimediare balbettando qualche parola di scusa, ma ormai il danno era fatto: aveva, involontariamente, affondato il coltello nella solita vecchia ferita, ed ora non poteva pretendere che non ricominciasse a sanguinare.
"Ohh, certo, dovrei parlare per me, giusto? Perché quello che ho passato io non è stato niente in confronto a quello che stai passando tu, giusto? Infondo ho solo perso per sempre il ragazzo di cui mi ero innamorata e devo rimboccarmi le maniche perché devo crescere un bambino che non vedrà e non conoscerà mai suo padre, e che assomiglia sempre di più a lui. E dovrò rimboccarmi ancora di più le maniche quando arriverà il momento in cui andrà a scuola e vedrà che tutti i suoi compagni di classe non hanno uno, ma bensì due genitori, perché inizierà a chiedermi spiegazioni a riguardo. Vorrà sapere perché lui non ha un papà come tutti gli altri bambini e che fine ha fatto, e sarà sempre compito mio raccontargli una bugia convincente per non sconvolgere la sua esistenza. E quando sarà abbastanza grande per conoscere tutta la verità, allora inizierà ad odiarmi e mi rinfaccerà di non avere fatto abbastanza per aiutare suo padre ad uscire dal tunnel dell'autodistruzione. Sì, Jennifer, hai perfettamente ragione: tutto questo non è assolutamente nulla se paragonato al tuo bisogno fisico di incontrare quell'essere insensibile che pensa davvero di avere fatto qualunque cosa per quello che diceva essere il suo più caro amico e..." la giovane si fermò perché Keith, spaventato dalle urla della madre, era scoppiato a piangere; bastò quello per farla tornare in sé "complimenti. Guarda cosa è accaduto per colpa tua, adesso impiegherò chissà quanto tempo a calmarlo".
Ginger strappò il bambino dalle braccia della sorella minore e si trincerò nella propria camera da letto al piano superiore; iniziò a cullare il piccolo sussurrando parole dolci e cantando una ninnananna che Pamela era solita cantare sempre quando lei e Jennifer erano piccole.
Riuscì a tranquillizzarlo e, quando si addormentò, lo adagiò con delicatezza sul letto e gli rimboccò le coperte.
La ragazza si sedette sul bordo del letto e guardò, in silenzio, il bambino dormire beatamente, accarezzandogli di tanto in tanto i capelli ricci e folti.
Sollevò gli occhi dal suo viso paffuto quando sentì il cigolio della porta e vide apparire la madre adottiva.
"Povero piccolo, come farò quando crescerà?" mormorò con uno sguardo disperato e con gli occhi improvvisamente velati dalle lacrime "come farò quando capirà che la sua famiglia non è come le altre? Come farò quando mi chiederà dov'è suo padre e perché non è con noi? Come farò quando Keith inizierà ad odiarmi?"
"Keith non ti odierà, tesoro, sei sua madre"
"Mi odierà perché non ho fatto abbastanza per salvare suo padre. Mi odierà e non mi perdonerà perché io per prima continuo ad odiarmi ed a non perdonarmi per questo".
Ginger nascose il viso tra le mani e scoppiò a piangere disperata, piegata su sé stessa; Pamela raggiunse la figlia adottiva, si sedette a suo fianco e l'abbracciò, stringendola a sé e lasciando che sfogasse ancora il proprio dolore per quel giovane che aveva amato troppo intensamente.
Ormai aveva perso il conto di tutte le volte in cui aveva asciugato le sue lacrime, ed ascoltato con pazienza i suoi sfoghi.
Ginger si stava spegnendo come la fiamma di una candela chiusa in una campana di vetro, e Pamela non era intenzionata a restare a guardare un solo secondo in più.
Era arrivato il momento di fare qualcosa, e lo avrebbe fatto in prima persona.
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