BRIGHTON


1974, settembre.



Ginger era fermamente convinta che nulla avrebbe più potuto sconvolgerla dopo l'orribile notizia che un medico le aveva comunicato a gennaio, invece si ritrovò costretta a ricredersi una mattina di metà settembre, nell'esatto momento in cui Pamela si posizionò davanti a lei a braccia incrociate e le comunicò, con voce ferma e decisa, di fare le valige.

La giovane richiuse il libro di favole che stava leggendo a Keith ed al piccolo Demi e rivolse un'occhiata perplessa alla madre adottiva.

"Come?" chiese, sicura di avere capito male, mentre Jennifer si univa a loro arrivando dalla cucina.

"Hai sentito benissimo: svuota il tuo armadio e prepara la valigia. Preparate tutti quanti le valige perché partiamo"

"Partiamo? E dove andiamo? Partiamo per un viaggio?"

"No" rispose la donna, scuotendo la chioma bionda "non partiamo per un viaggio. Ci trasferiamo".

Nell'udire quelle parole, Ginger spalancò gli occhi e la bocca.

"Ci trasferiamo?" ripeté "come sarebbe a dire che ci trasferiamo? Per quale motivo? Dove stiamo andando? Per quanto tempo?"

"Per il tempo che sarà necessario" disse semplicemente Pamela senza aggiungere altro.

"E dove andremo?" chiese Jennifer, sbalordita almeno quanto la sorella maggiore, perché la notizia era stata per tutti un fulmine a ciel sereno, esattamente come quella della malattia di Ginger "mommi, come farai con il negozio se ora ci stiamo per trasferire?"

"Andremo non molto lontano da qui, ed il negozio adesso non ha alcuna importanza. Andate nelle vostre camere e fate le valigie senza perdere tempo. In macchina risponderò a tutte le vostre domande, adesso non è il momento" rispose Pamela in tono autoritario, battendo le mani.

La rossa non obiettò, si alzò dal divano ed andò al piano di sopra con i suoi due bambini: Demi non aveva capito quello che stava succedendo, mentre Keith sembrava essere molto più elettrizzato che perplesso all'idea di cambiare casa e di andare in una cittadina completamente ignota.

A lui bastava sapere che poteva portarsi appresso George, tutto il resto non aveva importanza.

L'intero nucleo famigliare trascorse le successive tre ore e mezza a preparare valigie che andarono a riempire il bagagliaio della macchina di Pamela e quello della macchina di Jennifer; Ginger non aveva più la sua da mesi perché era troppo debole per mettersi alla guida di un veicolo.

Quando finalmente partirono, nel primo pomeriggio, la rossa si voltò a guardare la madre adottiva e le chiese spiegazioni riguardo al posto in cui si stavano trasferendo.

"Andiamo a Brighton. Non è così lontana da qui, dovremo arrivarci in un'oretta al massimo, ed è vicina al mare. Dicono che le spiagge, lì, siano bellissime"

"E perché stiamo andando proprio lì, mommi? Non ci sto capendo niente"

"Perché una mia vecchia zia, molti anni fa, mi ha lasciato in eredità la sua casa, e credo che questo sia il momento migliore per sfruttarla"

"Non mi hai mai parlato di questa casa vicino al mare" mormorò la ragazza, corrucciando le sopracciglia; Pamela si umettò le labbra con la punta della lingua e mantenne lo sguardo fisso sulla strada davanti a sé.

Di tanto in tanto lanciava un'occhiata allo specchietto retrovisore per essere sicura che la macchina di Jennifer fosse ancora dietro alla sua.

"Non te ne ho mai parlato perché non pensavo che l'avrei mai utilizzata, ma adesso le cose sono cambiate. Per una situazione straordinaria servono misure straordinarie, e tu hai bisogno di allontanarti dal centro caotico di Londra per stare in un posto più tranquillo e pacifico e... La casa di mia zia a Brighton, poco lontana dal mare, è proprio quello di cui hai bisogno. E riguardo questo non accetto proteste"

"E come farai con il negozio? Sarai costretta a fare due lunghi viaggi ogni giorno"

"Non ha alcuna importanza. C'è gente che è costretta a fare molta più strada ogni singolo giorno per andare a lavoro e tornare a casa"

"Mommi, io non credo che..."

"No, Ginger, ho detto che non accetto proteste e non sono intenzionata a ritornare sui miei passi: ci trasferiremo momentaneamente nella casa a Brighton, perché è la soluzione migliore per tutti quanti... Anche ai bambini farà bene cambiare aria per un po'"

"E come faremo con Keith che ha iniziato da poco ad andare a scuola e con Demi quando dovrà andare a casa da suo padre?"

"Penserò a tutto io" tagliò corto, risoluta, Pamela con lo sguardo sempre concentrato sulla strada davanti a sé.

Ginger non protestò più né si ribellò alla folle idea della madre di fare le valigie e trasferirsi vicino al mare senza un briciolo di preavviso; ma quando parcheggiarono le due macchine davanti alla loro nuova residenza, si ritrovò a trattenere il fiato per l'incredulità: quella davanti ai suoi occhi non era una semplice casetta, come lei stessa aveva immaginato, ma una vera e propria villa a tre piani con un bellissimo balcone da cui si poteva osservare la spiaggia di ghiaia ed il mare mosso dal vento.

Keith, tenendo Demi per mano affinché non cadesse, entrò per primo nella enorme abitazione e proruppe in una esclamazione di puro stupore e meraviglia.

"È bellissima!" esclamò, guardandosi attorno estasiato, per poi prendere il fratellino in braccio "forza, Demi, andiamo di sopra a scegliere le nostre camere da letto! Voglio che la mia si affacci sul mare! Durante la notte voglio addormentarmi cullato dal rumore delle onde che s'infrangono contro gli scogli!".

I due bambini sparirono rumorosamente al primo piano; Ginger non li riprese perché era ancora incantata ad osservare la bellissima dimora marittima di cui Pamela non le aveva mai parlato.

"Mio dio, è davvero stupenda!" commentò a sua volta Jennifer, coprendosi la bocca con entrambe le mani "Ginger, non trovi che sia davvero stupenda questa casa?"

"Sì... Sì, lo è davvero" mormorò la rossa, osservando i bellissimi mobili e le ampie vetrate che consentivano una perfetta illuminazione naturale.

Non c'era alcun dubbio che quella casa fosse semplicemente stupenda.

Tuttavia... Tuttavia c'era qualcosa nelle spiegazioni di Pamela che non la convinceva fino infondo.



Ginger scoprì la verità cinque giorno più tardi, dopo essersi risvegliata da un breve ed agitato sonno pomeridiano; spesso, ormai, andava a coricarsi subito dopo pranzo, perché veniva colta da una spossatezza improvvisa che la lasciava completamente priva di forze.

La giovane scese, avvolta in una lunga vestaglia da notte, al piano inferiore e si bloccò ai piedi della scala, alla vista di un indumento e di un piccolo oggetto che giacevano sopra il divano in pelle bianca: una giacca in pelle col colletto in pelliccia scura, ed un pacchetto bianco e rosso di sigarette Marlboro.

Nella sua cerchia ristretta di conoscenze, c'era una sola persona che indossava in quasi ogni occasione quella giacca e che fumava assiduamente quelle orribili sigarette che puzzavano terribilmente.

Ginger sentì delle voci provenire da sotto il portico che si affacciava sulla parte posteriore della villa a tre piani e si precipitò lì, fermandosi davanti alla porta finestra scorrevole che accedeva direttamente al piccolo portico: proprio lì, seduti su alcune poltroncine in vimini, c'erano Pamela, Jennifer e Roger intenti a chiacchierare ed a sorseggiare della limonata fresca, che Jen aveva preparato con le sue stesse mani... Questa volta senza confondere il barattolo dello zucchero con quello del sale.

Roger fu il primo ad accorgersi della presenza della ragazza: posò il bicchiere di limonata sopra un basso tavolino e le rivolse un sorriso.

"Buongiorno" disse "spero che le nostre voci non ti abbiano disturbata".

Ginger guardò il trio senza dire una sola parola, poi scosse la testa e sparì velocemente in casa.

"Ginger!" esclamò Pamela, alzandosi dalla poltroncina in vimini per raggiungerla e parlarle, ma venne preceduta da Roger che la bloccò appoggiandole una mano sulla spalla destra.

"No, vado io a parlarle" mormorò il bassista, uscendo dal portico e rientrando in casa; seguì la giovane sulle scale e riuscì a raggiungerla solo nella sua camera da letto "Ginger... Ginger... Puoi smetterla di scappare da me? Puoi fermarti un istante ed ascoltare quello che ho da dirti, per favore?"

"Io non voglio assolutamente ascoltare nessuna parola che uscirà dalla tua bocca, Roger... Mio dio... Che cosa non hai capito di quello che ti ho detto il mese scorso? Non sono stata abbastanza chiara quando ti ho detto di sparire completamente e per sempre dalla mia vita? Si può sapere che cosa vuoi da me? Perché continui a tormentarmi?" gridò la rossa, uscendo dallo stato apatico in cui trascorreva la maggior parte delle sue giornate, ritrovando una piccola scintilla del carattere indomabile di un tempo.

"Perché voglio aiutarti" urlò di rimando il bassista "voglio aiutarti perché tu non stai facendo nulla per aiutare te stessa!"

"E si può sapere perché diavolo vuoi farlo? Tu? Proprio tu? Dopo tutto quello che mi hai fatto, dopo il modo orribile in cui ti sei sempre comportato nei miei confronti, dopo tutti gli insulti e le offese che mi hai rivolto in questi anni, hai la grandissima faccia tosta di venire da me a dirmi che vuoi aiutarmi da qualcosa che non può essere curato in nessun modo possibile? Perché lo stai facendo?" la ragazza si sforzò di abbassare la voce fino a trasformarla in un sussurro, per evitare che anche una sola parola potesse arrivare accidentalmente alle orecchie di Jennifer; l'ultima cosa che desiderava al mondo, era spezzarle il cuore nel modo più crudele possibile "è perché abbiamo scopato e quindi credi che questo significhi che c'è qualcosa tra noi due? Beh... Puoi pure dimenticare quella notte, perché è stata solo un terribile errore che ho rimosso completamente dalla mia mente. Ero confusa e non sapevo quello che stavo facendo, i sentimenti non c'entrano. Tra noi due non potrà mai esserci nulla, Waters, assolutamente nulla. Credo che al mondo non esistano due individui meno compatibili di noi"

"Anche tu non avevi alcun obbligo nei miei confronti quando eravamo in Italia o quando è finito il mio matrimonio con Judith, eppure mi hai assistito ed hai ascoltato il mio sfogo, lasciando da parte qualunque pregiudizio che avevi nei miei confronti... Ed è lo stesso che sto facendo io adesso. Perché... Perché nonostante tutto, nonostante il rapporto sempre burrascoso che c'è stato tra noi due, non è giusto quello che ti sta accadendo... Ed io..." Roger si fermò per deglutire un grumo di saliva, ogni singola parola sembrava essersi trasformata in un macigno pesante da far risalire lungo la gola "ed io sono sicuro che Syd non me lo perderebbe mai se non facessi tutto ciò che è in mio potere di fare... Io... Ho già perso il mio migliore amico senza fare nulla per impedirlo, non voglio commettere lo stesso errore una seconda volta"

"Ohh, mio dio, non ci posso credere... Tu lo stai facendo... Tu lo stai facendo perché sei divorato dai sensi di colpa per non avere aiutato Syd" le iridi scure di Ginger si accesero di una luce trionfale, mentre quelle chiare di Waters erano incollate alle assi di legno del pavimento; finalmente il momento da lei tanto atteso era arrivato "e tu credi davvero che aiutare me ti aiuterà ad espiare il senso di colpa per non avere fatto nulla per il tuo migliore amico? Roger, apri bene le orecchie: ciò che vuoi fare non ti aiuterà affatto a lavarti la coscienza. Tu dovrai fare i conti per sempre con il rimorso di avere messo i tuoi interessi personali al primo posto, anteponendoli alla salute fisica e mentale del tuo migliore amico... Continueranno a mangiarti lentamente il cervello come i vermi che Syd diceva di avere dentro il proprio. Roger, ti ripeto quello che ti ho detto un mese fa: non sono io la persona che sta innalzando un muro invisibile tra sé stessa ed il resto del mondo. E quel muro continuerà a crescere e crescere... Finché non diventerà troppo alto per essere scalato e troppo spesso per essere abbattuto. E tu resterai confinato al suo interno per sempre".

Il giovane non rispose: voltò le spalle a Ginger, nascose il viso tra le mani, prese un profondo respiro e poi tornò a fissarla.

"Non m'importa di quello che pensi di me. Io voglio aiutarti e lo farò"

"E come vorresti aiutarmi?" domandò la giovane con un sorriso sarcastico.

"Qualcosa l'ho già fatto" rispose lui in un soffio, rivolgendole un lungo sguardo.

La rossa corrucciò le sopracciglia in un'espressione perplessa, ma tutto le risultò improvvisamente più chiaro non appena lanciò un'occhiata alla stanza in cui si trovavano.

"Tu..." mormorò sconcertata "tu hai a che fare con tutto questo, vero?"

"Sì" rispose lui, incrociando le braccia all'altezza del petto "l'ho comprata io questa casa".

Ginger rimase in silenzio per un intero minuto: il tempo necessario perché il suo cervello rielaborasse l'informazione che aveva appena ricevuto; quando finalmente ci riuscì, scosse la testa e strinse le labbra pallide in una linea contrariata.

"Lo sapevo!" esclamò, poi "sapevo che c'era qualcosa che non quadrava in questa storia fin dall'inizio... Era tutto troppo strano... Era troppo strano che mommi avesse tenuto nascosta a me e Jennifer per così tanto tempo una casa così bella. Non posso credere che tu abbia comprato questa casa solo per farmi sentire in debito nei tuoi confronti! E non posso neppure credere che tu sia riuscito a coinvolgere mommi in questa assurda faccenda!"

"Io non ho comprato questa casa per farti sentire in debito nei tuoi confronti, e Pamela è stata subito d'accordo con me perché la pensiamo allo stesso, identico, modo: tu hai bisogno di essere aiutata e di ricevere le migliori cure possibili... E come prima cosa, avevi bisogno di allontanarti da una città caotica come Londra e di trasferirti in un luogo più tranquillo. Ed io ho scelto il meglio che il mercato immobiliare aveva da offrire. Dopo l'uscita di The Dark Side Of The Moon, i soldi non sono più un problema"

"Allora potevi lasciarmi da sola come ti avevo chiesto di fare, così avresti avuto altro materiale da trasformare in canzone per guadagnare altri milioni, visto che con Syd lo hai già fatto" sibilò, inviperita, la ragazza, continuando ad infierire sul bassista senza alcuna pietà "anziché trascinarmi via dalla casa in cui sono cresciuta ed in cui vorrei trascorrere il poco tempo che ancora mi resta da vivere"

"Ginger, vuoi mettertelo in testa una volta per tutte che il tempo a tua disposizione potrebbe essere molto di più se solo ti lasciassi aiutare? Pagherò i migliori professionisti del settore per curarti nel modo più adeguato possibile"

"Non esiste una cura alla mia malattia"

"La ricerca medica fa progressi ogni singolo giorno, e grazie alla sperimentazione..."

"Ohh, mio dio, non ci posso credere! Ma tu e mommi vi siete messi d'accordo per fare coincidere le vostre versioni? Non voglio trascorrere il poco tempo che mi resta ad ingurgitare farmaci su farmaci che non faranno altro che farmi stare male ed a sperare in false illusioni. Non è così che deve finire"

"E quindi vuoi arrenderti all'idea di dire addio a Keith e Demi, senza avere neppure provato a lottare?"

"Non azzardarti a ripetere un'altra volta queste parole!" gridò la ragazza, letteralmente fuori di sé dalla rabbia; le sue labbra vennero scosse da un brivido violento e, dopo aver indietreggiato di un passo, si lasciò cadere sul bordo del letto, con il viso chino in avanti, nascosto in parte dai corti capelli sfibrati "credi che per me sia stato semplice accettare questa realtà? O credi, forse, che l'abbia accettata fino infondo? È l'unico grande rimpianto che ho: sapere che non sarò presente in quasi tutti i momenti più importanti della loro vita. Non sarò presente ai loro compleanni, non sarò presente il giorno in cui prenderanno la patente, non sarò presente il giorno in cui diventeranno maggiorenni... Non li vedrò trasformarsi da adolescenti a giovani uomini. Non sarò con loro il giorno in cui porteranno all'altare una bellissima ragazza, e non sarò presente il giorno in cui nasceranno i miei nipotini... Ma cosa posso fare? Non posso evitare in alcun modo che questo accada"

"Invece sì che puoi, devi solo lasciarti aiutare".

Ginger chiuse gli occhi e si lasciò andare ad un profondo respiro tremolante: lo scatto d'ira di poco prima aveva prosciugato tutte le sue energie, ed ora si sentiva terribilmente esausta e stanca.

Quella bastarda malattia la stava spegnendo ogni giorno sempre di più.

"Non voglio illudermi per niente" sussurrò con voce incrinata, perché sentiva una improvvisa voglia di piangere "non lo potrei mai sopportare"

"Ti prometto che non accadrà" Roger attraversò la stanza e andò a sedersi affianco alla rossa; dopo un istante di esitazione, per timore di scatenare una seconda reazione violenta, le appoggiò la mano destra sopra la sua sinistra "ed in cambio ti chiedo solo di fidarti di me. Per favore, Ginger: fidati di me, ti prometto che non te ne pentirai"

"Ho paura" confessò d'impeto la ragazza, con uno sguardo disperato "ho tanta paura"

"È normale, Ginger. Sfido chiunque a non avere paura se dovesse trovarsi nella tua stessa situazione, ma ti prometto che tutto andrà per il meglio. So che ti sto chiedendo un enorme sforzo, ma devi fidarti di me. Andrà tutto bene, Ginger. Pensa a Keith e Demi... Non puoi lasciarli orfani di madre... Keith, poi, ha già perso suo padre...".

La ragazza si tormentò il labbro inferiore e strinse un lembo del lenzuolo nella mano destra.

Si trovava di fronte alla scelta più dura di tutta la sua vita.

Che cosa doveva fare? Che cosa era più giusto fare? Continuare sulla via dell'accettazione e della rassegnazione, oppure imboccare quella tutta in salita, piena di ostacoli e che molto probabilmente avrebbe portato ad un vicolo cieco, dell'ostinazione?

"D'accordo" mormorò infine lei, annuendo "d'accordo... Penso di poter fare un tentativo".

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top