BORDER (PARTE SEI)
1974, novembre.
Roger ascoltò le parole del dottore con un'espressione grave, annuì, lo ringraziò per tutto quello che aveva fatto e poi rientrò da Pamela e Jennifer, che lo stavano aspettando in salotto, sedute sul divano; Keith e Demi erano più in là, intenti a giocare vicino al caminetto.
"Allora?" chiese Pamela con una nota di trepidazione nella voce "che cosa ha detto?".
Roger si appoggiò con la schiena alla porta d'ingresso, abbassò il viso e scosse la testa.
"Ha detto che non c'è più nulla che possa fare per lei, a parte prescriverle degli antidolorifici per darle un po' di sollievo dai dolori che non vogliono darle tregua. Non me lo ha detto in modo diretto, a parole, ma mi ha fatto capire che è arrivato il momento di arrendersi e di accettare l'inevitabile: non possiamo fare altro che starle vicino e renderle più sereno possibile il poco tempo che le rimane"
"E di quanto stiamo parlando?"
"Non molto" rispose il bassista, continuando a tenere il viso rivolto verso le assi di legno; Demi scoppiò in una risata allegra perché Keith gli stava facendo il solletico al pancino "un mese al massimo, ma... Ma potrebbe essere anche meno. Ha detto che è impossibile dare una risposta certa a domande come questa. Ogni giorno potrebbe essere l'ultimo".
Pamela non disse nulla: si piegò in avanti, appoggiò i gomiti alle ginocchia e nascose il viso tra le mani, scoppiando silenziosamente in lacrime per non allarmare i bambini che non si erano resi conto di quello che stava accadendo; negli ultimi due mesi e mezzo aveva ricacciato più volte indietro le lacrime per dimostrarsi forte, ottimista ed una spalla di supporto per la figlia adottiva maggiore, ma ora che la flebile fiamma della speranza era stata spenta per sempre, non aveva più alcun senso continuare ad indossare la maschera e l'armatura da guerriera.
Pamela Rose Anderson era semplicemente devastata dalla prospettiva di essere in procinto di perdere per sempre la figlia adottiva maggiore; la bimba dai lunghi capelli rossi che aveva ardentemente desiderato e per cui aveva lottato con le unghie ed i denti prima di ottenerne l'adozione.
Jennifer si lasciò andare contro lo schienale del divano con gli occhi spalancati e fissi nel vuoto; era così sconvolta da non avere neppure lacrime da versare.
Perché il momento più bello della sua vita doveva coincidere con quello più orribile?
"Vado a vedere come sta... Magari ha bisogno di qualcosa" mormorò il bassista, schiarendosi la gola e staccandosi dalla porta chiusa; salì le scale che portavano al primo piano della villa e si fermò davanti alla porta della camera da letto di Ginger, quella che aveva la bellissima terrazza panoramica che si affacciava sulla spiaggia di ghiaia e sul mare, prese un profondo respiro per darsi la forza di entrare e poi bussò, socchiudendo la porta.
La stanza era immersa dalla penombra a causa delle tende azzurre e bianche tirate.
Ginger era semisdraiata sul letto; gli ultimi due mesi e mezzo erano stati particolarmente duri per lei, ed il suo fisico già fragile e provato aveva subìto altri cambiamenti profondi a causa delle diverse terapie farmacologiche a cui si era sottoposta, con l'unico risultato di uscirne ancora più debilitata e costretta ad indossare delle parrucche per nascondere i diversi punti in cui le ciocche le erano cadute a manciate e manciate.
Roger non sapeva dire se il giorno peggiore era stato quello in cui Ginger si era ritrovata a stringere intere matasse dei suoi capelli rossi tra le mani, o quello in cui erano iniziati i dolori lancinanti che non la lasciavano dormire durante la notte e la costringevano a stare piegata su una bacinella di plastica a vomitare.
Waters richiuse la porta alle proprie spalle e la ragazza girò il viso dalla sua parte, sorridendogli.
Sentì un orribile peso nel petto alla vista di quel sorriso: due mesi prima le aveva chiesto, l'aveva pregata, di riporre in lui tutta la sua fiducia... Ed ora stava per spezzare per sempre la speranza che le aveva dato.
Si sentiva una persona orribile.
"Ehi... Non restare lì, vieni qui" la giovane si tirò su a sedere ed appoggiò la mano destra sul bordo del letto, invitando Roger a sedersi, e lui, dopo un attimo di esitazione, la raggiunse senza dire nulla.
Sapeva di dover introdurre l'argomento, ma non aveva la più pallida idea di come farlo.
Non esisteva un modo giusto, delicato e consono per introdurre un argomento come quello.
Come poteva dirle che non c'era nessuna speranza, che non c'era mai stata fin dall'inizio e che le rimaneva al massimo, nella più rosea delle ipotesi, un solo mese di vita?
"Come stai? Ti senti meglio dopo la flebo?"
"Sì, sì, mi sento un po' meglio... Il dolore se ne è completamente andato per il momento. Forse questa sera scenderò per cena, credo di sentirmi abbastanza in forze da fare le scale... Anche perché sono stanca di stare rinchiusa qui dentro a fissare le solite quattro pareti. Ormai non le posso più sopportare" commentò Ginger continuando a sorridere, fingendo una serenità che non aveva affatto; aveva paura... Ohh, aveva una fottuta paura del momento in cui finiva l'effetto dell'antidolorifico ed i dolori tornavano a tormentarla, perché ogni volta sembravano farsi sempre più forti ed aggressivi, quasi si divertissero a testare la sua soglia di sopportazione "che cosa ha detto il dottore?".
Roger si schiarì la gola.
Ottima domanda.
Che cosa aveva detto il dottore?
Ohh, nulla di preoccupante... Certo. Semplicemente, era arrivato il momento di gettare la spugna ed arrendersi. In realtà, quel momento era arrivato già mesi prima, ma né lui né Pamela avevano voluto guardare in faccia la realtà, costringendo Ginger ad andare incontro a quello che lei per prima aveva cercato di evitare con tutta sé stessa: settimane di agonia e di false speranze.
"Il dottore ha detto che oggi ti ha vista più in forze rispetto ai giorni precedenti. È positivo, ma preferisce non esprimersi perché è ancora tutto da vedere... Ha detto che in casi come questo è sempre meglio procedere per piccoli passi, giorno dopo giorno, ma è fiducioso... Sì... Ha detto di essere molto fiducioso" disse alla fine, sforzandosi di ignorare il peso al petto che si era fatto più opprimente a causa della bugia sfacciata che aveva raccontato alla giovane; lei sorrise di nuovo, annuì e rivolse lo sguardo pensieroso verso la finestra nascosta dalla tenda azzurra e bianca.
"Siamo alla fine, vero?" domandò dopo un lungo silenzio: aveva capito già tutto da sola, e Roger si sentì un idiota per avere anche solo pensato di riuscire ad ingannarla; come poteva sperare di ingannarla quando la realtà dei fatti era sotto gli occhi di tutti? "quanto ha detto che mi resta?"
"Non lo ha... Detto"
"Roger"
"Al massimo un mese, ha detto questo. Potrebbero essere due settimane, come qualcosa in più... Ma un mese al massimo" sussurrò Waters, chiudendo gli occhi.
La rossa annuì di nuovo, incassando il colpo in silenzio.
Un paio di settimane, un mese al massimo.
In qualunque modo fosse andata, non sarebbe vissuta abbastanza per vedere la fine dell'anno e l'inizio di quello nuovo.
Il momento da lei tanto temuto era finalmente arrivato.
"D'accordo" disse Ginger, deglutendo a vuoto "va bene... Va bene così"
"No, invece, non va affatto bene così" ribatté il giovane, riaprendo gli occhi; Ginger lesse nelle iridi chiare di Roger una disperazione che era il riflesso della sua... Se non perfino più profonda "non va affatto bene così perché sta accadendo proprio ciò che io ti avevo promesso che non sarebbe mai e poi mai accaduto. Ti ho chiesto di fidarti di me, tu lo hai fatto e cosa hai ottenuto in cambio? Due mesi sprecati in terapie inutili e dolorose e false speranze... Proprio quello che tu non volevi. Come sempre, per l'ennesima volta, sono riuscito solo a fare soffrire le persone che mi circondano. È tutta colpa mia, è solo ed esclusivamente colpa mia... E se ora vuoi rinfacciarmi tutto quanto, sei libera di farlo perché ne hai il pieno diritto".
Roger attese in silenzio di essere sommerso di insulti da parte della ragazza, perché era quello che meritava, ma lei lo sorprese scuotendo la testa e sorridendo.
"No, non ho alcuna intenzione di insultarti... Anzi, devo ringraziarti"
"Hai ben poco di cui ringraziarmi, Ginger"
"No, invece, perché è stato grazie a te se ho capito che stavo sbagliando a lasciarmi andare senza lottare, senza prima provare ogni strada possibile"
"Sì, ma a cosa ti ha portata? Non è servito a cambiare nulla, ha solo dimostrato che tu avevi ragione fin dall'inizio"
"Sì, è vero... Ma almeno adesso me ne andrò con la consapevolezza di avere fatto davvero tutto ciò che poteva essere fatto, senza alcun rimpianto" la ragazza osservò di nuovo le tende in silenzio "hai detto un mese al massimo, giusto?"
"Sì"
"Allora c'è una cosa che vorrei fare, se fosse possibile, ed ho bisogno del tuo aiuto"
"Qualunque cosa" rispose prontamente Roger "chiedimi pure qualunque cosa".
Era davvero pronto a fare qualunque cosa pur di sentire alleggerirsi l'orribile peso che gli stringeva il petto in una morsa; anche se Ginger gli aveva detto che non aveva nulla di cui incolparsi, non si sentiva affatto meglio.
Non riusciva a togliersi dalla testa l'idea di averle fatto sprecare due mesi dietro a cure inutili e false speranze, sottraendole tempo prezioso che avrebbe potuto trascorrere in compagnia dei suoi due bambini.
Le aveva tolto sessanta giorni da passare in compagnia di Keith e Demi.
Era un vero e proprio mostro.
"Ricordi quella splendida Vigilia di Natale che tre anni fa abbiamo trascorso a casa di Nick e Lindy?"
"Sì... Sì, me la ricordo molto bene"
"Mi piacerebbe dare una festa simile qui, con tutti loro... Anche con i bambini, ovviamente. Keith e Demi saranno molto contenti di rivedere i loro amici e di trascorrere una bella giornata in loro compagnia"
"Credo sia possibile" rispose Roger, alzandosi dal bordo del letto, lieto che Ginger gli avesse dato la concreta possibilità di fare qualcosa per lei e per alleggerire il poco tempo che ancora le restava da vivere: qualche ora di leggerezza avrebbe aiutato tutti loro a distendere i nervi per un po'... Purché l'avessero pensata allo stesso modo anche le lacrime che diventavano sempre più difficili da ricacciare indietro in ogni momento di ogni giornata "vado subito a contattarli, ma sono sicuro che saranno ben lieti di trascorrere la Vigilia di Natale in tua compagnia, Ginger, non ti vedono da tantissimo tempo"
"Ed io lo sarò altrettanto di trascorrerla insieme a loro"
"E David?" chiese il bassista, con la mano destra appoggiata al pomello della porta "dovrò dirglielo anche a lui. Non può rimanere ancora all'oscuro delle tue condizioni. Credo che ne uscirebbe devastato, se... Se quando arriverà il momento, dovesse scoprire di essere l'unico che non sapeva nulla"
"Chiamalo pure, ma digli che non ha nessun obbligo di venire alla festa... Anzi, non accennargli nulla della festa"
"Ma, Ginger, vorrà essere presente anche lui"
"Roger, non ho più alcuna intenzione di portare rancore alle persone che mi hanno ferito in qualunque modo... Ma David resta comunque l'uomo che ho sposato e che mi ha tradita per mesi e mesi. E questo continua ad essere un boccone troppo amaro da mandare giù. Credo che tu possa comprendermi appieno"
"Sì, credo di sì" mormorò lui, abbassando gli occhi sulle assi del pavimento "allora... Vado a fare un paio di telefonate"
"Roger?"
"Sì? Hai bisogno di altro?"
"Racconta loro tutto quello che sta succedendo, dall'inizio alla fine, ma cerca di essere chiaro su un punto: non voglio vedere facce tristi od occhi colmi di lacrime. Voglio passare un momento bellissimo e spensierato come quello di tre anni fa. Voglio che tutto sia perfetto e voglio che nulla possa intaccarlo in alcun modo... Pensi che sia possibile? Pensi che riusciranno a soddisfare la mia richiesta?" domandò Ginger, guardando il giovane negli occhi; Waters la fissò di rimando in silenzio e poi annuì.
"Sì, penso che sia possibile" disse infine, lottando contro un groppo alla gola, uscendo dalla stanza per lasciare la ragazza tranquilla a riposarsi ed a rielaborare ciò che le aveva comunicato; si ritrovò costretto a fermarsi un momento in cima alle scale prima di scenderle lentamente, scalino dopo scalino, con lo sguardo rivolto ai propri piedi.
Ciò che Ginger gli aveva chiesto non era impossibile, ma era terribilmente complicato.
Come avrebbero fatto a fingersi sereni e spensierati per un'intera giornata, con la consapevolezza che quella sarebbe stata l'ultima Vigilia in cui la giovane sarebbe stata presente con loro?
Ohh, certo... Prima bisognava vedere SE Ginger sarebbe arrivata al giorno della Vigilia di Natale.
Prima c'era quell'opzione che non poteva essere ignorata.
Pamela e Jennifer erano ancora sedute sul divano: avevano trascorso l'ultima mezzora nel silenzio più assoluto, ciascuna chiusa nei propri pensieri, a chiedersi come avevano fatto a ritrovarsi coinvolte in quella orribile situazione, come era potuto accadere e come avrebbero fatto ad andare avanti senza Ginger; Keith e Demi, invece, avevano abbandonato i giochi vicino al caminetto e si erano spostati in cucina per fare merenda con i sandwiches alla marmellata di fragole che il più grande aveva preparato per entrambi.
Pamela alzò per prima lo sguardo dal pavimento e, dopo essersi schiarita la gola, chiese a Roger come stesse la figlia adottiva maggiore e come avesse reagito alla notizia che le aveva dato.
"Sta abbastanza bene, la flebo di antidolorifico ha fatto effetto e questo le sta dando un po' di tregua dai dolori... E ha detto che... Ha detto che le piacerebbe organizzare una festa per la Vigilia di Natale, come quella che Nick e Lindy hanno tenuto a casa loro tre anni fa, e vorrebbe che gli altri fossero presenti. Vorrebbe anche che fosse un giorno perfetto, senza tristezza e lacrime. Penso che..." il bassista si ritrovò costretto a fermarsi un momento prima di concludere la frase "penso che questo sia il modo in cui voglia dirci addio".
Pam annuì in silenzio.
"Se Ginger desidera questo, allora è giusto che ci adattiamo di conseguenza" mormorò la donna.
'Anche se non sarà affatto facile' pensò subito dopo, tornando a fissare il pavimento.
"Vado fuori a fumare una sigaretta e poi inizio con il giro di chiamate. Voi non dovete preoccuparvi di nulla, penserò a tutto io, anche di avvisare David"
"Perché? È proprio necessario avvisare anche lui?" domandò Jennifer in tono ostile, con un'espressione corrucciata: non aveva digerito il tradimento di David ai danni della sorella maggiore, e non lo avrebbe mai digerito; l'affetto e la stima che provava per lui erano sparite, sostituite rapidamente da un profondo disgusto e da un odio viscerale.
Come aveva potuto innamorarsi di un'altra donna quando al suo fianco aveva una persona straordinaria ed unica come Ginger, che lo amava alla follia e che gli aveva dato un bellissimo e dolcissimo bambino? Come aveva potuto mandare all'aria tutto quanto per una sciacquetta di quart'ordine che si era infilata dentro il suo camerino al termine di un concerto?
Come, come, come aveva potuto?
"Non vuole che sia presente alla festa, ma ha detto che è giusto che anche lui sappia qual è la gravità della situazione, Jennifer"
"Io non gli direi assolutamente nulla, così poi sarebbe costretto a fare i conti con i sensi di colpa per il resto della sua inutile vita. È il minimo che si merita dopo tutto il dolore che ha arrecato a mia sorella"
"Jen, basta!" intervenne Pamela "adesso questo non ha importanza di fronte a ciò che sta succedendo: David merita comunque di sapere la verità, e non dovresti parlare di lui in questo modo, utilizzando espressioni e parole così forti. Ricordati che, nonostante tutto, è e sarà sempre il papà di Demi".
La ragazza scosse la testa, dimostrando alla madre adottiva di non essere assolutamente intenzionata a perdonare all'ex cognato il suo adulterio, ed andò in cucina a controllare i bambini che stavano ancora facendo merenda; Pam sospirò e scosse la testa: aveva provato più volte a parlare a Jennifer per attenuare il risentimento che covava nei confronti di Gilmour, ma ogni volta aveva incontrato una barriera che continuava a diventare sempre più alta e sempre più spessa.
"Temo che non lo perdonerà mai per quello che ha fatto... E temo anche che il suo risentimento si accentuerà ancora di più quando... Quando questa brutta storia si sarà conclusa nel peggiore dei modi" commentò, appoggiando le mani ai lati della testa ed i gomiti alle ginocchia; Roger si avvicinò, le strinse leggermente la spalla sinistra e poi uscì dall'abitazione per fumare una sigaretta e per lasciare la donna, distrutta dal pensiero che stava per perdere una figlia, un po' da sola.
Si appoggiò con la schiena al muro della facciata principale della villetta a tre piani e, senza mai staccare gli occhi dal mare e dalla spiaggia in lontananza, con gesti ormai divenuti automatici si accese una Marlboro e se la portò alle labbra carnose.
La fumò in silenzio, ascoltando il rumore delle onde, con la mente completamente svuotata da qualunque pensiero e spense il mozzicone all'interno di un posacenere, che Pamela aveva messo sul davanzale di una finestra apposta per lui; voltò le spalle al mare, alla spiaggia, ed appoggiò la mano destra al pomello della porta d'ingresso.
Serrò per un momento le palpebre, inspirò a pieni polmoni l'aria satura di iodio e salsedine, e si sentì finalmente pronto per il difficile ed impegnativo compito a cui doveva adempiere.
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