74 (falling down)

ANTONELLO

"Ora mi spieghi tutto!"

La voce di Riccardo mi riscosse dai miei pensieri turbolenti e tristi.

Poggiai la grappa sul tavolino e lo guardai: era accanto a me, esigeva una spiegazione e non avrebbe accettato il mio silenzio. Ripensai al maledetto giorno in cui avevo sentito la sua voce e avevo accettato di fare quelle ricerche. Ero stato felice di risentirlo, era uno dei miei amici più cari, ma non avrei mai immaginato che quell'incontro riaprisse ferite che credevo ormai cicatrizzate. Riccardo mi conosceva bene, sapeva come incuriosirmi, come alimentare il mio spirito investigativo.

La ricerca della misteriosa identità di un ragazzo apparentemente senza passato" queste erano state le sue parole.

"Il ragazzo sta con mia figlia, io voglio sapere chi perché ho paura per lei, ho paura che quel ragazzo sia un poco di buono."

Sapere la piccola Giulia in pericolo aveva fatto scattare la scintilla che mi aveva portato a iniziare la ricerca; non poteva sapere, povero Riccardo, non poteva conoscere gli esiti cui quella ricerca mi avrebbe condotto e purtroppo neppure io. I timori forse infondati di un padre, mi avevano gettato in un vortice di dolore, in una spirale di sofferenza avvolgendomi in un gorgo infinito che mi aveva ricondotto a lei, da Elisabetta e dal piccolo Giorgio. Non avrei mai dimenticato quell'esile e disperato ragazzino con il volto emaciato e gli occhi grandi e dilatati dall'orrore; visitava ancora i miei incubi e il suo sguardo vuoto si sovrapponeva a quello vacuo e spento di Elisabetta; la sua pelle, bianca come il latte, era come la sua, troppo simile a quella di sua madre.

"Quando ti ho chiamato per chiederti di fare delle ricerche, tu sapevi? Avevi capito?" Magari avessi saputo, probabilmente non avrei accettato mai e poi mai, pensai.
"Dio, non posso crederci, tu avevi una donna che amavi tanto ed io non l'ho mai nemmeno sospettato; e Giorgio... povero ragazzo! Non avrei mai pensato, mai creduto... "

L'alcool cominciava a fare il suo effetto, Riccardo non aveva mai parlato tanto. Lo guardai decidendo di rispondere a una domanda per volta. La grappa, bevuta quasi a digiuno, rallentava il flusso dei miei pensieri, mi impastava la voce, toglieva le inibizioni, rendendomi fragile.

"Non lo sapevo, se avessi saputo, non avrei mai accettato di venire fin qui, non avrei mai volutamente riaperto ferite che speravo di aver sanato." Sentivo gli occhi bruciare, ma non avrei mai pianto di fronte a Riccardo. Le mie lacrime le avrei conservate dentro di me.

Che diritto avevo io di piangere? Io intuivo, io sospettavo, io avrei potuto salvarla, ma non ero forte abbastanza allora: avevo paura, sentivo che se fosse continuata, la mia storia con Elisabetta sarebbe finita in modo tragico, sapevo, in cuor mio, che non poteva esistere una felicità costruita sul dolore.

Riccardo mi guardò in modo significativo, poi annuì. "Quando hai capito che si trattava di loro?"

Già, quando.

Non ne ero sicuro o forse l'avevo sempre saputo o forse, pian piano l'idea si era insinuata nella mia mente. Optai per una mezza verità.
"Non so, ho cominciato a mettere insieme i pezzi un po' per volta, la tua frase: - gemelli senza passato - ha forse aperto uno spiraglio nella mia mente, mi ha intrigato, non sapevo se si trattasse di loro, ma ero stuzzicato dall'idea di scoprire qualcosa, magari di fare uno scoop. " No, non avevo alcuna intenzione di darli in pasto alla stampa, non dopo quanto avevano già subito, non quando parte della loro famiglia d'origine li cercava ancora. Elisabetta aveva voluto proteggerli ed io avrei rispettato le sue volontà ad ogni costo.

"Non guardarmi così Riccardo", dissi fissandolo in volto.

"Io sono un giornalista free lance, questa strana storia, magari, mi avrebbe permesso di vendere un articolo a qualche giornale!" Mentii e bevvi un altro sorso.

"Ieri sera però sapevi, avevi capito chi avevi ritrovato!" Non era una domanda, era un'affermazione.

"Durante il viaggio ho pensato molto." Un'altra mezza verità.

Il percorso da Milano a Roma era stato un viaggio nel mio passato.

Pezzi di dolore, pezzi di anima e di cuore, lentamente avevano ritrovato il loro posto ricomponendosi nel puzzle della mia vita. Abbassai la testa incapace di aggiungere altro.

Riccardo mi mise un braccio attorno alle spalle, avevo bisogno di conforto e lui, con la sua rude sensibilità, l'aveva compreso.

"Forse è il caso di tornare, abbiamo lasciato soli i ragazzi a sufficienza."

Lo guardai pronto a dire qualcosa, ma Riccardo mi precedette.

"Credo di dovere delle spiegazioni a mia figlia e delle scuse a Giorgio. Ho pensato il peggio di quel ragazzo, sempre il peggio, interpretando la sua mancanza di passato come una sua colpa.".

"Sì, è vero, Giorgio è solo stato molto sfortunato, ma è un bravo ragazzo, i suoi genitori adottivi l'hanno cresciuto bene."

Mi alzai in piedi seguito da lui, barcollavo a causa della sbronza, Riccardo invece era lucido, tra poche ore lo attendevano in redazione, non poteva farsi trovare ubriaco.

"Temo che Giulia non prenderà bene la mia intromissione nella sua vita!" sospirò.

"Tua figlia è una ragazza sveglia!" Sorrisi immaginando la reazione furibonda della ragazza.

Era sveglia e testarda, proprio come lui; non sarei voluto essere nei panni di Riccardo quando le avrebbe parlato.

"Antonello, ti volevo chiedere solo una cosa. Non hai mai detto qual è il vero cognome di Giorgio.".

"Maseri! Il nome del ragazzo è Giorgio Maseri".

Riccardo si voltò di scatto, gli occhi dilatati dalla sorpresa, forse dalla paura.

"Maseri, hai detto? Sei sicuro, davvero sicuro?" Annuii.

Come avrei potuto dimenticare il cognome dell'uomo che mi aveva distrutto la vita?

Mi afferrò per un braccio trascinandomi fuori.

"Dove stiamo andando?" chiesi sconcertato.

"Dai Carabinieri!" rispose improvvisamente serio.

"Devo parlare con un amico!"

Riccardo rovistava freneticamente tra i faldoni che il suo amico maresciallo dei Carabinieri gli aveva messo davanti. Il suo sguardo era attento e preoccupato.

"Si può sapere cosa succede Riccardo?" non riuscivo a capire la fretta e l'angoscia che trapelava dal suo viso. Che cosa poteva saperne lui di Giangiacomo Maseri?

"Aspetta... " disse guardandomi e fermandomi con un cenno della mano.

Mi sedetti sulla scomoda poltroncina da ufficio e attesi che finalmente mi rivelasse la ragione di tanta sollecitudine.

"Ma dov'è... " borbottò tra sé continuando a cercare e cercare.

"Eppure l'avevo visto l'ultima volta che avevo cercato materiale per un articolo sul traffico di droga ai lidi romani... ".

Infine, sotto una pila di cartelle, trovò ciò che bramava. Sorrise alzando lo sguardo su di me. Mi avvicinai incoraggiato e incuriosito dal suo strano comportamento.

"Guarda!" mi chiese con una nota di urgenza nella voce.

"Guarda Antonello!" continuò porgendomi un foglio A4 spiegazzato.

Il suo tono non ammetteva repliche. Tesi la mano verso di lui afferrando ciò che lui aveva cercato per lunghi interminabili minuti. Rimasi per un istante senza parole di fronte a quell'immagine sbiadita e spiegazzata dal tempo e dall'uso.

"Lo conosci?"

Sì, lo conoscevo... era lui, Giangi Maseri.

"Giangiacomo Maseri, 1970, figlio di Davide Maseri, uno degli uomini più ricchi di Milano. Implicato in traffico e spaccio di droga e sfruttamento della prostituzione, accusato di violenza privata e stupro.". Elencò i crimini commessi dal marito di Elisabetta con fare professionale poi mi guardò dritto negli occhi. Un brivido mi percorse la schiena.

"Ti ripeto la domanda Antonello, tu conosci quest'uomo?" Sostenni il suo sguardo poi annuii impercettibilmente.

"Certo che lo conosco o meglio, lo riconosco. Lui è Giangiacomo Maseri, il vero padre di Giorgio e Arianna!".

Era inutile mentirgli, aveva capito la verità nel momento stesso in cui gli avevo rivelato il suo cognome.

Crollò a sedere, distrutto da una notizia che cercava a tutti i costi di rifiutare.

"Giulia, piccola mia!" sussurrò. La testa tra le mani, le dita infilate tra i capelli torturavano riccioli brinati dal tempo.

"Come è stato possibile, come puoi esserti innamorata proprio del figlio di un simile criminale... " borbottò disperato.

Mi avvicinai a lui poggiandogli una mano sulla spalla, aveva bisogno di conforto, proprio come me.

"Riccardo, ti prego, non essere ingiusto con Giorgio. Lui non ha colpa per i crimini di suo padre.".

I suoi occhi nei miei, ricolmi di preoccupazione.

"Antonello, io... io non voglio che lei debba soffrire." Fece una pausa.

"Riccardo, Giulia soffrirà se la separi dal suo ragazzo, e ti odierà se ti riterrà responsabile di questa separazione!" Cercai di essere convincente, non volevo che uno dei miei migliori amici commettesse l'errore più irreparabile della sua vita.

" Lo so, so che hai ragione ma Antonello, se il padre di Giorgio tornasse a cercarlo? Se lo riconoscesse... "

Avevo pensato anch'io a questa eventualità, ma evitavo di prenderla in considerazione.

"Come potrei essere tranquillo vivendo con questa paura?"

Lo capivo perfettamente, pur non avevo mai avuto figli, potevo ben comprendere le paure di un padre.

"Ti prego, dai al ragazzo una possibilità, lui è diverso da suo padre, non privarlo dell'amore di Giulia, tu non immagini nemmeno cos'abbia subito Giorgio da bambino."

Il suo sguardo, ora vigile, era lo sguardo del poliziotto che sarebbe potuto diventare, dell'avvocato che era, del giornalista di cronaca giudiziaria che aveva rinunciato ad essere.

"Tu lo sai?" Cosa potevo dire. Sapevo? No, supponevo, immaginavo... sì, sapevo.

"So cosa quell'uomo faceva a sua madre."

Elisabetta non me ne aveva mai parlato direttamente. I suoi lividi, le escoriazioni, i tagli parlavano per lei. Non avevo bisogno di altro per capire, per sapere.

"Immagino che Giorgio fosse vittima della stessa violenza, il Maseri lo credeva mio figlio! Non credo abbia avuto pietà di lui!"

Sentivo il bisogno di difenderlo, aveva sofferto troppo nella vita e molta della sua sofferenza era colpa mia. Decisi di aprirgli il mio cuore rivelandogli la mia verità, la parte che conoscevo.

"Giangiacomo Maseri sapeva della mia relazione con la madre di Giorgio, la picchiava anche per questo, era convinto che il ragazzo non gli somigliasse, pensava che fosse frutto della nostra relazione adulterina." Abbassai lo sguardo, provavo vergogna; non per ciò che avevo fatto, non avrei mai rinnegato il mio amore per Elisabetta, ma per le conseguenze di quest'amore.

"Giorgio è tuo figlio?" chiese all'improvviso. Brusco ma speranzoso.

"No!" risposi prontamente per fugare ogni dubbio dalla sua mente.

"No, Non poteva essere mio figlio, purtroppo, Dio solo sa quanto avrei desiderato avere un figlio da Elisabetta... " fissai Riccardo sperando che non intendesse approfondire. Un suo cenno mi fece comprendere che non l'avrebbe fatto.

"A causa di questa convinzione, Giorgio è stato picchiato e brutalizzato fisicamente e psicologicamente. Se quel ragazzo ha sofferto le pene dell'inferno, è colpa mia.".

Sentivo il peso della sofferenza gravarmi sugli occhi e sul cuore.

"E' colpa mia!" confessai a bassa voce.

Il carico che avevo sul cuore era troppo, troppo grande da sostenere, non riuscivo più a reggerlo, stavo per crollare, lo sentivo; avvertivo tutta la gravità dei miei comportamenti, tutte le conseguenze.

"Riccardo, ti prego, non prendertela con quel ragazzo, lui ha ritrovato un po' di serenità con tua figlia. Tu non l'hai visto il giorno della morte di sua madre.".

Deliravo perso nei ricordi di quella maledettissima sera.

"Io ero li, ero li, ero li, ero li" ripetei come una litania, il tono di voce sempre più basso, sempre meno certo.

"Ora invece il suo sguardo è limpido, sereno, innamorato. Giorgio e Giulia sono una coppia bellissima, Riccardo ti prego, non togliergli anche questo!" Annuì quasi impercettibilmente.

"Cercherò di starne fuori, ma se quell'uomo dovesse rifarsi vivo io... " Le mie spalle cominciarono a tremare scosse da singhiozzi irrefrenabili.

Avevo per tanto tempo cercato di arginare il dolore, la disperazione e la sofferenza e ora stavo crollando, disfacendomi in mille piccoli pezzi.

L'incontro con Giorgio, con il figlio dell'unica donna che avessi mai amato, mi aveva gettato in un baratro, riaprendo tutte le ferite che avevo cercato di sanare.

"Antonello." Riccardo era senza parole, non osava dire altro; non mi aveva mai visto piangere, neanche dopo l'attentato che avevo subito in Medioriente, io stesso ero stupito dalla portata della mia angoscia.

Avevo amato Elisabetta con tutta la mia anima.

Quando era morta avevo chiuso il mio cuore in una corazza inattaccabile, non avevo versato una sola lacrima per lei; ma la sofferenza, quando è profonda, non si può arginare in eterno.

Come una goccia d'acqua, scava e scava, fino a creare una falla nella roccia eretta a proteggere il cuore.

La mia personale goccia aveva lavorato lungamente, la falla aperta era difficilmente richiudibile.

Duran Duran _Falling Down

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