55_ Gli ostacoli del cuore
GIORGIO
C'è un principio di magia fra gli ostacoli del cuore che si attacca volentieri fra una sera che non muore e una notte da scartare come un pacco di natale.
C'è un principio d'ironia nel tenere coccolati i pensieri più segreti
E trovarli già svelati e a parlare ero io sono io che li ho prestati
Quante cose che non sai di me
Quante cose che non puoi sapere
Quante cose da portare nel viaggio insieme... *
Elisa e Ligabue
Un lieve rumore alle mie spalle mi fece trasalire. Riccardo Mancini, entrato silenziosamente nella stanza di sua figlia, mi aveva visto con lei. Mi predisposi allo scontro, ma silenzioso com'era entrato, il padre di Giulia era andato via. Nessun urlo, nessuna imprecazione, niente, solo silenzio.
Dovevo preoccuparmi?
Decisi di non pensarci e di affrontare un problema per volta e soltanto nel momento in cui si fosse presentato. Certo, doveva essere stata davvero dura per il signor Mancini vedermi nel letto con sua figlia e lasciarmi andare; io non avrei reagito in modo così maturo.
Forse con l'età si diventava più saggi, pensai..
L'immagine che appariva dall'esterno era inequivocabile: due ragazzi che avevano appena fatto l'amore ora dormivano pacificamente abbracciati. Dio, quanto avrei voluto che quella fosse la verità. Desideravo così disperatamente, una vita normale, vivere con serenità i miei pochi anni; purtroppo il destino aveva mescolato diversamente le sue carte e a me era capitata una mano davvero sfortunata. Il ricordo di mia madre e di quello che avevo scoperto sulla sua morte, tornò impetuoso a scuotermi la mente e il corpo, un brivido di dolore tornò a squassarmi il cuore. Mi rannicchiai su me stesso cercando di proteggermi dalla sofferenza. Racchiusi il mio cuore in un guscio di ghiaccio sperando che lo preservasse dallo strazio.
Chiusi gli occhi e respirai: una, due, tre volte.
Un inconfondibile profumo di fiori arrivò alle mie narici, Giulia si era stretta a me dandomi il conforto di cui avevo bisogno, come se anche nell'incoscienza del sonno, la sua anima fosse profondamente collegata alla mia. Mi mossi leggermente, girandomi verso di lei, attento a non svegliarla; avevo l'urgenza di guardarla, di sentirla ancora con me, nel mio cuore, sul mio corpo. Le sue ultime parole riecheggiarono nella mia testa riempiendomi di calore.
Come avrei fatto a vivere senza di lei?
Era il mio amore, la mia àncora, il mio equilibrio; Giulia era diventata una droga, la mia personale, specialissima droga.
È strano... pensai, come questa ragazza, sconosciuta fino a pochi mesi fa, sia ora diventata tutto il mio mondo.
La mia ragazza, speciale e bellissima, si mosse leggermente, cercandomi nel sonno. L'abbracciai più stretta e il mio corpo si risvegliò. L'amavo, la desideravo, ma avevo tremendamente paura delle conseguenze del mio amore per lei, su di lei.
"Giorgio, amore..." sussurrò in un dolce sospiro, gli occhi semichiusi, languidi e assonnati.
"Sei qui..." la sua voce era sognante, mentre la mano era alla timida ricerca del mio volto.
"Sono qui, sono con te, amore mio." La rassicurai. Riconoscevo a stento il suono della mia voce: il pianto e il desiderio l'avevano resa roca e bassa.
"Hai una faccia terribile, tesoro." Confessò, baciandomi una guancia e poi voltandomi le spalle per rannicchiarsi nel tepore delle coperte. Guardai l'orologio, erano quasi le sette, era ora di tornare a casa. Mi alzai lentamente, lo specchio dinanzi al letto rimandava di me un'immagine che faticavo a riconoscere: gli occhi rossi e gonfi dal pianto, le occhiaie livide e violacee, i capelli scompigliati... Decisamente non ero al meglio delle mie possibilità.
"Vuoi fare una doccia?" mi chiese con un sorriso assonnato.
Annuii grato. Pochi istanti dopo ero sotto un getto caldo e rilassante; l'acqua sembrava portare via il dolore, sapevo che era un'illusione, che presto sarebbe tornato, ma adesso non volevo pensarci. Volevo solo sentire il dolce calore di Giulia avvolgermi il corpo e l'anima. L'immagine del signor Mancini tornò ad affacciarsi tra le cortine della mia memoria. Mi ero completamente dimenticato della sua visita mattutina.
"Cazzo! Sono le sette!" l'urlo di Giulia mi raggiunse in bagno. "Mio padre dovrebbe essere già rientrato! Cazzo, cazzo, cazzissimo!" Non l'avevo mai sentita imprecare. Sorrisi, divertito dalla sua reazione, dalla perdita della sua tradizionale calma serafica. Sembrava impazzita.
"Giulia!" la chiamai.
"Cazzo, cazzo, cazzo!!" rispose.
"Giulia, tuo padre..." cercai di interrompere il suo girovagare impazzito nella stanza.
"Te ne devi andare, Giorgio. Ora!" Si stava vestendo con una velocità incredibile. Cercai di pararmi di fronte a lei per arrestare il suo folle andare.
"Tuo padre mi ha visto a letto con te!" Sganciai la bomba. Sbiancò scattando in piedi, poi si guardò intorno con aria smarrita ed infine tornò a sedersi non sapendo effettivamente cosa fare. "Probabilmente al suo ritorno a casa voleva assicurarsi che tu dormissi!" Cercai di riportare la calma: impresa totalmente impossibile.
"Tu non ti rendi conto, Giorgio, non lo conosci!" La sua espressione era impagabile e buffa nella sua esagerata preoccupazione.
"Giulia, ti prego!" Ormai era in piena crisi isterica, era impossibile calmarla e la sua agitazione stava innervosendo anche me.
"Tu vivi da sola per quasi tutto l'anno e stai con me, immaginerà che tra noi possa esserci stato qualcosa in più di qualche bacio. E' un uomo adulto, Giulia, sa come vanno le cose."
"L'ho deluso, Giorgio, l'ho deluso..." si torceva le mani sentendosi in colpa e imbarazzata. "Cosa mi dirà stamattina? Penserà che andiamo a letto insieme, sotto il suo naso, che non rispettiamo la sua casa... lo darà per scontato."
"Ma non è successo nulla..." cercai di tranquillizzarla.
"Spesso quel che appare è più importante di ciò che è..." Ora mi stavo davvero irritando.
"Giulia, ascoltami, noi ci amiamo e che lui sia d'accordo o meno, prima o poi noi andremo a letto insieme." Il mio tono era duro, acido; non ero più disposto ad assumermi altre colpe non mie.
Non ora. Non più.
"Tanto vale che si abitui all'idea!" Continuai con freddezza.
Lei mi guardò con occhi fiammeggianti. Dio quanto la desideravo!
"Non darlo per scontato, Giorgio Leardi, non darlo per scontato!"
Una scarica di adrenalina percorse il mio corpo, ero teso, fremente di desiderio e ansia non ancora totalmente smaltita. Nella mia mente stanca di soffrire, i ricordi del mio passato aleggiavano ancora come fantasmi, ma il mio corpo e il mio cuore reclamavano quella pace che solo lei riusciva a darmi.
"Davvero?" dissi alzando un sopracciglio e sorridendole. Fremevo, il mio cuore batteva all'impazzata dalla voglia di sentirla totalmente mia. Feci un passo verso di lei guardandola negli occhi; Giulia sostenne il mio sguardo con decisione, sembrava una creatura mitologica, fiera e selvaggia. L'afferrai stringendola a me con forza, poi le mie labbra scesero sulle sue assaporandola.
"Davvero non vuoi fare l'amore con me?" Chiesi staccandomi da lei, la mia voce ridotta a un sussurro appassionato.
Non rispose, si limitò a guardarmi con le labbra arrossate e gonfie, gli occhi lucidi, un'unica lacrima a bagnarle la guancia.
"Mi dispiace!" dissi infine, il mio tono tornato freddo, il mio corpo tornato freddo.
Indossai il giaccone e scesi giù lasciandola da sola nella sua stanza. Riccardo Mancini non era andato a dormire, ma sedeva preoccupato al tavolo della cucina. Una tazza di caffè, non più fumante, era ancora tra le sue mani, ma non accennava a berla. Sembrava invecchiato di colpo, le spalle curve, lo sguardo perso nel vuoto.
"Buongiorno signor Mancini!" esordii titubante, non sapendo cosa aspettarmi.
Riccardo alzo gli occhi su di me per un istante, poi li abbassò di nuovo a fissare il caffè ormai freddo..
"Posso sedermi?" azzardai. Mi fece un cenno con il capo.
"Hai fatto ben altro nella mia casa, sederti è ben poca cosa al confronto." Le parole erano dure, ma il tono sembrava rassegnato.
"Signore, nulla di quello che ha visto corrisponde a verità, io non ho mancato di rispetto né a Giulia né a lei. Siamo andati a cena, l'ho riaccompagnata a casa, mi ha chiesto di restare un po'. Purtroppo ci siamo addormentati. Tutto qui!"
Mancini mi guardò negli occhi e quello che vide sembrò convincerlo: quasi mi sorrise.
"Mia figlia è grande ormai" disse "e anche se io la vedrò sempre come la mia bambina, di fatto è una donna ormai e può fare ciò che vuole." Mi guardò per un breve momento, poi continuó. "Apprezzo molto che tu abbia voluto chiarire con me e che abbia rispettato la mia casa."
"Bene signore, ora la lascio al suo sonno ristoratore. Torno dai miei!"
"Bene ragazzo, porta i miei saluti al dottor Leardi." Detto questo mi congedò.
Giulia mi raggiunse in pochi istanti volandomi tra le braccia e sorridendomi. Probabilmente aveva ascoltato la nostra conversazione e ne era rimasta soddisfatta.
"Grazie, Giorgio!" disse con un radioso sorriso. Era stupenda.
Mi sentivo a disagio in questo momento. Mi allontanai. Ero turbato dalla portata del mio desiderio. Se non avessi visto quella lacrima, probabilmente l'avrei buttata sul letto e l'avrei fatta mia. Non potevo essere come lui, come mio padre.
"Non lasciarmi ancora..." sussurrò la mia piccola coraggiosa donna ora sull'orlo del pianto.
Mi sentii spezzare il cuore.
"Non ti lascio, non potrei più farlo."
*Elisa _ Gli ostacoli del cuore
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