44 (Fragile)


GIULIA

un mese dopo...

Mi sembrava di aver dormito per un tempo infinito, non sapevo dove mi trovassi né per quanto tempo fossi rimasta immobile, sospesa tra sogno e incubo, tra consapevolezza e incoscienza; l'unica certezza era la sua voce, l'avevo sognata così tanto che ora sembrava incredibilmente reale. Il mio sogno più bello; Giorgio, il suo ritorno tra le mie braccia, la sua dolcezza, i suoi baci...

Mi sforzai di riemergere dal torpore, di tornare alla realtà; ripensai alle parole di Arianna: dovevo essere forte, dovevo superare il dolore della sua assenza, tornare a vivere; lo dovevo a me stessa, a mia madre, mio padre, agli amici che mi erano stati vicini. lo dovevo a Matteo che mi era stato vicino più di ogni altro con la sua inaspettata tenerezza. Matteo, per cui provavo soltanto un'amicizia fraterna.

La mia mente e il mio cuore erano pieni di Giorgio.

Durante il mese appena trascorso, avevo visto il mio amico d'infanzia fin troppo spesso, per pensare che suoi sentimenti  fossero simili ai miei; era passato in ospedale e poi a casa di mio padre e ora anche qui, dove nonostante il parere contrario dei miei genitori, ero voluta tornare; in questo condominio, in questa casa che era diventata un po' più mia, nel luogo dove avevo visto Giorgio per l'ultima volta.

"Lasciami passare, Berardi" la sua voce, una voce che avrei riconosciuto tra mille, ora sembrava ora così reale che Il mio cuore prese a battere all'impazzata. Non poteva essere vero ciò che stavo sentendo, non poteva essere lui, non poteva essere tornato davvero.

Era un sogno, un'allucinazione perversa e devastante, eppure... eppure, sentendo quel suono noto e caro, qualcosa in me era scattata; mi sentivo viva, dolorosamente viva.

"Ho il permesso dei suoi genitori, non mi serve il tuo!" ancora la sua voce, ancora i frammenti di un sogno da cui non volevo saperne di svegliarmi.

"No! La colpa è solo tua se Giulia è stata tanto male! Non ti permetterò di vederla per illuderla nuovamente. Tu decidi di allontanati, tu decidi di tornare, tu giochi con i sentimenti delle persone e te ne freghi se poi soffrono. Sei un ragazzino egoista e viziato, Leardi!" Ancora la voce di Matteo a irrompere nella mia testa.

Un sogno, soltanto un sogno...

Poi un tonfo sordo, qualcosa che cadeva a terra infrangendosi in molti pezzi e il grido soffocato di mia madre.

Non potevo sognare, non ancora.

Scesi lentamente dal letto, la sensazione della ceramica fredda sotto i piedi mi diede un brivido, riscuotendomi dallo stato di torpore che mi pervadeva le membra.

Cosa stava succedendo in soggiorno?

Possibile che...

No, non poteva essere vero, non potevo illudermi in un suo ritorno, lui non sarebbe tornato, non avrei più rivisto il verde intenso dei suoi occhi.

"Ora Basta, Matteo!" La voce di mia madre mi arrivò nitida. "Penso che abbia compreso la tua opinione su di lui."

I miei piedi mi diressero alla porta, involontariamente; la mia mano si tese verso la maniglia abbassandola, aprendo quel fragile diaframma che separava il sogno dalla realtà. Dischiusi l'uscio, rimanendo attonita a fissare la scena davanti ai miei occhi. Giorgio era a terra, Matteo su di lui con i pugni stretti e un'espressione irosa negli occhi; mia madre, Arianna... erano tutti lì.

Giorgio, Giorgio era lì.

Era reale?

"Giorgio!" dura e gracchiante, la mia voce risuonò strana persino alle mie orecchie, non la sentivo da giorni, da settimane, forse. Silenzio. Un silenzio irreale mi avvolse. Non era reale, tra pochi minuti tutto sarebbe sparito, come sempre. Tra pochi minuti, mi sarei ritrovata di nuovo sola, nella mia stanza buia, stringendo tra le braccia il cuscino, dove ancora sentivo il suo odore.

"Giulia..." La sua voce sembrava così vera, così vicina, ormai ero definitivamente impazzita. Lo guardai. Era diverso dal ragazzo che popolava i miei sogni e i miei incubi. Diverso dal principe oscuro, diverso dal ragazzo schivo, diverso da colui che mi aveva dichiarato il suo amore. L'uomo che avevo davanti aveva uno sguardo triste; era magro, molto più di quello che ricordavo, i  capelli erano più lunghi e un filo di barba a copriva il volto scarno. Aveva il labbro ferito e sanguinante ed era bello, incredibilmente bello. Abbassai il viso, rattristata dall'ennesimo sogno ad occhi aperti.

"Giulia, guardami." Mi chiese la sua voce. Rifiutavo di farlo, avevo paura, troppa paura che tutto fosse frutto dei miei sogni perversi. Non volevo sperare; avevo paura di sperare.

"Sto sognando Giorgio, di nuovo!" dissi a voce alta. "Sto impazzendo!" Cercai gli occhi di mia madre, lei sorridevano e io stavo impazzendo.

"Ti prego, Giulia, guardami." Il tono della sua voce aveva una nota disperata. "Sono qui, sono reale, ti prego, guardami." Trovai il coraggio di alzare lo sguardo su di lui, sbattendo le palpebre per sfuggire all'incantesimo che mi teneva legata ad un'allucinazione. Dovevo uscirne, dovevo tornare alla mia vita prima di lui. Non potevo vivere di ricordi, non potevo farmi prendere la mano dagli inganni della mente. Sarei solo scivolata nella follia. "Giulia, amore...." sentii il tocco caldo della sua mano e riconobbi il suo profumo; il suo inconfondibile profumo forte, speziato, mascolino.

"Che scherzi strani fa la mente," dissi. "Sembra tutto così reale."

"Sono qui, non stai sognando, sono veramente qui!" Ancora la disperazione nella sua bella voce. L'uomo che avevo davanti era un angelo dagli occhi tristi. "Cosa ti ho fatto, mio Dio, come ti ho ridotta..." si mise la testa tra le mani continuando a guardarmi, incerto se avvicinarsi o meno. Tesi una mano verso il mio sogno più bello con la certezza di vederlo scomparire. La sua pelle era calda e morbida, proprio come la ricordavo. "Sono qui," sussurrò mettendo la sua mano sulla mia "Sono tornato da te, e ti amo, infinitamente." Continuò, abbracciando il mio corpo esile e magro.

"Sei qui..." un lampo di lucidità mi riscosse, scuotendo via tutti i brandelli di incertezza. Sei qui..." ripetei infine, ricambiando l'abbraccio e stringendolo a me. Era tornato. "Sei qui!"

****

Ci avevano lasciati soli, dopo le infinite raccomandazioni di mia madre, le minacce di Matteo, le battute di Arianna, finalmente erano andati tutti via. Avevo bisogno di stare con lui, di sincerarmi della sua presenza, di sentirlo vicino, di parlare della mia sofferenza, di comprendere le sue motivazioni. Avevo bisogno di sapere.

"Per quanto tempo rimarrai?" Stavo tornando lentamente alla realtà, era bastata un'ora con lui, perché i pezzi del mio mondo si rinsaldassero tra loro; ma le cicatrici erano lì, segni incancellabili nella mia anima e sul mio cuore.

"Perché me lo chiedi?"

Dovevo saperlo, non potevo tornare con lui, non avrei retto a un nuovo dolore di una nuova separazione. Giorgio mi guardò con occhi tristi e profondi, troppo adulti per la sua età; mi strinse di più a sé, potevo sentire il suo cuore rimbombarmi nelle orecchie, il suo profumo invadermi i sensi...

Era tornato, era davvero con me, ma per quanto?

"Devo saperlo, devo capire se alla prossima frase sbagliata, al prossimo gesto..." la mia voce si incrinò, ero sull'orlo delle lacrime "...inconsapevole, tu fuggirai rinunciando a noi." Una lacrima scese inesorabile sul mio viso scarno e pallido.

"Il mio cuore è come una foglia secca ora, basta una tua stretta per frantumarlo; sto già sbriciolandomi" distolsi lo sguardo, per nascondergli la sofferenza che avevo dentro, il dolore che sentivo, alla possibilità che rientrasse nella mia vita per poi sparire di nuovo. Abbassai gli occhi nascondendogli le lacrime nuove che erano tornate a far visita ai miei occhi. "Non so se posso farcela, ho solo vent'anni, Giorgio, e tu... tu sei così complesso! Non ho abbastanza esperienza sulle spalle, non so come comportarmi con i tuoi continui sbalzi di umore, i tuoi scatti, le tue fughe; non so come aiutarti. Non so come fare, davvero non lo so!" Lacrime copiose riempirono i miei occhi, non le nascosi, non le fermai nella loro rapida corsa lungo le mie guance.

Avevo sofferto infinitamente, stavo soffrendo ancora.

"Io..." mi guardò tentando di rispondermi. Non glielo permisi. Avevo bisogno di parlare, desideravo che sapesse come mi ero sentita, quanta sofferenza mi avesse provocato con la sua fuga.

"Forse il nostro amore per te non conta molto, se riesci a sacrificarlo sempre per cose più importanti; ma del resto stiamo stati insieme così poco..."

"Giulia, non dire così...io..." vidi i suoi pugni stringersi forte fino a farsi sbiancare le nocche, gli occhi farsi lucidi di lacrime che non avrebbe mai versato. "Io ti amo, non ho mai smesso. Questi due mesi senza di te sono stati una tortura..." La sua voce era carica di tristezza e di dolore.

"E allora, perché?" Non riuscivo a capirlo, Giorgio Leardi era un mistero insondabile.

"Perché ha ragione mio padre, perché ha ragione Matteo... io sono un egoista, sono un ragazzino spaventato dai miei sentimenti e dal rifiuto degli altri, che pur di stare bene, non esita a far soffrire chi ha la sfortuna di stargli vicino." Il suo corpo magro tremava, nello sforzo di parlare, nel tentativo di aprirsi per la prima volta a me. "Io... Io rimarrò finché tu mi vorrai... se dopo quanto ti ho fatto, ancora mi vorrai." Continuo con un filo di voce. "Andare via è stato un grandissimo errore, non avrei mai dovuto farlo; non avrei mai dovuto lasciarti e invece, proprio nel momento del bisogno l'ho fatto, lasciandoti con le tue paure, con il tuo dolore. Ti prego perdonami se puoi!"

Gli avrei perdonato qualunque cosa, lo sapevo io, lo sapeva lui. Era inevitabile

"Hai rapito il mio cuore e sono completa solo con te!" poche parole a esprimere un amore che sentivo scoppiarmi nel petto ogni istante di più.

"Ti prego perdonami, perdonami, perdonami! Se le mie paure prenderanno nuovamente il sopravvento, io ti spiegherò...e allora, forse, sarai tu a volerti allontanare da me."

No, si sbagliava.

"La lontananza mi ha provocato un dolore così grande... ma andrò via se questo ti farà stare meglio..." i suoi occhi verdi erano limpidi e lucenti di sincerità.

"Non voglio che tu te ne vada!"

Mi sfiorò delicatamente il volto, quasi non riuscisse a credere a ciò che avevo detto.

Mi avvicinai a lui guardandolo negli occhi poi, prima che potesse dire o fare qualunque cosa, le mie labbra furono sulle sue, ansiose e timide, dolci e passionali... e fu allora che lo sentii, fu allora che assaggiai il gusto salato del suo pianto.



*Fragile_ Fiorella Mannoia

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