41 (L'assenza)

GIULIA

Restai a fissare la porta per un istante infinito, mentre con le mani carezzavo i polsi per lenire il dolore della sua stretta, della sua rabbia. Giorgio era andato via, gli occhi di un cupo, freddo verde, le labbra livide, le guance smunte dal recente malessere. Era andato via, senza votarsi indietro, senza ripensamenti, lasciandomi sola. Era scappato, perché la portata dei suoi problemi lo rendevano pericoloso; per sé stesso e per me.

Chiusi gli occhi, mentre le immagini della serata appena trascorsa tornarono a vorticarmi davanti come un caleidoscopio impazzito; Giorgio e il suo immenso dolore; Giorgio e le sue paure; Giorgio e i suoi repentini cambi di umore; Giorgio, disperatamente oscuro, eppure così facile da amare. E io lo amavo davvero questo giovane uomo, tanto problematico, quanto capace di aprire il suo cuore all'amore.

Lo amavo e lui era scappato via da me, ancora una volta.

Mi alzai con una traccia di pianto a bagnarmi ancora la guancia, il letto disfatto a ricordarmi che ero di nuovo sola e il suo profumo a rendermi consapevole che tutto quello che era accaduto, non era frutto di un incubo.

Per un istante avevo avuto davvero paura di lui, per un momento avevo  ceduto all'istinto di difendermi da quegli occhi, da quelle mani, che avrebbero potuto uccidermi, se solo lui avesse voluto. Per un istante, ma sufficiente a renderlo consapevole di quanta oscurità albergasse in lui. Per un istante, prima di comprendere quanto quel gesto, dettato dall'ansia del momento, avesse arrecato dolore alla sua anima ferita, più che a me.  Una lacrima sfuggì al mio controllo, scivolando lenta, lungo la mia guancia arrossata.

Volevo, dovevo parlare con lui, sentire la sua voce, acquietare la paura che covava in me come brace sotto la cenere, che lui commettesse qualche sciocchezza, come farsi volutamente del male. Presi il telefono e con mano tremante composi il suo numero, dieci squilli e la voce elettronica della segreteria telefonica entrò nelle mie orecchie. Riprovai ancora e poi ancora e ancora...

"Pronto, Giulia?" la voce di Arianna mi fece accelerare i battiti cardiaci.

Perché rispondeva lei? Dov'era Giorgio? Gli era forse accaduto qualcosa?

"Giorgio se ne è andato!" Disse tra le lacrime, cercando in me un conforto che non potevo darle. Il mio cuore aveva già smesso di battere nel preciso istante in cui aveva pronunciato quelle parole. "Non sappiamo dove sia, ha lasciato il telefono e una lettera, non vuole essere trov..." ma non l'ascoltavo più, le lacrime offuscavano i miei occhi, il battito accelerato del cuore attutiva i suoni attorno a me. Non sentivo altro che quelle cinque parole pronunciate da sua sorella.

Giorgio se ne è andato!

Se ne è andato!

Se ne è andato!

Tutti i miei timori erano fondati. Mi aveva lasciata, ci aveva lasciati tutti.

Mi sedetti a terra, il telefono ancora tra le mie mani, scivolò via dalle mie dita inermi; mi sentivo prosciugata di ogni energia, immobile, bloccata. Non avevo nemmeno più la forza di piangere. Tutte le emozioni, se le era portate via Giorgio, chiudendo la porta dietro le sue spalle.

"Ti raggiungo!" mi parse di sentire, ma non ne ero sicura; ormai non ero più padrona del mio corpo e dei miei sensi, la mia anima era alla ricerca della sua; il mio corpo invece giaceva li, in quella stanza in affitto, con una coinquilina assente e pochi amici su cui contare. La voragine che mi si era aperta nel petto, pulsò dolorosamente. Sembrava che Giorgio mi avesse strappato via il cuore. Non lo sentivo più battere, era come morto.

"No!" ebbi la forza di dire, prima di scivolare giù.

Buio. Oscurità. Dolore, tanto dolore. Tutto mi si rovesciò addosso all'improvviso. Staccai completamente il cervello dal corpo. Nulla aveva importanza. Non sapevo dov'ero né cosa facevo.

*...Se il mio cuore avesse fiato correrebbe ancora e invece resta lacerato dentro una tagliola, quale grado di stupore potrei superare, quale tipo di dolore potrei consumare.

Non ho più te, sono sola al mondo, non ho più te, buio più profondo...

L'unica certezza era la ferocia della sua assenza *.

****

"Giulia, svegliati, ti prego!" aprii gli occhi al suono della voce di mia madre.

Cosa ci faceva mia madre a Roma?

"Mamma!" dissi con la bocca secca.

Da quanto tempo non parlavo?

"Cosa... cosa ci fai qui?" Iniziò a piangere, lasciandomi completamente interdetta, non capivo; poi mi guardai attorno, non riconoscevo la stanza in cui mi trovavo, era tutto troppo bianco, tutto troppo luminoso. Chiusi gli occhi, nascondendoli a quell'innaturale chiarore.

"Mamma... dove... dove sono?" chiesi conoscendo già la risposta.

"Amore mio" mi abbracciò stretta, mentre lacrime copiose scendevano dai suoi occhi scuri bagnando il mio pigiama.

Il pigiama, cosa ci facevo in pigiama!

Non ricordavo nulla, che giorno era, dove fossi, cosa avessi fatto... dopo.

"Abbiamo temuto di perderti, se Arianna non fosse venuta da te..."

Cosa stava dicendo? Cos'era successo?

Alzai lo sguardo incontrando gli occhi chiari e preoccupati di Arianna, occhi che mi ricordarono Giorgio, il suo sguardo di duro smeraldo, l'ultimo che mi aveva lasciato.

Il petto pulsò dolorosamente, istintivamente strinsi le braccia attorno al corpo, raggomitolandomi, isolando il mio cuore da tutto il dolore che il ricordo di lui mi provocava. Non volevo guardarla, non volevo sentire la sua voce, non volevo mi parlasse di lui. No, mentivo a me stessa, io bramavo sentire cosa sapesse su Giorgio, avevo soltanto paura di ciò che avrebbe detto.

"Da quanto tempo sono qui?" chiesi temendo la risposta.

"Due giorni! Arianna ti ha trovata nella doccia priva di sensi, nuda e raggomitolata su te stessa... e hai tentato di... oddio, piccola mia, cosa ti è successo? Perchè hai tentato di..." non riusciva a parlare, cercava in me delle risposte che non riuscivo a darle. Nella mia mente c'erano due giorni di black out. Mi guardai le mani fasciate e le braccia bendate. Vidi ombre di sangue sulle bende e inorridii. Ciò che prima pulsava, ora esplose nel mio petto.

Non volevo parlare, non volevo ricordare, era tutto così confuso nella mia mente; il tentato stupro, la sofferenza di Giorgio, le sue mani sui miei polsi, la sua stretta feroce, le parole sputate fuori quasi con odio. Tutto, tutto si confondeva e si mescolava nelle coltri dell'incoscienza; il volto di Giorgio, l'unica cosa chiara, l'unico appiglio nelle mie giornate dopo di lui.

"Che giorno è?" Da quanto era andato via?

"Domenica!" La voce di Arianna invase i miei pensieri.

Domenica, quasi una settimana dall'ultima volta che l'avevo visto. Domenica, una settimana fa ridevamo felici...

"Tesoro mio, fra qualche giorno ti dimetteranno, poi dovrai fare delle sedute di psicoterapia..." la guardai, sgranando lo sguardo.

"Non è normale quello che ti è accaduto, non è normale la tua reazione, non è normale ciò che hai fatto a te stessa." Mia madre parlava con calma, cercando di essere il più delicata possibile, proprio come si fa con le persone instabili.

...E io lo ero, instabile.

"Poi tornerai a casa, papà sarà contento di riaverti li per un po', anche Matteo sarà felice di rivederti..."

Matteo, cosa c'entrava lui, io non volevo vedere Matteo, io volevo Giorgio, il mio Giorgio!

"Io non vado da nessuna parte, mamma!" sibilai "il mio posto è qui!"

"Giulia, lui non tornerà!" Sentii come se mi avesse tirato un pugno allo stomaco; mia madre sapeva essere davvero crudele quando voleva.

"Io non vado da nessuna parte!" Ripetei con più forza.

"Tutto andrà per il meglio, io starò meglio, ma ora la mia vita è qui!" Ero determinata ad oppormi a qualsiasi decisione mi portasse via dai luoghi che avevo condiviso con lui.

"Giulia, ti posso parlare?" la voce di Arianna ruppe il silenzio che era piombato nella stanza.

"Arianna," dissi guardandola negli occhi per la prima volta. "Devo ringraziarti per avermi trovata, mi dicono che senza il tuo intervento, forse ora non sarei qui!" Il mio tono sarcastico non intaccò il suo sorriso dolce. "Forse avresti fatto bene a lasciarmi dov'ero, proprio come ha fatto tuo fratello." Sapevo di essere cattiva con lei, sapevo che non c'entrava nulla e che mi aveva aiutata, ma ero talmente arrabbiata e lei l'unica con cui potessi prendermela, l'unica che lo conoscesse davvero.

"Perché sei così dura con me?" i suoi occhi azzurri ora erano lucidi di pianto.

"Tu me lo ricordi moltissimo!" Abbassò lo sguardo.

"Lo ritroveremo!" disse, fissandomi di nuovo, "Lo costringeremo a strisciare e a chiederti scusa per ciò che ti ha fatto!"

Non si rendeva conto di ciò che stava dicendo? Come avrei potuto vederlo di nuovo sapendo che non era questo il suo desiderio?

Se lui fosse tornato perché costretto...

"No, Arianna, lui non vuole più stare con me. Non si può costringere nessuno ad amarti!"

"Giorgio ti ama, ne sono sicura!" non riuscivo a sentire il suono del suo nome.

Non potevo sperare! Mi misi le mani alle orecchie e urlai.




* Fiorella Mannoia _L'assenza


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