17 (variazioni goldberg)

GIORGIO

Non mi sentivo pronto a condividere i sentimenti che provavo, non stasera, non con tutta la mia famiglia.

Avevo parlato fin troppo, avevo provato fin troppo.

In realtà non sapevo bene cosa provassi davvero, cosa sentissi quando le ero vicino: l'unica certezza che avevo era che Giulia mi piaceva. Tanto.

"Giorgio, tutto bene!" La testa di Emilia fece capolino dalla porta dalla mia stanza con un mezzo sorriso ad aleggiarle sulle labbra.
Con la mente sovraccarica di pensieri, emozioni e sensazioni che mi ero rifiutato di provare per  molto tempo, tardai a risponderle. Non sapevo bene cosa dirle, come esprimere la miriade di sensazioni che affollavano i miei pensieri.
Entrò senza chiedermi il permesso. Lei sapeva, lei sentiva tutta la mia inquietudine.
"Qualcosa non va?" continuò, avvicinandosi e chiedendomi con gli occhi il permesso per  abbracciandomi e carezzandomi il viso.

"Sto bene, sono solo un po' stanco!" risposi con voce atona, la stessa che usavo per comunicare agli altri il mio desiderio di volontario isolamento. Emilia fece finta di nulla.

"Sei un po' caldo tesoro" disse poggiandomi una mano sulla fronte, "forse è meglio se vai da tuo padre, è nel suo studio!" Disse allontanandosi da me; evidente scusa per lasciarmi nelle mani di Giovanni.
Sbuffai, non stavo male, ma mia madre era apprensiva, soprattutto quando si trattava di me e dei miei mutevoli stati d'animo. Non potevo darle torto, ero stato un ragazzino complicato e silenzioso e un adolescente con evidenti problemi nel manifestare i propri sentimenti. Un adolescente rabbioso e ostile. Un adolescente, che nei momenti di maggiore violenza o aggressività, avrebbe forse preferito rimandare indietro, nel buco dove l' aveva trovato.

No, non lei, lei mai!

Passò quasi un'ora, prima che con riluttanza, mi dirigessi nello studio di mio padre. Giovanni mi aspettava, mi sedetti sul lettino e gli chiesi di aiutarmi a togliermi la camicia. La spalla pulsava, protestando per la stretta prolungata della fasciatura, ma non faceva veramente male.

"Come stai Giorgio?" La sua voce era serena quando mi parlò.

"Sto bene, la spalla mi fa meno male" risposi, eludendo volutamente il vero significato della sua domanda.

"Non intendevo questo, lo sai." Giovanni mi leggeva dentro come pochi e come pochi sapeva quand'era il momento di insistere e quando fermarsi. Non risposi, limitandomi a fissare la grande libreria alle spalle della sua scrivania di legno scuro. "Emilia ti ha visto piuttosto turbato prima, si è preoccupata, sai quanto può essere emotiva."

Oh si, lo sapevo fin troppo bene.

"E' stato per quella ragazza dell'ospedale, per Giulia, che oggi sei voluto uscire a tutti i costi, non è vero?"

No, ci si metteva anche lui a farmi l'interrogatorio.

Non negai, risposi solo con una mezza verità. "Dobbiamo fare un lavoro insieme, l'incidente ci ha fatto ritardare molto nelle consegne degli elaborati." Farfugliai tenendo gli occhi bassi evitando così di incrociarli con quelli scuri di lui. Giovanni alzò un sopracciglio e sorrise sornione.

"È stata davvero una giornata interessante per te, non è forse così?"
Non sapevo cosa dire, Giovanni riusciva sempre a colpire nel segno: forse perché per il suo lavoro, aveva a che fare con altri adolescenti, forse perché mi conosceva più di quanto volessi ammettere.

"Interessante sì," alzai gli occhi, optando per una quasi verità. Era stata una giornata molto più che interessante.

"Dimmi ciò che provi, dimmi come ti fa sentire stare con lei." Il suo tono era pacato. Non mi avrebbe forzato in alcun modo. Capitolai, avevo così bisogno di qualcuno con cui confidarmi e che mi aiutasse a fare ordine nei miei pensieri confusi.

"Papà io... io non so dare un nome preciso a ciò che sento, ma è così facile stare con lei, così bello parlarle."

Dio, sembravo un adolescente emotivamente impreparato all'attrazione sessuale o sentimentale!

Pensai, maledicendomi mentalmente. No, non sembravo, lo ero. Ero un giovane uomo con il cuore e l'anima racchiusi in una spessa armatura irta di spine. Non avevo confronti da eguagliare, né paragoni da fare. Nessuna, si era avvicinata tanto al mio cuore da riuscire quasi a toccarlo.

"Desidero starle vicino, vederla sorridere, farla felice, vorrei avvicinarmi a lei più di quanto pensassi possibile; ma ho dannatamente paura." Distolsi il volto da lui per nascondere l'inquietudine che mi opprimeva il petto.

"Ahi Ahi! figlio mio!" Giovanni sorrise, mentre sistemava il nuovo bendaggio.

"Perché ahi ahi!" ero perplesso.

"Ti sei innamorato, e sono molto felice per te." lo guardai sgranando gli occhi. Non era possibile, non potevo essermi innamorato, non così in fretta, non di una semi-sconosciuta.

Una semi-sconosciuta bella, dolce, intelligente, sensibile... disse il mio io interiore.

Un brivido mi scosse le membra al pensiero di questo sentimento, che puro e incontaminato, era arrivato a sfiorarmi l'anima.

Si sentiva anche lei nello stesso modo? Anche lei provava gli stessi sentimenti e le stesse paure?

"E se lei non ricambiasse?" La paura, l'ansia di essere rifiutato fluì prepotente dentro di me: sbiancai. Mio padre se ne avvide con fare rassicurante mi accarezzò i capelli.

"Sono sicuro che Giulia ti amerà Giorgio, l'importante è che tu le permetta di farlo. Tu non l'hai vista quando eri incosciente in ospedale. Ti assicuro che era veramente disperata, ti è stata vicina sempre, pur essendo ferita a sua volta; non siamo riusciti a spostarla dal tuo capezzale." Non ricordavo nulla, solo brevi sprazzi tra uno stato d'incoscienza e l'altro.

Lei aveva fatto tutto questo per me?

"Quando saprà la mia storia scapperà via, non vorrà stare con me!"

"Dalle fiducia, se anche lei è interessata a te, come credo, allora ti capirà! Tu non hai colpa per il tuo passato, devi rendertene conto, tu sei una vittima, non sei mai stato responsabile per ciò che è accaduto!" Le sue mani grandi e calde strinsero le mie. "E poi, Giorgio, è così facile volerti bene".

Desiderai disperatamente che potesse essere così.

"Io..." Balbettai

"Andrà tutto bene, figlio mio. Funzionerà per il meglio. Tu meriti la felicità, il destino te lo deve".

Uscii dalla stanza sotto gli sguardi interrogativi di Emilia e Arianna e mi avviai in camera mia.

"Giorgio!" Arianna mi seguì su per le scale sorridendo,"Raccontami tutto! Come è andata la tua giornata? Come è andata con Giulia?"

"Arianna!" La richiamò Emilia "lascia in pace tuo fratello, quando si sentirà pronto, vedrai che sarai la prima a sapere." Sorrisi a mia madre e la ringraziai senza parole.

"Mamma, ho invitato Giulia a cena, sabato sera!" Arianna aprì la bocca in un'espressione stupita. Non le diedi il tempo di parlare.

******

Salii in camera evitando gli sguardi interrogatori di mia sorella. Volevo stare solo. Finalmente solo. Mi sedetti sul letto e presi uno dei miei CD preferiti, lo inserii nel lettore poi, indossai le cuffie per isolarmi dal mondo intero. La musica di Bach cominciò a fluire lenta, dolce morbida nella mia mente mentre, le mie mani allenate, ripercorrevano la melodia delle Variazioni Goldberg come su una tastiera di un pianoforte invisibile.

Quante volte avevo suonato quel pezzo fino a impararlo a memoria? Quante volte, nei momenti di disperazione, avevo espresso i sentimenti solo attraverso la musica?

Le mie dita continuavano a muoversi nell'aria e a malapena mi resi conto che Arianna, curiosa come sempre, aveva fatto capolino dalla porta della mia stanza. Chiusi gli occhi tagliandola fuori dalla mia vista, dalla mia stanza, dai miei pensieri.

Dormii. forse sognai.

Mi ritrovai a percorrere un lungo corridoio bianco, a destra e sinistra porte chiuse m'impedivano di uscire. Mi sentivo intrappolato, mentre una profonda angoscia mi attanagliava il petto. La musica di Bach ora guidava i miei passi verso l'unica porta socchiusa. Tirai un sospiro di sollievo.

Ero all'uscita?

La spinsi lentamente, e titubante, entrai. Mi trovai in un'enorme stanza; la luce della luna che penetrava attraverso un'ampia vetrata, a illuminarla fiocamente.
Mi guardai attorno.
Sulla zona adiacente alla parete finestrata, era posto un letto, e nel letto una figura addormentata. Il suo sonno era inquieto, agitato.
Mi avvicinai, spinto dalla curiosità, alla figura dormiente. Un raggio di luna illuminava il volto di Giulia. Continuava ad agitarsi, mi dispiaceva vederla così; se almeno lei avesse potuto riposare serenamente. Mi avvicinai ancora di più, desideravo sfiorarla, volevo toccare, quelle labbra rosee, con le dita.

"Giorgio" mi chiamò con voce dolce, pur restando addormentata "non m'importa cosa hai fatto, io so chi sei". Quelle parole, le uniche che mi avevano veramente colpito. L'accarezzai e lei sorrise nel sonno, poi mi voltai verso la finestra e guardai fuori. La luna piena già alta nel cielo, illuminava le cime degli alberi creando intricati ghirigori d'ombra sulle pareti, sul pavimento, su di me.
Mi soffermai a pensare a lei, alla ragazza che ormai riempiva i miei pensieri; se Giulia era fulgida come quell'astro, io ne rappresentavo il lato oscuro; quello freddo, quello che mai sarebbe stato illuminato dal sole.
Ma ci avrei provato; se lei mi avesse voluto, ci avrei provato a farmi inondare dalla sua luce...
Iniziai a muovere le dita, e un pianoforte si materializzò sotto le mie mani. Suonai, fino a sentire la stanchezza risalire dalle dita alle braccia, dalle braccia alla spalla ferita. Non mi fermai, non potevo, non in questa notte magica e strana. Provai e riprovai per trovare gli accordi che meglio rappresentassero la ragazza che ormai aveva aperto uno squarcio irreparabile nella mia armatura.

La luce del mattino giocherellò con il mio viso. Aprii gli occhi accorgendomi con stupore di non trovarmi nel mio letto. Ero seduto al pianoforte del salone, i miei familiari a guardarmi con preoccupazione.

"Cosa ti è successo Giorgio, hai suonato tutta la notte." Non era possibile, non potevo crederci.

"Hai avuto un nuovo episodio di sonnambulismo... non si verificava da almeno otto o nove anni." Sentenziò mio padre assumendo un tono professionale.

Sonnambulismo, Dio, credevo di aver superato quella fase.

"Probabilmente sono tutte queste emozioni nuove che stai vivendo!" Emilia e Giovanni mi erano accanto, guardando con apprensione il loro figlio imperfetto.

"Stai bene?" chiese mio padre. Feci cenno di sì, non mi ero mai sentito così bene come in quel momento. Continuai a suonare. Gli occhi chiusi, le dita a volare sulla tastiera, le note così fluide, così armonizzate tra loro. Una dichiarazione d'amore, ecco cos'era quel pezzo che dalla mia mente arrivava direttamente allo strumento che avevo sotto le mani e che era ormai una parte di me.

Una dichiarazione d'amore per lei, solo per lei.

Mia madre e Arianna avevano i lucciconi, mio padre mi sorrideva.

"Tesoro ma è bellissima!" disse Emilia alla fine dell'esecuzione.

"Quando l'hai composta?" continuò mio padre.

"Non ne sono sicuro, forse l'avevo in testa da un po'..."

"Potresti suonarla sabato, per la cena!" propose mia sorella.

No, assolutamente no! Non avrei esposto così tanto il mio cuore e la mia anima e sicuramente, non avrei dato spettacolo di me.

"No", mi limitai a rispondere. Arianna sembrò delusa.

"Secondo me Giulia ne sarebbe felice!" continuò imperterrita.

"Secondo me s'imbarazzerebbe da morire." risposi."Non è così sfacciata come sembra!"

"Fai come credi, Giorgio, comunque il tuo pezzo è veramente dolcissimo, hai messo a nudo il tuo cuore finalmente!" Arianna mi sorrise, mentre io arrossii d'imbarazzo. Alcune emozioni stavano riemergendo prepotenti e forti dentro di me ed io ne avevo timore. Ero in equilibrio instabile, bastava una piccola spinta a farmi precipitare giù.

Bach_ Variazioni Goldberg,

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