15 (human)
GIORGIO
L'assordante silenzio della biblioteca per la prima volta mi turbò. Riuscivo a sentire il mio cuore battere all'impazzata, nell'ombrosa quiete di quel luogo, senza riuscire a comprendere a pieno le ragioni di tale agitazione. Non mi aspettavo di rivedere Matteo Berardi, né che Giulia lo conoscesse e la cosa non mi piaceva per niente. Quel ragazzo aveva conosciuto una parte di me cui non amavo pensare; la parte più violenta e selvaggia di me, la parte che nascondevo con più cura, la parte che volevo a tutti i costi tenere a bada e dimenticare. Ero più che sicuro che lui l'avrebbe messa in guardia sul mio conto.
E allora... cosa avrebbe pensato Giulia di me?
Matteo mi detestava profondamente per quello che avevo fatto a uno dei suoi amici. Sinceramente anch'io non potevo fare a meno di disprezzarmi per un gesto dettato solo dall'istinto animale che mi covava dentro. Ero appena arrivato nella sua città, carico dei turbamenti profondi che mi ero portato dietro da Milano; non avevo autocontrollo, non quello di adesso almeno. Per alcune cose occorrono tempo, volontà ed esercizio; molto esercizio. Mi accomodai su una delle poltroncine vicino alla vetrata che dava sul viale; da quella postazione potevo guardare senza essere visto. Giulia era ancora ferma dove l'avevo lasciata, parlava con Berardi. Matteo la guardava con un'intensità da primo amore, provando ad avvicinarla e a carezzarla sulle guance. Mi sentii avvampare, quel gesto così naturale e semplice per lui. Mi metteva di fronte a tutta la mia inadeguatezza. Osservai ancora, spiando non visto, la vita di colei che, per mia stessa ammissione, mi era entrata nel cuore contro la mia stessa volontà. Giulia istintivamente si ritrasse al tocco di Matteo, qualcosa nel suo sguardo era mutato, sembrava arrabbiata, o peggio, inquieta. Provai fastidio vedendo Berardi avvicinarsi a lei, toccare quella pelle morbida che non avevo il coraggio di sfiorare; ero geloso, ora ero in grado di dare un nome al sentimento che mi contorceva le viscere. Dovevo ammetterlo, almeno con me stesso, io desideravo Giulia per me. Continuai a osservarli, nascosto nella penombra tranquilla che celava il mio corpo; il mio animo bruciava e si agitava nell'ansia dell'attesa.
Matteo la fissò con uno sguardo fermo e duro, voleva farle capire qualcosa a tutti i costi.
Voleva dirle quanto fossi pericoloso?
Giulia lo sapeva bene e questo non l'aveva fatta desistere dall'idea di essermi amica.
Avrebbe funzionato anche questa volta?
Vidi Matteo voltarle le spalle, era evidentemente infuriato e deluso. Andò via senza più guardarla; qualcosa che lei aveva detto, l'aveva fatto scattare. Presi un profondo respiro, accorgendomi solo allora di aver lungamente trattenuto il fiato. Provai a rilassarmi, chiudendo gli occhi per pochi istanti; quando guardai nuovamente fuori, nessuno dei due era più li. Il panico mi attanagliò improvviso le viscere. La ragazza cui stavo cominciando ad aprire il mio cuore era scappata.
Del resto cosa mi aspettavo? Non ero stato forse io a dirle di starmi lontano? A confessargli di essere pericoloso?
Ecco, ora ero stato accontentato.
Continuai a guardare fuori nella speranza di vederla comparire, ma di Giulia non c'era più traccia. Abbassai la testa, sconfitto dalle mie stesse paure.
"Giorgio!" trasalii al suono della sua voce così vicina a me.
"Giulia" risposi d'istinto guardandola; tentando di scoprire nella profondità dei suoi occhi, qualche segno di disprezzo o di paura. Non ne trovai. Solo il suo sguardo sereno e un sorriso che le aleggiava agli angoli della bocca. "Posso sedermi?" mi chiese titubante, poggiando appunti e portatile sul tavolo di fronte a noi. Le feci cenno di accomodarsi accanto a me.
"Hai parlato a lungo con Berardi," esordii. "Pensavo non saresti rientrata." Buttai lì cercando dentro di me il tono più disinvolto che possedevo. Non osavo essere diretto.
"Conosco Matteo da tanto, anche se era da un po' che non ci vedevamo. Ha saputo dell'incidente, si è preoccupato, poi mi ha vista con te e si è preoccupato ancora di più". Mi guardò dritto negli occhi. "Tu sai dirmi il perché?"
Strinsi i pugni sulle ginocchia, lui le aveva raccontato tutto. Distolsi lo sguardo incapace di farmi scavare dentro. Non riuscivo a mantenere un contatto con lei. Non capivo; Giulia rappresentava un mistero per me. Un intrigante e spaventoso mistero.
Come poteva stare seduta tranquillamente accanto a un quasi assassino?
"Sai tutto allora." affermai, sicuro e rassegnato a un inevitabile distacco.
"Non proprio, so la versione di Matteo." Parlò a bassa voce, guardandomi con dolcezza.
"Come fai a startene ancora seduta accanto a me?" Già, come poteva essere ancora qui.
"Ho deciso che non m'importa." Spalancai gli occhi a quest'affermazione detta con una calma serafica.
"Che cosa significa che non t'importa!" La mia voce, roca di timore e dubbio.
"Non importa cosa hai fatto, io ho una mia opinione e nulla me la farà cambiare, solo tu, forse."
"Sai cosa ho fatto, vero?" Chiesi, intuendo già la sua risposta affermativa. "Ho picchiato un amico di Matteo, l'ho massacrato di botte." Sì, lei lo sapeva, la sua espressione rimaneva calma, apparentemente tranquilla, ma non potei non notare il leggero brivido che le attraversò la schiena alle mie parole dette con voluta freddezza.
"Ti andrebbe di raccontarmi la tua versione?" La tenerezza che c'era nella sua voce mi sciolse, e senza rendermene conto, iniziai a parlare.
"Eravamo appena arrivati in città, era l'estate di circa due anni fa... Arianna ed io avevamo deciso di fare una gita al mare." In realtà Arianna voleva vedere una vera spiaggia, non un lido super organizzato. "Venivamo da Milano, mio padre Giovanni, un medico di fama, aveva deciso di concedersi un periodo di distacco dalla professione, una sorta di anno sabbatico, per poter passare del tempo e stare con la sua famiglia. La morte di un parente e la casa che ci aveva lasciato in eredità, erano state l'occasione che lui cercava". Giulia beveva ogni mia parola, dissetando la sua curiosità. Non avevo mai parlato tanto con un mio coetaneo, come con lei ora. "Comunque, quel giorno eravamo scesi alla spiaggia. Mia sorella era rimasta affascinata dalla bellezza del mare che ondeggiava lento, dal profumo della pineta, dalle dune sabbiose in lontananza; io volevo solo un poco di pace per leggere in silenzio il mio libro".
Un brivido mi percorse la schiena, sbiancai al ricordo di quella giornata. Mi fermai per un lungo momento. Giulia si tese verso di me, forse avvertendo la mia agitazione; non mi toccò, le sue dita restarono sospese in aria, in attesa. "C'eravamo separati: Arianna era rimasta seduta su un tronco d'albero sbiancato per prendere il sole, ammirando lo spettacolo delle onde che s'infrangevano sugli scogli; io mi ero addentrato nella pineta in cerca di frescura e silenzio."
Mi tesi di più, le parole ora uscivano a fatica dalla mia bocca. Giulia finalmente mise una mano sulle mie ed io trasalii come se per la prima volta, mi rendessi conto della scossa elettrica che scorreva tra noi.
"Se non te la senti di continuare... " la sua voce era un dolce sussurro.
"No, voglio che tu sappia." Affermai deciso. Era giusto che sapesse, che avesse gli strumenti necessari per comprendermi, almeno in parte. Le dovevo questa scelta. "Sentii urlare, Arianna mi chiamava disperata. Corsi a perdifiato fino alla spiaggia e vidi una scena che mi fece ribollire il sangue nelle vene. Mia sorella, era circondata da tre tipi, uno di loro cercava di baciarla, mentre gli altri la tenevano facendo il tifo, urlando e incitando. Lei si dibatteva, aveva gli occhi gonfi di lacrime e gridava implorante il mio nome." Mi bloccai boccheggiando alla ricerca di aria, ma i miei polmoni non volevano saperne di riprendere la loro normale attività. Ero in apnea e rischiavo di soffocare in balia di ricordi.
"Giorgio, oh mio Dio! Arianna, l'hanno... " non continuò la frase, era scioccata.
"No, sono arrivato in tempo. Ho afferrato quel ragazzo e l'ho sbattuto per terra iniziando a picchiarlo. Non riuscivo a smettere." Ormai ansimavo mentre le immagini di quel giorno si proiettavano nitide nella mia mente. "E' stato solo grazie a Filippo e Antonia, con cui avevamo appuntamento quel giorno, se non sono andato oltre uccidendolo." Mi accorsi di tremare solo quando Giulia mi afferrò entrambi le mani tenendole strette. Ormai ero un fiume che aveva rotto gli argini, non riuscivo più a fermarmi, dovevo raccontarle tutto. "Arianna mi urlò di smettere e, solo in quel momento mi riscossi. Guardai il ragazzo, era coperto di sangue, gli avevo rotto il naso, spaccato un labbro e un sopracciglio ma, per il resto stava bene. L'odio cieco e potente però restava li, nel mio corpo, nella mia mente, nelle mie mani sporche del sangue di quel bastardo." Giulia mi guardò con timore, ma non riuscì a impedirsi di frenare la sua curiosità.
"E poi, cosa è successo?"
"Gli amici di Matteo sono scappati via portandosi a spalla il loro amico, Antonia aveva minacciato di denunciarli per tentato stupro."
"E non l'avete fatto? La denuncia intendo." Una domanda lecita.
"No, Arianna era troppo sconvolta, non volevamo sottoporla a un nuovo stress, inoltre era come se la sua mente si rifiutasse di rivivere il momento, come se avesse rimosso tutto per proteggersi." Sì, Arianna aveva sempre fatto così, aveva sempre rimosso il dolore buttandolo in un angolo remoto della sua mente.
"E tu, tu invece come ti sei sentito?" Le mani di Giulia restavano sulle mie, lievi, delicate, calde.
"Io invece, raccontai la storia a mio padre. Mi sentivo turbato dalla portata e dalla violenza delle mie reazioni. Giovanni si dimostrò comprensivo, se non fossi intervenuto, Arianna avrebbe avuto la peggio. Mi mise in guardia sugli eccessi di violenza, e fissò un incontro con uno psicologo che mi avrebbe seguito e insegnato il cammino dell'autocontrollo."
Questo è il risultato della terapia ,Giulia, pensai. Una persona talmente controllata da impedirsi persino di provare sentimenti, perché i sentimenti hanno un potenziale distruttivo.
"Hai fatto quello che qualunque fratello avrebbe fatto." Rispose sorprendendomi.
"Giulia, tu non capisci!" dissi con un tono di voce che fece girare parecchie teste. "Se Filippo non mi avesse bloccato, se Arianna non mi avesse urlato di smettere, io avrei ucciso quel ragazzo e non avrei avuto alcun pentimento." continuai abbassando i toni, ma non la violenza delle mie affermazioni. "Non riuscivo a fermarmi, volevo il suo sangue, volevo vederlo morto. Più lo picchiavo, più non riuscivo a smettere di farlo, era come se fossi sotto gli effetti di una droga." La mia voce si ridusse a un sussurro, mentre il senso di vergogna s'impossessava di ogni fibra di me. Non potevo guardarla, non potevo vedere gli occhi di Giulia spegnersi e abbassarsi allontanandosi dai miei. Mi alzai.
"Però ti sei fermato!" quelle quattro parole ebbero un effetto dirompente sul mio animo ferito. "Non importa come, ma ti sei fermato." Ora anche lei era in piedi e mi fissava con un'intensità che mi spaventava. Strinse le mie mani ancora di più. Cercai di ritrarmi, ma lei mi trattenne fissandomi negli occhi con uno sguardo fermo, profondo. Persi ogni volontà, non volevo allontanarmi, Giulia era una calamita ed io ero irresistibilmente attratto da lei. "Io non ho paura di te, Giorgio!" disse leggendomi dentro.
"Dovresti!"
La fissai determinato. Doveva capire, doveva conoscermi. Se avesse deciso di frequentarmi, aveva il diritto di sapere quale violenza albergava in me.
Da quando avevo deciso di permetterle di frequentarmi?
Non sapevo rispondere a questa domanda; il desiderio di stare con lei era sbocciato, prepotente e testardo, e non riuscivo più a impedirmi di pensarci.
"Giorgio!" La sua voce angosciata mi distolse dalle mie fantasticherie su di lei e mi riportò a terra. "Quel ragazzo che hai picchiato era forse Matteo?"
Già, mi ero dimenticato di lui.
"Cosa ti ha raccontato?" le chiesi, dimostrando il mio interesse, la mia necessità di conoscenza.
"Che un suo amico aveva importunato Arianna e che tu avevi tentato di ucciderlo!"
Sintetico, ma non lontano dalla realtà pensai.
Matteo era più leale di quanto credessi.
"No, non si trattava di Matteo, lui non era nemmeno li, ma so per certo che era un suo amico, li ho visti insieme. Quando mi incontravano lo sentivo chiamarmi assassino, bastardo, mostro... E comunque, da allora non siamo più scesi alla spiaggia!"
Civil Twilight _ Human
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