02 (road trippin)

GIULIA

"Che cosa seguirai questo semestre, Giulia?" Angela stava seguendo delle lezioni di diritto privato e oramai era al secondo anno, una veterana ai miei occhi.

"Non so, probabilmente disegno e rilievo; sicuramente, geometria descrittiva e analisi matematica e forse, solo forse, qualche esame di progettazione. Eviterò storia dell'architettura e urbanistica uno per il momento, anche se so che prima o poi dovrò affrontarle "

Michele fece una smorfia, architettura non era certo la facoltà che avrebbe scelto; le sue capacità erano altre. Straordinario come pallavolista, aveva deciso di iscriversi a scienze della comunicazione: con la sua parlantina, quella era certamente una facoltà alla sua portata.

"Ti sei iscritta ad architettura. Beh fantastico!" Si limitò a rispondere un po' deluso.

"E tu Martina?" chiesi per cortesia, tanto per fare un po' di conversazione.

"Non ci ho ancora pensato, mi concederò qualche settimana per decidere a quale facoltà iscrivermi". Martina non era propriamente una studentessa modello, più interessata al suo aspetto che al suo cervello, era una di quelle ragazze che pensavano di poter risolvere ogni problema con un bel sorriso. E Martina sorrideva molto. Qualcosa mi diceva che avrebbe seguito Michele ovunque andasse. Rabbrividii all'idea di essere perseguitata così. Il viaggio proseguì silenzioso per un po', fino a che, un nuovo argomento si fece strada tra i miei compagni di avventura.

"Avete conosciuto gli abitanti della grande villa sul mare?" Chiese Martina, con gli occhi brillanti di malizia.

"Vivono a Roma, non abitano lì," rispose Angela sbuffando, come se ripetesse questa cosa per la centesima volta. "La villa sul mare era di un parente, credo. I Leardi ci hanno abitato solo per poco meno di un anno."Continuò, parlandole come si fa ad una bambina

"L'hanno ereditata, mio padre ha curato il passaggio di proprietà, "confermò Flavio, rimettendo le cose al loro posto.

"Sì, ma per un anno i ragazzi Leardi hanno studiato nella nostra scuola, non ti ricordi Michele, erano in seconda liceo, no?" Continuò lei, imperterrita. "...E ogni tanto la vedo con le finestre aperte, evidentemente vanno lì per rilassarsi..."

Giravano voci e pettegolezzi di ogni genere su questi ragazzi venuti da Milano, ricordavo di averli sentiti persino io, che mi trovavo in città per un mese all'anno. Già, i pettegolezzi, chissà quante voci erano girate anche dopo la separazione dei miei. Non era dunque strano che dei nuovi arrivati suscitassero l'interesse negli abitanti di una città dalle vedute ristrette, che per certi versi non era dissimile da un piccolo paese. Martina poi amava fare gossip e spesso mi trovavo a pensare che le sparasse più grosse della realtà.

"...Hai visto con che macchine girano? Devono essere ricchissimi! " Un brandello di conversazione suscitò il mio interesse; anch'io avevo notato una bellissima auto sportiva, solo qualche giorno prima, forse erano proprio gli abitanti della grande villa sul promontorio a picco sul Tirreno.

"Una macchina sportiva grigia per caso?" Intervenni, non sapevo neppure io perché.

"Una Porsche" precisò Michele.

"E una Mercedes" intervenne Flavio.

"Il dottor Leardi è un luminare, un medico di fama internazionale, è normale che guadagni bene." Angela era sempre obiettiva. "E la signora Leardi è una famosa stilista di abiti da sposa, oltre a essere di nobili natali ." Continuò.

"Ma i figli, li hai visti Angela?" Martina aveva un'espressione estasiata "Sono gemelli e lui è bellissimo!"

Lui chi?  Mi chiesi mentalmente, ma la mia domanda inespressa non trovò risposta.

****
Il viaggio continuò serenamente, era pomeriggio inoltrato quando arrivammo a Roma.

"Sono Giulia Mancini" informai la portinaia della palazzina. "La nuova inquilina" precisai.

"Mancini... Mancini..." disse, guardando la lista degli inquilini che aveva in mano. "Ah si eccote qua, Giulia Mancini, l'amica di Angela..." la signora, un po' in carne, mi squadrò da capo a piedi. "Benvenuta, me sembri una ragazzina a posto. Ma, piccoletta, ricordate che qui nun dovete fa' casino oltre mezzanotte sinnò ve cacciano!"

"Grazie" risposi con educazione, un po' interdetta dal linguaggio colorito della portinaia, che seppi in seguito, tutti chiamavano la "sora Flora". Poggiai le valigie nell'appartamento che dividevo con Martina, (Angela aveva tralasciato questo piccolo, insignificante, dettaglio) e sedendomi sul letto telefonai a mio padre.

"Ciao papà."

"Ciao piccola, sei arrivata?" La voce di Riccardo era stanca, ma contenta.

"Sì, mi sono già sistemata in stanza".

"Sono contenta piccola, Lucio è qui a cena..." Il pensiero di Lucio, mi portò inevitabilmente a Matteo. Chissà cosa stava facendo ora. Mi stesi sul letto e mi concessi di osservare quella piccola stanza in affitto: era spoglia; l'avrei personalizzata;  impersonale e con mobili antiquati e avanzi di qualche precedente inquilino. C'era una libreria vuota, pronta per essere riempita, una scrivania con una sedia da ufficio, la presa per il telefono e per l'antenna e quella per il router, il letto, una poltrona sgangherata, un armadio e cosa che più di tutto mi faceva piacere, un bagno tutto mio (dividerlo con Martina sarebbe stato davvero devastante). Aprii la grande valigia con i miei libri e cominciai a disporli nella libreria lasciandone vuota una grande porzione che avrebbe ospitato i testi universitari. Poggiai sulla scrivania il Macbook, che Giacomo e mia madre mi avevano regalato per il diploma e lo guardai con affetto. Presto, si sarebbe reso un indispensabile alleato, per i miei studi.
Mi stesi sul letto e iniziai a mandare messaggi alle mie amiche di Perugia; descrissi tutto: la casa, la mia stanza, la portinaia, il viaggio in auto, poi dopo circa un'ora, decisi di finire di mettere in ordine i miei vestiti. La mattina dopo Angela bussò alla mia porta e si offrì di farmi da guida in città. Mi accompagnò in metropolitana fino a Valle Giulia, nella sede di architettura nella quale mi ero iscritta, poi mi diede una mappa delle principali cosa da visitare nei dintorni della facoltà. Piazza del Popolo, la biblioteca di Architettura, Villa Borghese e, poco più in là, l'Auditorium di Renzo Piano e il Maxxi di Zaha Hadid; poi mi salutò, dandomi appuntamento per il pranzo presso il laghetto di Villa Borghese.
Mi aggirai per la facoltà, con l'aria un po' sperduta tipica di una matricola al primo anno. Cercavo la segreteria, ma persa nei miei pensieri, m'imbattei, o meglio mi scontrai, con i più begli occhi verdi che avessi mai visto.

"Scusa!" sussurrai imbarazzata, fissandolo brevemente. Non rispose, limitandosi a guardarmi. "Potresti anche rispondere!" m'irritai.

"Non ti sei fatta nulla, non mi è successo niente, possiamo anche evitare di conversare." E detto questo, si voltò, andandosene e lasciandomi imbambolata a guardare le sue spalle larghe, i lucidi capelli chiari e le sue gambe lunghe.

Arrivai ansimante al luogo dell'appuntamento con Angela. Era una consuetudine tra gli studenti approfittare del sole che c'era ancora a settembre per mangiare all'aria aperta.

"Che ti è successo, Giulia?" Angela mi guardava perplessa. Il mio volto era rosso, lo sentivo, mi sentivo le guance bollenti e il cuore batteva all'impazzata.

"Quel presuntuoso, quello sbruffone..." Sbuffai innervosita, sedendomi sulla coperta, che lei aveva steso sul prato.

"Allora?" Angela interruppe il flusso di improperi che rischiava di uscire dalla mia bocca. Sembrava impaziente e un po' preoccupata, non mi aveva mai vista fuori dai gangheri in quel modo.

"Quello stronzo pieno si sé!" Quasi gridai.

"Mi fai il favore di calmarti e raccontarmi quello che ti è successo?" Martina e Flavio, ci raggiunsero da lì a poco, con un sacchetto pieno di panini e qualche bibita e si sedettero accanto a noi. "Beh allora Giulia?" Mi incitò Angela. Iniziai il mio breve racconto, quando all'improvviso, vidi l'oggetto della mia acredine sedersi poco più in la, con alcuni amici.

"Eccolo," indicai l'oggetto dei miei improperi, "quello stronzo è qui," dissi a voce non così bassa.

"Lui?" Angela mi guardava perplessa "Ne sei sicura? L'avrai visto per quanto, venti secondi?" Avevo una memoria fotografica straordinaria, ma questo, lei non lo sapeva.

"Ti assicuro che si tratta di lui, non potrei sbagliarmi su una cosa del genere." Tanto bello quanto scortese, pensai irritata. Tre paia di occhi seguirono il mio sguardo.

"No, non ci posso credere!" Martina sembrava totalmente imbambolata. "Sei sicura che si tratti di lui?" Continuo, rivolgendomi uno sguardo stupito.

"Sì che sono sicura, perché?" Sembrava che Martina lo conoscesse. "Quello è Giorgio Leardi!" Continuò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

"Giorgio Leardi?" Disse Angela pensierosa."Non pensavo che studiasse qui."

"Come va?" chiese Michele, mentre carezzandomi una guancia, si stese accanto a me, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Martina. "Avete visto chi studia nella nostra università?" Disse, ignorandola.

"Intendi i gemelli Leardi?" Continuò Flavio, un po' scocciato.

"Non pensavo che sarebbero rimasti in Italia dopo il liceo. Con tutti i soldi che hanno, avrebbero potuto permettersi ben altro, Harvard ad esempio, o il MIT, o Cambridge ..." Michele sembrava in competizione.

"Forse, amano la loro città, forse sono stanchi di spostarsi da una città all'altra," Angela era la più razionale, come sempre.

"Quelli, sono gli stessi Leardi di cui parlavate durante il viaggio?" Chiesi, ora visibilmente incuriosita.

"Sì. " Martina era sempre desiderosa di spettegolare. "Giorgio e Arianna Leardi sono gemelli," disse indicandomi la ragazza con i capelli castani e gli occhi chiari che era accanto allo stronzo scortese. "Antonia e Filippo, i due ragazzi dall'aria altezzosa,  che chiacchierano con loro, sono i fratelli Falconieri, un quarto di nobiltà e nipoti della signora Falconieri - Leardi." Continuò, guadando i ragazzi che sedevano sotto l'ombra di un leccio chiacchierando tra loro. "Il ragazzo bruno è Francesco Ferrari, non all'altezza dei Falconieri, ma... beh, non tutti possono permettersi di essere nobili." Alzò un sopracciglio, "sta con Antonia, si sono conosciuti... al liceo credo." Quanto a gossip, Martina poteva far concorrenza a Chi. "Sinceramente, non so come una ragazza nobile e altera come lei, possa stare con uno come lui, non è sicuramente alla sua altezza." Terminò il suo soliloquio e poi ci lanciò uno sguardo complice. "Beh, che c'è, mi piace informarmi sui miei vicini di casa!" Continuò fingendosi scandalizzata.

Guardai dalla loro parte, sembravano dei normalissimi ragazzi della nostra età, non particolarmente straordinari o belli da impazzire, e sicuramente, non la quintessenza della notorietà. Erano seduti vicini, e si godevano il sole, chiacchierando e mangiando panini, proprio come stavamo facendo noi. All'improvviso, Giorgio, puzza sotto il naso, Leardi sollevò lo guardo su di me, alzando un sopracciglio, poi si voltò  scatto, come se fosse disgustato da ciò che aveva visto. Mi sentii stranamente offesa, rifiutata da un perfetto sconosciuto. Uno sconosciuto snob, che avrei probabilmente rivisto e che sicuramente, si credeva superiore al resto di noi, poveri mortali.

Che stronzo, pensai, anche se è uno stronzo molto interessante, spero di non trovarlo sulla mia strada o  lo uccido con le mie mani. Sorrisi, soddisfatta dai miei pensieri omicidi.

"Giorgio è bello, vero?" Martina rivolse la domanda direttamente a me, ma non aspettò la mia risposta. Annuii perché era impossibile negare una simile evidenza. "L'ho incrociato qualche volta nei corridoi, nell'unico anno in cui i Leardi sono stati da noi, ma non mi ha mai guardata." Disse, un po' rattristata. "Probabilmente non ci ritiene alla sua altezza." Era evidente a tutti che Martina gli sbavava dietro.

"Probabilmente è gay!" Ribatté Michele, con una punta di acrimonia nella voce, "non hai valutato questa opportunità? Quanto all'altra metà della coppia, beh, io ero in classe con Arianna, lei è simpatica e per nulla snob." Continuò, guadagnandosi un'altra occhiataccia da parte di Martina.

"Ti sta guardando di nuovo." La mia coinquilina sembrava una quindicenne impazzita ed entusiasta; quasi come se Giorgio stesse guardando lei. Voltai volontariamente le spalle all'altezzosissimo Giorgio, occhi magnetici e grande stronzo, Leardi, e continuai la conversazione con i miei amici, facendo finta che lui non esistesse. L'avrei incontrato nuovamente sulla mia strada, del resto frequentava anche lui architettura, ma avrei evitato accuratamente di avere a che fare con lui. Se si credeva superiore, avrei fatto di tutto per fargli abbassare le sue nobili ali.

"Ho deciso, voglio iscrivermi ad architettura anch'io!" disse infine Martina. Inorridii al solo pensiero.


Red Hot Chili Pepper_ Road Trippin



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Spero che questa piccola storia vi incuriosisca. e se vi piace e vi va, votatela

un saluto B.

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