01 (andare)

GIULIA

Non ci avevo pensato due volte quando mi era stata posta la scelta se vivere con mia madre, risposata di fresco, o tornare a vivere da mio padre, single, nella sua "ridente" città.
Per quanto volessi bene a mia madre e avessi ormai accettato la separazione dei miei, non me la sentivo di stare con la coppietta di piccioncini. Volevo bene al nuovo compagno di mia madre, sia chiaro, ma il terzo incomodo, tra i loro occhi a cuoricino, proprio no. Avevo dunque lasciato Perugia, i suoi vicoli stretti, la sua aria sonnecchiante di solenne città medioevale e soprattutto avevo lasciato i miei amici più cari, per andarmene in una cittadina portuale un po' triste e con memorie distrutte di fiorente industria.

Almeno sarò vicina al mare, anche se solo per un po'. Questo pensiero mi risultava alquanto confortante, inoltre stare con mio padre mi avrebbe fatto bene, almeno così avevo cercato di convincermi; e gli avrei fatto compagnia, anche se solo per pochi giorni al mese.
Avevo deciso di frequentare l'università a Roma, una nuova esperienza, una grande città: ero elettrizzata alla sola idea di vivere lì.

***

Il treno si fermò con uno stridio di freni, presi le mie valigie e mi sporsi sul predellino. Mio padre mi aspettava sulla banchina. Gli sorrisi,  ma non corsi tra le sue braccia: c'era sempre un filo d'imbarazzo tra noi; dovuto alla distanza, certo, ma al fatto che a suo tempo, avessi scelto di stare con mia madre.
Cosa avrei dovuto fare, avevo solo dieci anni e a quell'età la mamma è sempre la scelta più ovvia. Di cosa avremmo parlato, mi chiesi, mentre l'aiutavo a caricare le valigie nel portabagagli.

"Come sta Carla, sempre innamoratissima?" Esordì sarcastico.

"Sì!" mi limitai a rispondere. Sapevo che non era davvero di lei che voleva parlare, ed ero stupita che si sforzasse di fare conversazione.

"Allora tra una settimana parti." Borbottò tra se.

"Sì!" un altro mio monosillabo carico d'imbarazzo.

"Ti ho fatto un abbonamento annuale a tutte le linee della metro e bus di Roma". Riccardo, mio padre, era un tipo burbero e pratico, avrei dovuto sapere che quello era il suo modo di dirmi che era felice che fossi lì.

"Grazie!" risposi, poi non sapendo cos'altro fare, diressi il mio sguardo verso il mare che brillava all'orizzonte.

"Sono contento che tu sia qui," disse infine, spezzando il silenzio denso, che si era creato tra noi.

"Anch'io sono contenta di essere qui," mentii. In realtà, ero contenta solo di passare un po' di tempo con lui, ma non di stare lì; quella casa, serbava tra le sue pareti troppi ricordi tristi.

****

Entrammo in casa, tutto era rimasto, più o meno come l'ultima volta che c'ero stata, la scorsa estate.

C'era un tocco più femminile?

Non ne ero certa e in questo momento non mi andava davvero di pensarci. Salii nella mia stanza: anche quella era rimasta la stessa, solo più sgombra e con le lenzuola fresche di bucato.

"Hai avvertito Angela che saresti arrivata oggi?" Mi chiese, trasportando di sopra le mie valige e depositandole ai piedi del letto, mentre io mi aggiravo nervosamente nella mia camera tirando fuori solo lo stretto indispensabile.

"No, la chiamo fra poco, prima voglio dire a mamma che sono arrivata," risposi laconica.

"Ok, mi sembra giusto, salutamela!" Ribatté, lasciando la stanza più in fretta di quanto avrei immaginato possibile. Passai un'ora al telefono con mia madre, nemmeno fossimo a migliaia di chilometri di distanza. Ero veramente stanca e quando alla fine chiusi la chiamata; mi buttai sul letto, sfiancata dall'idea del trasloco imminente, dai cambiamenti, dalle contrastanti emozioni che provavo ogni volta che mi trovavo in questa città.
Mi appisolai quasi subito, circondata dagli oggetti che mi erano stati cari durante l'infanzia, passata nella mia casa natale. Quando mi svegliai, erano ormai le due di pomeriggio, avevo molta fame. Scendendo in cucina, trovai un piatto di fettuccine fredde da scaldare al microonde; mio padre era già a lavoro. Storsi un po' il naso, ma mi accontentai,  avevo troppa fame per farmi particolari problemi. Sperai solo che mio padre avesse qualcuno che si occupasse un po' di lui. Mi ripromisi, che per tutto il poco tempo che sarei stata qui, gli avrei preparato cose genuine. Quando finii  di pranzare, decisi che era giunto il momento di chiamare Angela.

Angela De Luca era l'unica vera amica che avevo in città, era di un anno più grande di me e assieme a Flavio, il suo fidanzato storico dai tempi del liceo, si erano iscritti a Giurisprudenza alla Sapienza. Era una ragazza tranquilla, con cui era piacevole stare, molto materna e legata alla sua famiglia e a Flavio,  innamoratissimo di lei. Si sarebbero sposati, ne ero certa, non appena finita l'università.

"Angie, ciao sono Giulia!" esordii.

"Ciao, finalmente, tutto bene?"

"Si tutto ok!"

"Sei pronta per la nuova vita che ti attende? Sai, ti ho trovato un appartamento nella stessa palazzina nella quale sto io, saremo vicine di casa!"

"Fantastico!" Sorrisi. Angela era sempre così attenta. Mi stesi nuovamente sul letto mentre concordavo con lei i dettagli della nostra trasferta romana. Fuori aveva iniziato a piovigginare, non avevo proprio voglia di una passeggiata all'aria aperta. Mi riaddormentai finché mio padre non venne a svegliarmi.

"Ho invitato degli amici per cena" disse, mentre tentavo disperatamente di riacquistare lucidità.

"Li conosco?" La mia voce era ancora assonnata.

"Ma sì! sono Lucio e Matteo, ti ricordi di loro, vero?" Sì, mi rammentavo di loro, soprattutto di Matteo. Come dimenticare colui, che per anni, era stato il mio migliore amico e  il ragazzo a cui avevo dato il mio primo bacio?

Purtroppo la distanza e la sensazione, anzi la certezza, che provasse qualcosa per me mi avevano allontanata da lui. Io non riuscivo a ricambiare  i suoi sentimenti. Avevo quattordici anni, l'estate stava per finire ed io non volevo proprio andarmene: mia madre aveva un nuovo compagno, che non riuscivo ad accettare. Mi ero rifugiata in un capanno da pesca, nei pressi dello stabilimento balneare che frequentavo e che ora era tristemente deserto. Avevo bisogno di stare un po' da sola e di piangere tutte le mie lacrime, ma Matteo, che mi aveva visto sconvolta, aveva deciso di seguirmi. Aveva atteso pazientemente che le mie lacrime si fermassero e poi, senza preavviso mi aveva baciata.
Un bacio tenero e consolatorio, un bacio pieno di calore .
Dopo il nostro bacio, c'eravamo anche tenuti in contatto per un po', ma la distanza non è mai di aiuto, soprattutto alla nostra età; lentamente ci eravamo allontanati, fino a non sentirci più negli ultimi tempi. Chissà com'era diventato grande, il bel ragazzino con i capelli mossi e gli occhi scuri. Non vedevo Matteo da più due anni ormai. L'ultima volta, mi era sembrato di vederlo sulla spiaggia, passeggiava con una ragazza molto carina.

"La cena la preparo io," comunicai. "Non voglio che i nostri ospiti mangino cibi preconfezionati." Mio padre borbottò qualcosa, ma si intuiva che era felice che io mi occupassi un po' di lui. Non è solo per lui che lo stai facendo, dovetti confessare a me stessa, qualcosa dentro mi spingeva a voler far bella figura, soprattutto con il mio vecchio amico. "Vado a fare la spesa papà!" gridai dal piano di sotto e presi le chiavi della sua auto. Uscii, dirigendomi verso il centro commerciale più vicino. Davanti al supermercato notai una splendida auto sportiva.

Chissà chi poteva permettersi un'auto così. Magari il solito anziano signore, ricco e con gusti giovanilistici , che poi non riesce a scendere dall'auto, perché è troppo bassa, pensai ridacchiando tra me e me. O magari qualcuno di passaggio bello, giovane e straricco.

La cena andò meglio di quanto pensassi, Lucio e Matteo erano divertentissimi e mio padre sembrava un'altra persona in loro compagnia; ero contenta che avesse degli amici che gli volessero bene. Guardai il mio amico di un tempo: era diventato uno splendido giovane uomo, il filo di barba, appena accennato, conferiva ai suoi lineamenti squadrati qualcosa di selvaggio e tremendamente sensuale. Strinsi le cosce mentre un brivido di eccitazione corse a infiammarmi lentamente. Sì, era davvero bellissimo.

Dov'era finito il ragazzino dolce che era un tempo? Perché questo ragazzo era diventato così bello in breve tempo, mentre io ero rimasta la solita insipida Giulia di sempre?

Matteo alzò gli occhi su di me, sorprendendomi a fissarlo; poi, lentamente e deliberatamente mi sorrise. Quella notte non dormii bene, l'agitazione per aver rivisto il mio vecchio amico e per i cambiamenti che si stavano succedendo a ritmo quasi frenetico, non mi fecero riposare. Sognai le mie colline, i tetti di tegole rosse e l'intenso verde dei boschi che circondavano la città che mi ero appena lasciata alle spalle.

****

Una settimana dopo il mio arrivo a casa, ero pronta a partire nuovamente, questa volta assieme ai miei amici, per affrontare una nuova vita.

Ero una studentessa dell'università.

Il viaggio, che sarebbe dovuto essere piuttosto breve, si allungò di parecchio nei pressi dell'ingresso al GRA*. La coda di quelli che si dirigevano a lavoro era più che densa, doveva esserci stato un tamponamento più avanti, a giudicare dal suono delle sirene e dalle auto della stradale che ci sorpassavano. Per fortuna non avevamo fretta.Viaggiavo con Angela e Flavio, nel SUV di lui, a noi si erano uniti anche Martina e Michele, due conoscenti dello stabilimento balneare che frequentavo tutte le estati. Martina era innamorata di Michele da sempre, almeno per quanto potessi ricordare, ma lui non sembrava altrettanto interessato. Questo dettaglio, però, non impediva a Martina di provarci e riprovarci. Un po' la invidiai, la mia innata timidezza, mi avrebbe impedito di essere così sfacciata con qualcuno che mi piaceva. Forse per questo, a diciannove anni, ero ancora assolutamente e indiscutibilmente vergine.

"Giulia, sono molto felice di fare questo viaggio con voi," ripeté Michele per l'ennesima volta. "Staremo insieme per tutto l'anno accademico, non vedo l'ora. Voi avete già deciso a quali associazioni iscrivervi? Io spero che mi prendano al CUS, nella squadra di pallavolo." Michele parlava e parlava, era fastidioso avere accanto qualcuno che pensava di dover tenere accesa la conversazione a tutti i costi. Dal canto mio, non avevo mai pensato di iscrivermi né ad associazioni né a gruppi particolari, non mi andava di sentirmi costretta. Non ero mai stata né un'atleta, né una leader, non ero una bellezza straordinaria e non avevo abilità particolari: solo la scrittura, forse e il disegno, certamente.
Un'altra delle ragioni per cui non avevo mai avuto un vero ragazzo.

Dopo il bacio scambiato con Matteo, avevo baciato solo un'altra persona. Alex era un mio compagno di classe, un atleta, un ragazzo molto interessante, intelligente e sensibile, non so per quale strano motivo ero riuscita a interessarlo. Mi aveva invitato un po' di volte a prendere un hamburger e fare una passeggiata, io ero interessata e lusingata dalle sue attenzioni, ma non potevo dire di esserne veramente innamorata. Il nostro primo bacio fu dolce, tenero, diverso da quello con Matteo, in un certo senso più maturo; gli altri, sempre più colmi di desiderio, almeno da parte sua. Io restavo fredda, piuttosto indifferente, come se il mio corpo non rispondesse con la giusta intensità, come se aspettasse qualcun altro. Avevamo fatto qualche passo oltre il bacio, beh, forse qualcosa in più di qualche passo, ma io non riuscivo a lasciarmi andare quel tanto necessario a decidere di farci l'amore. Non potevo definirmi innamorata di lui, Alex lo aveva capito e dopo l'ennesima richiesta ad andare oltre, si era arreso e mi aveva lasciato andare. Non avevo provato dolore o meglio, non avevo sofferto come pensavo di dover soffrire. Forse il mio cervello non rispondeva a dovere, non reagiva in maniera giusta agli stimoli.

"Giulia, sei tra noi?" Michele mi passò la mano davanti agli occhi.

"Scusatemi, avevo la mente altrove!"

"Beh, del resto nelle ultime settimane hai affrontato così tanti cambiamenti!" Angela era sempre pronta a soccorrermi. Martina invece sembrava piuttosto irritata, non sopportava me e il fatto che Michele fosse così premuroso nei miei confronti.

"Ma perché non la lascia stare!" mi sembrò di sentirla borbottare, ma forse era solo una mia impressione. Ci fermammo a pranzare in un locale, ridevamo spensierati, totalmente inconsapevoli di stare per affrontare  un'esperienza che ci avrebbe portato dritti dritti verso l'età matura.


Ludovico Einaudi _Andare


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*GRA: Grande Raccordo Anulare

Ciao a tutti, eccomi con un nuovo racconto, questa volta ambientato nelle aule universitarie. I personaggi sono più giovani (rispetto a damaged souls) e quindi anche i dialoghi sono più leggeri. Nonostante un'apparente leggerezza iniziale, le tematiche trattate saranno delicate e a volte molto dure. Spero di riuscire a renderle con l'intensità che meritano e a non risultare pesante. Vi dico solo che questo racconto è stato scritto prima di quello già pubblicato e ora lo sto revisionando ed aggiornando (soprattutto per quanto riguarda il caracter dei personaggi).

Spero che questa storia vi piaccia. Buona lettura.

B

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