38|Urla Per Me
"𝕳𝖔 𝖚𝖈𝖈𝖎𝖘𝖔 𝖒𝖎𝖆 𝖒𝖆𝖉𝖗𝖊 𝖊 𝖑𝖆 𝖘𝖚𝖆 𝖆𝖒𝖎𝖈𝖆. 𝕰 𝖍𝖔 𝖚𝖈𝖈𝖎𝖘𝖔 𝖎𝖔 𝖖𝖚𝖊𝖑𝖑𝖊 𝖘𝖙𝖚𝖉𝖊𝖓𝖙𝖊𝖘𝖘𝖊. 𝕹𝖊 𝖍𝖔 𝖚𝖈𝖈𝖎𝖘𝖊 𝖘𝖊𝖎, 𝖕𝖔𝖘𝖘𝖔 𝖒𝖔𝖘𝖙𝖗𝖆𝖗𝖙𝖎 𝖉𝖔𝖛𝖊 𝖍𝖔 𝖓𝖆𝖘𝖈𝖔𝖘𝖙𝖔 𝖎 𝖕𝖊𝖟𝖟𝖎 𝖉𝖊𝖎 𝖑𝖔𝖗𝖔 𝖈𝖔𝖗𝖕𝖎"
ATTENZIONE: capitolo con contenuti sessuali, non leggete se vi dà fastidio.
Le mani di Iblīs erano volate sui fianchi di Asteria, stringendoli con talmente tanto impeto da farle male.
Nonostante tra le dita di lui e la pelle di lei vi fosse della stoffa, la ragazza era riuscita a sentire con chiarezza l’affondare delle sue unghie.
La cute si era piegata, malleabile, sotto le falangi dell’uomo.
Le era sembrato di esser divenuta creta in fase di creazione, come se Iblīs stesse tentando di dargli una forma, modellandola a sua immagine e somiglianza.
Un dio che ne creava un altro, ecco cosa stava succedendo.
Si era piegato su di lei, solleticandole la fronte con i suoi capelli arruffati mentre faceva scontrare i loro nasi. Asteria aveva alzato il mento, mordendogli la guancia con fare giocoso.
La pelle di Iblīs profumava di lavanda e al tempo stesso emanava un odore ferroso, simile al sangue, al quale ormai si era abituata.
L’aveva sentito sorridere, la pelle si era tesa sotto i denti e contro la lingua aveva avvertito l’angolo delle sue labbra.
Asteria pensava di star impazzendo e, stranamente, non aveva paura di quel cambiamento.
Voleva vedere e sentire come lui ma perdere la sanità mentale non le avrebbe certamente giovato; doveva riprendersi da quello stato di alcolica ebrezza e riprendere possesso di sé.
Più Iblīs la toccava, però, e più la realtà si faceva lontana, inafferrabile. Le sembrava di star galleggiando, leggera e senza alcuna forma, in aria.
Le labbra del Re le avevano sfiorato le orecchie, mormorandole frasi che il suo cervello recepiva ma eliminava subito.
Aveva sentito i denti dell’uomo contro il lobo mentre veniva percorsa da un piccolo brivido lungo la schiena.
Asteria aveva inarcato la schiena, scontrando il torace con quello di lui per sentirlo più vicino.
Iblīs non aveva un cuore, era lei a possedere entrambi, eppure le sembrava di riuscire a sentirlo contrarsi e palpitare contro il suo petto.
Lo aveva baciato, sentendosi catapultare indietro nel tempo e nella stanza dei dipinti.
Ricordava l’ansia e la paura che aveva provato quel giorno, il moto di delusione che aveva sentito nei suoi confronti e l’imbarazzo nel rivelarlo a Nasser.
Cosa era cambiato, da quel giorno? Come poteva, ora, reagire in modo tanto diverso rispetto al primo bacio che avevano condiviso?
Asteria non aveva più paura, ma avrebbe desiderato esserne piena. C’era qualcosa di magico e inebriante nel terrore, nel modo in cui le smuoveva l’intestino e l’agitava.
La mano di Iblīs era salita, solleticandole le costole con le punte delle dita per strofinargliele.
Lo aveva emulato, posizionando le mani sul suo torace per poi affondarle nei capelli spessi del ragazzo.
Lo aveva sentito gemere contro le labbra e stringerle il fianco, spingendosi ulteriormente contro di lei per costringerla sul materasso.
Asteria non riusciva a muoversi e ad Iblīs era sembrata una docile preda che si arrendeva, lasciandosi catturare.
Aveva sorriso, percorrendo con la lingua il labbro inferiore della ragazza per poi morderglielo.
Con i denti aveva tirato la porzione di pelle, assicurandosi un accesso libero alle sue labbra.
Si era sentito più sicuro quando l’aveva avvertita tremare sotto di sé; forte di questa sua sicurezza, Iblīs si era discostato per baciarle il profilo del collo.
Desiderava distruggerla e ricomporla, farla piangere e sentirla ridere. Era possibile fare tutto, o si sarebbe dovuto limitare a una cosa sola?
Aveva premuto il naso contro la sua pelle, incontrando la superficie del vestito di lei.
Quindi si era scostato, drizzando la schiena e allungandosi verso il suo fianco per afferrare il pugnale.
Il suo ginocchio destro era sgusciato tra le gambe di Asteria, separandole per farsi spazio, mentre quello sinistro era andato a scontrarsi con il fianco di lei.
Aveva osservato il vestito muoversi con la ragazza, alzandosi e rivelando una piccola porzione di pelle.
Con il pugnale aveva tracciato la linea di mezzo che separava i suoi seni, recidendo la stoffa fino all’ombelico. Non l’aveva strattonata, lasciando che i suoi occhi individuassero solo la parte centrale del corpo di Asteria.
La superficie fredda della lama, in contrasto con la sua pelle calda, le aveva causato uno spasmo. In due secondi, quindi, aveva avvertito un lieve bruciore tra i seni.
Asteria aveva abbassato lo sguardo, impallidendo nel vedere l’accidentale taglio che ora sostava sulla sua pelle.
Iblīs aveva riposto l’arma sul materasso, lontana da Asteria e da lui, piegandosi su di lei.
“Chiudi gli occhi.” Le aveva detto lui, affondando gli occhi violacei in quelli più scuri della ragazza. Quest’ultima aveva obbedito silenziosamente.
La prima cosa che aveva avvertito, circondata dall’oscurità, era stata la lingua del Re.
Seguendo lo stesso percorso che aveva precedentemente fatto il pugnale, Iblīs era partito a lambirle la pelle dalle scapole, scendendo fino all’ombelico.
Lì vi aveva lasciato qualche bacio umido, soffiandovici sopra per scoprire che reazione avrebbe avuto Asteria.
Non aveva fretta, lui. Avrebbe potuto continuare a torturarla in quel modo per giorni e giorni.
L’aveva osservata rabbrividire e muovere lateralmente i fianchi, come volesse fuggire.
Ma fuggire dove? Ora che l’aveva, Iblīs non l’avrebbe di certo lasciata andare.
La seconda cosa che aveva notato erano stati i capezzoli di Asteria che, stimolati, toccavano la stoffa morbida dell’abito, nascosti parzialmente. Contento di ciò che aveva visto, era tornato a baciarle la pelle.
Aveva scostato il tessuto per avere libero accesso ai suoi fianchi, mordendogli con fare più bisognoso e animale.
Spostandosi, aveva potuto notare i segni dei suoi denti contro la pelle abbronzata della ragazza.
Era rimasto a baciare quel punto mentre con la mano afferrava l’abito a livello del seno destro, assottigliando per far sì che coprisse solo il capezzolo e l’aureola.
Quindi lo aveva tirato indietro e poi in avanti, strofinandolo contro la porzione più sensibile di pelle.
Asteria aveva tentato di inarcare la schiena, di sentire di più quel contatto così afrodisiaco, ma la gamba e la mano sinistra di Iblīs l’avevano tenuta ancorata al letto.
Il bruciore al fianco, dovuto dai molteplici morsi del Re, si era aggiunto a quello del taglio ma in maniera più sottile e dolce.
Il primo non le provocava dolore, a differenza del secondo.
Con le mani gli aveva tirato i capelli, spingendolo verso di sé per baciarlo. Lui, però, era rimasto sospeso a qualche centimetro dalle sue labbra.
Voleva soddisfarla, certo, ma al tempo stesso desiderava lasciarla a mani vuote. Stimolarla abbastanza per farle volere di più, senza mai darle quell’aggiunta che tanto sembrava bramare: questo era ciò che Iblīs voleva fare.
“Ti hanno-prima di me, ecco, ti hanno mai baciata?”
Lei era stata la sua prima volta, sarebbe stato egoista sperare che fosse lo stesso anche per lei? In risposta aveva ricevuto un segno di dissenso con la testa.
La prima cosa che aveva provato era stata delusione, poi gelosia. Aveva abbandonato il piano di non baciarla, calandosi su di lei senza darle tempo di ribattere.
Non sopportava l’idea d’esser stato secondo a qualcuno, non perché fosse pervaso da un chissà quale spirito di competitività ma bensì perché voleva che su di lei vi fossero solo i suoi segni.
Il Re, comunque sia, non si riferiva solo ai marchi fisici ma anche a quelli mentali.
Voleva cancellare ogni ricordo basato su passati uomini che Asteria aveva avuto.
Voleva- doveva esser l’unico.
Aveva sentito la lingua di lei scontrarsi con la sua mentre avvolgeva la mano attorno al suo collo, massaggiandole la pelle con il pollice mentre, di tanto in tanto, stringeva la presa.
“Sei così bella con la mia mano attorno al collo.” Aveva mormorato lui, tra un bacio e l’altro.
Le pulsazioni di Asteria si erano velocizzate, lasciandola con il respiro bloccato in gola.
Le labbra erano scivolate l’una contro l’altra, facendo collidere leggermente i denti tra di loro. Non era stato un bacio attento, l’avrebbero definito entrambi come sbadato e irruento.
Si era scostato per darle di più, per imprimersi a fuoco su di lei, leccando il sottile rivolo di sangue che era sgorgato dalla ferita. Ferroso e dolce contro la lingua, un controsenso delizioso.
Aveva morso il taglio, sentendola gemere di dolore mentre gli afferrava con la mano la spalla. Si era fermato per virare più a destra, dove la stoffa si era spostata e la pelle era quindi rimasta scoperta.
Si era leccato le labbra per poi baciarle il contorno del seno, tracciandone la forma, quindi era salito di qualche centimetro, prendendole il capezzolo tra i denti.
Con la lingua lo aveva stuzzicato lentamente, succhiando la pelle subito dopo.
Asteria si era dovuta mordere il labbro fino a sentire il sapore ferroso del sangue per impedirsi di gemere.
Questo, comunque sia, aveva attirato l’attenzione di Iblīs che, con uno scatto fulmineo, si era ritratto.
Aveva stretto la presa che aveva sul suo collo, inclinandole la testa verso l’alto per trascinare il pollice verso le labbra ferite di lei.
L’aveva vista aprire la bocca per far entrare la punta del dito, mordendoglielo per poi dargli un veloce bacio umido.
La ragazza avrebbe voluto chiedergli il perché si fosse fermato, ma lui aveva risposto prima che ne avesse l’opportunità.
“Ti stai trattenendo?” Aveva strofinato il naso contro quello di lei, osservando il miele delle sue iridi, “Non farlo, ho intenzione di prendermi cura di te.”
Ad Asteria si era chiuso lo stomaco nel sentirlo e le guance le erano andate a fuoco, rispecchiando tutto l’imbarazzo che provava.
Quindi aveva annuito, frettolosa di vederlo tornare dov’era, e lui era quindi nuovamente sceso a baciarle i seni.
Iblīs aveva sentito il profumo della pelle della giovane e aveva desiderato averlo contro.
Senza sapere cosa fare, Asteria si era arrotolata qualche ciocca del Re attorno alle dita, tirandole ogni qual volta lo sentiva morderla. Annaspando aveva sentito il ginocchio dell’uomo spingersi tra le sue gambe, stimolandola.
A Iblīs era mancato il respiro quando l’aveva sentita gemere e strusciarsi contro la stoffa ruvida dei suoi pantaloni.
Deglutendo aveva quindi scostato le labbra dal capezzolo arrossato di Asteria, osservando come le sue labbra fossero connesse a esso da un fine filo di saliva.
Aveva leccato un’ultima volta la pelle, pulendola e soffiando soffra la porzione umida per vederla tremare.
Si era dimenata sotto di lui, senza fiato, per potersi liberare del suo ginocchio.
Una volta riuscita nel suo intento aveva inarcato la schiena, facendo ondeggiare i fianchi per incontrare quelli di lui.
Il contatto era stato elettrico ed entrambi avevano gettato la testa all’indietro, grugnendo.
“Non,” aveva ansimato Iblīs, accarezzandole la pancia, “non farlo.”
E lei aveva sorriso.
Asteria aveva sorriso nel vederlo rosso in volta, con le labbra umide e gli occhi appannati da un’emozione che, in quel momento, stavano condividendo. Aveva sorriso e gli aveva disubbidito, spingendo nuovamente il bacino verso quello di lui.
Lo aveva visto piegarsi contro di lei, facendo aderire i loro petti mentre con la mano le alzava una gamba, portandosela sopra alla spalla.
Asteria aveva aggrottato le sopracciglia, momentaneamente confusa, sgranando gli occhi quando Iblīs le aveva premuto una mano contro il ventre, spingendosi con vigore contro di lei.
Si sarebbe volentieri liberata di tutti i suoi vestiti pur di sentirlo più vicino.
Il Re era tornato dritto con la schiena, muovendo i fianchi con lentezza e forza. Uno, due e tre colpi erano serviti per imperlarle la fronte di sudore.
Con la mano le aveva percorso il petto, strappando i lembi di stoffa che precedentemente aveva distrutto.
Il tirare del tessuto le aveva arrossato la pelle, lasciando tenui segni scarlatti sotto al seno e sui fianchi.
Iblīs era stato dolce, ma ora pareva non esserlo più.
Aveva affondato i pollici tra le costole di Asteria, mozzandole il fiato, per poi pizzicarle nuovamente i capezzoli.
Quindi aveva steso il palmo della mano sulla ferita ancora aperta di lei, premendo con veemenza.
Il suo corpo aveva avuto un forte spasmo in risposta al dolore, ma non l’aveva odiato.
La mano era rimasta premuta, sollevandosi di tanto in tanto solo per sorprenderla con una nuova pressione, mentre l’altra era scesa a sfiorarle la zona inguinale.
Asteria aveva nuovamente boccheggiato, sgranando gli occhi nel sentirlo così vicino al suo centro.
“Dove?” Iblīs aveva ansimato nel parlare e la sua voce le era parsa più profonda. In risposta aveva inclinato la testa di lato, confusa.
Lo aveva visto leccarsi le labbra mentre le afferrava il poso, guidandola verso il basso.
“Mostrami dove toccarti.”
Il cuore aveva smesso di batterle solo per riprendere con più vigore, quasi volesse fracassarle la cassa toracica.
Per qualche secondo era rimasta immobile e Iblīs si era chiesto se non avesse esagerato.
Abbassando lo sguardo si era sentito in imbarazzo, mortificato di aver sorpassato il limite, ma così non era stato.
Con gli occhi puntati verso la stoffa chiara del vestito dilaniato di Asteria, l’aveva sentita guidargli la mano verso un punto preciso.
Era tornato a guardarla per accertarsi che lo volesse lì, che non lo stesse facendo per accontentarlo, e l’aveva trovata in imbarazzo tanto quanto lui.
“Questa è la mia prima volta.”
Iblīs aveva avvertito il petto gonfiarglisi di felicità nel sentirla parlare; l’aveva vista distogliere lo sguardo, rossa sulle guance e sulla punta del naso, mentre fermava la mano.
Quindi aveva annuito, a corto di parole, per abbassare lo sguardo sul punto in cui Asteria gli aveva guidato la mano.
Mantenendo con lo sguardo il punto, aveva fatto sgusciare la mano sotto la stoffa, chiedendole il permesso.
Si.
Il Re si era disfatto dell’intimo della ragazza, sollevando l’orlo del vestito senza però guardare. Pensava che l’avrebbe messa in imbarazzo, e aveva ragione.
Aveva strofinato l’indice contro le piccole labbra, sentendola bagnata contro il dito. Quindi aveva fatto pressione sul punto che lei gli aveva indicato, vedendola stringere gli occhi e coprirsi il viso con la mano.
Iblīs aveva sorriso, chinandosi di poco verso di lei.
“Qui?”
Asteria non aveva risposto, limitandosi a spingersi contro le dita di lui. La mano del sovrano, però, l’aveva fermata subito.
“Si? Non riesco a sentirti, Miel.”
Le aveva baciato il collo, tirandosi velocemente indietro per deprivarla di quel piccolo tocco. Aveva osservato, curioso, il veloce annacquarsi dei suoi occhi mentre le ciglia le velavano le iridi, bloccandole le vista.
“Si.” Avrebbe voluto sentirla parlare tutto il giorno con quel tono così basso e incerto. A malapena l’aveva sentita, comunque sia, e quindi le aveva sorriso, baciandola. Con l’altra mano aveva fatto pressione sul taglio, osservando i suoi tratti mutare per il bruciore.
“Parli troppo piano, Miel,” si era interrotto per riposizionare al meglio entrambe le mani. Aveva la ferita sotto una e il punto che Asteria gli aveva indicato dall’altra, ma non aveva sfiorato nessuno dei due, “urla per me.”
E a quel punto aveva ripreso a far pressione su entrambe le zone, sentendola gemere e rantolare per mille ragioni diverse.
Aveva mosso circolarmente il dito, rallentando quando sentiva il battito del suo cuore accelerare e velocizzando i movimenti quando la vedeva rilassarsi.
Quindi si era piegato su di lei per baciarla.
Era inciampato sulle sue labbra, sentendo con la lingua il punto in cui Asteria si era precedentemente mossa. Era stata proprio lei, a quel punto, a condurre il bacio.
Gli aveva morso il labbro, prima quello inferiore e poi quello superiore, accarezzandogli la lingua con la sua per poi succhiarla leggermente.
Si erano discostati per qualche secondo, lei alla ricerca d’aria e lui per concedergliela.
Asteria aveva sentito lo stomaco contrarsi e le sue pareti stringersi mentre gettava la testa contro il cuscino, avvertendo quel soddisfacente rilascio.
Aveva inarcato la schiena, schiudendo le labbra senza che da esse vi uscisse un singolo suono, mentre percepiva l’orgasmo.
Per un po’ erano rimasti entrambi in silenzio mentre lei si riprendeva e lui le si sdraiava vicino, attirandola vicino a lui per baciarle la fronte e accarezzarle il fianco.
“Per il resto dovrai aspettare la sera delle nozze.”
E Asteria aveva riso, senza correggerlo.
A T T E N Z I O N E
Allora, adesso vi mettete tutte in fila indiana che distribuisco l'acqua santa. Questo capitolo è stato un parto, ho impiegato ore per scriverlo e non so quanto sia uscito bene. È la prima volta che scrivo una smut e l'ho fatto arrosendo ahaha. Che dire: spero vi sia piaciuto!
P.s: Credo di dover andare in chiesa :')
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