32| Mademoiselle Noir
«𝕹𝖔𝖓 𝖍𝖔 𝖋𝖆𝖙𝖙𝖔 𝖓𝖚𝖑𝖑𝖆 𝖉𝖎 𝖈𝖚𝖎 𝖛𝖊𝖗𝖌𝖔𝖌𝖓𝖆𝖗𝖒𝖎, 𝖓𝖚𝖑𝖑𝖆 𝖈𝖍𝖊 𝖒𝖎 𝖎𝖒𝖕𝖊𝖉𝖎𝖘𝖈𝖆 𝖉𝖎 𝖌𝖚𝖆𝖗𝖉𝖆𝖗𝖊 𝖎𝖓 𝖋𝖆𝖈𝖈𝖎𝖆 𝕯𝖎𝖔.
𝕹𝖔𝖓 𝖆𝖛𝖗𝖊𝖎 𝖋𝖆𝖙𝖙𝖔 𝖒𝖆𝖑𝖊 𝖆 𝖚𝖓𝖆 𝖒𝖔𝖘𝖈𝖆.»
-Charles Manson
Asteria, per la prima volta dopo tanto tempo, non sapeva cosa dire. Era totalmente paralizzata sul suo posto, in preda allo stupore
Non riusciva a credere alle sue stesse orecchie, tanto meno alle parole di Nasser.
Magari le stava raccontando una bugia, magari voleva semplicemente portarla dalla sua parte.
Lo aveva guardato per qualche secondo, ponendosi la stessa domanda, ancora e ancora, nel tentativo di trovare una risposta al suo quesito. Ma c'era davvero una risposta univoca e sicura?
Aveva la sensazione che, in ogni caso, sarebbe finita con il dubitare di qualsiasi replica avesse ricevuto. Era questo l'effetto della diffidenza?
Fino a quel momento, però, l'uomo non le aveva mai mentito, né tanto meno fatto del male.
Quindi forse avrebbe potuto provare a capirlo e poi, solo poi, avrebbe preso una decisione.
"Va bene." Non aveva saputo dire altro, ancora troppo scossa da tutte le informazioni che aveva ricevuto. Perché raccontarle tutto ciò? Non sarebbe stato più conveniente, forse, lasciarla all'oscuro di tutto?
Era certa che le stesse nascondendo qualcosa, ma domandarglielo non avrebbe avuto senso: se avesse voluto aggiungere qualcosa, lo avrebbe fatto di sua spontanea volontà.
Nasser aveva alzato di scatto la testa per poi afferrarle entrambe le mani, baciandone i dorsi.
La pelle morbida si era scontrata contro le sue labbra secche e screpolate, provocando in lui un grugnito di soddisfazione e in lei una smorfia di solletico.
Oh, cosa avrebbe dato per dimenticare tutto ciò che era avvenuto quel giorno!
La sua situazione era già relativamente complicata, figuriamoci ora che era a conoscenza del piano di Nasser e Uraeus.
Era forse diventata una complice? Eppure non aveva la minima intenzione di aiutarli, ma nemmeno di esporli al giudizio di Iblīs.
Aveva ripensato all'ultimo capitolo che aveva letto sul Re, rabbrividendo al pensiero del fuoco e dei cittadini bruciati vivi.
Avrebbe fatto la stessa cosa anche con Nasser?
No, non poteva rischiare la vita dell'uomo.
Una vocina nella sua testa, però, continuava a dirle che al tempo stesso non poteva rischiare che facessero del male a Iblīs.
"Ma non voglio aver niente a che fare con il vostro piano. Manterrò il segreto per il tuo bene, non per Uraeus, ma ti avverto: non desidero essere coinvolta."
Asteria aveva usato il tono più duro e imperativo che avesse, rendendo le sue parole legge.
Non avrebbe accettato compromessi di nessun tipo, soprattutto in una situazione in cui poteva rischiare la vita.
Si era chiesta se le guardie avrebbero informato il Re, nel caso in cui fossero venute a conoscenza di quel subdolo piano, o se avrebbero mantenuto il silenzio.
Non era un segreto che il popolo detestasse Iblis, quindi perché si sorprendeva tanto?
L'unico motivo per il quale nessuno aveva ancora tentato un colpo di stato, aveva riflettuto lei, era perché non poteva essere ucciso.
Ma se il Re fosse stato mortale, in grado di morire e decomporsi, allora sarebbe già stato attaccato.
"Uraeus ha in mente di coinvolgerti," aveva iniziato lui, guadagnandosi un'occhiata truce da parte della donna, "ma io sono contrario. Non preoccuparti: risolverò questo problema e tu, se puoi, tenta di evitarlo il più possibile."
Asteria aveva annuito, maledicendo mentalmente il principe.
Chi gli aveva accordato il diritto di decidere su di lei? Era parte della famiglia reale, certo, ma non era il Re, non aveva pieno potere su di lei e glielo avrebbe fatto capire.
Si era quindi lasciata andare a un profondo sospiro, adagiandosi con la schiena contro la poltrona.
Era stanca di tutti quei drammi, voleva semplicemente riposarsi e dimenticarsi che quel giorno fosse anche solo esistito.
Quanto ancora avrebbe dovuto sopportare prima di tornare a esser libera? Rimpiangeva i giorni in cui poteva lavorare tranquillamente nella sua libreria, ascoltando il sommesso vociare dei clienti e le chiacchiere eccitate di Alisha.
Alisha, chissà che fine aveva fatto. Si trovava bene nell'Accademia, o aveva nostalgia di casa? Una parte di lei iniziava a incolparla per tutta quella situazione, nonché per aver lasciato solo Azef.
Perché, in primo luogo, aveva deciso di recarsi da Iblis? Qualcosa doveva averla spinta ad andare, ma cosa?
Non era mai stata una ragazza legata al denaro, tanto meno allo status sociale, quindi perché diamine aveva deciso di candidarsi?
Magari era stato un momento di debolezza o una momentanea perdita di lucidità, in qualsiasi caso ora era lei a essere nei guai.
Nasser l'aveva silenziosamente osservata, chiedendosi a cosa pensasse.
Aveva fatto bene a parlarle? Credeva di sì, ma forse l'aveva semplicemente appesantita.
Il suo scopo era quello di arrivare prima di Uraeus, cosicché non potesse far nulla per deviarla, ma non poteva evitare che i due si incontrassero.
Doveva fare tutto ciò che era in suo potere per rimandare quel fatidico incontro.
Aveva abbassato lo sguardo sulle loro mani intrecciate, sentendo il cuore saltare un battito.
Lo stomaco gli si era attorcigliato in modo piacevole, lasciandolo confuso e senza fiato per qualche momento.
Se la situazione fosse stata diversa, se entrambi fossero stati due semplici cittadini, magari...
Nasser aveva scosso la testa, scacciando quel fastidioso pensiero. Rimuginare su i 'se' e i 'ma' non l'avrebbe portato a nulla; ormai erano lì, nolenti o dolenti, e dovevano raccogliere ciò che avevano seminato.
Non aveva lasciato andare la sua mano, però, forse perché il tepore che ne traspariva lo confortava. Nasser aveva abbassato la testa, poggiandola sulle ginocchia di lei.
Aveva il profumo di sabbia addosso e lui, che mai ne aveva amato la fragranza, se ne era scoperto affascinato.
Tutto, in lei, rappresentava l'Egitto.
La pelle e i capelli scuri, gli occhi dorati e il portamento felino la rendevano tutto ciò che Nasser avrebbe mai adorato.
Era strano che la pensasse a quel modo? Dopotutto non erano passati nemmeno tre mesi da quando l'aveva incontrata, quindi si supponeva che il suo attaccamento fosse prematuro.
Però, pensandoci bene, non credeva di poterselo impedire.
Come si azzittivano i sentimenti? E come si sopprimevano quelle deliziose farfalle nello stomaco? Se lei l'avesse scoperto, se ne sarebbe sentita nauseata.
Il solo pensiero l'aveva agitato.
Aveva fatto per scostarsi quando la mano di Asteria era andata a infilarsi tra i suoi capelli, accarezzandogli la pelle vicino le orecchie per poi arrotolare qualche ciuffo scuro sul dito.
Il massaggio si era protratto lentamente, rilassando entrambi.
I capelli dell'uomo erano, contro ogni aspettativa della ragazza, incredibilmente morbidi a contatto con le mani.
Nasser riusciva a percepire il calore delle sue falangi irradiarsi sulla sua testa, confortandolo.
Era un tepore simile a quello materno, ma più intimo.
Non ricordava quando era stata l'ultima volta in cui qualcuno lo aveva coccolato, stringendolo a sé.
E per Asteria era la stessa cosa: da quanto non si prendeva cura di qualcuno? E da quanto, poi, aspettava di poter ricevere un po' di quel dolce sentimento?
Si era piegata in avanti, inconsapevole delle sue stesse gesta, fino a poggiare le labbra contro i capelli di lui.
Non se ne rendeva conto, forse, ma anche lui era incredibilmente caldo.
"Quando tutto sarà finito," aveva mormorato lui, sentendo il sonno calargli sulle palpebre, "quando tutto sarà finito, spero che vorrai..."
Nasser non aveva fatto in tempo a concludere la frase che la porta della stanza si era spalancata, sbattendo contro il muro.
I due si erano immediatamente sistemati, entrambi con una postura dritta e in allerta, sui loro posti.
Avevano lanciato uno sguardo verso il punto dal quale il rumore si era propagato, sgranando gli occhi nel vedere la figura sottile di Iblis.
La tensione era tornata a far da padrona sul corpo della donna, irrigidendola e sfiancandola in pochi secondi.
Lo aveva appena visto, eppure già si sentiva sommersa dalla sua presenza.
"Sei..." aveva boccheggiato il Re, senza mai distogliere lo sguardo dal suo, "...sei, ah!" Si era portato le mani al viso, piantando le unghie nelle guance mentre ansimava pesantemente.
Sei cosa? Si era chiesto Nasser, alzandosi dal proprio posto per dirigersi verso il Re.
Era talmente concentrato su Asteria da non vederlo affatto; forse era una benedizione o forse no, ma in quel momento doveva assolutamente uscire dalla camera.
Non voleva far arrabbiare Iblis, non ora che pareva così eccitato e agitato a livello emotivo, ma allo stesso tempo temeva di lasciare Asteria da sola.
Le avrebbe fatto del male?
Aveva rivolto l'ennesimo sguardo al Re, osservando il maniacale sorriso che si era stampato in volto, passando al modo in cui le sue mani tremavano convulsamente.
A prima vista non sembrava irato o infastidito ma semplicemente agitato, in modo positivo, forse.
Nasser dubitava, però, che per Iblis potesse esistere un tipo di eccitazione positiva. Forse sarebbe dovuto restare, magari anche solo in un angolo della stanza, e osservare.
Quindi aveva fatto un passo indietro, pronto a infilarsi di fianco all'armadio, quando Asteria aveva scosso la testa nella sua direzione, sorridendogli.
Non lo voleva con lei, ma perché? Pensava forse che non sarebbe stato in grado di proteggerla?
O magari era a causa di ciò che le aveva detto prima, del suo piano contro Iblis e della motivazione dietro di esso.
Non era riuscito a contenere la propria delusione, rendendola palese con un'espressione piuttosto sconcertata, mentre contraeva la mascella e stringeva i pugni.
Le aveva dato il tempo di ripensarci, di chiedergli di rimanere, ma così non era stato e lui, a malincuore, si era costretto a uscire. Asteria stessa si era stupita di ciò che aveva appena fatto.
Sarebbe stata più al sicuro con Nasser vicino ma, in quel modo, il suo incontro con il Re non sarebbe stato genuino e veritiero.
Alle volte le sembrava di poter sbloccare un lato di sé solo in una presenza, come se la sua vicinanza avesse il potere di scatenare e azionare qualcosa di intimo e nascosto.
Non poteva dire di amare o di accettare completamente la persona che diveniva davanti a lui, ma se ne sentiva interessata.
Era tutto un danzare, un ondeggiare, su note malinconiche e cupe, a tratti inquietanti e alle volte eccitanti.
Il problema, però, era che la troppa danza le dava la nausea.
Non sapeva che dirgli, come guardarlo e come porsi. Erano passati solo tre giorni, eppure le eran parsi di più.
Era stato lui, per fortuna o per sfortuna sua, ad avvicinarsele. Senza mai distogliere lo sguardo o far sparire il sorrisetto soddisfatto, Iblīs le si era inginocchiato davanti.
Con le mani sulle cosce, il Re aveva alzato il mento in aria, guardandola e sorridendole come un cucciolo in attesa del padrone.
Asteria aveva sentito il sangue smettere di circolarle nelle vene mentre il viso perdeva di colore e le mani iniziavano a tremarle.
Un Re si era appena inginocchiato ai suoi piedi; non un amico o un conoscente, ma il regnante d'Egitto.
La situazione, a tratti ironica, iniziava ad agitarla. Non aveva mai visto Iblīs in quello stato e iniziava a chiedersi se fosse o meno colpa sua.
Non poteva, comunque sia, lasciare che Iblīs rimanesse a terra.
Con velocità si era quindi alzata dalla sedia per spostarla indietro e inginocchiarsi a terra, davanti a lui.
Adesso pareva una situazione più paritaria ma non normale; lui non aveva nessuna ragione per stare in quella posizione e lei-beh, forse lei sì. Non le aveva ancora rivolto parola oltre a quelle già spese e si limitava a fissarla.
Gli occhi di lui erano lucidi e incredibilmente luminosi, di un colore talmente innaturale da metterle i brividi. Iblīs aveva avvolto la mano contro il polso di lei, massaggiandole e tastandole la pelle con i polpastrelli.
Era vera, si trovava proprio lì, davanti a lui, e per la prima volta dopo anni era sicuro di non star avendo un'allucinazione.
Si aspettava di vederla tornare, dopotutto glielo aveva promesso, ma vederla era stata ugualmente un'emozione forte e inaspettata.
"Ti senti bene?" Aveva domandato lei, inclinando la testa di lato per osservarlo meglio.
Dargli del tu, dopo tre giorni di assenza, era strano. Le sembrava di star parlando con un amico o un conoscente, cosa che Iblīs non era, e per di più si stava rivolgendo in quel modo al Re.
Non riusciva a smettere di pensare a quanto le loro posizioni sociali fossero immensamente diverse; se ne rendeva conto sempre di più.
La sua mente era tornata a Lyeak, al libro e al cuore di lui che batteva nella scatola. Ah, chissà cosa le avrebbe detto se avesse saputo cosa ne aveva fatto!
Peccato che lui, ovviamente, l'avesse osservata costantemente. Dopo la visione che aveva avuto, Iblīs non era stato in grado di pensare ad altro che a lei.
Per qualche ora aveva desiderato cancellare ogni traccia di Asteria, finendo con l'arrendersi. Non gli importava se lei l'avesse pensato o meno, si sarebbe accontentato di sentire qualsiasi cosa stesse sentendo da solo.
Non pretendeva che lei ricambiasse, che lo guardasse con occhi lucidi e iniettati di passione; no, a lui andava bene innamorarsi a senso unico.
Glielo avrebbe permesso? Gli avrebbe concesso l'opportunità di amarla? Non pensava di starle chiedendo troppo.
"Sto bene," aveva sussurrato lui, sentendo la voce inclinarglisi verso la fine, "è da un po' che non sto così bene."
Asteria aveva annuito lentamente, confusa ma contenta della risposta. Finché Iblīs era contento, andava tutto bene.
Per ore aveva rimuginato su come vendicarsi di lui, sul modo per fargliela pagare per il suo macabro regalo, ma ora non riusciva a pensare ad altro che al sorriso triste che il Re aveva in viso.
Le aveva detto di star bene, eppure sembrava così miserabile e perso...
Cosa gli era successo? Non riusciva a far a meno di chiedersi come sarebbe divenuto, Iblīs, se almeno una volta, durante il corso della sua vita, qualcuno lo avesse amato.
Asteria si era lasciata andare a un sospiro, senza sapere che altro fare.
"Perché sei venuto qui?"
Ora che ci pensava, non aveva nessun diritto di domandarglielo. Lui era il Re e in quanto tale poteva andare ovunque voleva, dopotutto quello era il suo castello.
Non glielo aveva domandato per fastidio ma bensì per curiosità. Voleva assicurarsi che fosse realmente tornata?
O magari voleva chiederle di restituirgli il cuore, certo: lei lo avrebbe fatto con piacere.
Le sembrava di udirne ancora il suono, tum-tum, contro le orecchie che, man mano, si allungava verso la sua cassa toracica, dando un nuovo ritmo al suo muscolo cardiaco.
"Una canzone," aveva mormorato lui, poggiando la fronte contro quella di Asteria per ispirare a pieno l'odore dei suoi capelli, "cantami una canzone."
La donna si era leccata le labbra per poi sedersi meglio, seppur ancora a terra, facendo cenno a Iblīs di seguirla.
Non si sarebbe mai aspettata, comunque sia, di vederlo poggiare la testa sul suo ventre, come un bambino pronto ad ascoltare la sua ninna nanna.
Asteria non l'aveva toccato, si era fermata in tempo, e chiudendo gli occhi aveva quindi iniziato a cantare.
«Un giorno un uomo si trovò di fronte ad una vecchia torre
Sembrava uscita direttamente da un libro che aveva letto una volta
Guardò in alto e vide una giovane donna
E questo è quello che la ragazza disse:
"Io mi chiamo signorina Oscurità
E come potete vedere
Non sorrido, né rido, né vivo."
E questo è tutto ciò che disse.
L'uomo era così spaventato che riuscì solo a correre via
Corse in città e poi disse:
"Ho appena visto una donna con lunghissimi capelli neri
E penso che sia una morta vivente!"
La gente, molto spaventata, impugnò pistole e spade
Corsero ai piedi della torre e poi
videro la donna pallida di carnagione e provarono una gran paura
quando udirono nuovamente:
"Io mi chiamo signorina Oscurità
E come potete vedere
Non sorrido, né rido, né vivo."
E questo è tutto ciò che disse.
La gente sapeva perfettamente di cosa si trattava
Lei doveva essere senza dubbio un demone venuto dall'inferno
Decisero di dar fuoco ai suoi lunghi capelli
Alla fine anche lei sarebbe bruciata
Ma la ragazza non era un demone, era un'anima solitaria
Proprio come quella del libro che una volta avevano letto
Stava ancora aspettando il suo principe mentre i suoi capelli bruciavano
Disse un'ultima volta:
"Io mi chiamo signorina Oscurità
E come potete vedere
Non sorrido, né rido, né vivo."
E questo è tutto ciò che disse.»
Asteria ricordava di averla sentita per la prima volta in orfanotrofio, quando non era altro che una bambina.
Ad Azef e ad Alisha non era mai particolarmente piaciuta, forse perché tragica e lenta, ma lei se ne era innamorata subito.
Per impararla le ci erano volute qualche settimana, probabilmente colpa delle parti in francese, ma alla fine c'era riuscita.
Non l'aveva mai cantata a nessuno, tenendo la ninna nanna per sé. Ora, quindi, aveva appena infranto uno dei suoi piccoli rituali, condividendo la sua canzoncina con Iblīs.
Quest'ultimo aveva lo sguardo puntato sul pavimento, la testa ancora sul ventre di lei e le dita che giocavano con l'orlo della sua gonna.
"Perché l'hanno uccisa?"
Non riusciva a capire, più ci pensava e più la risposta sembrava allontanarsi. La canzone, se possibile, gli aveva lasciato addosso un senso di malinconia e tristezza.
Asteria si era piegata in avanti per osservare l'espressione corrucciata di lui, sorridendo intenerita.
"Perché era diversa e nessuno," si era interrotta, ponderando bene la frase finale, "...nessuno ha tentato di capirla o di conoscerla, condannandola."
Improvvisamente le era sembrato che Iblīs assomigliasse a Mademoiselle Noir.
A T T E N Z I O N E
Ma la vogliamo far partire questa ship tra Nasser e Asteria?
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