24| L'inversione Dei Ruoli


π•²π–šπ–†π–—π–‰π–†π–Ž π–Ž π–˜π–šπ–”π–Ž π–”π–ˆπ–ˆπ–π–Ž π–˜π–ˆπ–Šπ–“π–‰π–Šπ–—π–Š π–›π–Šπ–—π–˜π–” 𝖑𝖆 𝖑𝖆𝖒𝖆 𝖉'π–†π–ˆπ–ˆπ–Žπ–†π–Žπ–” π–ˆπ–”π–“π–‹π–Žπ–ˆπ–ˆπ–†π–™π–† π–“π–Šπ–‘ π–˜π–šπ–” π–›π–Šπ–“π–™π–—π–Š, π–†π–•π–•π–Šπ–“π–† π–˜π–”π–•π–—π–† π–Žπ–‘ π–˜π–šπ–” π–™π–—π–Žπ–†π–“π–Œπ–”π–‘π–” π–•π–šπ–‡π–Žπ–ˆπ–”. π•±π–Žπ–˜π–˜Γ² 𝖑𝖆 π–’π–Žπ–† 𝖒𝖆𝖓𝖔 π–’π–Šπ–“π–™π–—π–Š π–˜π–•π–Žπ–“π–Œπ–Šπ–›π–” 𝖑𝖆 𝖑𝖆𝖒𝖆 π–›π–Šπ–—π–˜π–” 𝖑'𝖆𝖑𝖙𝖔, π–•π–”π–Ž π–‰π–Ž 𝖑𝖆𝖙𝖔, π–™π–†π–Œπ–‘π–Žπ–†π–“π–‰π–”π–‘π–† π–ˆπ–”π–“ π–•π–—π–Šπ–ˆπ–Žπ–˜π–Žπ–”π–“π–Š. π•½π–Šπ–˜π–™Γ² 𝖆 π–”π–ˆπ–ˆπ–π–Ž π–†π–•π–Šπ–—π–™π–Ž, π––π–šπ–†π–˜π–Ž π–†π–‹π–‹π–†π–˜π–ˆπ–Žπ–“π–†π–™π–†, π–”π–˜π–˜π–Šπ–—π–›π–†π–“π–‰π–” π–‘π–Š π–˜π–•π–Žπ–—π–†π–‘π–Ž π–‰π–Šπ–Ž π–˜π–šπ–”π–Ž π–Žπ–“π–™π–Šπ–˜π–™π–Žπ–“π–Ž π–˜π–ˆπ–Žπ–›π–”π–‘π–†π–—π–Š π–‹π–šπ–”π–—π–Ž 𝖉𝖆𝖑𝖑𝖆 π–•π–†π–“π–ˆπ–Žπ–† π–Š π–†π–—π–—π–”π–™π–”π–‘π–†π–—π–˜π–Ž π–Žπ–“π–™π–”π–—π–“π–” π–†π–‘π–‘π–Š π–˜π–šπ–Š π–Œπ–Žπ–“π–”π–ˆπ–ˆπ–π–Žπ–†. 𝕰𝖗𝖆 π–˜π–™π–†π–™π–† π–šπ–“'π–šπ–ˆπ–ˆπ–Žπ–˜π–Žπ–”π–“π–Š π–‡π–Šπ–“ 𝖋𝖆𝖙𝖙𝖆 π–Š π–˜π–”π–‰π–‰π–Žπ–˜π–‹π–†π–ˆπ–Šπ–“π–™π–Š.
-Gerard Schaefer

Asteria aveva aperto gli occhi con il fiato corto e il cuore che le batteva a mille. Qualcosa le diceva che era in pericolo, che qualcuno la stava guardando.

Non avrebbe dato nessun torto allo sconosciuto osservatore: dopotutto era stesa a terra con il viso e il vestito zuppi di sangue e un cuore nero, dilaniato, ai suoi piedi.

Guardandosi attorno, perΓ², non aveva notato nessuno.

Le spalle le si erano rilassate di poco, ringraziando il suo fortuito risveglio. Nessuno l'aveva vista e nessuno avrebbe dovuto vederla.

Asteria aveva dormito si e no una mezz'ora nella quale nessuno aveva osato avventurarsi verso le stalle. A quell'ora, poi, chi mai sarebbe andato a vedere i cavalli?

Aveva lanciato uno sguardo alle sue mani e poi alla veste, rabbrividendo. Non poteva tornare a casa, conciata in quella maniera.

Azef si sarebbe spaventato e a quel punto sarebbe stato impossibile, per lei, negare o mentire.

Come avrebbe potuto giustificarsi?

Così aveva puntato gli occhi sul pozzo in cui gli animali andavano ad abbeverarsi, gattonando fino a lì.

Non si fidava della stabilitΓ  delle sue gambe, preferiva quindi stare sulle ginocchia fino a quando non si fosse ristabilita.

Aveva alzato il vestito fino alle cosce, impedendo he si sporcasse ancora di piΓΉ, per poi sfilarsi la mantella.

Sarebbe dovuta tornare a casa senza quest'ultima; forse l'avrebbe nascosta nella sua borsa a tracolla.

Asteria aveva annusato l'acqua, disgustata dall'odore stagnante che la imputridiva. Si rifiutava di pensare a ciΓ² che era successo poco prima, decidendo di distrarsi con mille pensieri diversi.

Aveva pensato ad Alisha e ad Azef, ai loro sorrisetti e ai giochi che facevano da bambini, a Nasser e alla sua costante espressione di scherno, il calore del suo negozio, gli abbracci dei suoi concittadini.

Solo pensieri positivi, Asteria aveva bisogno di concentrarsi su qualcosa di normale e di felice per poter dimenticare quanto folle fosse diventata.

Con le mani aveva raccolto un po' d'acqua, strofinandosi il petto e il viso per lavare via ogni traccia di quell'orrenda serata.

Con le unghie si era grattata il volto e con i palmi s'era strofinata la lingua. Preferiva il sapore dell'acqua lercia a quello del sangue.

Il vomito si era arrampicato su per la sua gola, minacciando di soffocarla quando aveva iniziato a ripensare a ciΓ² che era successo.

Riusciva a sentire il sapore acre della bile mischiarsi a quello salato delle poche lacrime rimaste. Voleva tornare a casa e rimanervici, voleva trascorrere gli ultimi due giorni in tranquillitΓ  e non pensare ad altro.

IblΔ«s aveva rovinato tutto.

Sapeva, diamine lei era certa che lui sapesse che con un gesto simile le avrebbe rovinato ogni speranza di esser tranquilla.

Come avrebbe fatto a guardare in faccia Azef quando l'unica cosa a cui riusciva a pensare era il cuore nero, avvizzito e piccolo del Re?

Avrebbe desiderato rimuovere quel ricordo, farlo sparire e godersi gli ultimi giorno con l'amico fidato.

Con le unghie si era graffiata ancora una volta il petto e le guance, eliminando ogni traccia di sangue, per poi alzarsi da terra.

Le gambe avevano preso a tremarle con vigore, costringendola a star ferma sul suo posto per un paio di secondi.

Aveva lanciato uno sguardo alla sua borsa gettata a terra e poi al cuore. Cosa avrebbe dovuto farci? Poteva restituirglielo?

Era quasi sicura che IblΔ«s l'avrebbe interpretato come un gesto di maleducazione.
Ma quindi cosa doveva farci con quell'organo? Di certo non poteva gettarlo da qualche parte; c'era il rischio che qualcuno lo trovasse.

Allo stesso tempo, perΓ², non voleva portarlo con sΓ©. Il pensiero di aver azzannato quell'orrido cuore le aveva nuovamente scombussolato lo stomaco, facendole portare una mano davanti alle labbra per trattenersi.

Cosa avrebbe fatto IblΔ«s al suo posto?

Le sembrava di avere una risposta, a quella domanda, ma non le piaceva.

Non gradiva l'interrogativo, il suo responso e il fatto che le pareva di riuscire a immedesimarsi talmente tanto nel Re, da conoscere ogni sua possibile azione.

Ma era impossibile, ovviamente, visto che con lui aveva passato troppi pochi giorni. Non poteva conoscerlo così intimamente, eppure le sembrava il contrario.

Era solo una gran fantasia, la sua, o era il suo cervello a esser simile a quello di IblΔ«s?

Si era piegata sulle ginocchia per afferrare l'organo, riponendolo all'interno della sua scatola per poi gettare il tutto dentro alla borsa.

Con passo tremante si era quindi diretta verso casa, pensando al da farsi. PiΓΉ ci rifletteva, perΓ², e piΓΉ il ghigno sul suo viso si allargava.

Oh, sapeva cosa fare!

Ma per i successivi due giorni si sarebbe completamente estraniata dall'accaduto, concentrandosi su Azef e sulla cittΓ .

IblΔ«s gliela avrebbe pagata cara.

**

"Come stai, fratello?" Uraeus si era seduto vicino a IblΔ«s, richiamando la sua attenzione con lo stridere della sedia.

Nasser aveva preso posto a qualche metro di distanza, senza parlare o annunciare la sua presenza.

Da quando il sacerdote si era recato al palazzo, e quindi dalla sera prima, il Re sembrava turbato. Aveva ordinato ai cuochi di non preparargli nulla perchΓ© privo di appetito e ora, immerso nei suoi pensieri, fissava la finestra della sua stanza.

Era sempre stato magro ma con gli anni la situazione era peggiorata, facendolo arrivare alla soglia dell'anoressia. Da soli sette mesi aveva ripreso a mangiare, non per bisogno ma per noia, e in parte aveva riacquisito una massa sufficiente a farlo sembrare in buona salute.

IblΔ«s ricordava i giorni in cui suo pasre era ancora in vita, dove lui non era immortale e non pensava che lo sarebbe mai stato.

Consumava i suoi pasti nella solitudine della sua camera ma li gradiva. Adesso era difficile distinguere il gusto delle pietanze; gli sembrava di mangiare una poltiglia insapore ogni qual volta si cibava.

Nemmeno il cuoco migliore d'Egitto avrebbe saputo preparare un pranzo decente al Re.

"Mi senti?" Uraeus gli aveva sfiorato il braccio con le dita calde, facendolo sobbalzare.

Sentire cosa?

Aveva mandato giΓΉ un grumo di amarezza, distogliendo lo sguardo dal paesaggio per puntarlo sul fratello.

Alto, con due spalle ampie e un bel viso gioioso: era tutto ciΓ² che IblΔ«s avrebbe voluto essere. Lo aveva sempre invidiato, persino da bambino, e la situazione non era cambiata nonostante il passare degli anni.

"PerchΓ© solo io?" Gli aveva risposto lui con voce strozzata, inclinando la testa di lato per avvicinarglisi.

PiΓΉ lo guardava e piΓΉ lo odiava.

Voleva i suoi capelli chiari, i suoi occhi normali e la sua mente sana, priva di cicatrici e mostri.

Uraeus aveva aggrottato le sopracciglia, confuso dalla domanda. Non aveva mai avuto molti contatti con il fratello, non gli fosse mai importato, e non riusciva a immedesimarsi in lui.

A cosa pensava? Cosa vedeva?

Le risposte che si dava erano tutte congetture che passavano da un livello mediocre a uno surreale. Anche volendo, non sarebbe riuscito a capirlo.

Erano passati troppi anni, la distanza tra loro si era fatta insormontabile e Uraeus non aveva nessuna intenzione di entrare nella testa di un pazzo.

In un posto del genere, dove tutto era rotto e buio, lui non avrebbe trovato la via d'uscita. Era sicuro che si sarebbe perso e la paura di diventate come il Re aveva iniziato a sopraffarlo.

"PerchΓ© sono solo io il folle? PerchΓ© la mia mente invece che la tua? Pensi che io volessi tutto questo?" IblΔ«s aveva gettato la testa all'indietro, ridendosela di gusto.

L'espressione di suo fratello era così turbata da fargli provare una scintilla di gioia. Lo guardava come se fosse un'essere mostruoso, orrendo e sgradevole alla vista.

Non voleva che lo guardasse; dopotutto non l'aveva fatto per anni. Avrebbe dovuto cavargli gli occhi e gettarli in pasto agli animali.

La sorte era stata così malevola, nei suoi confronti, e troppo arrendevole con il fratello.

PerchΓ© lui si?

"Gli stessi morti si prendono gioco di me," gli aveva mostrato i denti, indicando un punto indistinto della stanza, "quando l'unico morto che vorrei vedere sei tu."

Il tono del Re si era fatto acido, cattivo, mentre puntava le iridi in quelle del fratello. Per i primi anni lo aveva amato, aveva adorato quella creatura minuta che Uraeus era stato e aveva desiderato stargli vicino.

Lo avrebbe protetto ta tutto e tutti e con il suo amore l'avrebbe visto crescere. Ma lui, ecco lui aveva gettato il suo amore nel bidone e l'aveva rifiutato.

A Uraeus non serviva il suo affetto perchΓ© il maledetto aveva l'accesso a quello di tutto il reame.

Loro padre lo aveva amato, così come la servitù e il popolo. Per le strade si era gridato al miracolo, al figlio prediletto e Iblīs era stato costretto a guardare.

PerchΓ© a lui no?

Nessuno aveva gridato di gioia nel sapere della sua nascita, perchΓ© essa rappresentava anche la morte della precedente Regina.

Nessuno lo voleva, quindi che male c'era nel non voler nessuno a sua volta? Per troppo tempo aveva tentato di aggrapparsi al fratello, al padre e al popolo.

Ora aveva capito la lezione, aveva compreso che nessuno l'avrebbe mai amato o capito. Doveva andargli bene così, ma non riusciva ad accettarlo.

"PerchΓ© sei debole, IblΔ«s. Lo sei sempre stato e la tua mente non ha retto."

Nasser aveva sgranato gli occhi nell'udire le parole del principe mentre il Re si era limitato a schiudere le labbra.

Debole, era-era debole?

Lo avevano apostrofato con centinaia di epiteti ma debole, non pensava che se lo sarebbe mai sentito dire.

Era sopravvissuta a così tante cose ma ne era uscito vivo, ferito ma vivo. Non contava il suo impegno, la sua sofferenza e la sua miseria? No, agli occhi di Uraeus quelle erano debolezze.

"Lui-tu non sai cosa mi ha fatto lui." Aveva sibilato IblΔ«s, ferito nell'orgoglio.

Suo fratello non aveva la minima idea di cosa significasse soffrire, di cosa comportasse la mancanza di amore in un bambino.

Era stato piccolo anche il tremendo mostro che tutti temevano, aveva patito pene tremende l'uomo che il popolo detestava, eppure non importava a nessuno.

Contava solo la sua pazzia, non la causa.

Non si erano mai chiesti il perché fosse divenuto così e a nessuno era mai importato.

Uraeus aveva roteato gli occhi, sospirando pesantemente sotto lo sguardo ammonitore di Nasser. Bisognava essere cauti con le parole da usare ma al principe non interessava.

Era stanco di parlare con un simile soggetto, di sopportare le sue parole senza senso.

"L'unica cosa che sai fare Γ¨ lamentarti per dei colpetti che mio padre ti ha dato. Due schiaffi non ti hanno reso pazzo, IblΔ«s, lo sei sempre stato.

Hai sempre avuto il ruolo del perdente, del folle, in questo posto ed Γ¨ arrivato il tempo che lo accetti.

Non hai nulla che ti accomuni a mio padre, con tutta onestà ho il sospetto che tua madre si sia infilata nel letto di qualcun altro. Magari di qualcuno pazzo tanto quanto te, altrimenti non mi spiego come tu possa essere così-"

Nasser aveva interrotto Uraeus con un colpo ben assestato alla gamba, fermando il suo delirio. Aveva esagerato e, nonostante il consigliere non apprezzasse particolarmente il Re, pensava che avesse oltrepassato il limite.

IblΔ«s era rimasto immobile con lo sguardo fisso sul fratello. Non riusciva a vederlo, i suoi occhi si erano annebbiati e il suo udito era svanito. Tutto ciΓ² che sentiva era un acutissimo suono, doloroso e fastidioso al tempo stesso.

Aveva avvertito le mani di sua madre abbracciarlo, stringerlo al petto e cullarlo lentamente.

Non Γ¨ vero, gli sussurrava lei, baciandolo in viso, Γ¨ solo un bugiardo.

Se avesse avuto il suo cuore, l'avrebbe sentito spegnersi. Un'altra crepa si era appena creata nella psiche di IblΔ«s, rompendolo ulteriormente.

Era così danneggiato, in quel momento, così pieno di tristezza da credere che finalmente sarebbe morto. Ma quel momento non arrivò e senza rendersene conto si lasciò cadere, affondando nel suo spazio buio.

Precipitava, come una goccia quando s'infrange a terra, ma il colpo non voleva arrivare. La sua schiena non incontrava ostacoli e mai si piegava, le sue ossa non venivano fratturate dall'ardo cemento e nemmeno dalla soffice terra.

Era un cadere eterno, il suo, e voleva portare qualcun altro con sΓ©.

"Dei colpetti..." aveva sussurrato lui, portandosi una mano davanti al viso per trattenere le risa, "due schiaffi. Vuoi, vuoi vedere cosa mi ha fatto tuo padre?"

IblΔ«s si era alzato in piedi, afferrando Uraeus per il colletto senza riuscire a sentire le sue proteste. Gli avrebbe mostrato i colpetti che gli erano stati inflitti.

Era, ah! Era giusto che anche il fratello provasse ciΓ² che era stato costretto a sentire lui.

Aveva roteato il polso, lasciando cadere la presa che aveva sul colletto per afferrarlo da dietro la nuca.

I morbidi capelli di Uraeus gli avevano avvolto le dita, irritandolo ancora di piΓΉ.

Non c'era nulla di morbido, in lui.

IblΔ«s lo aveva quindi colpito dietro al ginocchio, sul cavo popliteo, facendogli perdere l'equilibrio. La gamba del fratello aveva quindi ceduto, tradendolo e facendolo finire a terra.

"Cosa stai-"

Ma il Re non l'aveva lasciato parlare, scoccandogli un colpo in pieno viso.

"Vali meno di un cane," aveva sussurrato lui, sputandogli in viso, "per questo il tuo posto Γ¨ a terra."

Uraeus aveva sgranati gli occhi, colpito sia dall'azione che dalle parole. La voce di Iblīs era divenuta, come per magia, così simile a quella del padre da spaventarlo.

E le parole, le parole che usava erano quelle dell'ormai defunto genitore.
I ruoli parevano essersi capovolti e ora era il Re ad entrare nel ruolo dell'aguzzino.

Piegandosi leggermente sulle ginocchia aveva rafforzato la presa sui capelli del principe, trascinandolo davanti all'alto specchio che sostava di fianco all'armadio.

Con la mano libera aveva afferrato Uraeus dal davanti, costringendolo a stare a quattro zampe davanti al vetro.

Voleva che vedesse, che capisse cosa aveva dovuto passare.

"Guarda," gli aveva sussurrato IblΔ«s, "guarda quanto fai schifo."

Il minore dei due aveva sentito le lacrime affiorare mentre lanciava uno sguardo verso Nasser. PerchΓ© non si alzava per aiutarlo? Il consigliere si era limitato ad osservare la scena con le sopracciglia aggrottate.

Uraeus se l'era cercata.

Era stato uno stolto a credere che le sue parole non avrebbero avuto un risvolto negativo e ora, a quattro zampe sul pavimento, ne soffriva le conseguenze.

Il Re aveva rivolto un sorriso largo, entusiasta, a suo fratello. Si, avrebbe condiviso con lui una parte della sua memoria.

Quindi aveva mosso la gamba indietro, colpendo Uraeus sullo stomaco.

Gli sembrava di sentire il suo dolore, dandogli l'impressione d'esser tornato indietro nel tempo.

Toccava a lui, toccava a lui infliggere dolore e a loro subirlo. Gli stava bene, se lo meritava quel maledetto.

Lo aveva rifiutato, no? E ora lui avrebbe rifiutato Uraeus, era semplicemente corretto, no? Bisognava essere paritari, in famiglia, e quindi ognuno doveva condividere con l'altro qualcosa.

IblΔ«s aveva deciso che per un'occasione tante speciale, avrebbe spartito tutto il male che per anni aveva trattenuto.

I calci erano divenuti troppi da contare e ognuno di essi cresceva di intensitΓ  man mano che il Re continuava a sferrarli.

Lo stomaco di Uraeus si era contratto, piegato e attorcigliato per decine di volte prima di costringerlo a rigettare il pranzo sul pavimento.

Notando lo scempio, IblΔ«s aveva mollato la presa solo per bloccarlo a terra con la suola della scarpa.

No, non aveva ancora finito di condividere.

Aveva sfilato i lacci di cuoio che teneva legati attorno alle braccia, afferrando le due estremitΓ  con le mani.
Era solito indossarle per lasciare sul suo corpo una qualche traccia del ricordo di ciΓ² che gli era stato fatto.

"Togliti la camicia." Aveva sibilato il Re, spostando il piede dalla schiena del fratello.

Quest ultimo aveva boccheggiato, tossendo e pulendosi la bocca dai rimasugli di bile.

Gli aveva quindi rivolto uno sguardo truce mentre stringeva i pugni, avvertendo il dolore diradarsi in ogni angolo del suo corpo.

"Fottiti."

Uraeus si era esibito in un verso di scherno, sostituito presto da uno di dolore e agitazione quando IblΔ«s si era piegato, appoggiandosi con le ginocchia sulla sua schiena.

Gli avrebbe rotto qualche osso e non gli importava.

"No," il sovrano aveva scosso la testa per poi avvolgere i lacci attorno al collo del fratello, "fottiti tu."

A T T E N Z I O N E

Ho iniziato lo stage e sto lavorando con una signora che, purtroppo, ha delle allucinazioni piuttosto "turbanti" visto lo stato in cui la lasciano.

È così strano vedere dal vivo scene che nel libro ho magari scritto; mi sembra di provare una sorta di empatia per Iblīs adesso che ho sperimentato la questione dal vivo.

E nulla, volevo condividere questa cosa con voi :)
Un bacio <3

P.S. la prima parte del capitolo non Γ¨ granchΓ©, mi rifarΓ² la prossima volta.

BαΊ‘n Δ‘ang đọc truyện trΓͺn: AzTruyen.Top