18| Pazuzu Il Demone Del Vento
𝕹𝖔𝖓 𝖛𝖔𝖑𝖊𝖛𝖔 𝖋𝖆𝖗𝖌𝖑𝖎 𝖉𝖊𝖑 𝖒𝖆𝖑𝖊, 𝖉𝖊𝖘𝖎𝖉𝖊𝖗𝖆𝖛𝖔 𝖘𝖔𝖑𝖔 𝖚𝖈𝖈𝖎𝖉𝖊𝖗𝖑𝖎.
-David Berkowitz
La biblioteca del palazzo era enorme, più di qualunque altra Asteria avesse mai visto. C'era da dire, però, che ne esistevano poche e questa era certamente tra le più vaste.
Le librerie sfioravano il soffitto e gli scaffali, lunghi almeno due metri, erano totalmente pieni di volumi grandi o piccoli.
Al fianco di ogni libreria vi erano delle scale che, con un po' di forza, potevano esser mosse lateralmente per raggiungere gli scaffali più alti.
Asteria non era sicura di cosa stesse cercando, forse voleva solo una via di fuga dagli avvenimenti di qualche ora prima.
Erano circa le due del mattino e lei, non trovando sonno, si era persa tra i lunghi corridoi del palazzo.
Le porte della biblioteca erano grandi, possenti, con una scritta incisa sopra.
Inter sidera versor.
Non aveva idea di cosa significasse e, onestamente, era curiosa di scoprirlo.
Adesso che si aggirava tra i libri, vecchi e nuovi, la parola era totalmente sfuggita dalla sua mente lasciando posto solo alla ricerca di un volume interessante.
Aveva letto molto, durante il corso della sua vita, ma dubitava che sarebbe mai riuscita a leggere così tanti libri.
Più vagava e più si chiedeva chi avesse scritto tutto ciò; dubitava fosse un suo compatriota ad averlo fatto.
Dopotutto la sua nazione era nota per il tasso elevato di analfabetismo. Solo da qualche centinaio d'anni i suoi concittadini avevano abbandonato i geroglifici, modernizzandosi fino ad arrivare ad una sorta di alfabeto.
Aveva spostato gli occhi su uno dei libri ridotti peggio, con la copertina impolverata e consumata ai lati.
Il titolo era La Nascita Del Nuovo Regno e, con suo sollievo, era stato scritto nella sua lingua madre.
Non le erano mai piaciuti i racconti biografici o riguardanti politica, geografia e guerra, ma quello aveva attirato la sua attenzione.
Con le punte delle dita aveva afferrato l'estremità del tomo, tirandolo verso di sé per osservarlo meglio.
L'odore della carta mischiato alla polvere le aveva fatto arricciare il naso, senza però fermarla dall'aprirlo.
Capitolo primo: la maledizione del secondo Re.
Aveva aggrottato le sopracciglia mentre faceva scorrere gli occhi sulle parole, sempre più confusa.
Il secondo Re d'Egitto era Iblīs, ricordava di averlo studiato in orfanotrofio, il primo capitolo doveva quindi parlare di lui.
Asteria aveva pensato che solo un narcisista avrebbe mai potuto acquistare un libro su se stesso. Forse il suo Re trovava divertente leggere la sua storia da un altro punto di vista.
Chissà quanta verità c'era in quelle righe e, di contro, quante menzogne. Avrebbe potuto chiederglielo ma oh, non voleva che Iblīs pensasse fosse curiosa verso i suoi riguardi.
Lo era, ovviamente, ma ammetterlo non era un'opzione.
«Il secondo Re d'Egitto, il quale nome è doloroso anche solo da pronunciare, nacque da Nafisah e Amin, al tempo primo sovrano.
Di questi due piloni fondamentali per la nostra società attuale, però, si sa relativamente poco.
Nafisah morì di parto, all'età approssimativa di ventidue anni, dando alla luce il suo primo e unico figlio: Iblīs.
Il nome del bambino fu scelto, a quanto narra la leggenda, sei mesi dopo la sua nascita. Suo padre, Amin, accecato dal dolore per la perdita della moglie, decise di maledire l'infante con un nome comune a quello del diavolo.
Iblīs, Shaythan, è infatti l'appellativo del diavolo. Nonostante il bambino avesse un nome, la servitù si rifiutava di usarlo. Non portava bene dire ad alta voce il nominativo del demone per eccellenza.
Il secondo Re, all'epoca ancora principe, visse isolato dalla società fino al compimento dei sei anni, quando una concubina diede alla luce il secondo figlio di Amin: Uraeus.
Il nome di quest ultimo era simbolo della forza e della potenza di un sovrano, il suo simbolo incuteva sottomissione e paura nei sudditi.
Uraeus era quindi totalmente diverso la primogenito, con un nome degno di un Re e con l'affetto di ogni membro del castello.»
Asteria aveva trattenuto un respiro, bloccandoselo in gola per calmarsi. Credeva che i due fratelli condividessero gli stessi esatti legami di sangue, invece pareva che l'unico collegamento tra i due fosse il padre.
Perché, però, odiare un infante per la morte della propria compagna? Asteria non se ne capacitava. Era quasi normale, a quel tempo, morire di parto.
Ogni donna disposta a mettere al mondo un figlio era consapevole del rischio, così come lo erano gli uomini. La situazione igienica popolana era scarsa, le strutture in cui si veniva assistite per il parto erano costose e ci si doveva quindi arrangiare.
Aveva provato una punta di pena e di tristezza nel leggere della miserabile infanzia che Iblīs aveva avuto.
Lei aveva avuto la fortuna, per lo meno, di crescere circondata da persone.
«Iblīs crebbe e, con lui, anche l'astio per il padre e il fratello. Aveva imparato a star da solo e, ormai abituato all'idea, aveva smesso di curarsene.
Ma l'odio cresceva dentro di lui, cibandosi dei suoi dolorosi ricordi e alimentando in lui il desiderio di vendetta.
Chiamatela casualità o destino, ma Iblīs stava crescendo come la vera reincarnazione del diavolo.
Si narra, quindi, del fatidico giorno in cui Amin invecchiò. La guerra lo aveva stravolto, lasciando di lui solo un guscio vuoto e anaffettivo.
Persino Uraeus, il figlio prediletto, aveva smesso di ricevere quell'amore paterno che Iblīs mai aveva provato.
E mentre il primo vegliava sul corpo dormiente del padre, il secondo lo visitava solo di notte.
Totalmente uguale alla madre, parlando dell'aspetto fisico, il primogenito si divertiva a torturare la mente dell'uomo.
Amin aveva perso la moglie a causa del parto ed Iblīs, con il suo viso e le sue fattezze, gliela ricordava costantemente.
Arrivò quindi il giorno in cui il corpo del Re cedette, lasciandolo immobile sul letto. A muoversi solo le palpebre e le labbra che, con movimenti convulsi, dichiaravano il suo volere.
Avrebbe condannato il figlio ad una vita infinita, fatta di sofferenza e miseria, e assieme a lui trascinò nel baratro tutti coloro che alloggiavano nel palazzo.
Fu coinvolto quindi Uraeus e con lui tutti i servi.
La dannazione eterna, però, era troppo poco per un Re pieno d'odio; decise quindi di non lasciare ad Iblīs il privilegio della compagnia altrui.
Uraeus sarebbe stato libero di lasciare il palazzo, mentre Iblīs non avrebbe mai potuto oltrepassare i cancelli d'uscita.
I suoi servi, inoltre, sarebbero stati tramutati in animali e chiunque fosse entrato a palazzo sarebbe finito con il divenire immortale.
Tutti, a quel punto, avrebbero odiato Iblīs.
Uraeus partì subito dopo la morte del padre, compatendo il fratello senza voler però condividere con lui l'eternità.
Per un centinaio d'anni pare che Iblīs, divenuto Re grazie al diritto di nascita, rimase completamente solo.
Non si sa cosa accadde in quegli anni né quali furono le conseguenze per la psiche del Re, si sa solo che impazzì.
Iblīs, Shaytan, Azazel, Belzebú, Satana.
I nomi del diavolo sono molti, moltissimi, ma solo una è la sua forma terrena.
Possibile che sia il nostro Re, il male che tanto temiamo? E se così fosse, è giusto azzardare che forse, e solo forse, ciò che Iblīs è diventato sia frutto delle azioni degli altri? O è nato, semplicemente, con il peccato nel cuore?»
**
"Hai una brutta cera."
Asteria lo sapeva ma non se ne dava la colpa. Non era riuscita a dormire nemmeno per un minuto, non con Iblīs al suo fianco e non dopo aver letto il primo capitolo del libro.
Oggetto che teneva ora nella sua borsa di stoffa, chiusa ermeticamente dalle sue mani per non lasciare che fosse visibile.
Avrebbe letto il resto una volta arrivata a casa.
L'esperienza quasi mortale che aveva avuto la sera prima l'aveva lasciata scossa e impaurita. Non ne aveva parlato a nessuno, nemmeno a Nasser che ora la guardava preoccupato.
Parlarne non le sarebbe servito a nulla, e comunque sia non era certa che sarebbe riuscita a rivivere quel
momento, anche se solo a parole.
Aveva pensato di aver subito cose peggiori, da Iblīs, ma nessuna delle quali coinvolgeva una sua ipotetica morte.
Tre giorni, Asteria aveva tre giorni per tornare a casa sua, dai suoi affetti. Sarebbe partita a cavallo in pochi minuti, giusto in tempo per vedere il sorgere del Sole.
Il solo pensiero di andarsene la rendeva felice, infondendole un senso di tranquillità. Voleva rivedere Alisha e Azef, le mancavano moltissimo.
Il suo negozio di libri sarebbe stato il secondo posto che avrebbe dovuto visitare. Avrebbe raccolto qualche tomo, solo i suoi preferiti, e li avrebbe portati con sé.
Se fosse stata fortunata avrebbe preso anche qualche pergamena, dei suoi vecchi abiti e qualcosa di casa.
Avrebbe quindi posto tutto nella camera che Iblīs le aveva dato, così da illudersi d'essere ancora nella precedente abitazione.
"Come hai fatto a convincere il Re? Pensavo ti ci sarebbe voluto più tempo." Nasser l'aveva condotta alle stalle, studiando ogni cavallo con occhio critico.
Doveva scegliere bene: una bestia veloce, forte e obbediente. Se avesse trovato un animale del genere, si sarebbe sentito più tranquillo.
Iblīs gli aveva suggerito di preparare una sottospecie di carrozza o di ordinare a qualcuno di scortare Asteria, ma la ragazza aveva rifiutato.
Voleva cavalcare da sola, libera, senza nessuno a ricordarle il legame tra lei e quel luogo dimenticato da Dio.
"Ho seguito i tuoi consigli," era in parte vero, il resto della storia l'avrebbe tenuto per sé.
Gli occhi di lei si erano scontrati con quelli scuri e grandi di un cavallo, un maestoso cavallo dal manto nero.
La fissava come se fosse un umano considerevole, qualcuno che la capiva. Era così strano ma così meraviglioso da lasciarla senza fiato.
Non aveva pensato molto mentre si avvicinava all'animale, allungando una mano verso di esso per farsi annusare.
"Stai attenta, quel maledetto ha il vizio di ferire chiunque gli si avvicini. È sumero, forse per questo ha un caratteraccio."
Nasser aveva fatto un passo in avanti, pronto a scostarla dal cavallo, quando quest ultimo gli aveva scoccato uno sguardo torvo, nitrendo.
Ad Asteria era sembrato strano il modo in cui la bestia pareva capire le loro parole, ma aveva deciso di non indagare oltre.
Avrebbe chiesto successivamente delle spiegazioni, ma non ora.
"Ha un nome?" Il muso del quadrupede si era scontrato contro il palmo della sua mano, strusciandosi un paio di volte contro di esso.
Il contatto era stato improvviso ma delicato, quasi di conforto, per questo non si era scostata.
"No, nessuno lo cavalca da anni. Potresti dargliene uno te."
L'animale aveva nitrito per la seconda volta con lo sguardo puntato verso l'uomo, come annoiato dalle sue parole. Asteria lo aveva trovato divertente e così aveva annuito, facendo passare una mano sulla criniera scura.
Era incredibilmente morbida, quasi come dei capelli.
"Che ne dici di Pazuzu? Come il demone babilonese, Re degli spiriti malvagi dell'aria. Scommetto che galoppi come se dovessi volare."
Aveva strofinato la mano contro il muso del cavallo, parlandogli come se si aspettasse d'esser capita.
Nasser aveva ridacchiato, prendendo in giro sia lei che l'animale mentre mormorava un "ecco a voi il secondo Re demoniaco!"
Il nitrito del mammifero li aveva, comunque sia, colti alla sprovvista così come il suo annuire verso Asteria.
Quest'ultima aveva sgranato gli occhi, senza fiato.
"Sembra quasi che mi capisca." In risposta aveva ricevuto, dal cavallo, l'ennesimo grugnito.
Nasser s'era invece fatto serio mentre si massaggiava la nuca, ridacchiando nervosamente.
"Già, che stranezza."
Qualcosa era scattato nella sua testa, lasciandola immobile e confusa al tempo stesso. Le sembrava di avere un'idea, una realizzazione, sulla punta della lingua senza però riuscire a processarla.
Non le aveva dato il tempo di dire altro, facendo uscire Pazuzu dal suo piccolo angolo di stalla. Asteria aveva davanti a sé un animale maestoso e, con tutta probabilità, possibilmente letale ma non riusciva ad esserne intimorita.
Era certa che non le avrebbe fatto del male, non poteva però dire lo stesso di Nasser. Aveva quindi ipotizzato che l'uomo avesse fatto qualcosa al povero cavallo, guadagnandosi il suo astio.
Non le importa molto, in realtà.
Fin quando Pazuzu l'accettava poteva star tranquilla e, dalle occhiate imploranti che le stava lanciando, credeva di stargli simpatica.
Si era esibita in una smorfia scioccata mentre processava i suoi stessi pensieri. Simpatica ad un cavallo, che diamine aveva che non andava?
Aveva posato la mano destra sopra il collo del suo nuovo compagno di viaggio, aprendo la porta delle stalle per scortarlo fuori.
Dal passo lento e calcolato del cavallo aveva realizzato che, con molta probabilità, non usciva da molto tempo.
"Vieni, il Re e suo fratello ti aspettano per salutarti."
Asteria dubitava fortemente che volessero salutarla, ne era certa per quanto riguardava Uraeus. Dopotutto era stata lei la causa del suo scontro, se così poteva definirlo, con Iblīs.
E quest ultimo, invece, che motivo poteva mai avere per presentarsi alla sua dipartita? Non gli era forse bastato tormentarla la sera prima?
Il solo pensiero di vederlo l'aveva nauseata, facendole aggrottare le sopracciglia ed arricciare il naso in un'espressione disgustata.
Pazuzu, se non altro, sembrava condividere con lei il suo malessere. Anche lui, un semplice e mero cavallo, aveva calato la testa nell'esatto momento in cui il Re era stato nominato.
I suoi zoccoli avevano scavato due piccoli solchi nel terreno mentre, agitato, sbuffava dal naso.
Asteria aveva deciso di montare subito in sella, senza aspettare di incontrare il Re e suo fratello. Con la sacca stretta al petto aveva quindi posizionato le mani sulla lunga criniera di Pazuzu, invogliandolo ad avanzare con un lieve colpo di talloni.
Se avessero tentato di fermarla, avrebbe spinto il cavallo a correre.
Nasser le aveva rivolto uno sguardo accigliato, forse in disaccordo con le sue azioni, senza però dirle nulla.
Più la guardava e più gli sembrava preoccupata, per questo aveva deciso di non dirle nulla. Sperava soltanto che il Re avrebbe fatto lo stesso.
Asteria aveva impiegato il maggior tempo possibile per arrivare ai cancelli di uscita, consapevole dell'imminente incontro.
Il ricordo di ciò che aveva letto era salito in superficie, infastidendola ulteriormente. Non sapeva come sentirsi a riguardo del Re.
Era davvero frutto di ciò che gli era stato fatto, o era semplicemente nato in quel modo? Non credeva possibile che qualcuno potesse nascere malvagio, ma allo stesso tempo sperava che fosse così.
Le sembrava di giustificare le azioni di Iblīs con ciò che il padre gli aveva fatto, con l'abbandono che aveva dovuto subire da parte del fratello.
Poteva davvero dare la colpa a qualcun altro? No, il Re era capace di intendere e di volere, o almeno lo era stato.
Adesso non pensava che fosse nel pieno delle sue capacità, forse non lo sarebbe mai stato.
Come Nasser aveva promesso: Iblīs e Uraeus si trovavano alle porte d'uscita, entrambi con le braccia dietro la schiena e nel bel mezzo di quella che pareva essere una conversazione importante.
Pazuzu aveva grugnito, alzando di poco gli zoccoli da terra per rendere la sua presenza ben nota ai due.
Asteria gli aveva quindi riservato un paio di carezze, tentando di calmarlo. Dava la colpa al fatto che, con molta probabilità, non usciva dalla stalla da chissà quanto tempo.
"Tra tutti i cavalli proprio lui..." aveva borbottato Uraeus con un sorriso divertito in volto.
Aveva guardato prima lei e poi l'animale, rivolgendogli un ghigno che sapeva di presa in giro.
Pazuzu aveva quindi nitrito, puntando il muso contro il principe con aria minacciosa.
"Shh, stai calmo." Con la mano destra gli aveva toccato il collo, strofinando la guancia vicino alle sue orecchie per confortarlo.
Azef lo faceva spesso con i suoi cavalli e, di solito, funzionava.
"Pare proprio che tu sia riuscita ad affascinarlo." L'espressione divertita di Uraeus non aveva mai lasciato il suo volto, incrementandosi ad ogni parola.
Iblīs era invece rimasto in silenzio, analizzando sia lei che la bestia con sguardo curioso.
"Affascinare un cavallo?"
Con sua sorpresa il Re aveva annuito, rispondendo al posto del fratello mentre avanzava di due passi.
Pazuzu sembrava essere in pena mentre muoveva la testa da un lato all'altro, sbuffando e battendo gli zoccoli a terra.
"Non si lascia montare facilmente," era stata la spiegazione di Iblīs, "non da me, per lo meno."
Asteria aveva annuito, quasi contenta del fatto che il cavallo le avesse permesso di avvicinarsi a lui.
Uraeus aveva quindi dato una pacca sulla spalla al fratello, ridendosela di gusto mentre girava attorno alla bestia, ispezionandola a dovere.
Nasser era rimasto, invece, immobile sul suo posto, lanciando qualche sguardo ad Asteria per assicurarsi che avesse una presa salda sull'animale.
Se fosse caduta si sarebbe sicuramente fatta male e sarebbe toccato a lui, e forse ad una o due femmine, medicarla.
"Ah, si, sembra proprio che l'animale odi sia me che Iblīs, sopporta a stento Nasser."
La ragazza non aveva saputo che altro dire, limitandosi ad annuire per la seconda volta.
Vedere il Re l'aveva lasciata con la gola secca assieme all'inabilità di pronunciare anche una singola parola.
Senza rendersene conto aveva stretto la presa sulla sua borsa, percependo il libro sotto le punte delle dita.
Lo sguardo di Iblīs aveva seguito i suoi movimenti con curiosità, senza però chiederle cosa tenesse al suo interno.
Ad Asteria sembrava quasi che lo sapesse, e la cosa la rendeva ansiosa. Come avrebbe reagito nel sapere che stava indagando su di lui?
"Ho un dono per te." Aveva mormorato il Re, senza mai distogliere lo sguardo da quello di lei.
Gli piaceva il modo in cui gli occhi di lei danzavano sul suo viso, assorbendolo a piccole dosi, così come amava vedere le sue labbra schiudersi e serrarsi meccanicamente.
Non sapeva che dire, lo capiva dal modo in cui accarezzava maniacalmente l'animale.
Iblīs era certo di aver fatto almeno tre passi indietro con Asteria, perdendo la sua fiducia almeno per metà. In realtà non era certo che ne avesse mai
avuta, forse la ragazza aveva solo finto di affidarsi a lui.
Aveva estratto da una borsa di stoffa una scatola nera, a forma di pentagono, allungandogliela.
Il contatto con le dita di lui lo aveva lasciato senza fiato e con l'istinto di afferrarle la mano, tirandola verso di sé.
Asteria era stata però più veloce di lui, prendendo la scatola con velocità che non sapeva di possedere e scostandosi con altrettanta destrezza.
Aveva quindi iniziato ad aprire gli angoli della scatola, venendo fermata da Iblīs.
Ghignava, il Re ghignava mentre muoveva l'indice a destra e a sinistra, negandole il permesso di continuare.
"Oh no, Miel, credimi: non vuoi aprirla adesso."
Gli aveva creduto.
Forse a causa del suo sguardo fermo, sicuro, o magari era semplicemente ingenua. Con la mano ancora tremante aveva infilato la scatola nella sua
borsa, annuendo verso di lui.
"Tre giorni." Iblīs aveva sentito il bisogno di ricordarglielo, solo nel caso in cui avesse deciso di non ascoltarlo.
Asteria aveva tossito una e due volte, cercando le parole. Aveva quindi abbassato lo sguardo verso Pazuzu, dandogli un lieve colpo di talloni per spingerlo ad iniziare a trottare.
"Tre giorni."
A T T E N Z I O N E
Inter sidera versor: mi sposto tra le stelle, in latino.
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