17| La Bambola Rotta


𝕹𝖔𝖓 𝖒𝖎 𝖎𝖒𝖕𝖔𝖗𝖙𝖆 𝖘𝖊 𝖛𝖎𝖛𝖔 𝖔 𝖘𝖊 𝖒𝖚𝖔𝖎𝖔. 𝕱𝖆𝖙𝖊𝖛𝖎 𝖆𝖛𝖆𝖓𝖙𝖎 𝖊 𝖚𝖈𝖈𝖎𝖉𝖊𝖙𝖊𝖒𝖎.
-Jeffrey Dahmer

"Lasciami tornare a casa."

Asteria non riusciva a comprendere cosa si celasse dietro lo sguardo sconcertato di Iblīs. Le sembrava di star assistendo ad un'emozione totalmente nuova e ancora non scoperta dall'essere umano.

Il Re si era leccato le labbra per poi aggrottare le sopracciglia, evitando di guardarla.

Improvvisamente gli pareva di odiarla.
Detestava i suoi occhi liquidi, il miele che le si fondeva nell'iride e tutte quelle pagliuzze scure ad adornarla e dio, quante diamine erano?

Avrebbe voluto contarle una ad una per farsi un'idea più chiara ma non riusciva; più le guardava e più si sentiva nauseato.

Voleva andarsene, lasciarlo lì e abbandonarlo.

Perché? Non era forse stato buono, con lei? Non le aveva dato motivo di andarsene, giusto? No, certo che no!

Lui era stato bravo, diligente, persino caritatevole verso quella femmina. Aveva dipinto per lei, diamine!

"Casa..questa-questa è la tua casa." Le aveva accarezzato il collo per poi stringerglielo.

E se l'avesse uccisa? In quel modo non se ne sarebbe potuta andare, l'avrebbe condannata a rimanere lì, con lui, per sempre.

Ma poi il suo corpo si sarebbe deteriorato e lei sarebbe semplicemente svanita. O forse avrebbe visto il suo fantasma passeggiare per i corridoi, rincorrendolo e torturandolo per il resto della sua esistenza.

Non sarebbe forse stato romantico? Un'eternità insieme. Quel pensiero lo deliziava al punto in cui sorridere era divenuta una sua priorità.

Asteria aveva annaspato alla ricerca d'aria mentre osservava lo sguardo di Iblīs farsi sempre più cupo.

Doveva agire, dire o fare qualcosa prima di esser privata totalmente dell'ossigeno.

"È qui la mia casa, si, ma io-" aveva boccheggiato lei, attirando la sua attenzione, "ecco io pensavo volessi conoscermi. Ho un negozio, un negozio di libri. Volevo portartene uno in dono."

Non sapeva quanto la sua scusa potesse funzionare ma era certa d'esser sembrata credibile. Iblīs avrebbe associato il suo tono tremolante alla mancanza d'aria e non al fatto che stesse mentendo.

La stretta sul suo collo si era allentata, lasciandola libera di respirare ma non di muoversi. In ogni caso non si sarebbe spostata, non in una situazione del genere.

Iblīs aveva aggrottato ancora di più le sopracciglia chiare, squadrandola per capire se stesse dicendo la verità.

Non le credeva, non si fidava nemmeno un po' ma dopotutto non esisteva una si gola persona su cui lui facesse affidamento.

Aveva quindi pensato di essere paranoico e senza pensarci troppo si era abbassato a baciarle una clavicola.

Si, se avesse voluto scappare non gli avrebbe chiesto il permesso, no? Doveva aver fiducia in lei.

Fino a quel momento non gli aveva dato motivo di dubitare di lei, quindi poteva permettersi di rilassarsi.

"L'esterno è pericoloso." Aveva bisbigliato Iblīs, deglutendo a vuoto mentre le accarezzava i capelli scuri.

Non poteva lasciarla andare via, da sola, circondata da umani con chissà quali intenzioni. Lui poteva proteggerla solo lì dentro, l'esterno era un posto inaccessibile per lui.

Era quasi ironico come il Re si sentisse angosciato. Pensava che al di fuori del palazzo Asteria sarebbe morta o si sarebbe ferita ma, ahimè, non era forse stato lui il primo a farle del male?

"Ho vissuto lì fuori per anni e sono ancora viva," si era dovuta trattenere dal dire altro, decidendo di pensare attentamente a cosa dire.

Forse avrebbe dovuto aspettare a chiedergli una simile concessione ma non era riuscita a contenersi. Doveva andarsene, staccarsi da quel posto per un po' prima di perdere completamente la testa.

Avrebbe forse dovuto pregarlo? No, era fuori questione. Sarebbe risultata sciocca e debole e quello non era il suo obiettivo.

Iblīs aveva trattenuto il respiro per qualche secondo mentre pensava all'idea di Asteria.

Lei voleva farsi conoscere, era questo ciò che aveva detto. E lui, lui voleva conoscerla? Non ne era sicuro.

Una bambola non andava conosciuta ma usata, quindi cosa voleva esattamente da lei? Doveva capirlo in fretta e agire di conseguenza.

"Perché non ordinarti semplicemente di dirmi tutto ciò che voglio sapere? Potrei farlo, dopotutto sono il Re, quindi perché..."

Era confuso e, onestamente, non sapeva cosa lo bloccasse dall'imporre la sua autorità su di lei.

Asteria aveva deglutito un groppo d'ansia, annuendo come a dargli ragione.

"Sei il Re e, di conseguenza, puoi ordinare ciò che vuoi ma, in quel caso, il nostro non sarebbe un rapporto sincero.

Mi permetti di chiederti cosa vuoi da me: un animale da compagnia o una persona realmente volenterosa di capirti?"

L'aveva visto far saettare gli occhi verso di lei con velocità tale da lasciarla senza respiro. Le sue iridi erano così inverosimilmente affascinanti ed uniche da farle venire i brividi.

Era così ingiustamente bello da darle fastidio.
Non era giusto che lo fosse così come non era giusto trovarlo attraente.

Era sicura che Alisha non lo avrebbe trovato per niente affabile, forse ne sarebbe stata persino disgustata.

Ma allora perché lei ne era così affascinata?

Ancora con la mano di lui contro la gola aveva alzato il braccio, allungando le dita verso i suoi capelli.

Erano così bianchi e oh, sembravano così morbidi.
Voleva toccarli, verificare da sé quanto fossero realmente soffici.

Lui l'aveva lasciata fare, pregando che si sbrigasse.
La sua mano si era quindi scostata dal collo di Asteria per afferrarle il braccio, guidandoglielo verso i suoi capelli.

"Posso?"

"Non devi chiedere il permesso per toccarmi." L'aveva sussurrato a voce talmente bassa da farle credere d'esserlo immaginata.

Appena le sue dita erano entrate in contatto con la chioma di Iblīs si era sentita più leggera.

Poteva davvero permettersi di toccarlo? Lo stava facendo per completare il suo piano o per un puro scopo egoistico?

Si rifiutava di pensare di volere tutto ciò.

Aveva fatto passare la mano tra i ciuffi bianchi,
osservando il modo in cui si affacciavano tra le sue dita, cadendo sulla fronte di lui con naturalezza.

Sembrava un momento così normale da far paura.

Iblīs aveva avvicinato ancora una volta il viso al suo, facendo scontrare le loro fronti, per poi emulare i movimenti di lei.

La sua mano destra era affondata nei capelli di Asteria, massaggiandole lo scalpo con movimenti lenti ma decisi.

Istintivamente aveva chiuso gli occhi, rilassandosi, e smettendo quindi di accarezzare Iblīs.

Il momento di calma, comunque sia, era durato poco visto che il Re stesso aveva terminato il suo massaggio.

"Non fermarti," aveva mormorato lui, muovendo la testa contro la mano di Asteria, quasi come fosse un gatto.

Non fermarti, non ti ho detto di farlo.

Era quello che avrebbe voluto dirle, eppure si era trattenuto. Perché l'aveva fatto?

Lei aveva annuito senza pensarci troppo, riprendendo ad arrotarsi alcune ciocche dei suoi capelli contro le dita.

Era relativamente semplice, per lei, spegnere i pensieri e rifiutarsi di ragionare. Le bastava chiudere gli occhi per immaginare d'esser sola, per illudersi di non star sbagliando.

Non era così che doveva andare, non era così che voleva che andasse.

Iblīs, dal canto suo, non pensava a nulla.
La sua mente, che di solito era affollata di parole, ero ora bianca e vuota. Non avrebbe saputo dare un nome a una sensazione del genere, sapeva però che era piacevole.

Essere completamente alienato da tutto, incapace di pensare e di parlare, lo rendeva docile.
Asteria lo aveva notato con una punta di felicità. e di soddisfazione.

La giovane donna non riusciva più, a differenza dell'uomo, a tenere il silenzio intatto.

"Com'è il rapporto tra te e Uraeus?" Nonostante non servisse essere un buon osservatore per comprendere che tra i due non scorreva buon sangue, Asteria ne voleva la conferma.

Aveva visto Iblīs tagliare la gola del fratello come fosse carta, senza nessun accenno di dispiacere o di rimorso.

Era come se quel movimento fosse stato di routine, per lui, e non avesse quindi un significato.
Quante gole aveva dilaniato in tutti quegli anni?

Asteria sapeva che la risposta era "tante", ma ciò nonostante era anche certa che non lui non le avrebbe mai fatto una cosa simile.

Non per buonismo, sia chiaro.
Se avesse dovuto ucciderla l'avrebbe fatto in maniera totalmente diversa, quasi poetica.

Iblīs aveva grugnito mentre le stringeva il polso, stendendosi accanto a lei per non pesarle ulteriormente.

"Come fai a conoscere il suo nome?"

La ragazza si era paralizzata sul posto, muovendo solo gli occhi in modo tanto frenetico da far incuriosire il Re.

Cosa aveva da nascondere?

Senza nemmeno pensarci si era girato di lato, appoggiando una gamba contro lo stomaco di lei per bloccarla dal muoversi.

Aveva quindi posizionato le braccio ai lati della testa di Asteria, imponendole di guardarlo. Aveva sempre odiato le menzogne, forse per questo non era mai riuscito a dirle.

Dopotutto la verità faceva male e lui, ormai, era pratico con il dolore. Era sicuro che abituandovici si potesse trasformare in un qualcosa di gradevole.

Se Asteria gli avesse tirato i capelli, in quell'esatto momento, inclinandogli la testa all'indietro fino ad esporgli completamente il collo ne sarebbe stato deliziato. Le aveva silenziosamente dato il permesso di ferirlo, ma solo fisicamente: la sua psiche era già abbastanza danneggiata.

Iblīs si era costretto a sbattere le palpebre un paio di volte nel tentativo di ritrovare la concentrazione che aveva perso poco prima. Non ricordava perfettamente cosa le avesse chiesto e quale fosse il motivo dietro il suo fastidio.

Sapeva solamente di avere qualcosa nello stomaco che, maligno, gli stava divorando le interiora. Era forse ansia, quella che provava?

Ma ansia per cosa? Aveva stretto gli occhi con forza, concentrandosi sul buio dietro le sue palpebre per ricordare.

"Nasser me ne aveva parlato, per questo conosco il suo nome." Era stata l'unica scusa sensata alla quale era riuscita a pensare. Credeva, comunque sia, di averlo ingannato a dovere vista l'espressione che aveva in viso.

Lui aveva brevemente annuito, ancora confuso, tentando di fare due più due per capire di cosa stessero parlando.

Erano bastati venti secondi per riportarlo nuovamente al suo stato confusionale.

Asteria lo aveva osservato attentamente, notando l'indugiare dei suoi occhi contro le sue clavicole. Inizialmente aveva pensato d'essersi sporcata, poi di averlo semplicemente attratto e, alla fine, si era dovuta ricredere.

Iblīs la guardava ad occhi sgranati dal terrore, le mani tremanti e il respiro velocizzato. Non le ci era voluto molto per capire di star assistendo ad uno dei suoi attacchi.

Cosa avrebbe dovuto fare? Bisognava distrarlo o sperare che le sue allucinazioni sparissero da sole? Non lo sapeva, lei non sapeva dannatamente nulla di come comportarsi.

Se avesse gridato magari qualcuno sarebbe accorso per aiutarla, ma c'era il rischio che Iblīs si spaventasse ancora di più.

Si era chiesta cosa stesse vedendo di così tremendo da ridursi in uno stato tanto pietoso.

Lui, dal canto suo, aveva iniziato a sentire la bile salire su per l'esofago e affacciarsi appena dietro l'ugola, pronta a sfociare fuori dalle sue labbra pallide.

Non aveva la più pallida idea di come il suo corpo fosse ancora in grado di produrre quella sostanza maleodorante visto che, a conti fatti, lui era praticamente morto.

I suoi organi sarebbero dovuti essere avvizziti, neri e marci quindi perché e come potevano continuare a funzionare?

Il suo cervello era forse il più coerente e il più rispettoso delle leggi della natura: il tempo non risparmia nessuno. La sua mente aveva seguito alla lettera tale regola, deteriorandosi fino a rendergli la vita un inferno ma non abbastanza per ucciderlo.

Lui, però, si sentiva morto.

Sotto di lui, davanti ai suoi occhi e vicino alle sue mani vi era ancora Asteria ma il suo petto, oh il suo petto era scosso da qualcosa che sotto la pelle si muoveva in maniera frenetica.

Cosa nascondeva lì sotto?

Riusciva a vedere una forma ovale spingere contro la carne di lei, pregando di uscire. Lui, si lui poteva aiutarla a tirar fuori qualsiasi cosa si celasse nel suo petto.

Con la mano ancora scossa dai tremiti aveva afferrato il pugnale, leccandosi le labbra con aria compiaciuta. Le avrebbe praticato un taglio netto e sottile proprio sotto le clavicole e con le mani avrebbe separato la carne, scavando tra le ossa e tra i muscoli alla ricerca di quel qualcosa che spingeva per uscire.

Asteria aveva sentito la lama del pugnale scorrere lentamente sul suo petto mentre Iblīs, ancora in trans, sorrideva.

Il maledetto stava per pugnalarla e l'unica cosa che riusciva a fare era sorridere?

La ragazza aveva preso dei respiri profondo, osservando il modo in cui il suo petto si scontrava con la lama ad ogni espirazione. Era colpa sua? Non sapeva se fosse stata lei ad istigare il Re o se fosse semplicemente uno scherzo della sua mente.

"Iblīs, Iblīs ascoltami, va bene? Tutto ciò che stai vedendo non è reale, esiste solo nella tua testa, ti prego ascoltami."

Respirare era divenuto quasi impossibile a causa dell'ansia ed ora, con le lacrime agli occhi, aveva iniziato ad entrare in iperventilazione.

"Se mi pugnali, dio, Iblīs se mi pugnali al cuore morirò, mi capisci? Rispondimi, diamine!"

L'allucinazione dell'uomo, però, non era esclusivamente visiva.

Vedeva le labbra di lei muoversi freneticamente ma le parole che udiva erano diverse da quelle che realmente pronunciava. Nella sua testa sentiva rimbombare la voce acuta e disperata di Asteria che lo pregava di aprirle il petto e di tirar via qualsiasi cosa vi fosse all'interno.

La poverina, in preda al panico, aveva iniziato a boccheggiare alla ricerca d'aria mentre si esibiva in versi strozzati di paura. Stava per ucciderla e non se ne rendeva nemmeno conto.

Sarebbe morta senza un motivo e lui, ah lui si sarebbe ridestato dalle sue allucinazioni solo per trovarla priva di vita e insanguinata.

Si era chiesta come avrebbe reagito nel realizzare una cosa simile. Forse avrebbe dato in pasto il suo cadavere alle fiamme o forse avrebbe pianto la sua perdita.

"Lasciami, lasciami andare Iblīs! Aiuto, vi prego, qualcuno mi aiuti!" Aveva tentato di scalciare il più possibile, posizionando le mani sulle spalle di lui per scostarlo. Ma il Re pareva esser divenuto un pezzo di ghiaccio: immobile e freddo mentre la osservava combattere per la sua vita.

Asteria era certa di non aver mai gridato così in forte in vita sua. La gola le doleva e le bruciava in maniera incontrollata, ma aveva deciso di non fermarsi.

Doveva attirare l'attenzione di qualcuno, di chiunque purché disposto ad aiutarla.

"Perché ti agiti tanto?" Aveva mormorato lui, chinando la testa fino a toccarle l'orecchio con le labbra, "Io voglio solo aiutarti." Con i denti le aveva morso il lobo, spingendo il pugnale un po' più in alto per spaventarla.

I singhiozzi di Asteria gli stavano perforando i timpani e, nonostante adorasse cibarsi della sofferenza altrui, li trovava fastidiosi e quasi dolorosi al tempo stesso.

Aveva lanciato uno sguardo al petto di lei, sconvolto nel constatare che non vi era più nulla a premere contro la pelle. Qualunque cosa vi fosse sotto la pelle della ragazza, era svanito da solo.

L'allucinazione pareva esser terminata ma la giovane, che di certo non se ne era resa conto, aveva continuato ad agitarsi e a singhiozzare.

La sua schiena si era inarcata fino a far scontrare i loro petti e Iblīs, senza pensarci troppo, aveva fatto scivolare il braccio attorno la vita di lei, tenendola quindi leggermente sollevata dal materasso e completamente attacca a lui.

Asteria aveva mugolato contro l'orecchio di lui, aggrappandosi con le mani sulla maglia del Re.

"Mettilo via, mettilo via!" Si era quasi strozzata con la sua stessa saliva nel tentativo di parlare e, come fosse un mantra, aveva continuato a ripetere quelle due parole fino alla sfinimento.

Iblīs si era limitato a gettare il pugnale sotto al letto, deglutendo a sua volta. Non l'aveva mai vista perdere le staffe in quel modo o gridare con così tanto vigore. Con la coda dell'occhio aveva notato quanto gli occhi di Asteria fossero spalancati e iniettati di sangue.

Si teneva a lui, alla sua maglia, come se si trattasse della sua stessa vita. Era così penoso e triste vederla lottare con così tanta ferocia per qualcosa di inutile.

Che senso aveva sbraitare e agitarsi? Perché aggrapparsi ad ogni possibilità di rimanere in vita se, alla fine, era più semplice morire? Se fosse stato lui al suo posto avrebbe scelto la morte.

"Tre giorni, hai tre giorni per stare nella tua vecchia abitazione. Se dopo questi tre giorni non sarai di ritorno-" non aveva completato la frase; non serviva.

Asteria era totalmente terrorizzata e in stato di shock, non pensava che gli avrebbe disubbidito. Era riuscito a romperla? Aveva fatto scorrere una mano tra i suoi capelli, tirandoglieli per farle inclinare la testa all'indietro.

Finalmente lo guardava, eppure non gli piaceva il modo in cui lo stava scrutando.

Perché continuava a piangere? Aveva gettato via il pugnale, quindi perché aveva ancora quell'espressione di puro terrore in viso?

Iblīs aveva deglutito un paio di volte, tentando di baciarle le palpebre con il solo risultato di vederla spostarsi. Gli sarebbe bastato rafforzare la presa sui suoi capelli per tenerla ferma e baciarla, ma poteva davvero farlo?

Era stato colpito da una forte fitta al petto mentre la osservava grugnire e singhiozzare, disfando il trucco quasi inesistente che le avevano applicato sugli occhi.

"Mi dispiace, Miel."

Improvvisamente gli sembrava di non essere in grado di parlare, come un bambino mortificato aveva nascosto la testa nell'incavo del collo di Asteria, baciandoglielo un paio di volte prima di chiudere gli occhi.

Il petto di lei aveva avuto un altro spasmo mentre tentava di calmarsi.

Iblīs era completamente sdraiato su di lei, con il viso nascosto tra i suoi capelli e le labbra che le baciavano la pelle in segno di scuse.

L'unica cosa a cui riusciva a pensare lei era il cuore del Re che, veloce e impetuoso, batteva contro il suo.

L'unica cosa a cui riusciva a pensare lui era che forse, e solo forse, aveva rotto la sua bambola.

A N G O L O   M E
Iblīs è un vero romantico, vero? :)

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