06| Povera Femmina
𝕻𝖊𝖗 𝖆𝖒𝖔𝖗𝖊 𝖉𝖊𝖑 𝖈𝖎𝖊𝖑𝖔, 𝖙𝖗𝖔𝖛𝖆𝖙𝖊𝖒𝖎 𝖕𝖗𝖎𝖒𝖆 𝖈𝖍𝖊 𝖎𝖔 𝖚𝖈𝖈𝖎𝖉𝖆 𝖆𝖓𝖈𝖔𝖗𝖆. 𝕹𝖔𝖓 𝖕𝖔𝖘𝖘𝖔 𝖈𝖔𝖓𝖙𝖗𝖔𝖑𝖑𝖆𝖗𝖒𝖎.
-William Heirens
"Quando ero bambino sentivo delle voci...
Alcune cantavano, altre urlavano
Presto capisci che hai poche scelte...
Seppi che quelle voci sarebbero morte con me
Quando ero un bambino sedevo per ore
fissando le fiamme
Qualcosa in loro aveva potere,
riuscivo a malapena a distogliere lo sguardo da loro
Tutto ciò che hai è il tuo fuoco..
E il posto che hai bisogno di raggiungere
Non domare mai i tuoi demoni
ma tienili sempre a bada
Quando avevo 16 anni i miei sensi mi ingannarono
Pensai che ci fosse della benzina sui miei vestiti
seppi che qualcosa mi avrebbe sempre controllato
seppi che il peccato era mio soltanto
Tutto ciò che hai è il tuo fuoco..
E il posto che hai bisogno di raggiungere
Non domare mai i tuoi demoni
ma tienili sempre a bada
Quando diventai un uomo pensai che fosse finita
conoscevo bene il perfetto dolore dell'amore
ma la mia pace è sempre dipesa
dalle ceneri sul mio cammino
Tutto ciò che hai è il tuo fuoco..
E il posto che hai bisogno di raggiungere
Non domare mai i tuoi demoni
ma tienili sempre a bada."
Asteria era sicura di avere le labbra secche e la gola completamente intorpidita e dolorante.
Vi ci aveva portato una mano contro, massaggiandosi il collo e prendendo un bel respiro profondo prima di posare lo sguardo sulla finestra.
Le tende erano state completamente tirate indietro facendo sì che la tenue luce della prima alba entrasse a forza nella stanza.
Avvertiva le proprie palpebre chiudersi da sole sotto il comando prepotente del sonno che, ahimè, quella notte non l'aveva sfiorata.
Aveva cantato per ore, concludendo una canzone solo per iniziarne una nuova senza la forza di dire a Iblīs di quanto fosse dannatamente stanca.
Tutto il suo corpo era immobile, stanco, che reclamava anche una minima porzione di sonno, di sollievo.
Non pensava che sarebbe rimasta così tanto nelle stanze del Re, eppure ogni qual volta finiva una canzone il suo sguardo le impediva di congedarsi.
Pareva urlare di continuare e lei, oh lei non poteva di certo rifiutare.
Un ordine era un ordine anche se taciuto, giusto?
Iblīs dormiva, per quanto strano suonasse era proprio così. Il Re insonne aveva trovato la pace del sonno dopo ore ed ore di instancabile canto e s'era quindi addormentato, accolto dalla voce di Asteria.
Era in posizione fetale, lui che di infantile non aveva nulla se non la paura, con la testa poggiata contro il ventre di lei.
Una posizione sconveniente, certo, Asteria ne era pienamente consapevole. Ma cosa poteva farvici? Scansarlo non era un'opzione, quindi avrebbe potuto provare a sgusciare via.
Ma se Iblīs si fosse svegliato, cosa sarebbe successo? Le voci di paese si erano sempre dilettate nel parlare dell'insonnia del Re, di quanto egli non riuscisse a chiuder occhio per più di qualche minuto, eppure erano passati ormai trenta minuti da quando Iblīs era caduto nel suo calmo stato d'incoscienza e pareva non accennare a svegliarsi.
Asteria non sapeva se esserne grata o meno.
Parlare la nauseava e di cantare non aveva più la minima voglia, sperava che una notte così non si ripetesse ancora; non pensava sarebbe riuscita a reggerla.
Come faceva Iblīs a non dormire? Lei non era nemmeno certa che sarebbe stata in grado di non addormentarsi, durante la giornata.
Aveva abbassato lo sguardo sul Re per la seconda volta, indispettita.
Avrebbe dato di tutto pur di dormire anche lei ma non poteva, non con lui vicino. Era convinta che se si fosse addormentata non si sarebbe svegliata, dormire con Iblīs accanto non era rassicurante e di certo non era una buona idea.
L'avrebbe resa vulnerabile, sarebbe stato come appendersi un cartello al collo con scritto 'fa' di me ciò che vuoi, sono indifesa'.
Eppure ora le pareva di comprenderlo di più, forse era stata la deprivazione del sonno a renderlo così vulnerabile. Si chiedeva se un po' di sonno l'avrebbe aiutato anche se ne dubitava fortemente.
Si era trovata a ridacchiare nervosamente tra sé e sé nel ripensare al testo della canzone: lo rappresentava perfettamente, no?
Forse non avrebbe dovuto cantargliela, forse avrebbe- Dio avrebbe dovuto scegliere qualcos altro, pensare a un testo diverso.
Che stupida che era stata!
Si era premuta il palmo della mano contro la fronte, come a volersi punire, lasciandosi però scappare un sospiro.
Iblīs si era mosso, ancora incosciente, voltandosi dal lato opposto e rilasciando un grugnito soddisfatto.
Sognava, era certa che stesse sognando.
I suoi occhi si muovevano convulsamente da sotto le palpebre, seguendo il corso di vicende a lei ignare e lontane.
Sognare era forse l'unico modo per le persone relativamente normali di sperimentare la pazzia, di vedere qualcosa di non esistente.
Asteria era quindi arrivata alla conclusione che la vita di Iblīs dovesse somigliare ad un sogno o, nel
peggiore dei casi, ad un incubo.
Sotto le palpebre Iblīs viveva, finalmente libero dal mondo.
La realtà era, per lui, finzione mentre l'immaginazione era l'unica cosa certa che avesse.
Da quanto non sognava? Da quanto non dormiva?
Asteria si era concessa qualche altro secondo per guardarlo, studiarlo, prima di alzarsi lentamente dal letto.
Aveva allungato una mano per lasciargli un'involontaria carezza, abituata a farlo con Alisha, quando si era accorta di ciò che stava per fare.
Era un gesto riservato ad Alisha, quello.
Con passo veloce si era quindi dileguata, pregando di trovare un po' di sonno anche lei.
**
Nasser era incredibilmente stanco.
Non era bastato dire a se stesso che riposare era un'ottima opzione per tornare nella sua stanza e stendersi, no: il giovane uomo sostava ormai da ore davanti alla porta del suo Re, aspettando tacitamente che Asteria ve ne uscisse.
Come ve ne sarebbe uscita era, comunque sia, un'incognita alla quale non aveva ancora saputo dar risposta.
Sarebbe stato un peccato se fosse morta, non ci teneva a trascinare via il suo possibile corpo martoriato.
No, se fosse accaduto avrebbe lasciato che a sbrigarsela fossero state le cameriere o qualche soldato.
Si era passato una mano callosa tra i capelli, chiudendo un attimo gli occhi con un lieve sospiro di sollievo.
La stanchezza era tale da lasciarlo in uno stato di trance nel quale i suoi sensi parevano intontirsi e intorpidirsi.
La testa gli doleva e, per aggiungere danno alla beffa, vorticava lievemente. Non dormiva da due o forse da tre giorni, dopotutto aveva molto lavoro da fare.
"Ti senti bene?" Il suo udito si era ridestato velocemente, percependo le parole più distanti di quanto in realtà non fossero.
Asteria era piegata verso di lui, gli occhi grandi ora assottigliati dalla preoccupazione mentre le sopracciglia folte e non ben definite si corrucciavano.
Per un attimo non era riuscito ad associare la voce di Asteria alla sua faccia: gli era infatti parsa roca e troppo fiacca rispetto a quella che aveva normale.
Ma dopotutto lui cosa poteva saperne della voce che Asteria aveva di consueto?
"Non mi aspettavo di vederti viva."
Era stato sincero, anche se solo in parte.
Una parte di lui era convinto che Asteria fosse pazza o quantomeno sopra le righe, e se ciò fosse stato vero allora la cosa l'avrebbe aiutata.
Dopotutto solo un pazzo può capirne un altro, giusto?
"Magari sei impazzito anche te ed ora hai le allucinazioni." Asteria aveva portato un dito alla testa, roteandolo come ad enfatizzare il concetto.
Nasser aveva quindi sorriso mentre si affacciava nella camera del Re con circospezione. Gli era infatti parso strano non udire la voce del suo sovrano, il dubbio che Asteria fosse riuscita a fargli del male era debole ma persistente.
Dopotutto l'aveva già stupito, appena il giorno prima, non sapeva se si sarebbe sorpreso se fosse dovuto venir a sapere che aveva messo K.O Iblīs. Sperava però che non fosse quello il caso: attentare alla salute e alla vita del Re era, ovviamente, un reato capitale.
E Nasser non aveva nessuna voglia di giustiziare Asteria, avrebbe preferito avere la sua dolcissima presenza fastidiosa accanto a lui.
Si era accorto di quanto suonasse, alle sue stesse orecchie, contraddittorio; il suo giudizio- solitamente obiettivo- era forse stato influenzato dagli avvenimenti del pomeriggio precedente? No, aveva abbastanza fede in se stesso per pensare di non poter essere manipolato con così poco.
Aveva lanciato un veloce sguardo ad Asteria che sostava davanti a lui, la postura dritta e le mani congiunte dietro alla schiena come se attendesse una sua reazione. Sul viso le aveva infatti intravisto un ghigno di soddisfazione e di beffa, gli occhi stanchi ma attenti che mai s'erano scollati dalla sua figura.
Forse solo ora aveva compreso il perché Iblīs la chiamasse Miel.
"Avanti, apri." Il ghigno si era volutamente allargato, accentuando i suoi zigomi alti mentre Nasser stringeva la mano contro il pomello d'oro.
Lo stava sfidando? Amava le sorprese eppure adesso era indubbiamente combattuto. Cosa avrebbe mai potuto trovare di così scioccante nella stanza del Re? Era impossibile che l'avesse ucciso, una ragazzina come lei difficilmente avrebbe mai potuto assassinare qualcuno per non parlare del fatto che Iblīs non poteva morire.
Aveva visto morire centinaia di uomini nel tentativo di spodestare il Re, quella era quindi un'opzione che aveva scartato velocemente.
Dormiva, il Re dormiva.
Per un momento si era sentito mancare per l'incredulità, riafferrando la propria maschera di tranquillità subito dopo. In tutti i suoi anni di servizio non aveva mai visto Iblīs dormire tanto serenamente e per così tanto tempo.
Essere immortale voleva dire non aver bisogno di dormire, mangiare o bere. Iblīs non doveva fare tutto ciò ma lo desiderava disperatamente, per lui quelle piccole azioni costituivano un'ancora alla quale aggrapparsi, gli ultimi cenni di umanità che gli rimanevano.
Ma nonostante fosse in grado di mangiare e di bere non lo era per quanto riguardava il dormire, pareva essere costantemente sul punto di addormentarsi senza però riuscirvici mani.
"Come hai fatto?" Aveva richiuso la porta con lentezza studiata, cercando di produrre il minor numero di rumori possibile.
Nonostante la sua espressione fosse calma Asteria aveva notato il modo in cui i suoi occhi si erano leggermente aperti, più del normale, e l'isteria delle sue mani.
Pareva anche lui un bambino curioso, eccitato nel conoscere un qualcosa di nuovo.
Le aveva ricordato Azef durante l'infanzia, quando ancora si aggrappava alla sua gonna.
"Ho passato le ultime ore a cantare, se non si fosse addormentato lo avrei fatto io." La voce era uscita gracchiante, quasi fastidiosamente dolorosa all'udito. Era certa che l'avrebbe persa nel giro di qualche ora.
Nasser aveva portato la mano alla sua casacca, nel punto in cui stava la sua borraccia d'acqua, tenuta su da un cinturino di pelle. Gliela aveva porta con una veloce alzata di spalle, come a farle capire che non gli dispiaceva.
Asteria si era detta soddisfatta della reazione di Nasser: due a zero per lei. Era anche certa che una parte di lui la stimasse, adesso. Dopotutto aveva superato le prove che il Re le aveva inconsciamente sottoposto, aveva superato le sue stesse aspettative a dirla tutta.
Fino a qualche ora prima non si sarebbe detta certa di un'eventuale riuscita nel compito 'addormentiamo il Re'.
"Avete mai provato a somministrargli qualche infuso per la sua insonnia? Con il tiglio o foglie di lampone, sono piante utili per rilassarsi."
Nasser si era accigliato mentre le faceva cenno di camminare assieme a lui per scortarla, con molta probabilità, nella sua stanza. Lei l'aveva tacitamente seguito, aspettando con pazienza una risposta.
Nell'orfanotrofio in cui era cresciuta non era raro che le cuoche somministrassero ai bambini infusi del genere: glieli avrebbero tolti di torno più velocemente così che potessero passare la serata a fare ciò che più volevano.
Il ricordo l'aveva rattristata ma era stata veloce a scacciarlo.
"Abbiamo provato di tutto, negli ultimi anni. Sono stati convocati erboristi, medici da qualsiasi parte dell'Egitto e persino oltreoceano ma niente ha mai fatto effetto. Il Re fa spesso uso di droghe, penso sia qualcosa che tu debba sapere, per sopperire alla stanchezza e con la speranza che, sai, lo mettano fuori gioco."
Asteria aveva annuito, contemplando mentalmente le informazioni che le erano appena state date. Non sapeva quali droghe usasse ma era certa che non l'avrebbero aiutato a migliorare le sue condizioni già di per sé critiche.
Era però strano che una canzone avesse funzionato meglio di un medicinale o di un infuso, non riusciva a spiegarselo. Forse avrebbe dovuto condurre personalmente delle ricerche sulla condizione del Re.
No, un campanello d'allarme aveva preso a suonare nella sua testa. Non avrebbe avuto senso farlo visto che presto se ne sarebbe andata, non stava bene fare piani futuri che includevano il Re.
Doveva tornare a casa da Azef e da Alisha, il Re sarebbe diventato una storia da narrare ai suoi compaesani o ai suoi nipotini. Non poteva permettersi di fare della faccenda una cosa personale, doveva rimanere imparziale e obiettiva.
"Avrò tempo di riposare un po'?" Non era, in realtà, una domanda per Nasser; lo era per se stessa e non si aspettava quindi una risposta.
L'aveva però ricevuta e ciò che aveva sentito non le era piaciuto affatto.
"Hai circa due ore prima di dover attendere il pranzo con il Re e me," le aveva rivolto un vago sorrisetto soddisfatto, consapevole di quanto le desse fastidio la situazione. Asteria si era massaggiata le tempie, sopprimendo un grugnito di dissenso continuando invece ad avanzare.
Più camminava e più le risultava difficile mettere a fuoco l'ambiente, aveva quindi preso a trascinare i piedi per il pavimento incurante di quanto fosse maleducato.
Non le interessava, dopotutto era con Nasser e lui non le dava affatto l'idea di una persona attenta all'etichetta.
"Sei stanca?" Si era voltato per osservarla di sottecchi, adocchiando le profonde occhiaie ad incupirle la carnagione dorata. Era sicuro che in breve tempo la sua pelle si sarebbe fatta più chiara visto che la terra del Re era costantemente ghiacciata, con un Sole debole e relativamente freddo.
Nonostante la visibile stanchezza Asteria non rinunciava alla sua postura dritta, fiera, con le spalle alte e lo sguardo puntato sempre in avanti e mai sul pavimento. L'ammirava per il suo mascherarsi, per vivere in un mondo del genere era necessario esser forti e nascondere le debolezze e lei pareva riuscirci a meraviglia.
Non era un mondo giusto, nel quale i buoni vincevano.
No, non lo era affatto e bisognava che Asteria lo capisse- sempre se non l'aveva già fatto.
"Perché, vuoi portarmi in braccio?" Gli aveva rivolto anche lei un sorrisetto furbo, ridendosela nel vederlo arrossire. Forse stuzzicare Nasser era l'unica cosa divertente della giornata, non vi ci avrebbe rinunciato facilmente.
Prendere in giro gli uomini era un'arte fondamentale per poter farsi strada in un mondo quasi totalmente maschilista e lei, diamine lei si divertiva un mondo a farlo!
Aveva chiuso gli occhi per qualche secondo, concentrandosi sulle vibrazioni che il suo petto stava rilasciando a forza di ridere, rilassandosi di poco. Questo fino a quando i suoi piedi avevano perso il contatto con il terreno e la sua schiena s'era forzatamente inarcata costringendola in posizione semi-fetale.
Gli occhi le si erano istintivamente spalancati per capire cosa fosse successo, senza riuscire a sopprimere una risata isterica.
"Ogni suo desiderio è un ordine, signorina." E aveva riso anche lui, divertito dall'espressione scioccata di Asteria.
Non sapeva se dar più peso al fatto che un uomo la stesse toccando o che stesse scherzando con lei, come se la considerasse una sua pari. Non le era mai particolarmente piaciuto il contatto fisico ma per quel giorno avrebbe fatto un'eccezione.
Il ritmo lento dei passi di Nasser non era servito, comunque sia, a farla rilassare completamente e di chiudere gli occhi non aveva la minima intenzione. Dopotutto fidarsi di un uomo era pericoloso e deleterio, le sue tutrici erano state certe di impiantarle quell'idea in testa.
Per quando riguardava Nasser, lui era forse più agitato di Asteria. Toccare una femmina, una donna, era strano. Non ricordava quella sensazione e non sapeva se il calore che Asteria emanava gli piacesse o meno.
Era morbida, l'istinto di stringere la presa contro il suo fianco era stato difficile da sopprimere.
Si era quindi convinto che la morbidezza non fosse data dalla pelle di Asteria ma bensì dal suo abito, continuando a ripetersi che il corpo di una donna non fosse poi così diverso da quello di un uomo.
Quanto ci avrebbero messo le mani di Asteria a riempirsi di calli e di piccole ferite? Con triste realizzazione aveva ricordato a se stesso che quel posto avrebbe rovinato la fanciulla tra le sue braccia, non sapeva però se la ferita sarebbe stata fisica o mentale.
Povera, povera femmina.
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