11. Chapter eleven ~•~ Dangerous
Nel Capitolo precedente
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«Suvvia fiore, non arruffare i petali» lo beffeggiò lo Stregone prendendo una ciocca di quei particolari capelli bianchi e rigirandosela giocosamente tra le dita.
«Fatto vuole che non sei nei meandri della terra sotto la gonnella di Sua Maestà, e quindi La Regina non può fare nulla per qualche battuta di pessimo gusto» rise lasciando andare i capelli con una smorfia.
«Quindi puoi anche smetterla di fare il bambino con la puzza sotto il naso, qui non sei superiore a nessuno» mormorò lentamente, con uno sguardo che non aveva nulla di ironico, voltandogli le spalle e allontanandosi verso la sala.
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Chapter eleven
Dangerous
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Adrian entrò nella grande sala, osservando curiosamente i colori sgargianti, di mobili e pareti, e studiando i gingilli presenti sui vari scaffali.
La Corte Seelie non era certo un posto adorabile, ma vedere occhi e lingue imbottigliati gli fece venire una strana paura.
«Cosa diavolo è questo?» domandò allo scorbutico Stregone che gli aveva aperto la porta, indicando uno strano vasetto pieno di quelli che sembravano piccoli tubicini annodati fra loro.
«Vene di Seelie» rispose laconico l'altro.
Adrian li osservò spaventato, ma quando quelli iniziarono ad agitarsi mostrando una piccola testolina e dei grandi occhi gialli, capì che l'uomo l'aveva preso in giro.
«Stronzo» bofonchiò in risposta.
«Adrian» ne richiamò l'attenzione la voce allegra di Catarina, che gli si avvicinava con le braccia allargate.
Era leggermente più alta di lui, e si trovò a posarle il viso contro il collo, in un abbraccio caloroso.
«Ciao Catarina, è sempre un piacere vederti» la salutò una volta che si furono separati.
Si guardò nuovamente intorno e sorrise tra sé notando che la stanza era piena zeppa di Shadowhunters.
«Piacere Adrian» disse alle spalle della Strega quello che doveva essere il padrone di casa, nonché il Sommo Stregone di Brooklyn, «Io sono Magnus, è un vero piacere averti qui» disse con un bel sorriso porgendogli la mano mentre, attaccato paurosamente al suo braccio, aveva un giovane Shadowhunters.
«Lascia che ti presenti tutti» disse l'uomo osservandolo con i profondi occhi felini che lo mettevano in soggezione.
Anche i suoi occhi non erano esattamente normali, ma almeno lui poteva farli sparire quando desiderava.
«Questi sono i Lightwood, la famiglia a Capo dell'Istituto di New York» spiegò indicando le persone sedute nei divani.
«Maryse Lightwood, Isabelle Lightwood e Jace Lightwood» li presentò indicando prima la donna dall'aria severa e composta, poi la giovane ragazza con le labbra tinte di rosso, tese in un sorriso, e infine il giovane Shadowhunters biondo che non si preoccupò neanche di guardare nella direzione del Seelie.
«Lui invece» disse tirando dolcemente l'ultimo Shadowhunters, in modo che si trovasse al suo fianco e non nascosto timidamente dietro la sua schiena, - è Alexander Lightwood, il mio compagno - e lo disse con un sorriso, mentre il tono si ammorbidiva notevolmente.
Adrian osservò il ragazzino con un lieve sorriso e sospirò dentro di sé.
Si sentì immediatamente legato ad Alexander, come se una corda sottile si fosse attorcigliata intorno a loro, unendoli.
Probabilmente anche Alexander lo avvertì, perché trovò il coraggio di allungare una mano verso di lui.
«È un piacere conoscerti, e chiamami Alec» mormorò con un lieve sorriso, cercando Magnus con la coda dell'occhio, come per accertarsi che fosse al suo fianco.
All'improvviso fu tutto chiarissimo e delineato nella mente di Adrian, capì per quale motivo l'avevano chiamato con tanta urgenza e si sentì male per quella giovane coppia.
«Bene, credo sia il caso di sederci a parlare, la Regina non ama quando sto via a lungo» disse con un sorriso, lasciando che la mano di Alec si sfilasse dalla sua.
Sentì un lieve borbottio proveniente dallo Stregone che gli aveva aperto la porta, che al momento era seduto al fianco di Isabelle.
«Ma prima una raccomandazione» disse verso Magnus con un sorrisetto, «Per il futuro ti consiglio di trovare un portinaio più simpatico» mormorò e gli parve di sentire una risatina soffocata da parte di qualcuno.
«E pensa che non hai ancora sperimentato l'uscita» rispose subito lo Stregone, punto chiaramente nell'orgoglio, «Ti prometto che rimpiangerai l'entrata quando dopo io t- - si interruppe bruscamente, sobbalzando e sbarrando gli occhi.
Anche Adrian sobbalzò a sua volta non appena notò che le labbra dell'uomo di erano letteralmente incollate tra loro.
«Mi dispiace Ragnor, ma abbiamo bisogno di lui, non posso permettere che il tuo odio morboso nei confronti delle Fate lo faccia scappare» disse Magnus, che aveva ancora la mano sollevata a bloccargli la bocca con una magia.
Ragnor.
Adrian si portò una mano alla gola, infastidito da quella vista. «Ti prego lascialo» sussurrò rivolto a Magnus, che lentamente abbassò la mano liberando la bocca di Ragnor.
«Bene, continuiamo» disse nervosamente Catarina, cercando di far sparire la tensione che era venuta a crearsi.
Tutti coloro che erano in piedi, si sedettero lentamente nei posti rimanenti nei divani, e Adrian si accomodò accanto a Ragnor.
«Mi dispiace, non volevo, se non avessi fatto quella battuta di pessimo gusto lui non-» voleva scusarsi, ma l'uomo lo interruppe con un cenno della mano.
«Fa nulla, dispiace a me per come mi sono comportato - disse bruscamente, con il viso rivolto al pavimento.
Adrian annuì lentamente osservando a sua volta il pavimento e tentando di far sparire la sensazione di colpa che sentiva.
«Ora possiamo sapere perché ci troviamo tutti qui in presenza di una Fata?» domandò Maryse, guardando il Seelie con una lieve smorfia.
Era chiaro a tutti i presenti che, nonostante cercasse con tutta sé stessa di apprezzare maggiormente i Nascosti, il suo passato fatto di odio nei loro confronti era difficile da dimenticare.
«Adrian è qui per la runa che è uscita a me e a Magnus» mormorò alzandosi leggermente la maglia, cosa che fece anche lo Stregone al suo fianco.
Il Seelie la studiò curiosamente ma, nonostante il grosso marchio che svettava sullo stomaco del figlio di Lilith, non sembrava turbato come gli altri.
«Mi sembra inutile la sua presenza» continuò impettita Maryse.
«Non abbiamo preso in considerazione la possibilità che questo sia semplicemente uno spiacevole effetto collaterale della maledizione che Magnus ti ha lanciato quando eri bambino?» continuò direttamente rivolta al proprio primogenito mentre Magnus, al suo fianco, si irrigidiva.
«Forza Alec, sii ragionevole, non abbiamo bisogno di lui» continuò lei con un sorriso e Ragnor si voltò per scrutare il volto del Seelie e capire se si fosse offeso per le parole della donna, ma un dolce sorriso svettava sulle sue labbra.
Quella era una cosa che ammirava nei Seelie: la capacità estraniarsi da molte emozioni umane.
«Adrian serve eccome, visto che gli è successa una cosa simile» mormorò lo Shadowhunters stringendo forte la mano di Magnus.
«Inoltre non c'è nessuna maledizione a legarci» sussurrò a voce lieve, spaventato.
Non voleva certo lanciare la bomba così, ma in qualsiasi modo l'avesse detto il risultato sarebbe sempre stato lo stesso.
La sua famiglia di alzò dai divani, totalmente sopraffatti dalla notizia, parlottando tra loro e osservando Alec come se fosse un alieno.
Gli unici rimasti impassibili erano il Seelie, che ovviamente non sapeva neanche di cosa stessero parlando, e i due Stregoni che chiaramente sapevano tutto fin dal principio.
«Ma cosa diavolo stai dicendo Alec!» disse il suo parabatai, alternando lo sguardo dal fratello allo Stregone.
«Quello che ho detto» ripeté laconico Alec.
«Non è possibile» intervenne Maryse con un sorriso nervoso dipinto sulle labbra.
Era chiaro che si era talmente tanto legata alla possibilità che tutto quello si potesse risolvere spezzando la maledizione che, l'idea di non poter fare nulla, la terrorizzava.
«Mi hai fatto un incantesimo, hai detto che mio figlio sarebbe stato tuo appena raggiunta l'età ch-».
«So quel che ho detto Maryse» la interruppe lo Stregone, - Ma erano solo parole, in realtà gli ho fatto un incantesimo di protezione, ma non l'ho legato a me».
«Ma cosa diavolo stai dicendo?» sbottò nuovamente Jace accostandosi a Magnus, «Ci stai manipolando ancora vero?» chiese con un espressione rigida in volto.
«Perché non riesci a vedere che ti sta prendendo in giro!» continuò, stavolta rivolto ad Alec, che si stava alzando lentamente, pronto ad intervenire in caso di pericolo.
Voleva essere lui ad aiutare Magnus stavolta, non avrebbe permesso nuovamente che fossero Catarina o Ragnor ad aiutarlo.
«Piantala Jace, stai di nuovo perdendo il controllo» tentò di tranquillizzarlo Alec. «Potresti fare qualcosa della quale ti pentiresti».
Jace rise, una risata amara e cupa che raggelò il sangue nelle vene dei presenti.
«L'unica cosa che sto perdendo sei tu, non mi pentirò di nulla dopo».
Alec voleva fare qualcosa per bloccarlo, per fermare quel momento ma gli sembrava di assistere alla scena come spettatore e di non poter far nulla per bloccare lo scorrere degli eventi.
Jace aveva portato la mano nell'impugnatura della spada, ma ancor prima di poterla sfilare dal fodero, qualcosa accanto ad Alec scattò.
Ragnor aveva la mano sollevata in aria, con un'espressione in viso, dura e precisa.
Il corpo di Jace si accasciò al suolo, trapassato da quelle che sembravano scariche elettriche, facendolo sobbalzare e contorcere in preda ad un dolore viscerale.
Alec chiuse gli occhi, sorpreso da un capogiro che gli annebbiò la vista, e si trovò anch'esso al suolo, trapassato da scariche dolorose cha partivano dalla runa che lo univa a Jace.
Tutto tacque all'improvviso e lui si trovò stretto dalle braccia sicure e familiari di Magnus.
«Va tutto bene fiorellino» mormorò lo Stregone, alzandosi e portandolo via.
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Adrian sorrise guardando il Sommo Stregone di Brooklyn portare via il proprio compagno, immaginando che non desiderasse altro se non prendersi cura di lui, ma dopo capì che lo aveva portato via per un motivo diverso.
«Devi allontanarlo Maryse, spediscilo a Idris, è totalmente fuori di sé» urlò Catarina con le lacrime agli occhi.
Adrian fece per alzarsi, desideroso di abbracciarla e tranquillizzarla, ma qualcuno arrivò prima di lui.
«Catarina stai tranquilla, non c'è bisogno di arrivare a tanto» mormorò Isabelle passandole una mano sul viso, tentando di asciugare e lacrime che scorrevano sulla pelle turchese, ma Catarina la respinse duramente.
«Non c'è bisogno?» chiese con una nota amara nella voce.
«Per voi Shadowhunters non c'è mai bisogno di far nulla vero?» continuò sputando letteralmente la parola "Shadowhunters", «Magnus e Ragnor sono tutto ciò che mi è rimasto, la cosa più vicina ad una famiglia che io abbia mai avuto, e non permetterò ad un ragazzetto fuori di testa di portarmeli via».
Ragnor sospirò, era ancora in posizione d'attacco e studiava Jace, ancora steso a terra, cercando di capire se potesse ancora costituire un pericolo.
«Fai come ti ha detto Catarina» disse poi rivolto a Maryse.
«Come faccio ad allontanarlo, non posso spedirlo come fosse un pacco, è mio figlio!» continuò poi osservando Jace.
«Mandalo da tuo marito, mandalo dai tuoi parenti, non lo so e non mi interessa, ma allontanalo da qui perché sta diventando un pericolo per tutti noi, in particolare per Alec»
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