XXIII

Le domeniche in Portobello Road sono molto meno frenetiche di quanto si possa immaginare. Il freddo pungente di oggi, inoltre, ha trasformato questa tarda mattinata in un piccolo calvario per i visitatori e la folla non è sicuramente quella del sabato, quando il mercato dell'antiquariato è molto più vivo e interessante. In definitiva ci ritroviamo a camminare piuttosto agevolmente tra la paccottiglia venduta a caro prezzo dai mercanti, i più coraggiosi dei quali aspettano la scarsa clientela appollaiati dietro al loro banchetto imbellettato sulla strada, mentre sfogliano annoiati il Sunday Times. Gli altri si accartocciano dentro il loro negozio e mettono il naso fuori solo se un cliente interessato si avvicina alla merce, oppure per allontanare il solito furfante ingannato dal giallo di qualche ninnolo di scarso valore. Sarà la stanchezza oppure il fatto che la tensione mi spinge a pensare ad altro, che mi accorgo solo all'ultimo istante di essere giunta a un centinaio di metri dal Mary's Secrets, ovvero nel punto esatto in cui ho incontrato Connor quando ancora si chiamava Julius.

- Steven, non si vede nessuno qui - esclamo quasi sgomenta.

- In che senso? - mi domanda con sincera sorpresa.

- Nel senso che non vedo l'ombra di un "bobbie" in giro. Se le persone che mi hanno aggredito in casa provengono da qui...

- Siamo una Governance che lavora quasi senza appoggi ufficiali da parte delle forze dell'ordine, anzi le infastidiamo come hai potuto notare a Blosbury. Le informazioni che abbiamo ricevuto dicono che questa notte c'è stata una fuga repentina da questo posto. E in effetti Mary's Secrets sembra chiuso, come puoi vedere. Se poi avessimo richiesto un intervento... Ti ricordo che una delle persone che è entrata in casa tua si è fracassata sull'asfalto...

- Ma i vostri uomini?

- Non ti avrei fatto mai venire qui se non fossi certo che sei al sicuro.

Mi scruta come gli lasciavo fare fino a un paio di giorni fa, provocandomi un piccolo sorriso.

- Ci stiamo muovendo in totale segretezza, come potrai immaginare. E comunque non vedo grossi rischi visto che chi cerchiamo probabilmente è già fuggito. Andiamo a dare un'occhiata, forza.

Il negozio non sembra operativo e all'interno le luci sono spente. La gente passa indifferente di fronte alle due vetrine e tira dritta senza fermarsi.

- Entriamo? - propone Connor.

- È violazione di proprietà privata e scasso. Se arriva la polizia passiamo dei guai - rispondo.

Sento un rumore sordo e mi accorgo che la maniglia è volata all'interno del negozio insieme a tutta la serratura. Staccata di netto dal resto della porta.

- Connor... Sai che non dovresti farlo con questa leggerezza.

- Julian, sono carico. E poi che problema c'è? Non vedi che è aperta?

Galloway lascia passare Steven e Connor, poi si volta verso di me.

- Sta facendo lo sbruffone. Non dovrebbe compiere certe spacconate se non quando strettamente necessario. Razza di asino!

Il professore sembra decisamente infuriato mentre io sono ancora più frastornata. Dopo che siamo entrati Connor rimette al suo posto tutto ciò che era stato rimosso e richiude la porta come se niente fosse mentre lo guardo incredula.

- È un trucchetto che ho imparato in Israele quando io e Julian ci siamo conosciuti.

- Quando avete conosciuto Erode? - rispondo ancora una volta senza saper celare la tensione.

Scrolla le spalle e inizia a guardarsi intorno. Cianfrusaglie, anche di bassa lega. Due candelabri probabilmente sottratti in qualche chiesa nel secolo scorso, tre dipinti inizio novecento, un sacco di libri economici e poi le solite insegne dei pub che tanto detesto.

- Non sembra il luogo adatto per un "Turner" - dichiara il professore disgustato, mentre passa il dito su una statua che imita la Venere di Milo del Louvre.

- Non ho mai visto una tale montagna di immondizia - rispondo - Non solo il dipinto è stato nascosto in Portobello Road, ma pure dal peggiore dei rigattieri.

- C'è una scala che scende qui - annuncia Steven.

Alcuni gradini scompaiono verso il buio più profondo, illuminati all'improvviso dall'interruttore premuto da Connor. Scendiamo verso quello che sembra essere uno scantinato dove, se possibile, la confusione è ancora maggiore rispetto al piano superiore.

- Stiamo perdendo tempo.

- Non lo so, Steven. Il fatto è che non so nemmeno cosa cercare.

- Guardate qui!

Connor si trova accanto a una parete spoglia, a terra quelle che sembrano assi spezzate. Mi avvicino e ne raccolgo un pezzo.

- È la cornice. La riconosco.

- Hanno portato via il quadro lasciando qui la cornice, probabilmente avvolgendolo dentro un tappeto. Julian, questo pomeriggio dovremo convocare Martin e Jeremy. Voglio i filmati. Dovranno giustificarsi dicendo che c'è il sospetto di un crimine violento, speriamo solo non sia troppo tardi.

- Proviamoci, Steven, ma temo che non arriveremo a nulla. I Destroyers non hanno sicuramente lasciato troppe tracce.

- Tu dici, Julian? Io non ne sarei così certo. In decine di anni hanno sempre agito nell'ombra e con estrema prudenza - interviene Connor - Ti ricordi, Julian? A volte ci chiedevamo persino se fossero stati ancora attivi: anni e anni di silenzio e poi saltava fuori una morte sospetta o un furto particolare e dopo mesi di indagini si poteva giungere alla conclusione di trovarsi di fronte a uno dei loro delitti. Negli ultimi tempi abbiamo assistito a questa escalation spudorata, i suicidi e il furto del quadro. E l'omicidio di...

È solo un attimo, ma non mi sfuggono le labbra che tremano e il pugno che si stringe. Rifletto e posso solo arrivare alle conclusioni più folli. Non posso crederci, ma è tutto vero. Per quanto sia assurdo, Connor non mi ha mentito. Ci sono gesti che solo una donna riesce a cogliere e che rivelano più di mille parole.

- Ok, andiamo. Abbiamo un sacco di lavoro che ci aspetta.

Steven e Galloway salgono verso il negozio, Connor guarda a terra ciò che è rimasto della cornice. Mi avvicino a lui, non voglio che nessuno mi senta.

- La signora Coltrane... I suicidi delle ultime settimane...

Connor quasi non mi ascolta, fa finta di ignorarmi.

- Hanno cercato il quadro per anni e poi sono passati alle maniere forti. Hanno fatto parlare ed eliminato Khalidi, che aveva saputo della sua esistenza, e alla fine lo hanno trovato.

Un cenno con la testa conferma la mia ipotesi.

- Ecco perché il professor Galloway era così turbato da quelle morti. Ed ecco perché la Governance voleva che valutassi il quadro. Volevano essere certi che fosse quello giusto.

- La Governance non era affatto sicura che il quadro fosse quello che loro cercavano e non sapevano che io vivevo a Blosbury.

Il tono della voce di Connor si diffonde a stento, carica di tutta la tristezza che una vita sola non riesce a soffocare. Si schiarisce la voce prima di proseguire.

- Avevano perso le mie tracce da una ventina d'anni e soprattutto non sapevano dove fosse davvero il dipinto. Dubitavano addirittura della sua esistenza. Fino a quando Charlotte è stata così ingenua da voler sapere qualcosa di più sul valore di quel maledetto quadro. Dannata sciocca!

Cerco il suo sguardo che lui invece nasconde ai mei occhi. Non dovrei farlo, ma non riesco a tacere quella che penso sia la verità.

- Tu amavi la signora Coltrane. Eri a Blosbury per proteggerla. L'hai amata per anni, per decenni, da quando lei aveva più o meno l'età che tu mostri ai nostri occhi. Lei conservava il quadro e tu sapevi che poteva essere in pericolo.

Connor muove la testa verso di me mostrando tutta la pesantezza della sua eternità. Non so cosa dire e anzi mi rendo conto di aver parlato troppo. Un amore che ha superato le barriere del tempo e le convenzioni, non riesco a pensare a nulla di più immenso e assoluto. Mi sento in imbarazzo nell'aver scardinato un tale livello di intimità. Mi sento privilegiata nel trovarmi di fronte a un essere eterno.

- Perdonami, ma sono questioni che preferirei non discutere, Miss Casterman. Ci stanno aspettando di sopra. Sbrighiamoci!

Si affretta verso le scale lasciandomi sola e rossa di vergogna.

- Il Nihil e io siamo qui da sempre!

Il tono basso della voce giunge dall'ombra delle scale. Connor non si è nemmeno voltato verso di me.

- Noi siamo nei miti antichi, nelle favole per addormentare i bambini, nelle leggende orali che i vecchi tramandano alle nuove generazioni. Veniamo chiamati in mille modi, ma siamo sempre noi: il Crossover e il Nihil. E lui vuole disgregare, abbattere, distruggere. Le morti che i Destroyers hanno causato sono migliaia.

Ancora una volta provo l'impulso di stringermi nel giubbotto.

- Io so che devo fermarlo, Miss Casterman. Siamo nemici, e in qualche forma di racconto potremmo essere intesi come il bene che combatte il male. Nonostante ciò, e per qualche ragione che ho scordato nella notte dei tempi, il Nihil ha bisogno di me. Mi cerca, uccide per avermi, annienta le persone, stermina senza pietà chiunque gli si pone davanti.

Fa un passo indietro e la luce illumina metà della sua figura,

- Ho visto troppa gente morire, Miss Casterman. E sopravvivere non sempre è l'opzione migliore.

Sale le scale e scompare. Nonostante negli ultimi anni abbia conosciuto il dolore che accompagna la morte di una persona cara, non sono riuscita a frenare la mia innata curiosità. Mentre maledico il mio atteggiamento, abbasso lo sguardo verso ciò che è rimasto della cornice. Un frammento attira la mia attenzione. Lo raccolgo e mi sposto in un punto in cui la luce è un po' più forte e diretta. Incisa sulla superficie del pezzo, non più lungo di un palmo, riconosco quella che appare come una spada, corta, dall'elsa non troppo elaborata. La cornice, per quanto posso ricordare, non era intagliata e in effetti gli altri pezzi a terra sembrano tutti lisci. Lo infilo in tasca, annotandomi di parlarne con il professor Galloway. Mi avvicino alle scale per salire, ma mi blocco poco prima di spegnere la luce. Mi guardo intorno e non c'è proprio nulla. Eppure, ma forse è un'impressione o forse la paura, ancora una volta giurerei di aver udito la parola "Portamelo" mentre mi allontanavo da ciò che è rimasto del quadro.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top