XVIII

Sì avvicina alla finestra per spostare nuovamente le tende e osservare la strada sotto di sé.

- Ora ci divertiamo. Mettiamoci davanti alla porta e godiamoci lo spettacolo. Tu, dottoressa, stai ferma sul divano. Se ti muovi soffrirai tanto, te lo assicuro...

I due si piazzano di fronte all'ingresso e rimangono lì impalati a guardarmi. Non capisco cosa abbiano intenzione di fare e chi stiano aspettando, però non posso attendere in modo così passivo gli eventi. Il mio smartphone è a un metro di distanza. Se faccio un salto posso tentare il tutto per tutto e lanciare l'allarme. Se poi sono fortunata posso urlare e qualcuno nel palazzo sentirà le mie grida. Va bene, piano disperato, ma potrebbe funzionare. Mi preparo a balzare in avanti quando, all'improvviso, realizzo che è tutto inutile.

Tutto muore intorno a me, non ha senso compiere un qualunque gesto per cambiare le cose. Tutti muoiono intorno a me, questa è la verità, non c'è futuro, non c'è nulla che funzioni. Il futuro stesso è solo sofferenza e il mio stato attuale dimostra una volta di più quest'ovvia verità. Sono inutile, così come sono inutili i miei tentativi di imparare a vivere. Tutti vanno via, fuggono: la signora Coltrane, Jeremy con la sua Pamela, la mia giovinezza. Tutto mi sfugge e non ritorna. E ogni tentativo che compio per portare la mia vita sulla retta via è un fallimento totale.

- Uh, fratellino. La troietta sta già cedendo. Ha la resistenza bassa. Che palle, volevo divertirmi un po' più a lungo - sento dire da una distanza che sembra siderale in questo momento.

Vedo la bottiglia di Nebbiolo abbandonata sul tavolo. Mi alzo senza che nessuno dei due compia un solo gesto per fermarmi. Afferro la bottiglia e la fissò quasi senza riconoscerla. Non so perché l'ho fatto, ma ora il solo gesto che intendo fare e la destinazione d'uso mi pare chiara e lampante. Alzo la bottiglia e la spacco sul tavolo. Il vino cade sul pavimento e mi imbratta i piedi, ma a me non importa nulla. Così come non mi importa un bel niente delle risate dei due ragazzi che sono in piedi di fronte all'ingresso a osservare ogni mio singolo movimento. Ho ancora in mano il collo spezzato della bottiglia che mi porto all'altezza della carotide.

Sì, ora so cosa fare.

- Mio Signore obbedisco al tuo richiamo e ti offro la mia anima - mi sento dire. Non capisco questa frase e non so per quale motivo l'ho detta. Ma so per certo che fra poco tutte le mie sofferenze smetteranno e che...

Il portoncino d'ingresso si spalanca all'improvviso e la mia attenzione si sposta sui due fratelli che vengono gettati a terra. Un uomo si staglia davanti a loro. E' Julius Campbell. Non capisco di nuovo ciò che accade. La mia mano continua a tenere stretta la bottiglia spezzata, ma ciò che volevo fare con essa è incerto e così la mano rimane a mezz'aria.

- E tu chi cazzo sei? - grida la ragazza. Dopodichè si alza e cerca di gettarsi addosso a Campbell con il coltello che ha recuperato da terra. Julius la guarda e fa un gesto con la testa, solo un movimento come per scacciare una mosca, e la ragazza attraversa tutta la stanza in volo per sbattere la schiena contro il muro alla mia destra. Nessuno l'ha spinta, nessuno l'ha toccata.

Il ragazzo si alza e arretra di fronte a Julius, mentre la ragazza in qualche modo si rialza in piedi anch'essa.

Come a rendersi conto di una verità assoluta, il volto dell'uomo viene sfigurato da un moto di vero terrore, per poi urlare verso la sorella: - E' il Crossover!

Non riesce a finire la frase che uno sguardo di Julius muove l'aria e una spinta pari a quella di un'esplosione lo alza letteralmente in aria, mandandolo a sfondare la finestra e a precipitare fuori dall'appartamento. Sento chiaramente il fragore del corpo che si infrange a terra e subito dopo il rombo di un'auto che, avviato il motore, parte a tutta velocità.

Solo in quel momento mi rendo conto che ho la bottiglia in mano, per cui arretro fino alla parete e scivolo contro di essa fino a trovarmi seduta a terra. Dopodiché, nonostante un tremore che non riesco a fermare, punto il collo della bottiglia di fronte a me, verso il vuoto.

Julius si avvicina lentamente.

- Posi quella bottiglia, Miss Casterman.

- Chi sei? - chiedo in preda al panico. Sono sconvolta. Non c'è nulla di razionale in ciò che ho visto.

Con la coda dell'occhio vedo la ragazza claudicante che riesce a guadagnare l'uscita dall'appartamento. Julius è concentrato su di me e non la vede. Mi vuole morta? Vuole schiacciarmi contro la parete come una mosca?

- La posi, per favore. Rischia di farsi male - ripete avvicinandosi.

Troppo. E' troppo vicino. Mi fa paura. Non voglio che mi faccia del male. Con un gesto disperato allungo il braccio d'improvviso e con la bottiglia colpisco nettamente la gola di Julius che cade indietro. Credo di avergli procurato un taglio profondo, forse non sono arrivato alla carotide, ma l'ho colpito di sicuro.

Non volevo, per la miseria, non volevo farlo. Ho ucciso Campbell, penso. Gli ho tagliato la gola? O come minimo l'ho ferito seriamente. In effetti si rialza tenendosi la mano all'altezza della carotide. Vedo il sangue che gli riempie la mano. L'ho sgozzato, penso. Con fatica raggiunge il lavabo in cucina e afferra uno strofinaccio con il quale si tampona la ferita. Torna verso di me tenendosi lo straccio al collo. Dovrebbe essere a terra moribondo, o comunque rantolare. Invece si avvicina come se niente fosse. Anche il flusso di sangue sembra esaurito e quando sposta lo strofinaccio non vedo nulla sulla sua gola.

- La perdono per il gesto che poteva staccarmi la testa dal collo e mi scuso di quanto sto per fare, ma sta diventando pericolosa.

Un piccolo cenno con la testa e il mio braccio va a sbattere contro la parete, mandando in mille pezzi ciò che era rimasto della bottiglia. Non capisco cosa sia successo o cosa abbia fatto, il mio corpo si è mosso in modo involontario. Campbell, incurante dei miei dubbi, si china e mi raccoglie tra le sue braccia come fossi un fuscello.

- Ora però dobbiamo andarcene. E dobbiamo farlo di corsa.

Sento che la tensione, la paura, l'impotenza stanno avendo il sopravvento e lentamente crollo tra le braccia di Julius che mi porta giù, attraverso le scale di emergenza. Prima di perdermi nella più totale confusione che pervade la mente, solo una certezza rischiara l'oblio: le braccia che mi stanno sorreggendo sono le stesse che mi hanno portato fuori dalla casa in fiamme della signora Coltrane.

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