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- E' andata così, professore. E' stato terribile.
Ho fatto accomodare Galloway su una sedia accanto a me nella stanza dell'ospedale di una località chiamata Chesterville, presso il quale sono stata accompagnata per accertamenti. Sono seduta, a mia volta, sul letto e appoggio la schiena sul cuscino, sistemato alla bell'e meglio sopra la testiera. Non ho riportato ustioni e non ho ingerito troppo fumo. Mi è stato appiccicato un cerotto sulla testa, dove mi ha colpito la porta, ma i medici hanno detto che si tratta di un'escoriazione superficiale. Loro e la polizia, che mi ha interrogato fino a pochi minuti prima, continuano a parlare di miracolo e forse hanno ragione. Sono sana e salva, sono passata in mezzo alla morte e ne ho assaporato il gusto. Indosso un pigiama che mi ha recuperato Julian Galloway, insieme a un paio di jeans, un maglione e un cappotto nuovi che paiono più o meno della mia misura. O per lo meno i jeans e il cappotto, il maglione andrebbe bene a mio padre.
- Non sa quanto mi dispiace, dottoressa Casterman. Sono affranto per lei e per la signora Coltrane.
Sento una lacrima rigarmi il volto.
- Sembrava impazzita, poverina. Non sapeva quello che diceva. Nominava Dio, credo: il Signore o non so che altro. Ha fatto una morte orribile E io non so come ho fatto a salvarmi.
Galloway mi ha fatto un sacco di domande su come si comportava la signora Coltrane e che cosa abbia detto con precisione. Al momento ricordo solo alcuni frammenti e non riesco a connettere bene i ricordi.
- Il suo angelo custode non si trova. Almeno secondo quello che siamo riusciti a sapere finora.
Galloway si interrompe. Riflette. Come quando eravamo sul treno.
- Il dipinto, oltretutto. Perduto - esclamo, ricordandomi solo ora del quadro.
- No. O, meglio, forse no. La stanza del quadro era racchiusa da una porta in acciaio, ed era protetta da mura ignifughe e attraversate da lamine in acciaio. I Coltrane avevano pensato a tutto.
-Ma quindi l'opera è salva?
- Non ne siamo certi, ma pensiamo di sì. Le pareti sono ancora roventi e stiamo aspettando che si raffreddino per poter entrare con l'aiuto dei pompieri. Speriamo solo che l'acqua non sia penetrata in modo tale da compromettere quanto la stanza aveva preservato dall'incendio.
- Perdonate l'intrusione.
Un uomo sui trentacinque anni, biondo, alto, dal fisico asciutto è appena entrato nella mia stanza.
- Steven. Sì, dobbiamo andare. Ah, dottoressa Casterman. L'uomo che è appena entrato è Steven Bellamy, il direttore della Governance. Steven, Claudia Casterman, la nostra consulente.
L'uomo si avvicina con passo sicuro. Aspetto intellettuale, un paio di occhiali dalla montatura sottile incorniciano un volto perfetto, glabro.
- Sono davvero costernato per ciò che le è accaduto dottoressa Casterman. Mai avremmo potuto immaginare un avvenimento del genere. E' un vero piacere conoscerla.
- State tornando a Blosbury? - chiedo mentre stringo la mano a Steven Bellamy.
- Sì! - risponde il professore - Contiamo di arrivare a Blosbury in tempo per aprire la stanza e far rimuovere il dipinto dalla parete. Verrà trasportato a Londra e là potrà dargli un'occhiata. Abbiamo già avuto il permesso dal figlio della signora Coltrane che è in volo per Londra.
- Vengo anche io con voi - esclamo con una voce che tradisce una nota di isteria.
- Non se ne parla nemmeno - interviene Bellamy - Lei ha subito un forte trauma, e non possiamo esporla a ulteriore stress.
- Insisto. Se non mi portate con voi firmo, esco, prendo un taxi e mi faccio portare a Blosbury addebitandovi la corsa.
L'uomo ora mi guarda negli occhi con una smorfia che pare un sorriso.
- Va bene, dottoressa Casterman. Ora ci pensiamo.
- Insisto - dico ancora.
Bellamy percepisce la mia determinazione e non può far altro che cedere.
- Andata, ma rimarrà sempre in seconda linea e se le chiederemo di rimanere in auto, rimarrà in auto senza discussioni. Okay?
- Non c'è problema. Solo una richiesta.
- Dica.
- Fermatevi davanti a un negozio, per favore. Devo cambiare il maglione che mi ha portato il professor Galloway. Sarà di due misure più largo. Farò in un lampo, non vi preoccupate.
I due uomini si guardano e Steven Bellamy accenna un sì mentre si allontana. Io prendo la roba che mi ha portato Galloway e vado in bagno a cercare di darmi una sistemata.
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Un'ora dopo siamo a Blosbury. L'auto di Steven Bellamy è un'Audi Q3 bianca che sembra un'astronave aliena mentre attraversa il paese di pietra. Seduta sul sedile posteriore, sto cercando di smorzare la tensione, ma quando arriviamo nei pressi di casa Coltrane le mani iniziano a tremare e mi vedo costretta ad abbassare lo sguardo per un minuto, fino a quando ci fermiamo di fronte alle transenne sistemate dalla polizia locale. Un agente si avvicina all'auto e ci saluta.
- Non si può passare oltre, signori. C'è stato un brutto incendio questa notte e la strada è bloccata. Dovete tornare indietro.
Bellamy estrae una tessera e la mostra all'agente.
- Credo che il Chief Constable Keller ci stia aspettando.
L'agente osserva attentamente la tessera e poi dice: - Un secondo, signori.
Si allontana di qualche passo per parlare brevemente alla radio. In quel frangente Bellamy si volta verso di me.
- Tutto bene, signorina Casterman? Vuole per caso rimanere qui ad aspettarci?
I suoi modi sono delicati e attenti e in questo momento sono davvero fragile.
- Se non vi spiace preferirei accompagnarvi. Mi serve per rendermi conto di cosa sia accaduto. Grazie mille, comunque, signor Bellamy.
Sorride e il suo volto ispira fiducia e fermezza.
- Steven...
- Steven - rispondo sorridendo a mia volta.
Non posso fare a meno di notare una piccola smorfia sul volto di Galloway riflesso sullo specchietto retrovisore. Nel frattempo il poliziotto territoriale sta facendo il suo ritorno verso di noi.
- Potete passare. Parcheggiate qui a destra in modo da non intralciare il lavoro dei pompieri e della polizia, per favore.
Una volta parcheggiata la vettura ci incamminiamo verso la casa che dista circa cinquecento metri dalle transenne. C'è una grande animazione tutto intorno. I pompieri sono impegnati a rimuovere macerie, travi e quel che è rimasto della mobilia. Buona parte della casa è crollata e l'incendio ha finito per coinvolgere anche gli edifici accanto a essa. Ci sono parecchi civili che discutono con i poliziotti e che si stanno allontanando con le valigie in mano. Evidentemente a titolo precauzionale sono stati fatti allontanare per qualche giorno. Quando arriviamo davanti all'abitazione della vedova Coltrane, il battito del cuore aumenta nel vedere i resti della scala attraverso i muri crollati. Potevo essere morta, potevo essere ancora lì dentro se qualcuno non mi avesse trascinato fuori.
- Buongiorno - esclama una voce femminile. Una signora sui cinquant'anni è apparsa alle nostre spalle.
- Buongiorno! Capo Keller?
- Voi dovete essere Bellamy e Galloway. La signorina che è con voi?
- Sono Claudia Casterman.
Mi guarda con gli occhi sbarrati.
- Signorina Casterman... Lei dovrebbe essere in ospedale a Chesterville in questo momento.
- Ho firmato per uscire. Mi sento bene - rispondo perentoria.
- Vediamo che siete riusciti ad aprire la porta della stanza che ci interessava. Quindi è accessibile? - chiede il professore indicando l'ingresso alla sala del quadro. In cuor mio spero che l'incendio non lo abbia deturpato, ma mi vergogno di questo mio interesse così terreno visto che in questo incendio è morta una creatura gentile come la signora Coltrane.
- Ah sì, certo. I vostri uomini hanno rimosso il dipinto e lo hanno messo al sicuro.
Galloway e Steven si guardano perplessi. Io ho una gran brutta sensazione.
- I nostri uomini?
Capo Keller capisce dalla domanda che qualcosa non quadra.
- Un gruppo di cinque uomini. Hanno mostrato le tessere della Governance Bowden e si sono fatti condurre alla porta mentre i miei la aprivano. Hanno constatato che il dipinto non ha avuto danni e velocemente lo hanno rimosso e portato via con un furgone. Un quadro enorme, peraltro.
Galloway non riesce a trattenere un'imprecazione.
- Keller! Noi non abbiamo mandato nessuno! - protesta Steven.
- Ah no? Beh, controllate i vostri tesserati allora, perché i documenti o erano originali o erano falsificati bene. Abbiamo annotato i numeri e corrispondono a quelli che ha riferito il vostro centro di controllo - risponde Keller.
Nella massima confusione che ho in testa, mi sto chiedendo cosa diavolo sia la Governance Bowden e per quale motivo abbiano tessere speciali e centri di controllo.
- E ora, se volete scusarmi, abbiamo problemi ben più gravi. C'è stata una vittima, le case sono danneggiate e la strada è bloccata. Rivolgetevi a quegli agenti laggiù che vi daranno una mano a stabilire cosa è successo. Mi spiace, ma la procedura è stata eseguita alla perfezione. Quell'agente si chiama Jared Salawi e saprà esservi d'aiuto per le vostre questioni burocratiche e per eventuali denunce di furto. Della questione ce ne occuperemo in seguito, ora abbiamo altre emergenze.
Capo Keller si allontana e io non riesco a fare a meno di pensare alla signora Coltrane, che nel giro di una sola notte ha perso la vita, la casa in cui ha vissuto e il suo tesoro più caro.
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