Londra, 4 Novembre 1841
Io, Hieronimous Jerome Bowden, Guardia del Palazzo Reale di Sua Maestà e della fortezza della Torre di Londra, giuro sul mio onore che quanto qui di seguito riportato corrisponde al vero e chiedo altresì che tale dichiarazione venga conservata ai posteri in luogo sicuro, in qualità di memoria di quanto accaduto.
La notte del trentuno ottobre dell'anno in corso milleottocentoquarantuno, dopo aver terminato la Cerimonia delle Chiavi, svoltasi senza alcun intoppo, ho preso in carico il mio turno presso il Grand Storehouse, in modo da poter controllare agevolmente il terreno intorno alla Martin Tower e di non perdere così d'occhio la Jewel House, presso la quale sono conservati i Gioielli della Corona, che ho l'onore e il privilegio di difendere.
Intorno alle dieci, subito dopo che la guardia civile lungo il Tamigi aveva gridato l'ora, udii un terribile frastuono sopra di me e mi accorsi, con gran sgomento, che i corvi difensori della Torre si erano alzati in volo, abbandonando il luogo deputato a loro rifugio. Visto che è fatto noto che quando tutti i corvi della Torre di Londra moriranno o voleranno via, la Corona cadrà e con essa la Gran Bretagna, corsi immediatamente verso la Martin Tower per sincerarmi della situazione. Fu quando arrivai nei pressi della Storehouse che tre figure si pararono di fronte a me, alla distanza di circa quaranta iarde. Nello stesso istante, sentii giungere alle mie spalle la Guardia Paul Clerville, che svolgeva il proprio servizio sull'altro lato della Storehouse e che, allarmato dalla fuga dei volatili, era venuto a darmi manforte. Entrambi gridammo ai tre individui la frase di rito: "Alt, chi va là?".
Le ombre, anziché fermarsi e rispondere alla richiesta, iniziarono a procedere verso di noi, in chiaro atteggiamento di sfida. Le due figure laterali avanzavano rapidamente, mentre quella centrale si muoveva in modo lento, camminando dietro di esse. Proprio questa sagoma pareva vestita in modo estremamente elegante, in redingote e cilindro e avanzava sprezzante, facendo addirittura ondeggiare un bastone da passeggio. L'incedere lento e il movimento del bastone, rendevano questo sconosciuto inquietante, folle e terribile e sia io che Clerville ne percepimmo immediatamente la pericolosità. D'istinto portai la mano all'elsa della mia spada, quando rimasi inspiegabilmente bloccato. L'uomo di fronte a noi nel frattempo aveva sollevato la testa e portato le mani di fronte a sé, appoggiandosi al bastone per fermarsi giusto in quel punto.
Fu in quell'attimo che la Guardia Clerville, che era riuscito a estrarre la propria spada e stava quasi certamente per entrare in azione, cadde a terra in ginocchio e iniziò a piangere in preda allo sconforto.
In fede, ribadisco che mi ritrovai stupito a osservare il mio compagno d'armi disperarsi senza spiegazione in un frangente che richiedeva azione immediata. La Guardia Clerville, un uomo altrimenti coraggioso, rude e incline alla battaglia, aveva perso ogni ritegno e si colpiva il petto con la mano sinistra, mentre la destra reggeva la spada puntata verso il cielo. Mi accorsi di essere rimasto pure io di sale e senza la possibilità di muovere un solo muscolo. Dico il vero quando affermo che il mio cuore e la mia testa parevano essere state svuotate e gli unici pensieri che mi attraversavano la mente, erano lugubri, meschini e spiacevoli. La Guardia Paul Clerville nel frattempo aveva alzato lo sguardo al cielo e bofonchiava frasi sconnesse, invocando il perdono del Signore e la Morte che lo venisse a portare nel Regno degli Inferi. Era una sorta di preghiera che non avevo mai udito e che tra le altre cose diceva testualmente: "Mio Signore obbedisco al tuo richiamo e ti offro la mia anima". Fu pronunciando quelle parole che la Guardia Clerville afferrò l'elsa della spada con entrambe le mani e rivolse la punta verso di sé, per poi abbassarla piano verso il proprio ventre. Inarrestabile e impietosa, la lama trapassò il ventre del mio compagno d'armi, che non smetteva di invocare Nostro Signore, fino a quando una gran quantità di sangue principiò a sgorgare dalla sua bocca. Clerville cadde con il volto a terra e io mi resi infine conto di aver assistito inerme al suo suicidio.
Percepii allora che lo sconosciuto di fronte a me aveva iniziato a fissarmi in modo intenso. Non ne riuscivo a distinguere lo sguardo, ma sapevo che i suoi occhi erano puntati su di me, sul mio cuore e sulla mia anima. Credo che fu quella consapevolezza che mise a nudo ogni mio terrore, per cui anche io venni travolto dalla medesima disperazione del soldato Clerville, tanto da non riuscire a resistere all'impulso di sollevare a mia volta la spada, quasi che il mio braccio fosse sostenuto da un filo invisibile.
Accadde allora qualcosa di ancora più inverosimile.
L'aria si mosse come onda sopra di me e i due uomini a lato vennero come spinti da questo mare, compiendo un volo di qualche iarda e cadendo malamente sul terreno. Lo stesso losco individuo che era in piedi di fronte a me, venne spinto in modo talmente violento contro lo Storehouse, da sfondarne addirittura il muro. L'uomo però, e ciò mi sembra ancora oggi incredibile e spaventoso al tempo stesso, si rialzò come se nulla fosse e tornò ad avvicinarsi. Fui nuovamente preso dallo sconforto, tanto da cadere in ginocchio e da abbandonare ogni resistenza. Non vidi altra via se non quella di sollevare di nuovo la spada e il fine, Dio abbia pietà della mia anima mortale, era quello di togliermi la vita come il mio compagno d'armi. Chiedo perdono al Signore per questo mio gesto, ma davvero non vedevo in quel momento alternative valide. Era la fine e non vi era altra uscita se non il termine volontario della mia esistenza. Questo era il pensiero che pervadeva la mia testa.
La sorte, la provvidenza e il volere di Nostro Signore Gesù Cristo vollero però che un nuovo turbinio passasse invisibile sopra di me, scuotendo l'aria e tutti gli oggetti intorno. Il mio nemico fu gettato dentro lo Storehouse con una spinta ancora più potente rispetto alla precedente e subito dopo una gran fiammata si levò dall'interno dell'edificio. Un'esplosione si ripeté poco lontano e lo Storehouse prese fuoco. L'armeria non poteva certo resistere a quelle bordate che sembravano essere sparate da un cannone da trentadue libbre. Nel frattempo stavo riprendendo la mia coscienza e il mio coraggio e riuscii a voltarmi verso l'origine delle onde che avevano spazzato via i miei antagonisti. Mi sorpresi nel trovare un altro personaggio, del quale non riuscivo a definire le fattezze, e che guardava alle mie spalle verso il punto in cui era stato abbattuto il muro e da cui era partito l'incendio. Per un breve istante il suo volto giovane venne illuminato dalle fiamme e riconobbi in lui la collera e il desiderio di lotta nei confronti del mio nemico, sparito nel fuoco dello Storehouse. Non aveva in mano armi e non c'era nessun obice nelle vicinanze, ma credetemi quando vi dico che credo fermamente che quell'uomo sia stato il responsabile dell'abbattimento dei miei avversari. Riuscii ad alzarmi con non poca fatica e mi avvicinai verso uno dei due uomini che accompagnavano l'inquietante personaggio con il cilindro. Mi accorsi con raccapriccio che la sua testa era voltata in modo innaturale dalla parte opposta. Era un giovane di neanche sedici anni e aveva perso la vita in quell'inspiegabile attacco. Alzai di nuovo lo sguardo verso colui che ritengo ancora oggi il responsabile indiretto dell'eliminazione dei tre malfattori e dell'incendio, ma costui era sparito, inghiottito dal fumo che ormai stava avvolgendo tutto il cortile.
Scuotendomi dai miei pensieri, mi resi conto che anche le altre guardie erano accorse sul luogo del misfatto e si stavano adoperando per domare l'incendio. Purtroppo in breve il fuoco andò fuori controllo, tanto che non potemmo far altro che mettere in salvo le reliquie e i gioielli prima che le fiamme andassero a lambire la torre.
Dopo qualche ora, lo Storehouse era stato distrutto ma la Martin Tower era salva. Dell'uomo che doveva trovarsi all'interno dell'edificio ormai in rovina, non vi era alcuna traccia.
Nei miei occhi sono però ancora vive e vivide le sconvolgenti immagini della battaglia alla quale avevo assistito e che confido a questa lettera, alla Commissione e a Sua Maestà Vittoria, Regina del Regno Unito e Irlanda con il vincolo del più assoluto riserbo.
In fede.
Hieronimous Jerome Bowden,
Guardia del Palazzo Reale di Sua Maestà e della fortezza della Torre di Londra
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