IV

Sorrido ancora per abitudine e cortesia, ma devo ammettere che il compito che mi aspetta non sarà per nulla semplice. Per fortuna l'anticipo è stato cospicuo e spero di essere talmente brava da meritarmi le altre tremilacinquecento sterline. Il cellulare squilla all'improvviso, mi scuso con Galloway e mi sposto verso la coda del treno, per sistemarmi proprio davanti alla porta dei servizi igienici del convoglio.

- Ciao, papà.

- Dolcezza, come va? Se non ti chiamo io non ti fai più sentire. Come va il lavoro alla National?

- Benissimo - mento spudoratamente. I miei non sanno nulla del lavoro che non c'è più. Voglio che pensino che stia guadagnando ancora uno stipendio tanto alto da permettermi l'affitto del mio piccolo appartamento a South Kensington, quando invece sono senza lavoro fisso e corro il rischio di essere cacciata a pedate dalla mia padrona di casa, amica di papà, peraltro. Il che implicherebbe un ritorno all'ovile con la coda tra le gambe, cosa che mi rifiuto di fare in modo assoluto, o, peggio ancora, di dover chiedere aiuto ai miei genitori.

- Ma sei in viaggio? Ti sento male e mi sembra di sentire dei rumori di fondo.

- Sì, papà. Sono su un treno e sto andando a valutare un quadro.

- Brava la mia bambina. Fai un buon lavoro, mi raccomando. Ah, e mangia, che sei sempre sciupata.

- Questa è la parte di mamma, di solito - sorrido di rimando.

- Beh, stavolta è la mia. Mi manchi. quando posso venire a trovarti? Sono sempre molto preoccupato per te.

- Presto, papà, presto. Lascia passare solo qualche settimana che è un casino, adesso. C'è un sacco di lavoro qui.

- Bene, dolcezza. Molto lavoro, molto onore. Salutami la mamma quando la senti. Anzi, la chiamo io adesso. Ciao, bella.

- Ciao.

Chiudo gli occhi e appoggio la schiena alla porta della toilette. Mi porto lo smartphone alla fronte e impreco. Detesto mentire ai miei genitori, ma non voglio assolutamente interventi da parte loro. Io voglio essere indipendente e devo farcela da sola. Per cui, Claudia, rimboccati le maniche e cerca di fare il miglior lavoro possibile con...

- Ehi, tu!

Guardo verso la coda del treno e non c'è nessuno. Non capisco da dove provenga la voce, eppure l'ho udita chiaramente. Tutto ciò che ho intorno lascia pensare che io sia sola in questa parte del treno. Mi volto verso la carrozza dove sono seduta con il professore, ma la voce non può provenire da lì. Chi ha parlato, dunque? Il cuore inizia a battere forte e un brivido mi attraversa la schiena. È come se la voce mi avesse chiamato da dentro, oppure dalle mie spalle. È la mia coscienza oppure è qualcosa...

- Ehi, ma che cazzo! Vuoi spostarti da questa maledetta porta? E' un minuto che ti chiamo. Devo uscire, per la miseria ladra.

- Oddio. Oh, mannaggia, mi scusi. Mi scusi tanto. Sono davvero spiacente... - bofonchio imbarazzata.

Mi muovo e inciampo in modo goffo nello spostarmi, mentre dalla porta della toilette alla quale mi ero appoggiata senza rendermene conto mentre parlavo con mio padre, esce uno degli uomini d'affari del nostro vagone con il volto davvero adirato.

-Mi scusi... - accenno ancora.

- Ma proprio davanti alla porta dei servizi devi telefonare? - risponde l'uomo in modo sgarbato.

- Va bene, però mi ha fatto spaventare, sa? - replico adirata.

Cafone! Certo che io però... Ma dove diavolo ho sempre la testa? Mi basta un nonnulla per sussultare e sono sempre stata un po' paurosa e suggestionabile. Da quando Jeremy se n'è andato lo sono diventata ancora di più. Ennesima figura di merda, comunque. Complimenti Claudia. Mi sposto verso il mio sedile e sfilo di fianco ai due ragazzi con le cuffie e con gli smartphones in mano. Sembrano impegnati in una partita a Dark Cradle, come tre quarti dei ragazzi al di sotto dei ventun anni nel mondo, ma quando passo accanto a loro mi accorgo che la ragazza mi ha lanciato un'occhiata di sfuggita. Non so perché, ma la cosa mi ha infastidito. Ha uno sguardo strano, strafottente e violento. Tra la mia situazione e il quadro del mistero sto diventando paranoica. E Galloway non mi aiuta di certo visto che continua a sporgersi per osservare il cielo fuori dal finestrino.

- Come mai guarda sempre il cielo, professore? È attirato dalle nubi o dai corvi che sembra ci stiano accompagnando da quando siamo partiti?

Non risponde subito. Scruta l'orizzonte e non riesce a nascondere una certa preoccupazione nei toni. Poi posa lo sguardo sui giornali di fronte a lui. Il Daily Telegraph riporta nelle pagine interne la notizia relativa al suicidio di Khalidi, ne rilegge il titolo e poi torna a osservare il paesaggio fuori dal treno, prima di iniziare a parlare:

- Qui in Inghilterra siamo abituati alle atmosfere un po' cupe e grigie e questo ci ha sempre portato a pensare di essere forgiati per sopravvivere al peggio. Eppure il futuro non è così scontato come immaginiamo. Sebbene la nostra naturale predisposizione al lato oscuro delle cose ci abbia permesso di lottare nel corso dei secoli contro ogni avversità, un giorno si presenteranno alla nostra porta dei nemici più agguerriti di noi, che potrebbero nascondere insidie inimmaginabili.

Julian Galloway si toglie gli occhiali e si sfrega gli occhi stanchi.

- L'unica salvezza è la conoscenza, dottoressa Casterman. Solo la nostra immensa sete di sapere ci potrà salvare.

Lo osservo a bocca aperta mentre, al termine di queste parole, si blocca a osservare un punto alle mie spalle. Mi volto e cerco l'oggetto delle attenzioni di Galloway. I due ragazzi si sono tolti le cuffie dalle orecchie e ora ci osservano, seri, senza parlare. Torno a posare lo sguardo sul professor Galloway e poi di nuovo verso i due giovani. Su scrutano, si sfidano. Sembra assurdo, ma lui e i ragazzi sembrano quasi impegnati a cercare un'intesa impossibile da trovare. Poi il ragazzo si alza lentamente, recupera lo zaino e si sposta verso la carrozza alle sue spalle. La ragazza si alza a sua volta e mi guarda. Accende il suo volto con un sorriso, recupera frettolosamente il proprio zaino e si muove verso l'altra carrozza anche lei. Ancora una volta mi sento quasi violata dallo sguardo della ragazza.

Il professore rimane a guardarli per qualche secondo mentre si allontanano. Dopodiché annuncia in modo gioviale:

- Siamo quasi arrivati, dottoressa. Recuperiamo i nostri bagagli.

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