III

- Casterman. Non è un cognome italiano, vero?

La domanda mi coglie di sorpresa, mentre, approfittando di un momento di silenzio, stavo studiando le gradazioni di fumo e smeraldo che la campagna piovosa lascia scivolare veloci alle mie spalle. E' la prima curiosità personale che mi viene richiesta da quando è iniziato questo viaggio così particolare. La compagnia del professor Galloway si è rivelata davvero piacevole e per tutto il tragitto si è comportato come un gentleman d'altri tempi, cortese e prodigo di aneddoti sulla provincia inglese che stiamo attraversando. Abbiamo iniziato a parlare di lavoro solo qualche minuto prima, in prossimità dell'arrivo nella contea del South Yorkshire, perché ha detto che il viaggio doveva essere "gradevole e privo di fastidiose questioni professionali", parole sue.

- Mio padre è belga e mia madre italiana, fiorentina d'origine per la precisione. Abbiamo sempre vissuto a Torino, però. Lei è un'artista, illustratrice per una serie di libri per bambini. Mio padre lavora in Belgio.

- Casterman della casa editrice?

- No, tutt'altro. Casterman della catena di negozi di bricolage. Possiede una decina di punti vendita in Belgio. Lui vive lì. Professor Galloway, sono curiosa di avere qualche notizia in più sul dipinto che dovremo andare a valutare.

Mi smarco dalla richiesta di ulteriori dettagli sui miei genitori. Non voglio che il mio provvisorio datore di lavoro si faccia delle strane idee su di me, sulla base di un giudizio determinato dallo strampalato "way of life" della mia famiglia. In effetti i miei genitori hanno avuto la stravagante idea di vivere ognuno per conto proprio. Ma dall'inizio intendo, da quando si sono conosciuti. Ho passato la mia infanzia tra Torino e Bruxelles e ho assistito con incosciente distacco agli sporadici ma intensi incontri tra i miei genitori. Che sono sempre andati d'amore e d'accordo, va detto.

- Oh, sì. Certo. A quanto pare si dovrebbe trattare di un'opera colossale, in termini di dimensioni intendo, e sconosciuta - mi spiega il professor Galloway.

- Colossale?

- Enorme. A quanto pare occupa un'intera parete, pensi. E' conservata in casa di una signora ormai più che novantenne, quasi centenaria. Un tipo piuttosto eccentrico che ebbi il piacere di incontrare qualche anno fa.

- Molto interessante. Sono sempre più curiosa. Posso vedere qualche immagine, se possibile?

- No. Non esistono immagini, dottoressa Casterman. E' proprio questa la parte difficile di questa indagine. Per questo è necessario che lei sia qui su questo treno ora.

Rimango piuttosto sorpresa e per un attimo penso che il professor Galloway mi stia prendendo in giro. Nell'epoca del mondo condiviso non esistono opere che non siano state fotografate, nemmeno quelle rubate e nascoste nelle ville dei miliardari. Quando sono stata contattata dalla segretaria del professore, qualche giorno prima, mi era stato detto che era richiesta una mia consulenza per autenticare e documentare minuziosamente un dipinto ritrovato presso un privato, nulla più. Di solito, quando avviene questo tipo di ritrovamenti, la prima cosa che succede è che vengono scattate un gran numero di fotografie, qualora si ritenga che il dipinto abbia un certo valore. Visto che è stata richiesta la presenza di un consulente, di sicuro si pensa che il dipinto sia piuttosto importante, per cui non riesco a spiegarmi l'assenza di immagini.

- Professor Galloway, se mi permette tutto ciò che mi sta raccontando è piuttosto particolare, non trova? Neanche quando lavoravo alla National Gallery mi è capitata una situazione di questo genere e neanche tra i miei ex colleghi ho sentito raccontare di quadri misteriosi e sconosciuti.

Galloway appoggia la schiena al sedile e si guarda intorno. All'interno del lungo vagone tipico dei treni britannici molto moderni e confortevoli, è presente una decina di persone. Due coppie di anziani in gita di piacere, tre uomini e una donna che viaggiano evidentemente per business e una coppia di ragazzi sui vent'anni, o forse più, che armeggiano di continuo con il cellulare e che indossano enormi cuffie sulle orecchie. Finita la perlustrazione, Galloway si avvicina verso il mio viso e abbassa il tono di voce per non farsi udire.

- Vede, dottoressa, quando la signora Coltrane mi parlò di questo dipinto, era il duemilaquindici, o il quattordici... Comunque ho subito capito che si trattava di un'opera di valore. La descrizione, il tema, le modalità di conservazione. Pensi che il dipinto è rimasto per più di un secolo in una sala apposita nella proprietà dei Coltrane, che quindi l'hanno conservato nella stessa posizione per generazioni. Pochi hanno avuto la fortuna di vederlo, in quanto i Coltrane, questo mi ha raccontato la signora, ne sono davvero gelosi. Ho ascoltato la storia con attenzione, l'ho trovata interessante e poi l'ho scordata velocemente.

Julian Galloway solleva nuovamente la testa per guardarsi intorno, dopodiché si avvicina ancora più a me abbassando il tono di voce.

- Qualche tempo fa l'ente per cui lavoro, la Governance Bowden, è venuto a sapere, nell'ambito di un'indagine documentativa coperta dal più stretto riserbo, che un noto autore dell'ottocento di cui non sappiamo il nome avrebbe realizzato un'opera monumentale, importantissima, storica. E che l'avrebbe tenuta segreta a tutti tranne a chi ovviamente la "nasconde", se mi passa il termine. La descrizione per sommi capi del dipinto, l'epoca, le dimensioni, mi hanno riportato alla memoria le parole della vedova Coltrane. Che ha accettato, in via eccezionale a me e a una sola altra persona fidata, di far visionare il quadro per una valutazione pecuniaria e storica. La vedova Coltrane probabilmente comincia a farsi domande su quell'ingombrante pezzo d'antiquariato e vuole lasciare una cospicua eredità ai nipoti. E qui entra in gioco lei.

- Capisco. Però una cosa devo chiederla. Perché proprio io? Alla National Gallery ci sono esperti ben più rinomati.

- Innanzi tutto perché lei, signorina Casterman, ha la particolarità di saper valutare non solo le opere, ma anche lo scenario di contorno e i documenti d'epoca, gli scritti, l'ambientazione. In secondo luogo, il fatto che lei sia al momento al di fuori della National Gallery rappresenta un vantaggio per il riserbo della valutazione e dell'indagine connessa. E poi l'esperienza che ha passato proprio alla National Gallery ha un certo peso. Ha lavorato insieme a Jeremy Callaghan. A proposito...

- Sì, certo. In effetti sto cercando di propormi come freelance - taglio corto.

Le ferite aperte hanno la brutta tendenza di infettarsi. Mi scappa un sorriso di cortesia, che mi rendo conto essere particolarmente tirato. Probabilmente ha saputo di Jeremy e Pamela. Il mio nuovo amico non ha mezzi termini, va dritto al punto. E' sincero e schietto. Rimango comunque perplessa dall'osservazione sulle indagini dell'ufficio di Galloway. Quale tipo di ricerca richiede un tale livello di segretezza? Vorrei chiedere di più, ma di nuovo non voglio bruciare quest'opportunità per via della mia innata curiosità. Nel frattempo, il professore torna a poggiare la testa sullo schienale del sedile pur mantenendo il suo tono da cospiratore, tanto da comprendere con fatica le sue parole

- Quello che posso dirle sul quadro è che rappresenta un episodio saliente dell'epoca, metà ottocento circa, e dovrebbe aiutarci a capire se si tratta di ciò di cui ci stiamo occupando. Per tale motivo non voglio influenzare il suo giudizio e mi fermo qui. Tra poco vedremo con i nostri occhi di cosa si tratta. Ma se è come penso io, dottoressa Casterman. Beh... Avrà una bella sorpresa. E la governance farà un enorme passo avanti nell'indagine.

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