32. La verità
Il tacchino volò improvvisamente e si sfracellò contro la vetrata della cucina. Liam lo aveva lanciato in preda ad un moto di rabbia, non appena suo padre era uscito.
Con un altro colpo scaraventò a terra tutto quello che c'era sul bancone.
Il suono assordante dei vetri e delle ceramiche rotte fu spaventoso quanto le sue urla di frustrazione. Rimanemmo tutti pietrificati da quella reazione.
«Dannazione! Come diavolo ho fatto a essere così stupido.»
«Hai fatto tutto il possibile», lo rincuorò Marcus.
«Evidentemente no!», ribatté il suo alpha ringhiando e sbattendo il pugno sul piano di lavoro. Si appoggiò al bancone con le braccia aperte come se facesse fatica a stare in posizione eretta. Le sue spalle salivano e scendevano in preda all'affanno. Non mi aveva ancora guardato in faccia. Non una sola volta dallo scontro con suo padre.
Sentii la sua rabbia pervadermi, ma mi sforzai di non essere invasa dai suoi sentimenti e cercai di focalizzarmi sui miei. In cuor mio sapevo che prima di ogni altra cosa, avevo diritto a delle spiegazioni. Presi coraggio, ignorai la sua furia e esposi la mia esigenza.
«Liam... lo sento quanto tu sia arrabbiato, ma credo che tu mi debba un chiarimento. Ho bisogno di capire cosa è appena successo, soprattutto perché sembra riguardarmi.»
Il suo respiro si bloccò per un attimo per poi riprendere ancora troppo veloce. Mantenne lo sguardo basso ancora per qualche istante finché tornò a respirare quasi regolarmente. Solo allora alzò il suo sguardo pieno zeppo di dolore verso di me.
Dispiacere. Disperazione. Paura.
«Mi dispiace Annie. Mi dispiace davvero tanto...»
Continuò a fissarmi dall'altro capo dell'isola mentre i ragazzi ripresero a muoversi nervosamente per uscire dalla cucina e lasciarci soli. Philip mi strinse la spalla prima di andarsene, mentre Lara mi abbracciò forte.
Una volta calato il silenzio nella casa, Liam iniziò a parlare.
«Ci sono tante cose che non ti ho detto.»
«Questo è l'unica cosa che ho capito a dire la verità.»
«Mi dispiace. Non so nemmeno da dove iniziare. Posso solo dirti che l'ho fatto solo perché non volevo turbarti.»
«Inizia dal principio per favore e ti prego di non omettere più nulla» dissi con un tono sprezzante.
Sospirò profondamente prima di iniziare.
«La connessione tra un'umana e un lupo non è una cosa molto comune come ti ho lasciato intendere. In realtà è estremamente rara. Capita ogni mille anni all'incirca e non a caso.»
«Cosa intendi per non a caso?»
«Non è un caso che tu abbia avuto la lycantropia da piccola o che ti trovi così a tuo agio con noi. Nel tuo sangue scorre quello del lupo originario. Non sappiamo molto in realtà di lui. La leggenda narra che un uomo, migliaia di anni fa, si sia perso nelle foreste dell'Alta Savoia, in Francia, per colpa di una bufera di neve. L'inverno era glaciale in quegli anni e una notte di luna piena si rifugiò in una tana dove trovò cinque piccoli cuccioli di lupo. Non mangiava da giorni e così fu costretto a cibarsi di quei piccolini. La madre lo colse sul fatto. Lui si riparò dietro il fuoco per non essere attaccato. La lupa, spaventata dalla fiamma, non poté vendicarsi. Ululò tutta la notte in preda al dolore e chiese alla Luna di maledirlo. La Luna accolse la sua preghiera e trasformò l'uomo in una bestia feroce con le sembianze di un lupo, un predatore letale proprio per la sua stessa specie di origine, ovvero quella umana.»
«Quindi sarei discendete del primo licantropo della storia?»
«Sì, esatto. Il lupo originario aveva il dono del morso, ma nel corso dei secoli la natura pose un limite a quel potere al fine di mantenere la sopravvivenza della razza umana ed evitare che venisse spazzata via. I licantropi stavano uccidendo troppi uomini e ne stavano inglobando nella propria popolazione altrettanti. La Luna tolse così il dono del morso ai lupi mutaforma. Tuttavia, nel corso dei secoli, nemmeno questo equilibrio sembrò durare. Pare che ci sia un disequilibrio nella riproduzione dei licantropi. In pratica, diamo alla luce più lupi maschi e pochea femmine. Essendo una specie decisamente monogama, questa condizione ci porta ciclicamente a sfiorare l'estinzione.
«In che senso ciclicamente? Perché non vi siete ancora estinti allora?»
Liam serrò i denti in una smorfia e strinse il bordo del piano con forza. Sentivo fin dentro le ossa la sua difficoltà. Rimase in silenzio diversi secondi, facendo accrescere il mio senso di angoscia.
«Liam, per favore, spiegami...»
Scosse la testa e sbuffò.
Fece il giro dell'isola e mi raggiunse. Si appoggiò con il sedere al bordo del bancone e mi prese le mani.
«Annie, quando la nostra specie raggiunge il rischio di estinzione, si attiva nella discendente del lupo originario il potere di contrastarla.»
«Che cosa? In che modo? Io, come potrei...?»
Il dispiacere e la compassione che sentivo arrivare da Liam mi stavano ancora più confondendo. Suggerivano che quello che sarebbe seguito, non mi sarebbe piaciuto per nulla.
«Non ti ho mentito quando ti ho detto che all'interno della nostra connessione io ho il potere di trasformarti. Quello che ho omesso è che una volta diventata come noi, tu, ed esclusivamente tu, sarai l'unica lupa al mondo con il potere di trasformare altri uomini in licantropi e salvare così la nostra specie.»
Parlò con calma per farmi assimilare ogni singola frase e tutto quello che ne conseguiva. Ma anche così era troppo da elaborare.
D'istinto mi staccai dalle sue mani e corsi fuori sul pontile. Avevo bisogno di aria fresca e soprattutto di rimanere sola con i miei pensieri.
Una volta lì, presi a inspirare ed espirare cercando di calmarmi.
Con la coda dell'occhio vidi Liam all'inizio del piccolo molo. Aveva le braccia conserte e lo sguardo denso di preoccupazione. La stessa preoccupazione che mi stava incalzando e mi impediva di concentrarmi su me stessa.
«Liam, ti prego, ho bisogno di restare da sola, non posso gestire ora anche quello che provi tu.»
«Va bene, Annie. Ti aspetterò dentro. Ti prometto che questa volta risponderò con sincerità a tutte le domande che vorrai farmi.»
Annuii con la testa per farlo andare via. Ma sentii un retrogusto di amaro sarcasmo salirmi in bocca.
Sincerità? Liam mi aveva mentito per tutto il tempo o, per lo meno, aveva omesso delle informazioni sulla nostra relazione e su di me davvero importanti. Come avrei potuto fidarmi ancora di lui e soprattutto perché lo aveva fatto?
Ripensai alle parole del padre. Al suo ritenermi preziosa, alle accuse mosse al figlio e a tutti i risvolti politici e strategici che faticavo ancora ad immaginare e comprendere.
Il dolore che sentivo, però, sapevo bene a cosa era dovuto. Mi ero illusa che quello che c'era tra me e lui fosse qualcosa di puro e di trascendentale. Invece non era così. Il fatto che Liam avesse omesso così tanto significava solo una cosa. Ero in mezzo a un gioco di potere e anche lui mi vedeva con gli stessi occhi del padre.
La connessione c'era, era reale, così come i sentimenti che avevo sentito. Ma dietro la voglia di tenermi tutta per sé, c'erano molto di più. La posta in gioco, da quanto avevo compreso, era troppo alta.
Mi voltai verso la villa. Liam mi stava guardando dalla vetrata del salotto, aveva entrambi gli avambracci appoggiati alla vetrata e la testa appoggiata al dorso della mano. Sentivo distintamente la sua paura di perdermi e questo voleva dire che aveva sentito molto bene la diffidenza iniziare a serpeggiare sotto la mia pelle.
Erano tutti riuniti in salotto e Marcus camminava alle sue spalle avanti e indietro parlando. Quando Liam si girò per rispondergli, approfittai di quell'attimo di distrazione e corsi verso la portafinestra della sua camera.
Non volevo passare dalla soggiorno e affrontarli. Avevo bisogno di andarmene e ragionare con la mia testa senza alcuna interferenza.
Una volta in camera, presi il mio borsone e ci infilai dentro tutti i miei vestiti. Liam entrò concitato quando ormai avevo quasi finito.
«Cristo, Annie, avevo paura che ti fosse successo qualcosa, non ti ho più vista sul pontile. Non puoi farmi prendere questi spaventi.»
Fece per abbracciarmi ma io mi divincolai.
«Forse dovresti iniziare ad abituartici.»
Si accorse solo allora del borsone sul letto e io continuai a mettere dentro le ultime cose.
«Annie, cosa stai facendo?»
«Non è evidente?»
«Non te ne puoi andare! Come farò a proteggerti?»
«A proteggermi da chi, Liam? Da qualche alpha che mi vuole tutta per sé?»
Ci impiegò un po' a comprendere la mia accusa velata. Forse la rabbia e la delusione che provavo lo stavano aiutando a decifrare la mia frecciatina. Quando comprese a cosa alludessi, il suo volto si incupì.
Rabbia. Delusione. Dolore.
Non volevo farmi fregare dai suoi sentimenti, decisi quindi di ignorarli e sollevai i borsoni.
«Annie, non c'è solo il mio branco e quello di mio padre...»
«Beh... ho comunque una buona scorta, mi pare.»
Indicai i due lupi appostati fuori dalla casa che immagino facessero capo a Harold Kees.
«Qualcosa mi dice che verranno via con me, o sbaglio?»
Mi morsi il labbro per cercare di ignorare la sua espressione abbattuta da cucciolo abbandonato.
«Senti, Liam, hai omesso davvero troppo e ho bisogno di pensare da sola. Non voglio più rimanere qui. Ora ti chiedo solo una cosa: dimmi se c'è altro che non mi hai detto o su cui hai mentito, per favore.»
Rimase in silenzio per un lungo istante.
«Non so molto di più riguardo al dono del morso. A parte che i tuoi fut...» Si bloccò, deglutendo come in preda ad una fitta di dolore. «I tuoi futuri figli dovrebbero avere lo stesso potere, ma non saranno in grado di passarlo alla generazione seguente.»
«Fantastico!»
«Dovrebbe esserci anche un modo di creare un lupo e trasmettergli il tuo dono, ma sono solo leggende che mi ha raccontato...»
Si bloccò e riabbassò lo sguardo, imprecando silenziosamente.
«Cosa? Cos'altro c'è?»
«Annie, dovresti parlare anche con Clohè e la Dottoressa Lachess...e anche con i tuoi genitori.»
«No, no, no! Non dirmi che sono coinvolte anche loro in tutto questo.»
Rimase in silenzio, serrò la bocca e continuò a guardare verso il basso.
Senso di colpa.
«Mèrde! Vi siete divertiti alle mie spalle? Era per quello che vi ho trovato al completo nella mia cucina? Dio mio! Sono stata davvero ingenua! E per tutta la mia vita, a quanto pare! Con le persone di cui mi sono fidata!»
Sbottai e corsi fuori verso la mia macchina.
Liam mi rincorse e mi bloccò, appoggiando una mano al finestrino, impedendomi di salire.
«Annie, tutto quello che abbiamo fatto è stato solo per proteggerti.»
«Davvero? Peccato però che non mi avete coinvolto nelle vostre congetture! D'altronde, ero solo la diretta interessata! Ora cosa hai intenzione di fare? Di trattenermi con la forza?»
Liam tolse la mano dal finestrino.
«No. Non lo farò. Ma sappi che ho solo cercato di farti vivere più serenamente possibile, mentre cercavo di capire come gestire tutta questa situazione.»
Un'ondata di tristezza mi pervase e per un attimo fui tentata di cedere a quelle parole e pensare che fosse davvero solo quello il motivo di tutte le sue scelte. Tuttavia, le accuse di suo padre mi rimbombavano ancora in testa.
Salii in auto e mi diressi a casa, dove Clohè, la dottoressa e un'alta signora dalla pelle scura e dai capelli bianchi mi stavano aspettando sotto il porticato.
Povera Annie, è stato proprio un ringraziamento shockante. Pensava di poterlo passera finalmente nella sua nuova famiglia, invece si è sentita tradita.
E povero anche Liam, poteva gestirla diversamente, ma essere paragonati a suo padre non deve essere il massimo.
Faranno pace secondo voi questa volta. E come ?
Se ti è piaciuto questo capitolo di confronto metti la stellina e fammi sapere cosa ne pensi !
Un bacio
BEA
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