04. Pet therapy 🧪
Finite le lezioni, accompagnai a casa i ragazzi.
Avevo affittato una maestosa villa affacciata su un piccolo lago, appena fuori dalla città di Moore Hill. Era immersa nella foresta. Le pareti della zona giorno erano composte praticamente solo da vetrate, dando l'impressione di trovarsi completamente in mezzo alla natura.
Lo stile minimale era portato quasi all'estremo. Gli arredi erano ridotti al minimo ed era tutto estremamente pulito ed essenziale. Dopotutto, passavamo la maggior parte del tempo a scuola o a caccia nei boschi. Non ci servivano chissà quali fronzoli.
Solo la zona notte era rivestita da listelli in legno, mentre le vetrate erano protette da tende a rullo oscuranti che, tuttavia, tenevamo sempre raccolte, considerando che l'area godeva di estrema privacy.
Era una delle ville più belle in cui avessimo mai abitato. Adoravo il Canada proprio perché ti permetteva di vivere nel pieno della natura anche avendo una cittadina a pochi passi.
Accostai il nostro GLS nero vicino all'ingresso e il mio sguardo volò verso le due sdraio che avevamo posizionato sul molo. L'immagine di me e Annie a bere un tè caldo, sotto le coperte, seduti su quel pontile si materializzò improvvisamente nella mia testa.
Imprecai dentro di me per quello stupido e romantico pensiero, ma al tempo stesso scesi a patti con il fatto di aver già bisogno di rivederla.
Aumentando i chilometri di distanza, le sensazioni si erano affievolite, ma non la mia curiosità.
Ero sempre stato convinto che la testolina della più popolare della scuola fosse piena di leggerezze e superficialità. Tutto quel tormento mi aveva spiazzato. Così, per tutto il pomeriggio mi ero ritrovato a chiedermi quali fossero i motivi di quel gran groviglio di brutte emozioni che Annie celava dietro la sua maschera sorridente.
Con il senno di poi, inconsciamente avevo già sviluppato una gran voglia di regalarle un po' di serenità.
Annie poteva essere la classica ragazzina prepotente, ma quello che avevo sentito provenire dal suo cuore non lo avrei augurato nemmeno al mio peggior nemico.
Vedendomi un po' afflitto, Marcus mi diede una pacca sul braccio prima di scendere dalla macchina.
«Andiamo a farci una bella corsa? Cosa dici? Ti farà bene dopo questa giornata ricca di novità.»
«Grazie, Marcus, ma vorrei fare un giro in città da solo.»
«Da solo o stai andando da lei?»
«Non lo so. Ho bisogno di metabolizzare ancora tutto. Puoi portare tu i ragazzi a correre? State solo lontani dal versante sud della montagna? Non l'ho ancora ispezionato.»
«Certo, Liam, penserò io a loro. Prenditi il tempo che ti serve, amico. Dopo la corsa pensavo di andare in città a bere qualcosa al pub. Prenderemo il pick-up dei ragazzi.»
«D'accordo, vedrò di raggiungervi lì più tardi.»
Salutai il mio branco e riportai il suv sulla strada principale. Mi capitava raramente di voler rimanere da solo. Loro erano la mia forza e io la loro, ma quella sera avevo bisogno di mettere in ordine i pensieri e capirci qualcosa di più.
Senza rendermene conto, abbassai il finestrino della macchina e presi ad annusare l'aria, mentre guidavo in giro per la città senza una meta. Dopo circa venti minuti trovai la traccia che il mio subconscio stava cercando: Coco Mademoiselle.
Lo seguii finché non svoltai in una lunga via privata, costeggiata da una grande radura che saliva gentilmente verso le montagne.
La temperatura del mio corpo iniziò ad aumentare. Annie era vicina.
Con la vista canina, notai un Porsche Cayenne parcheggiato fuori dalla villa in fondo alla via, a un centinaio di metri di distanza. Aveva un piccolo adesivo della squadra di rugby posto sopra la targa.
A bordo c'erano due figure e, dalla sensazione di fastidio che ricevevo, avevo già intuito chi potessero essere.
Svoltai in una strada sterrata che si diramava all'inizio della via. Parcheggiai il SUV in uno slargo riparato, scesi dall'auto, mi tolsi i vestiti e mi trasformai.
Nella forma di lupo, mi sembrava di sentire ancora di più le sensazioni di Annie, come se al posto della pelliccia avessi la pelle completamente esposta a tutto quello che stava provando.
Era agitata e non si sentiva al sicuro. Presi ad avanzare nella radura con cautela. L'erba era alta e così, piano piano, riuscii ad avvicinarmi alla loro auto senza essere visto. Da pochi metri di distanza riuscii ad ascoltare distintamente la conversazione che avveniva dentro l'abitacolo.
«Dai piccola! Me lo avevi promesso! Mi avevi detto che ti sarebbe piaciuta l'idea.»
«Non sono mai stata davvero convinta, Drake. Sei tu che hai insistito! E poi mi avevi detto che sarebbe stato uno sconosciuto.»
«Tu mi hai detto che volevi farlo e io mi sono anche esposto. Che figura mi fai fare ora se ci tiriamo indietro?»
«Drake, non vedo cosa ci sia di male a cambiare idea su una cosa simile. Inoltre, il nostro rapporto non sembra andare a gonfie vele, forse dovremmo prima sistemare le cose tra di noi, non credi?»
«Io credo che quello che manchi tra di noi sia un po' di pepe. Lo so che lo vuoi anche tu, ammettilo! Non fare la santarellina. Ho visto come guardavi i bicipiti del batterista appena arrivato oggi. Non dirmi che non ti saresti fatta un giro volentieri.»
Ma come si permetteva di parlare così?
Constatai che il mio senso di indignazione non tardò a pervadere Annie, udendo un sonoro schiaffo sul faccione di quel viscido di un imbecille. Subito dopo, Annie aprì la portiera e corse verso casa.
Brava, piccola, scappa via da quella merda! Non so cosa ti stia forzando a fare, ma hai fatto bene. Non può trattarti così.
Drake fece manovra sgommando rumorosamente. Lo sentii imprecare da dentro l'abitacolo. Inserì la marcia di guida e schizzò via, lisciando le gomme sull'asfalto per rimarcare il suo stato furioso. Non si era nemmeno assicurato che la sua ragazza fosse entrata in casa.
Annie infilò le chiavi nella serratura, ma prima di entrare si guardò intorno sentendosi osservata.
Mi notò e sussultò subito dallo spavento.
Cazzo! Come avevo fatto ad essere così stupido?
Avevo assistito a una scena talmente degradante che non mi ero reso conto di essere rimasto pietrificato e completamente esposto, in bella vista, sul bordo della radura.
Poca, troppa poca paura e una spropositata curiosità.
Annie continuava a fissarmi dritta negli occhi. Non stava guardando le zanne come facevano tutte le persone sane di mente e dotate di un normale istinto di sopravvivenza.
Mi chiesi se stessi per caso riuscendo a fare quello che Marcus mi aveva suggerito. Forse la stavo rassicurando con lo sguardo, con la postura, ma anche attraverso la liasion.
Annie poteva essere una stronza ma non era scema. Un lupo grande e grosso, per quanto potesse rimanere in posizione di remissione, faceva comunque una paura fottuta.
Eppure fece un passo verso di me, come se si fosse sentita attratta.
Proprio in quell'istante, una signora di colore dai capelli bianchi e corti, spalancò la porta di casa e la salutò.
Annie si apprestò ad entrare, come richiamata all'ordine, e io non riuscii a smettere di origliare. Volevo saperne sempre di più.
«Ciao, Clohè, sono arrivati i miei genitori?»
«No, signorina, mi spiace. Ha chiamato questo pomeriggio sua mamma. Si è dovuta trattenere a Hollywood perché il maltempo ha ritardato di diverse settimane le riprese e, da quanto ha detto, credo che anche suo padre si tratterrà in Europa per un altro mese.»
Silenzio.
«Mi dispiace, signorina, lo so che sono via da inizio estate e le avevano promesso di esserci alla festa di domani. Se vuole, posso venire io. Su, venga, ho preparato il pollo Thai con le verdure al curry e latte di cocco che le piace tanto.»
«No, Chloè, grazie. Sono stanca. Credo che me ne andrò subito a dormire.»
La vidi correre al piano di sopra dalla vetrata delle scale, mentre una voragine mi stava lacerando il petto.
Abbandono. Solitudine. Senso di colpa. Dolore.
Un dolore insopportabile.
Sentivo i suoi singhiozzi nonostante cercasse di soffocare le lacrime in qualcosa di morbido e ovattato. Un cuscino, probabilmente.
Andò avanti così per quasi due ore, ininterrottamente. Io rimasi accucciato fuori da casa sua per tutto il tempo. Non riuscivo ad allontanarmi. C'erano stati dei momenti in cui mi era mancata anche l'aria. Ero sconcertato perché non riuscivo ad immaginare quanto intensamente stesse soffrendo, considerando che quello che mi arrivava probabilmente fosse solo un flebile rimando.
Avevo provato per tutto il tempo a trasmetterle qualche sensazione positiva, ma mi era sembrata un'impresa impossibile con tutta quella distanza e in versione cane randagio sul ciglio della strada.
Alla fine, quando calò il buio, i singhiozzi andarono piano piano scemando e non sentii più né rumori, né emozioni. Rimasi in attesa ancora per una manciata di minuti. Pensando si fosse addormentata, mi voltai e presi a correre in quell'enorme prato. Avevo bisogno di scrollarmi di dosso tutta la devastazione che mi aveva lasciato Annie.
Percorsi una ventina di chilometri e cacciai un paio di lepri, poi imboccai il sentiero che riportava alla mia macchina. Volevo raggiungere i ragazzi. Erano troppe ore che stavo lontano da loro e sapevo che volevano festeggiare il nostro ultimo primo giorno di scuola.
Erano il mio branco. La mia famiglia. Quella famiglia che Annie, a quanto pareva, non aveva.
Sulla strada del ritorno scorsi un minuscolo e suggestivo laghetto incastonato tra due grossi abeti. Non c'erano rivoli nelle vicinanze, dedussi quindi che fosse qualche risalita di una sorgente termale.
Mi avvicinai e immersi una zampa, constatando una temperatura piacevolmente tiepida.
Non abbastanza calda, però, da giustificare l'aumento di temperatura che stava subendo il mio corpo di lupo.
Sentii spezzarsi un rametto a terra poco dietro di me e mi voltai con un balzo.
Annie era lì in piedi, di fronte a me. Indossava dei leggins neri, una felpa leggermente oversize color cachi, un gilet softshell sempre nero e degli hunter verdi.
Aveva i capelli raccolti in una coda alta e mi stava fissando indecisa se avanzare verso di me o meno.
Cercai di rassicurarla come avevo fatto prima mentre era sulla porta di casa. Mi accucciai e abbassai la testa.
Fece pochi passi nella mia direzione e si inginocchiò a sua volta, porgendomi il palmo della mano come un invito ad avvicinarmi.
«Cosa sei tu? E perché sei stato tutta la sera fuori dalla mia finestra?»
Me lo sono chiesto anche io.
Annie non era impaurita da me e aveva percepito la mia presenza per tutto il tempo del suo sfogo.
Avvicinai il mio muso molto lentamente alla sua mano, emettendo dei piccoli guaiti ad ogni passo.
Non appena posai il tartufo sul suo palmo, l'istinto fu quello di assaggiarla. Le leccai la mano scoprendo un sapore dolce che rispecchiava perfettamente quello del suo profumo.
Di tutta risposta, Annie infilò le sue dita nel pelo del mio collo e prese a massaggiarmi come se fossi il suo animale da compagnia.
«Dio, credo di essere impazzita. È ufficiale. Sono uscita nel cuore della notte per fare delle coccole a un lupo.»
No, Annie, non sei impazzita, è la connessione. Inizio a capirlo anche io. È semplicemente impossibile stare lontani. Qualsiasi forma io assuma.
La fissavo negli occhi, sempre tenendo il muso verso il basso.
Sembrava essere molto più tranquilla rispetto a prima, anche se mi era sembrato di aver percepito ancora qualche piccolo singhiozzo simile a un tremore interno.
Il suo corpo doveva essere ancora scosso dopo tutte quelle ore di pianto.
Al successivo tremolio, mi avvicinai maggiormente e presi a leccarle la faccia nel tentativo di distrarla.
Ed eccomi qui, da terrificante lupo alfa, a cagnolino che fa le feste alla sua padrona.
Sentii il mio orgoglio fare un tonfo sonoro giù da un precipizio, ma poi Annie fece qualcosa di inaspettato.
Si mise a ridere. Una risata così cristallina che colmò tutto il vuoto che il suo dolore mi aveva lasciato nel petto.
Andai avanti a stuzzicarla per sentire quel suono così magico, spontaneo e così diverso da quelle risate maligne che le avevo sentito fare durante la giornata. Quando le concedetti un attimo di tregua, Annie si tuffò con tutto il volto nella mia pelliccia e mi cinse le braccia intorno al collo.
«Dio... quale angelo ti ha mandato da me?»
Sono state quelle tre stronze delle Moire, Parche o Norne. Chiamale come vuoi, Annie, ma si stanno facendo delle grosse risate. Te lo dico io.
Sentii riaprirsi leggermente lo squarcio nel petto.
Autocommiserazione.
L'avvolsi con il muso intorno al collo, non potendo abbracciarla in quella mia forma. Fortunatamente riuscii a farla sentire contenuta e coccolata, scacciando quella brutta emozione.
Non so per quanto tempo rimanemmo così, e non mi importò poi molto. La sensazione di farla stare meglio era qualcosa di indescrivibile.
Avrei fatto qualsiasi cosa pur di sollevare il suo cuore da tutta quella sofferenza, anche solo per qualche istante.
«Devo andare ora... o Clohè si preoccuperà se non mi troverà in camera mia.»
Grazie a Dio, qualcuno che si preoccupa per te c'è, dopotutto.
Mi accarezzò ancora la pelliccia, infilando entrambe le mani nei ciuffi intorno al mio muso, e poi si rialzò.
La accompagnai, stando tre passi indietro, e fermandomi ogni volta che arrestava il suo cammino per voltarsi verso di me e sorridermi. Non volevo che si sentisse braccata. Volevo solo assicurarmi che entrasse in casa sana e salva.
Ero un lupo, ma non ero io l'essere più pericoloso per un essere umano; c'erano altri predatori nella foresta. Senza contare quel deficiente del suo ragazzo.
«Sei proprio galante, lo sai? Peccato che non cisiano umani come te!»
Proprio umani, no... però qualcuno da presentarti lo avrei, Annie...
Mi fermai sul ciglio della radura.
Lei si voltò.
«Ciao, pelosone, spero di rivederti presto.»
Fra nove ore a scuola, piccola. Ma non chiamarmi mai più Pelosone!
«La tua pelliccia mi ha fatto stare davvero bene.» Prese nuovamente a ridere. «Sto veramente impazzendo di nuovo!»
Forse stiamo impazzendo entrambi. Ma va bene così. Va bene, Annie, facciamolo anche tutte le sere, qualsiasi cosa, basta che tu non pianga più come prima. Non voglio mai più sentirti così. Voglio solo sentire la tua risata.
Attraversò la strada e si arrampicò con estrema agilità su di un albero, saltò sul tetto e, dopo qualche passo, si infilò nella finestra di camera sua.
Percorso interessante...
Presi mentalmente nota.
Aspettai ancora qualche minuto in attesa che spegnesse la luce e che si addormentasse, poi mi diressi verso la mia auto.
Mi rivestii e controllai i messaggi. Marcus mi aveva mandato la posizione del pub, così tornai dai miei ragazzi.
Iniziai a ridere da solo in macchina. Le Moire mi avevano letteralmente fottuto.
Liam Kees, lupo alfa, capo branco di quattro componenti, nato settant'anni fa da una delle famiglie dominanti del Nordamerica, era disposto a fare pet therapy tutte le sere pur di regalare qualche minuto di serenità alla stronza della scuola.
Ciao Pelosoni!
Eccoci qui ai primi conflitti interiori di Liam. D'altra parte come rimanere impassibili di fronte a tutto quel groviglio di sensazioni? Fra un sarcasmo e l'altro pare si stia piano piano sciogliendo...
Secondo voi Annie è davvero stronza o la sua è una semplicemente maschera?
Pensate si pazza ad avvicinarsi così ad un lupo?
Cosa starà architettando invece Drake?
Io però sopra ogni cosa mi sto chiedendo.. cosa starà facendo Lip al pub nel frattempo?
Ricordatevi stelline e commenti, qualsiasi cosa vi passi per la testa bella o brutta è super gradita!
Un Bacio.
Bea
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