02. Stereotipi a colpo d'occhio


Rimanemmo tutti e cinque perplessi per qualche istante di fronte all'accensione della fontana, finché quell'idiota di mio fratello mi diede una pacca sulla spalla.

«L'ho sempre detto che hai il tocco magico...»

«Lip, non fare l'imbecille! Piuttosto, diamoci una mossa. Dobbiamo ancora passare dalla segreteria e poi nell'ufficio della preside.»

Imboccammo quindi la scala curva sulla destra e varcammo l'ingresso della nostra nuova scuola.

Di fronte a noi si allungava un lungo e spazioso corridoio fiancheggiato da due file di armadietti di metallo opaco, resi quasi eleganti dal richiamo dello stesso colore grigio talpa sulle pareti laterali.

Pretenzioso anche all'interno, pensai.

Quello che si trovava in mezzo, invece, era un film già visto. Mi bastò una sola occhiata per catalogare tutti quei chiassosi gruppetti di ragazzini, agglomerati per stereotipi.

Subito vicino a noi, sulla destra, c'erano i nerd. Anche senza guardarli, sentivo l'odore di sebo sulle loro guance e di un disgustoso lubrificante per masturbazione maschile.

Sparpagliate qua e là, a macchia d'olio lungo il corridoio, c'erano le ragazze "voglio ma non posso". Bellezze ancora acerbe, piene zeppe di insicurezza e di astio verso tutte le compagne colpevoli di avere qualcosa in più di loro. Poteva essere una taglia di reggiseno, qualche centimetro di altezza o qualche bacio dato in più. Per questo, erano suddivise in piccoli gruppetti di due, raramente tre, componenti. Non erano l'emblema della sorellanza. Troppe invidie. Le avevo riconosciute dai feromoni che avevano emesso non appena io e il mio branco avevamo varcato l'ingresso.

Difficilmente uno della nostra specie aveva una struttura muscolare poco sviluppata; di conseguenza, i nostri fisici attiravano molto l'attenzione del sesso femminile della specie umana. Non aiutava nemmeno la nostra aria un po' animalesca e selvaggia e quel pizzico di malcelata maturità, donata dalla nostra reale età.

Quest'ultimo punto, ovviamente, non valeva per mio fratello Philip, il quale sembrava mentalmente fermo ai primi dodici anni di vita di entrambe le specie.

Più avanti, sempre sulla sinistra, c'erano le secchione, sempre inspiegabilmente separate dai nerd. Parlavano ricurve sui loro libri e dietro i loro occhiali. Odoravano di biblioteca polverosa e mentine per l'alito.

Sulla sinistra, invece, c'era un piccolo gruppetto di goth, punk, emo, o come diavolo si erano fatti chiamare nell'ultimo decennio. Lo stile era più o meno sempre lo stesso, così come la scarsa igiene personale che mi fece arricciare il naso.

Ma poi eccolo, l'odore più fastidioso mai esistito.

Chanel Coco Mademoiselle. Un profumo ambrato, deciso, ma fresco, che richiamava una personalità di una donna sbarazzina e provocante, indipendente e carismatica.

Ovvero tutto ciò che, in genere, la liceale che ne faceva uso, non era assolutamente.

La reginetta della scuola, ingabbiata nel suo stereotipo. Incagliata nella sua perfetta vita fatta di apparenze e rapporti totalmente vuoti.

Lo stesso vuoto che si ritrovava spesso e volentieri sia nella testa che nell'animo. In sintesi, tutto ciò che odiavo di più dell'ambiente scolastico.

Intendiamoci, non vi immaginate che la mia poca simpatia per la figura in questione fosse dovuta al fatto che io fossi l'ultimo arrivato e di conseguenza snobbato.

I tentativi di bullizzarci duravano in genere dalle ventiquattro alle quarantotto ore. Poi scemavano per ovvie ragioni di innata predominanza.

Così, dopo un brevissimo periodo di rodaggio, le cose erano sempre andate in un solo e unico modo. In ogni santissima scuola in cui avevo messo piede, avevo finito per scoparmi la reginetta o comunque la ragazza più popolare dell'ambiente. Lo avevo fatto sempre e solo in preda allo sdegno che provavo per le loro testoline vuote e arroganti, oppure, negli sporadici casi in cui fossero dotate di un minimo di materia grigia, la strafottenza dei loro fidanzati, capitani della squadra di turno, mi aveva spinto comunque a farlo. Certamente non un atteggiamento lusinghiero, ma mi sembra di aver già detto che vent'anni di liceo sono davvero una noia mortale.

Senza contare la frustrazione costante di vivere in un ambiente le cui leggi sociali erano dettate da qualche stupida ragazzina prepotente, che non sapeva assolutamente niente di cosa volesse dire una vera leadership.

Come previsto dal solito cliché, anche la queen bee di quella scuola era al centro del corridoio, fiancheggiata dalle solite due amichette succubi che la odiavano segretamente. Le loro divise erano sempre rivisitate in modo da trasformare quei sacchi informi indossati dalle "voglio ma non posso" in dei completi degni di un sexy shop.

Non la vedevo in faccia perché era di spalle. Vidi solo ondeggiare i suoi lunghissimi capelli scuri, lucenti e talmente definiti in morbide onde, che pensai che una parrucchiera si presentasse a casa sua ogni mattina.

La gonna a pieghe cremisi, come previsto, era stata accorciata di almeno cinque centimetri ed ero sicuro fosse sparita anche qualche pince, dato che aveva un chiaro effetto svasato. Delle parigine in cotone grigio scuro completavano l'opera, donando un effetto erotico a una normalissima scarpa inglese dallo stile più maschile.

Mi chiesi se fosse stata audace anche nella scelta del sottogiacca. Mi risposi da solo, vedendo dove puntavano gli sguardi dei suoi interlocutori. In posizione speculare davanti alle tre ragazze, il campione della squadra di rugby, supposi, e due suoi scagnozzi si atteggiavano ostentando quella finta sicurezza da "maschio alpha". Così almeno la definivano loro, scatenando sempre in me una grossa ilarità.

Sbuffai annoiato e scuotendo la testa, constatando che le dinamiche aggregative erano sempre le stesse, ovunque andassimo.«Forza, apriamo le danze! Andiamo a fare gli occhi dolci alla segretaria per farci inserire nei corsi migliori.» Spronai il mio branco ad iniziare la giornata e l'anno scolastico. Attraversammo il corridoio attirando gli sguardi incuriositi di tutti, tranne ovviamente del gruppetto dell'ape regina, in quanto troppo concentrato su sé stesso.

Trattenni il respiro quando passai dietro la proprietaria del profumo di Chanel, in modo da evitare di vomitare la colazione sulla scrivania della segreteria, o meglio ancora, sulle décolleté della segretaria...

Décolleté. Colore rosso fuoco. Tacco dodici.

Fu la prima cosa che notai nella stanza, assieme alle due gambe che si allungavano slanciate, abbronzate e soprattutto nude, sotto la scrivania. Niente profumo. Solo olio di mandorle. Nessun odore maschile addosso.

Era single!

Mi chiesi se anche le relazioni sentimentali, o meglio sessuali, tra segretarie e alunni fossero viste così male, come quelle tra docenti e alunni.

"Miss Lauren", così diceva la targhetta sulla scrivania, inchiodò subito i suoi occhi nei miei.

Una zaffata di feromoni più maturi, rispetto a quelli che impregnavano il corridoio, mi riempì le narici, mentre la donna si leccava le labbra, ricoperte da un rossetto rosso tenue, reso ancora più audace dalla montatura spessa dei suoi occhiali.

Era fatta. Visti i miei precedenti recenti, mi sarei trattenuto dall'andare oltre, ma per lo meno ci saremmo aggiudicati i corsi di nostro interesse, limitando parzialmente la noia dovuta alla ripetitività del programma.

Mi passai le mani tra i capelli e avanzai verso la sua postazione. Mi sedetti appoggiando il sedere sulla sua scrivania in modo estremamente confidenziale e le sorrisi strofinandomi l'indice sulle labbra. Lei si allungò contro lo schienale della sedia da ufficio, mostrandomi una vista più ampia dello scollo del suo tubino grigio.

«Voi dovete essere William e Philip Kees, Marcus e Steven Taylor e Lara Carslile. Benvenuti alla Wellington Park High School. Io sono Lauren Miller. Sarò molto felice di aiutarvi con il vostro piano di studi.»

In una manciata di minuti, eravamo tutti e cinque iscritti ai migliori corsi tenuti dai professori più competenti e stimolanti dell'istituto.

Lauren ci consegnò cinque pile di libri e, avendo le mani occupate, mi infilò tra i denti la mappa delle aule, non prima di aver scarabocchiato qualcosa sul pezzo di carta in questione.

Ero sicuro che quel qualcosa non fosse la posizione dei nostri armadietti.

Le feci l'occhiolino e ci voltammo verso l'uscita. La campanella stava già suonando da un pezzo e quel fastidioso brusio del corridoio era già scemato.

«Cazzo, Liam, vuoi farci sbattere fuori già al primo giorno?»

Mi girai ridendo verso Marcus e sputai il foglio sopra la pila di libri.

«Che vuoi! Vi ho fatto inserire nei corsi più avanzati, intanto, no?»

«Attento, Liam!» Lara urlò allarmata, vedendo che stavano andando a sbattere contro qualcuno.

I miei libri volarono per aria, immergendosi in una nuvola di quel dannato profumo Coco Mademoiselle. Li vedevo quasi volteggiare a rallentatore. Così come vidi fluttuare nell'aria anche la chioma perfetta della reginetta della scuola.

Poi un sonoro tonfo mi fece capire che la poveretta aveva appena preso una notevole botta al sedere sul pavimento del corridoio.

Mi accucciai in uno scatto, porgendole una mano per aiutarla a rialzarsi.

«Scusami, non ti ho vista.»

Non mi stava stranamente insultando come avrebbe dovuto fare la classica stronzetta nei confronti del nuovo arrivato, il quale, per altro, le aveva appena fatto fare una figura di merda davanti a qualche occhio indiscreto.

Non ritrasse la mano, ma accettò di buon grado la mia, mentre si scostava le ciocche dal volto.

Fu un gesto spontaneo e naturale, quasi scontato, ma che in quel momento cambiò tutta la mia vita e quella di molti altri.

Non appena le nostre dita si sfiorarono, una scossa calda, intensa e avvolgente si irradiò in ogni angolo del mio corpo. Le mie cellule non stavano bruciando come quando subivo la mutazione, ma tuttavia era qualcosa di molto simile e potente. Fu come se ci fosse qualche cambiamento in atto nel mio corpo che non riuscivo ancora a decifrare.

Anche Miss Chanel sembrò frastornata tanto da vacillare.

Ignorai il mio stordimento e l'afferrai per le braccia in modo da sorreggerla e non farla più cadere. Con il senno di poi, forse stavo già cercando un maggior contatto con la sua pelle.

Sentendola così esile tra le mie mani, fui pervaso da un immotivato senso di protezione. Mi ritrovai a dover resistere all'istinto di abbracciarla e schiacciarla contro il mio petto.

Ritrasse un braccio per sistemarsi ancora i capelli, e io mi sentii subito pervaso da un vuoto devastante per quella minuscola riduzione di contatto. Tuttavia, una volta liberato il suo volto, i suoi occhi si inchiodarono nei miei, e mi resi conto che anche le mie percezioni stavano subendo una mutazione davvero insolita.

Il tanfo del suo profumo fastidioso stava assumendo dei toni dolci, sensuali e irresistibili. A quel paradisiaco miscuglio si aggiunse un altro odore più sottile e maggiormente chimico, qualcosa simile ai feromoni, ma che in realtà era molto più intenso e ammaliante. Decisamente difficile da ignorare, come ero solito fare con tutte le ragazzine del liceo che andavano in visibilio per il sottoscritto o per qualcuno dei miei.

Quella piccola e profumata creatura sembrò vacillare ancora di più, come in preda a un giramento di testa, perse l'equilibrio e si sporse verso di me. Finì con i palmi delle mani sui miei pettorali, e d'istinto le avvolsi la vita.

Il suo viso era pericolosamente vicino al mio, e i suoi occhi erano praticamente dentro i miei. Fu quasi come guardarsi allo specchio. Le sue iridi sembravano del mio stesso colore, ma il suo sguardo era totalmente spaesato e impaurito. Il calore irradiato dal contatto delle sue mani sul mio torace si fece sempre più incandescente, fin quasi a bruciare. Tuttavia, lei non distolse le mani.

Udivo chiaramente il suo battito cardiaco accelerare all'impazzata fino a sincronizzarsi perfettamente con il mio. Una volta di pari passo, entrambi presero a regolarizzarsi, permettendomi di formulare qualche convenevole.

«Stai bene? Ti gira la testa?»

Glielo chiesi perché, in realtà, ero io che avevo la sensazione che tutto intorno a noi stesse girando vorticosamente. Stava succedendo qualcosa di estremamente potente, e la mia mente sembrò non reggere il colpo. Mi sentivo esposto, indifeso e allo stesso tempo protettivo nei suoi confronti. Solo quando la reginetta si divincolò con stizza, iniziai ad intuire quello che stava succedendo veramente.

Fui infatti pervaso da una sensazione di vergogna e rabbia che decisamente non mi appartenevano. Non erano le mie sensazioni. Ma le sue.

A seguire, provai un senso inspiegabile di ansia da prestazione.

«Sto bene, razza di decerebrato. Dalle tue parti non si guarda dove si mettono i piedi?»

Si chinò a raccogliere il suo libro e qualcos'altro.

«Maledizione! Sono in ritardo per la lezione di chimica,» esclamò e corse via verso l'ala est, lasciandomi lì impalato, con un miscuglio di sensazioni davvero improbabili.

Quando alzai gli occhi e incrociai quelli dei miei quattro compagni, ebbi la conferma che quella piccola intuizione, che aleggiava ancora inconsistente nella mia testa, potesse essere vera. Le loro facce erano sconvolte. Avevano tutti le fronti corrugate, gli occhi spalancati e la bocca aperta.

«Cazzo, non può essere!» esclamò mio fratello.

«Invece credo proprio di sì,» pronunciò Marcus con sicurezza, avendolo già vissuto la stessa esperienza.

«Ma è umana! È impossibile!» rispose suo fratello Steve.

«Forse non lo è del tutto... Liam, hai avvertito qualcosa di strano?» prese a parlarmi Lara, toccandomi il braccio in un gesto di conforto.

La guardai esterrefatto, ringhiandole.
Che cazzo di domanda era? Certo che era stato tutto strano! E lo era ancora.

La mia reazione verso Lara in quel momento non aveva alcun senso. Ma era tutta quella rabbia e quel disagio immotivati che mi stavano rendendo scontroso come lo era la reginetta. Lara abbassò lo sguardo e arretrò di qualche passo in segno di remissione.

Scrollai forte la testa per scacciare quelle strane sensazioni e strizzai gli occhi.

«Scusami, Lara, non so cosa mi prende.»

Marcus si avvicinò e prese a parlarmi con un tono calmo e pacato.

«Liam, va tutto bene. Piano piano imparerai a distinguere le sue sensazioni dalle tue e a non farle prevalere. Non sarà sempre così.»

Mi voltai verso il mio amico con il volto pietrificato dallo sgomento.

Era successo davvero.

Le Moire avevano tirato le loro fila e io ero per sempre e irrimediabilmente legato da una connessione trascendentale a una stupida, superficiale e prepotente ape regina, con il cuore pieno zeppo di sentimenti negativi. Sentimenti che io ora ero obbligato a vivere come se fossero miei.

Ciao a tutti! Eccoci al secondo capitolo!

Si dice che il lupo perde il pelo ma non il vizio? Sarà così anche per il Nostro Liam e la sexy segretaria della scuola?

Come vi sembra Lip? Io lo adoro in tutta la sua stupidaggine.. E voi?

Il classico scontro provvidenziale è successo. Sembra però essere un po diverso da un colpo di fulmine e soprattutto non sembra essere molto gradito a Liam.

Quanto durerà questo astio secondo voi?

Ricordatevi di lasciare una stellina o un commento se vi è piaciuto!

Baci

Bea

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