Epilogo

John's POV

Winston.

Ho bisogno che tu faccia una cosa per me. Se dovessi morire, voglio che sia tu a dirlo ai miei genitori. Vorranno sapere perché sono scomparsa per quattro anni e perché è stato detto loro che sono morta tanto tempo fa. Ho bisogno che sia tu a farlo, non posso caricare John di questa responsabilità. Credo che non sarà facile parlare a una coppia della loro figlia morta. So bene che è molto quello che ti chiedo, per questo lo sto chiedendo a te. Io non mi arrendo. Mi sto solo portando avanti per qualunque evenienza. Per favore, digli che è stato difficile fare quello che ho fatto e che sto morendo per qualcosa di molto più grande di me. Digli che accetto tutto questo e che li ringrazio per essere stati mia madre e mio padre.

Nia.

"Me l'ha dato ieri sera in terrazza." mormora Winston, prendendo il biglietto che gli sto restituendo. L'ho letto così tante volte negli ultimi minuti da consumarmi gli occhi e ancora non riesco ad accettare che stamattina lei se ne sia andata e ora il suo corpo sia qui, nei sotterranei del Continental, sdraiato su un tavolo e coperto da un lenzuolo fino alle spalle, a separare me e il direttore, freddo e senza vita. Non rispondo, perché non saprei cosa dirgli. Mi limito a osservarla ancora senza rivelare altre emozioni, cercando di convincermi che in realtà stia solo dormendo e si risveglierà da qui a qualche istante. È un bene che non possa vedere le ferite che ha sul corpo, perché controllare il nodo che ho in gola, le lacrime che minacciano di scendere e il battito cardiaco è una cosa a cui non sono più abituato.

Da una parte mi sento uno stupido, per essermi affezionato a lei, per averle permesso di conoscermi come nessun altro prima, per essermi innamorato. Dall'altra parte invece darei qualunque cosa per riaverla e farle vivere la vita che meritava, non quella che ha avuto. Mi sono soffermato a immaginare la nostra vita insieme troppe volte nell'ultima settimana, tanto da crederla tangibile e raggiungibile, così realistica che ho dimenticato di rimanere obiettivo e rendermi conto che c'era una possibilità assolutamente concreta e altrettanto reale che lei non sopravvivesse. Invece mi sono lasciato abbagliare come un coglione.

Non ho più emesso un fiato da quando è morta, sono sicuro che se dovessi parlare crollerei come un castello di carte. Ma lei non lo vorrebbe. Sento ancora la sua voce che mi costringe a prometterle che questo non mi avrebbe distrutto. Nonostante non abbia fatto verbalmente alcuna promessa, nella mia testa era già stata catalogata come infrangibile contro la mia volontà.

Winston mi guarda, sento i suoi occhi su di me mentre io continuo a guardare lei in silenzio, il calore dei due enormi forni alla mia destra ci raggiunge anche qui, a più di cinque metri di distanza. Il viso di Nia è pulito, non c'è più sangue sul mento e sul viso. Un ciuffo dei miei capelli scivola dalla sua posizione e curva delicatamente davanti ai miei occhi, lo porto indietro con un leggero movimento della testa, sentendo il profumo dello shampoo che ho fatto mezz'ora fa. La maglia nera a collo alto che ho addosso sotto al cappotto dello stesso colore mi sembrano così fuori stagione, ma ho troppo freddo per stare senza. Sciolgo i pugni nelle tasche del cappotto e mi accorgo che le unghie mi hanno lasciato dei solchi dolorosi e profondi nei palmi delle mani. Alzo lo sguardo su Winston, so che sta aspettando che io parli, ma è difficilissimo.

"Avevo promesso che era l'ultima cosa che ti avrei chiesto. Sei libero di andartene, se vuoi." se c'è una cosa che non si può rimproverare a Winston è il fatto che sia un uomo di parola. "Non avrai più vincoli nei confronti della Tavola." tolgo la mano destra dal cappotto e la avvicino al tavolo, sollevando il lenzuolo quel tanto che basta per trovare la mano di Nia, fredda e immobile. Mi limito a sfiorarla per qualche minuto, sollevo lo sguardo verso il fuoco alla mia destra e torno a guardare Winston. Lascio andare la mano di Nia, rimettendo la mano nel cappotto. Il direttore annuisce leggermente con la testa e io mi volto, incamminandomi verso l'uscita del sotterraneo e verso il resto della mia vita, che non riesco a vedere dietro al muro nero che ho davanti. Quello che non voglio vedere, invece, è il momento in cui di lei non resterà niente se non cenere. Così posso fingere che lei sia ancora viva, da qualche parte del mondo in cui ancora non sono arrivato e che si sia nascosta così bene che un giorno, a forza di mentire a me stesso, mi sarò convinto che è esattamente così che stanno le cose.

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