Capitolo 6

La palestra del Continental non è assiduamente frequentata come pensava Nia, o forse semplicemente ci sono molti meno ospiti nella struttura di quanti ce n'erano quando lei è arrivata. John le ha detto che molti se ne sono andati perché stanno aspettando che lei si muova, non vogliono stare nello stesso posto dove si trova la donna più ricercata del pianeta, anche se non lo ammetterebbero mai. Lui ha aggiunto di non prendersela, ma non è stato facile ignorare le sue parole, a volte Jonathan è brutalmente onesto. Ha deciso di scendere qui per scaricare la tensione e distrarsi con un po' di musica. Sceglie una playlist elettronica e connette il telefono alle cuffiette bluetooth, sale sul tapis roulant e si perde nel ritmo delle canzoni che si susseguono, il suo cuore e il suo respiro accelerano, i capelli raccolti in una coda ondeggiano al ritmo dei suoi passi e il sudore comincia a imperlarle la fronte. Passa circa un'ora quando vede John entrare dalla parte opposta del salone, lui indossa un'anonima maglia nera a maniche corte e dei pantaloni della tuta grigi. Quando i loro sguardi si incontrano Nia sorride e preme il pulsante per fermare il suo allenamento, si toglie le cuffiette e le mette nella piccola custodia che chiude subito dopo. Non appena scende dal tapis roulant John le si ferma di fronte e lei nota la piccola ferita sulla sua fronte, che ha appena smesso di sanguinare, il suo sorriso si spegne e lascia il posto a un'espressione interrogativa al suo posto.

"Cosa hai fatto alla fronte?" chiede, mentre riprende fiato.

"Ho incontrato delle persone mentre ero fuori." risponde lui impassibile. Le rivolge un accenno di sorriso e il sospiro di Nia si confonde con gli altri respiri lunghi. "Vediamo se ti ricordi ancora come combattere." John si riferisce a quel piccolo corso di jujitsu che Nia aveva fatto da adolescente e di cui lei gli aveva raccontato un paio di giorni fa. Si avvia verso la stanza separata da un'enorme vetrata che ospita un tatami molto spesso, lei lo segue.

"Non penso, ma se sei convinto di questo resterai nella tua convinzione, temo. Se vuoi insegnarmi il corpo a corpo dovrai cominciare dal principio."

Negli archivi della memoria di Nia i due trovano ancora qualche nozione che lei credeva di aver dimenticato, ma non è facile dopo ormai altri quindici anni senza mettere nulla in pratica. All'inizio dell'allenamento John cercava di toccare Nia il meno possibile, per non farle male, ma lei ha insistito perché lui si sciogliesse un po' e sono diventati lentamente molto più fisici nei movimenti. John si avvicina a Nia e le chiede di voltarsi. Da dietro la afferra per le braccia e gliele fa incrociare davanti al petto, in un movimento che Nia non si aspetta.

"Hei, lasciami andare." si lamenta lei, cercando di divincolarsi. Sente il respiro di lui sulla guancia e sul collo, è fin troppo controllato rispetto al suo, che non ha mai smesso di correre da quando ha corso quei quattro chilometri poco prima.

"Puoi liberarti da sola." risponde John, stringendola ancora un po'. "Prima di tutto gira i palmi delle mani all'esterno e con i gomiti fai leva per aprire le braccia, lasciandoti cadere in avanti." Nia ragiona un istante sul da farsi e mettendo tutta la forza di cui è capace nel movimento che le ha insegnato John in un attimo si ritrova libera e atterra sulle mani, voltandosi subito. John le tende la mano destra, che lei prende con la sinistra, lui la tira a sé senza problemi, aiutandola a mettersi in piedi. Si ritrovano uno di fronte all'altra, a separarli solo le loro mani unite, i corpi che si toccano all'altezza della gamba sinistra di Nia. Restano così per un istante nel quale i loro respiri collidono e si mescolano, poi John si allontana. "Ottimo lavoro." dice, a bassa voce. "Direi che per oggi può bastare, sarai stanca."

"Sì, un po'" risponde lei, allontanandosi verso il cellulare che ha lasciato oltre il bordo del tatami. Guarda l'ora, le sei e mezza. "Salgo a fare una doccia, poi vieni a cena con me?" chiede.

"Non lo faccio sempre?" risponde John, accennando un sorriso. Recupera anche il suo cellulare e quando si volta Nia sta uscendo dalla stanza e la sente ridere, forse la prima risata sincera che le sente fare da quando l'ha incontrata. Anche stavolta la vicinanza con Nia lo ha reso diverso, ma ancora non sa spiegarsi il motivo. Può solo aggiungere alla lista degli effetti che lei gli provoca il bisogno irrefrenabile di tenerla vicino a sé e il fatto che se potesse studierebbe fino alla nausea ogni minimo dettaglio del suo viso e delle sue labbra. Si è allontanato da lei appena prima che un'ondata di sensazioni lo travolgesse, non sapeva nulla di quello che sarebbe successo e per la prima volta in vita sua il suo lato più umano lo ha spaventato, talmente tanto abituato a vivere senza dimostrare e senza quasi percepire alcuna emozione, qualcosa fuori dai suoi schemi lo ha quasi strappato dalla sua routine. Mentre si avvia verso gli ascensori si chiede come sarebbe la sua vita fuori dalla Tavola. Come sarebbe vivere come Nia, prima che lei fosse condannata a vivere la vita di John.

Nia è sotto l'acqua fresca mentre ripensa all'allenamento del pomeriggio e si stupisce di tutto quello che è riuscita a fare con John. Il battito del suo cuore rallenta nonostante l'acqua fredda, si insapona i capelli e lascia che il getto della doccia lavi via la schiuma, ad occhi chiusi rivede tutti i movimenti che pensava di aver rimosso dalla sua memoria, fino ad arrivare a quel piccolo trucco per liberarsi che le ha insegnato John. Sente le braccia forti di lui ancora attorno al suo corpo e mentalmente ripassa quel movimento rapido delle braccia che lui le ha detto di fare. Si sofferma per un attimo sul momento in cui lui l'ha aiutata a rialzarsi e si sono ritrovati vicini, ma non quanto lo erano quando lei lo ha abbracciato, sembra passata una vita da quella notte. Mette a fuoco il leggero spostamento d'aria causato dal respiro di John che si è scontrato con le sue labbra quando le ha detto di aver fatto un ottimo lavoro, ma non riesce a capire perché ci stia ripensando adesso, quando prima non se n'è accorta minimamente. Rimuove questo pensiero dalla sua mente mentre esce dalla doccia e prende l'accappatoio, si infila nel tessuto tiepido e avvolge i capelli in un asciugamano, si sposta in camera e accende di nuovo la musica, una playlist random trovata su quel che di più simile può offrire il Continental a Spotify. Inizia a canticchiare le parole di una canzone che non ascolta da qualche anno, dal portatrucchi che ha spostato dal bagno prende il suo fidato mascara, torna in bagno canticchiando e si asciuga i capelli, lasciando che la musica vada avanti sovrastata dal rumore del phon.

John sente appena la musica proveniente dalla camera di Nia quando anche lui esce dal bagno, un asciugamano avvolto attorno alla vita, sorride nel sentirla canticchiare, si veste del suo completo più elegante, che si distingue da quelli che indossa tutti i giorni per la camicia, che stavolta è nera, e la giacca ha i baveri di un tono di nero più scuro. Bussa alla porta di Nia mezz'ora dopo e lei esce in corridoio con una delle poche magliette eleganti che è riuscita a far stare in valigia. Nia non sa per quale preciso motivo partendo abbia deciso di portarsi dietro anche qualcosa di elegante da mettere, ma si rallegra del fatto che non debba sempre scendere al ristorante in felpa e jeans, dato che nell'albergo tutti sembrano essere pronti a partecipare a una serata di gala. John guarda Nia nella sua maglietta con le maniche a volant bianca e trova che le doni molto, nota il velo di mascara che risalta il verde delle sue iridi, distoglie lo sguardo.

"Vorrei fare serata un giorno di questi." la frase di Nia lascia John spiazzato e senza una risposta pronta, così si limita a guardarla. Nia finisce il vino nel suo bicchiere e lo posa di fronte a sé, butta giù l'ultimo sorso e si sporge verso John. "Andiamo a ballare." l'espressione sul viso di John passa da interrogativa a seria, poi si lascia andare a un sorriso.

"Io non ballo." risponde lui, passando le mani sui braccioli di velluto della sedia su cui è seduto.

"D'accordo, non c'è nessun problema, vado io. Torna pure a fare le tue noiose cose da assassino sotto copertura, o quello che è." lo provoca lei con un sorriso. John sorride di nuovo, poi si sporge a sua volta verso la mora, a separarli c'è solo il tavolo.

"Ti porto in un posto, ma non aspettarti che ti segua nella folla. Terrò gli occhi aperti." Nia non risponde, si limita ad alzarsi, John fa lo stesso. Pochi minuti dopo la Mustang di John è in uno dei vicoli paralleli alle mura del Continental, lui sale alla guida e lei dal lato passeggero.

La musica sulla terrazza del Mr.Purple è talmente alta che si sente da dentro l'ascensore quando mancano circa cinque piani per raggiungere il rooftop. Non c'è quasi coda quando Nia e John arrivano, dato che lui ha insistito per entrare un'ora dopo l'apertura del locale. John va a sedersi al bancone, sullo sgabello più vicino al parapetto, odina un gin. Nia si avvicina al bancone per ordinare qualcosa a sua volta, poi John la vede sparire tra la folla. Tira fuori il cellulare dalla tasca interna della sua giacca e mentre gli viene servito il bicchiere manda un messaggio veloce a uno dei contatti nella rubrica del Continental, senza smettere di tenere d'occhio il luogo che lo circonda. Qualche secondo dopo il suo cellulare si illumina di una notifica che non proviene dallo stesso contatto a cui ha scritto.

Se sei così tanto preoccupato per lei,
perché continui ad assecondarla?

John non risponde al messaggio, decide di ignorarlo, ma il mittente insiste ancora una volta.

Perché la porti dove ti chiede di
andare, se sai benissimo che
è pericoloso per entrambi?

Resta in silenzio, senza nemmeno toccare il suo bicchiere di gin, mette via il cellulare. Si volta a guardare la gente dietro di lui e tra le altre persone vede Nia, il bicchiere ancora in mano. Si sofferma per qualche istante a guardarla, sente che c'è qualcosa che non va, ma non riesce a capire cosa. La sua mente scandaglia la figura della donna che deve proteggere e continua a chiedersi cosa c'è di diverso rispetto a un minuto fa. Poi lo vede, in fondo al bicchiere di Nia, una leggera effervescenza che sta già svanendo e il suo drink che sta cambiando leggermente colore. Si alza di riflesso, senza pensarci e si avvicina a lei, facendosi largo tra le persone che la circondano. Le prende il bicchiere dalle mani proprio nel momento in cui lei stava per avvicinare le labbra alla cannuccia, suscitando il suo stupore.

"Il mio drink!" esclama lei, cercando di riprenderlo. John lo allontana da lei, abbassando il bicchiere lungo il suo fianco.

"Hai già bevuto da questo bicchiere?" le chiede, il viso vicino al suo, per cercare di farsi sentire dalla mora.

"No, non ho bevuto, ma se permetti vorrei." cerca di raggiungere la mano di John, ma lui la tiene lontana con la mano libera.

"Nia, devi dirmi se hai già bevuto da questo bicchiere."

"Ti ho detto di no John, vorrei riaverlo." fa scivolare velocemente la mano verso il bicchiere, ma John la ferma prendendola per il polso.

"Non puoi, qualcuno vuole drogarti." lei lo guarda sbalordita, non riesce a credere alle sue parole. John alza il bicchiere e glielo mostra. "Di che colore è questo drink?" lei osserva il contenuto del bicchiere per un istante.

"È di un colore normale..." risponde, ma la convinzione la abbandona sull'ultima parola.

"No, non lo è, l'ho visto mentre cambiava colore. Ce ne andiamo." si volta e fa per portarla con sé, ma lei lo strattona e si fermano.

"Siamo appena arrivati!" protesta, guardandolo negli occhi.

"È troppo rischioso, non avrei dovuto portarti." Nia lo guarda in silenzio, ma John non demorde. "Non chiedermi di restare." continua, con tono severo.

Quello che accade dopo coglie Nia alla sprovvista ed espone John a un pericolo che aveva previsto solo a metà. A metà perchè tutto si sarebbe aspettato meno che vedere uno dei barman saltare oltre il bancone, fare quei due passi che lo separano da Nia e afferrarla con un braccio, stringendola appena sotto il collo e puntandole una pistola alla tempia. Nia non è in grado di gridare, non le esce alcun suono dalla gola. Il terrore le attraversa gli occhi mentre ha lo sguardo su John, non è riuscita a vedere in faccia chi la sta minacciando, vede solo l'uomo davanti a sé, all'apparenza calmo, allargare lentamente le braccia.

"Allontanati da lei." la voce dietro di lei spaventa Nia, entrambe le mani ferme sul braccio dell'uomo dietro di sé, il cerchio freddo della canna della pistola che preme sulla sua pelle.

"Non le sparerai, perché ti serve viva." la voce di John è profonda, come quando il demone si sta per svegliare, ma non può ancora lasciare che prenda il controllo, perché Nia non è al sicuro.

"Ora stai fermo e lasci che venga con me, non le farò del male." l'uomo volge la pistola verso John e in risposta lui mette la mano sulla fondina della sua, attaccata alla cintura. "Non muoverti! Togli la mano da quella pistola se vuoi continuare a vivere, John Wick." ma John non ha tempo di pensare, la sua mano sfila velocemente la pistola dalla fondina e con una precisione chirurgica spara un colpo deciso alla spalla dell'uomo, il più lontano possibile dalla mora. Lei si libera, l'uomo si prende la spalla e lascia andare la pistola, John gli spara dritto in fronte, senza lasciargli possibilità di replica. La folla sul rooftop si agita, animata da grida e persone che cercano di scappare, in mezzo al trambusto John vede altre tre persone che vengono nella loro direzione.

"Nia, stai dietro di me." lei si rialza il più in fretta possibile e si rifugia dietro di lui. Si guarda intorno in cerca di qualcosa da usare come arma, ma non trova nulla di intelligente. Afferra una matita che vede sul bancone del bar accanto a sé e la tiene in mano, non sa bene per quale motivo. Nel mentre sente altri spari e quando si volta altri due uomini sono a terra, alcune persone sono riuscite a scappare ma ne stanno arrivando tre da loro. John esaurisce i colpi ed è costretto ad affrontare gli uomini a mani nude. Due si avventano su di lui e un terzo su Nia, ma lei non si mostra intimorita e mette in pratica quello che si è ricordata nel pomeriggio, riuscendo a metterlo al tappeto, ma senza farlo svenire. Quando si volta nota che John ha preso la matita che lei ha lasciato cadere un attimo prima, la vede scendere nell'orecchio dell'uomo costretto a terra da John e distoglie lo sguardo, tenendo d'occhio quello che lei ha tramortito. Le viene la nausea al pensiero di quello che ha visto, ma non può fare a meno di guardare di nuovo verso John quando lo sente lottare con l'altro uomo e ancora, quella matita, che usa per uccidere anche lui. L'uomo accanto a Nia si rialza, ma non fa in tempo ad avvicinarsi a lei che un'altra volta, la punta di quella matita trapassa la pelle dell'uomo da sinistra a destra del suo collo. Nia si allontana di un passo e lo vede cadere a terra con un gorgoglio viscido. Frena a stento l'istinto da infermiera, anche se l'uomo ha tentato di farle del male, probabilmente aggredirla o rapirla, la sua buona fede le dice ancora che deve aiutarlo. Intravede con la coda dell'occhio le mani di John, sono insanguinate. Alza il viso e vede il terrazzo vuoto, solo loro due e quei cadaveri lo riempiono. Non riesce a guardare in faccia John e lui non sa cosa dirle. Senza voltarsi indietro si incammina verso la porta del locale e mentre sta uscendo nota, nell'ombra delle luci che illuminano la terrazza, un uomo dalla giacca grigia, la camicia bordeaux, i capelli brizzolati e i lineamenti vagamente russi.

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