Capitolo 5
Ciao Nia, mi manchi.
Inizia così la mail che Nia legge sul suo computer, spedita alle tre del mattino.
So che non leggerai mai questa mail, è l'ultimo modo che mi è rimasto per contattarti, ti ho scritto ovunque. Sei sparita da due settimane ormai e qui a Toronto la situazione è strana. Mamma e papà non si rassegnano all'idea che tu sia morta, ma è quello che gli hanno detto gli agenti di polizia. Il problema è che io non gli credo, soprattutto perchè non ci hanno chiamati a identificare quello che dovrebbe essere il tuo corpo e ci hanno detto che non è stato trovato. Vorrei scoprire la verità, ma ho le mani legate. So che sei viva e so che un giorno tornerai a casa. Continuo a mentire a mamma e papà, perché a loro farà meno male un giorno riuscire a superare il dolore della tua morte piuttosto che continuare a portarsi dietro questo peso del non sapere dove sei. Ogni giorno che passa spero sempre di ricevere notizie da te o vederti tornare a casa, ad abbracciare i nostri genitori. Ma ogni giorno non arriva nessuna telefonata, nessun messaggio, nessuna mail. E questo fa mille volte più male di sapere che sei morta.
Ti voglio bene, Emma.
Nia legge l'ultima frase senza nemmeno vedere lo schermo del computer, gli occhi pieni di lacrime che non può fermare. Non riesce a spiegarsi come quella mail sia arrivata a lei, era convinta che ormai il suo computer fosse stato spogliato di tutto quello che avrebbe potuto comprometterla, ma evidentemente si sbagliava. Sente bussare alla porta che dà sulla stanza di John, non vuole che lui la veda in quello stato. Si asciuga velocemente la lacrima che le è sfuggita e le bagna la guancia sinistra e si alza dalla sedia, accenna un sorriso all'uomo in fondo alla stanza. Lui abbassa lo sguardo verso la scrivania di Nia e vede la tipica schermata delle mail inoltrate dal sistema informatico del Continental.
"Ti ho disturbata?"
"No, era solo una cavolata." nega lei, abbassando il coperchio del computer.
"Dobbiamo andare. Oggi ci muoviamo in incognito. Non abbiamo un poligono di tiro al Continental ma uno non lontano da qui ci garantisce da decenni la segretezza."
"Va bene." annuisce e si avvia verso la porta che dà sul corridoio, ma a metà strada John la intercetta. La prende delicatamente per il braccio e la costringe a fermarsi. I due si guardano negli occhi e non c'è bisogno che John le chieda come sta, vede già la sofferenza nei suoi occhi. Solo che oggi c'è qualcosa di diverso.
"Credi che non abbia notato quella riga sulla tua guancia? Cosa c'era scritto in quella mail?"
"Niente." risponde secca, liberandosi dalla stretta di John e allontanandosi di qualche passo verso la porta.
"Nia..." le prende di nuovo il braccio e quando lei si volta per liberarsi con uno strattone vede i suoi occhi nuovamente gonfi di lacrime.
"Ho detto che non è niente!" la sua voce si rompe e il grido esce strozzato sull'ultima parola. "Tranne per il fatto che avete mentito alla mia famiglia e pure male, mia sorella mi ha scritto che sono stata data per morta e non crede a una singola parola di quello che le avete detto. I miei genitori devono convivere con un lutto fittizio e io sono intrappolata a vita in questo hotel perché è l'unico posto sulla faccia della Terra in cui non posso essere uccisa. Sono andata via due settimane fa e da allora l'unica cosa che ho ottenuto è diventare nessuno. Non ho più una vita. Ma non capisco cosa ne sto a parlare qui con te quando tu non hai idea di cosa significhi vivere al di fuori della Tavola. Tu non hai una famiglia che ti aspetta a casa ma vai avanti con la consapevolezza che non potrai mai rivederli." il volto di John si incupisce e Nia si rende conto di quello che ha detto. Si ammutolisce mentre realizza che non sa niente di John e sicuramente lo ha ferito, ma davanti a lei non c'è più l'uomo che ha conosciuto un paio di settimane fa, quello che vede le fa paura. Il volto di John è impassibile, ma in quella maschera di freddezza Nia riesce a vedere la rabbia aumentare pian piano dietro il velo nelle sue iridi scure. John si avvicina e la sovrasta con il suo corpo, lei indietreggia di qualche passo, lui avanza senza perdere la sua compostezza. "Mi dispiace..." sussurra.
"Tu non sai niente, niente di me." la voce di John è più profonda, ma in quel momento scatta qualcosa in lui. Vattene, o le farai del male. John si allontana da lei senza guardarla, diretto verso la porta. "Charon, tra dieci minuti." sono le uniche parole che riesce a dire, ma la sua voce è ancora troppo bassa e minacciosa, apre la porta della camera di Nia ed esce in corridoio quasi sbattendola dietro di sè. Non riesce a credere al fatto che stesse per perdere il controllo davanti a Nia e lasciare che il demone si risvegliasse per una cazzata. Fuori in corridoio John si ricompone, sa che non è colpa di Nia se ha detto quelle parole, era ferita e sul momento l'unica arma di difesa che aveva era attaccarlo, questo lo sa bene anche lui, dato che gli capita spesso. Si allontana verso gli ascensori e raggiunge la reception dove Charon è impegnato come sempre a occuparsi del benessere degli ospiti dell'hotel. "Il direttore è nel suo salotto?"
"Come sempre signor Wick, la sta aspettando."
Il poligono di tiro si confonde tra i palazzi di New York con discrezione, poche persone vanno e vengono dal piano interrato del grattacielo che lo ospita. Nia e John entrano in silenzio nella hall del palazzo e si dirigono senza guardarsi intorno verso le scale che scendono tra le fondamenta del palazzo senza destare l'attenzione di qualcuno in particolare. Solo un paio di persone li guardano, ma John ha la situazione sotto controllo affidandosi solamente alla sua visione periferica. È un vantaggio che siano riusciti a lasciare il Continental passando da uno dei vari corridoi sotterranei dell'hotel, così da essere un passo avanti rispetto a potenziali assassini nei paraggi che stanno dando la caccia a Nia. La mora scende le scale guardando John con la coda dell'occhio attraverso le lenti degli occhiali da sole. Lo segue come fosse la sua ombra e in un paio di minuti sono davanti all'ingresso del poligono. È una porta anonima che potrebbe ingannare chiunque, sembra l'ingresso di un locale caldaie, ma quando John bussa e allunga una moneta d'oro all'uomo che si affaccia dalla fessura della porta, intravede il motivo per cui hanno preferito tenere segreto questo posto. La porta si apre davanti a loro ed entrano in un grande salone dalle pareti spesse ed insonorizzate. A Nia gira la testa per la vista di tutte quelle armi a disposizione dei frequentatori di quel posto, sono anche più del doppio di quelle che aveva visto nel caveau di Winston la prima sera che era arrivata al Continental. Si appoggia al banco di una delle postazioni davanti a lei e fa un respiro profondo. Alza lo sguardo e, sfocati ai suoi occhi, vede i bersagli dall'altra parte della stanza. Inspira di nuovo e la vista migliora un po', la stanza non gira più. John si avvicina a lei, le sfiora la schiena e si allontana quando lei si volta a guardarlo.
"Te la senti?" le chiede. Nia annuisce in risposta, e lui va a prendere qualche arma da farle provare. "Oggi iniziamo con qualcosa di semplice e da lì ci muoviamo."
"Winston mi ha detto che di solito non parli così tanto, perchè con me è diverso?" John la guarda senza una risposta pronta, si osservano in silenzio per qualche minuto, poi John accenna un sorriso e senza parlare le porge una semiautomatica, che Nia prende delicatamente dalla sua mano. John si perde nei suoi pensieri per qualche secondo mentre pensa che in realtà nemmeno lui sa perché parla così tanto con Nia, in automatico le sue mani eseguono i soliti movimenti che servono a mettere un caricatore nuovo nella pistola che ha in mano. Quando ha finito le indica il paio di cuffie sopra il tavolo davanti a loro e Nia le mette. Sa che prima o poi dovrà farne a meno ma per ora le userà per ripararsi le orecchie. I due trascorrono un bel po' di ore al poligono e alla fine della mattinata tra lezioni e correzioni Nia è esausta, si sente scoppiare la testa e sa che le ci vorrà tempo per digerire tutto quello che ha appreso in sole due ore e mezza.
Vienna
Il suono dei tacchi di un paio di scarpe da uomo rimbombano lungo il corridoio di un palazzo dal taglio moderno nella Vienna ad ovest delle sponde del Danubio. Oltre i battenti di una porta dall'aspetto classico lasciata sempre aperta di giorno, un'enorme vetrata affaccia dieci piani sul livello della strada, gli edifici, campanili e guglie delle chiese svettano in lontananza sul mare di tetti della città vecchia. Un uomo dai capelli brizzolati ma in ordine osserva il viavai delle persone in strada e lungo le rive del fiume, il flusso dei suoi pensieri viene interrotto da un altro uomo che si annuncia silenziosamente. L'uomo di fronte alla vetrata aspetta che il silenzio si riempia di parole utili e si sistema un lembo della giacca grigia passandoci delicatamente sopra una mano. I suoi glaciali occhi azzurri scrutano ogni movimento che riesce a cogliere nel suo campo visivo finché l'uomo dietro di lui non apre bocca e si ferma ad osservare una donna mora passare in strada sotto il suo edificio.
"Signore, la ragazza è sotto la protezione di John Wick. Non ne avevamo certezza, ma ora sappiamo che è così." l'uomo emette un sospiro, senza nemmeno cercare di nasconderlo, lo scruta da sopra la spalla sinistra. Avrebbe dovuto immaginare che Winston avrebbe affidato il suo uomo più forte a un compito del genere, ma sa anche molto bene che i suoi uomini faranno di tutto per affrontarlo e portargli la ragazza.
"Dimmi qualcosa che non so." la sua voce bassa e minacciosa suscita sempre la stessa reazione in chi lo ascolta. L'uomo alle sue spalle ha un tentennamento e abbassa lo sguardo per cercare le parole giuste.
"Lui la sta addestrando. Sono usciti dai confini del Continental per andare a un poligono privato a qualche isolato di distanza."
"Fai in modo che venga fermata prima che diventi in grado di maneggiare più armi di quante il suo esile corpo è in grado di sorreggere. Intercettateli quando si muovono ma non violate le leggi del Continental. Siamo pur sempre uomini d'onore."
New York
Nia e John escono dall'edificio del poligono di tiro confondendosi tra la folla e si avviano verso la stradina che li condurrà al passaggio sotterraneo del Continental dal quale sono arrivati. Sono solo qualche centinaia di metri alla luce del sole, tra la gente che cammina sui marciapiedi di New York, ma sono sufficienti per tenere all'erta John. Camminano in silenzio vicini, le spalle che si sfiorano, lo sguardo di Nia basso sulle punte dei piedi di John, gli occhi dell'uomo accanto a lei che scrutano attraverso migliaia di volti e improvvisamente, davanti a lui, un uomo che corre, e John sa che sta andando da loro. Si ferma, con una mano davanti al corpo della mora che alza lo sguardo in quel momento e lo vede anche lei. Di riflesso prende il braccio di John, poco sopra il suo gomito.
"Cerchiamo di non dare nell'occhio." mormora John, trascinandola delicatamente dentro un vicolo alla loro destra. I due iniziano a correre, ma l'uomo gli sta alle spalle, Nia si volta per un istante, il tempo di vedere quello che sta succedendo, vede quella figura imponente dai lineamenti nordici a praticamente tre metri da loro, con in pugno un coltello dalla lama esageratamente lunga.
"John!" esclama Nia, e lui si volta indietro, fermandosi all'istante e scontrandosi con quell'uomo nel bel mezzo della strada, tra vecchi tavoli abbandonati e uscite di sicurezza chiuse, l'impatto dei due corpi uno contro l'altro è abbastanza violento ed entrambi cadono a terra. Nia si ferma a poca distanza e guarda l'evolversi dello scontro davanti a sé. L'uomo biondo sarà anche molto più robusto e muscoloso, ma la mora vede da sola che John non sta facendo alcuna difficoltà a gestirlo, per il modo in cui adotta un misto tra combattimento a corpo libero, arti marziali e uso logico dei punti di pressione e leva sulle articolazioni, non passa molto tempo prima che gli sloghi la spalla destra, il braccio potenzialmente più pericoloso dato che teneva il coltello con quella mano. L'uomo emette un grugnito di dolore ma con un movimento fulmineo John riesce a rubargli il coltello e immobilizzarlo puntandogli la lama alla gola mentre lo tiene a terra con il peso del suo corpo, facendo pressione sulla spalla dolorante. Il mento del biondo è coperto di sangue che esce dalla sua bocca, probabilmente per colpa di qualche dente spaccato dalla forza con cui John l'ha colpito al viso.
"Chi ti manda?" la voce di John è un ringhio cupo e sommesso. Il demone è sveglio, attento e si sta gustando la scena dalla prima fila.
"Dra åt helvete!" risponde lui, cercando di liberarsi, ma ottenendo come risultato solo un incisione della lama nella pelle del suo collo, il sangue comincia a scorrere lentamente.
"Vem skickar dig?" John gli ripete la domanda in svedese. "Dimmelo, prima che ti tagli la gola." la lama affonda di più nel collo dell'uomo.
"Consegnami la donna e non succederà niente." risponde. John compie un movimento che Nia non riesce a distinguere bene, ma riesce a capire che John gli ha slogato anche l'altra spalla. "Dominik..." mormora, dopo una sfilza di grida di dolore strozzate. John non attende che lui finisca di pronunciare quel nome, ha già sentito abbastanza. Nia distoglie lo sguardo e sente chiaramente il suono viscido del coltello che taglia la pelle e scalfisce le ossa dell'uomo a terra. Nia chiude gli occhi e sente John sollevarsi da terra e buttare il coltello accanto al corpo dell'uomo. Si avvicina a lei mentre mette di nuovo a tacere il lato di lui che più detesta, la vede leggermente pallida, le prende delicatamente il braccio. Nia apre gli occhi e cerca quelli di John. Vede una piccola ferita sullo zigomo dell'uomo davanti a sé e spera che lui non sia più ferito di così.
"Andiamo via." mormora Nia, entrambi si avviano per una strada alternativa per tornare al Continental, la mora cerca di ignorare la sensazione di nausea che sente a livello dello stomaco. Prima che lascino il vicolo dove John e l'ennesimo uomo che è venuto a cercarla per portarla via si sono scontrati, si volta per un attimo e in lontananza, in un lago di sangue, vede gli occhi azzurri dell'uomo senza vita che fissano nella sua direzione.
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