Capitolo 10

John non sa ancora cosa sia quello che lo ha spinto a dire a Nia ciò che gli passava per la testa, ma sa che è una sensazione che non scambierebbe per nessun motivo al mondo. Sente il respiro di Nia che si mescola al suo, e se ci fosse abbastanza silenzio probabilmente sentirebbe anche il cuore di lei che batte. Sicuramente riesce a sentire il suo, sul quale ha perso nuovamente il controllo e ora viaggia allegramente sui novantacinque battiti al minuto, un valore davvero fuori dal normale per lui. Capisce perfettamente quello che Marcus gli aveva detto a New York e che lui ha tentato di negare goffamente, salvo poi andarlo a spiegare proprio a Nia. Restano fermi, vicini, la tensione comincia a farsi sentire.

"Hai mai baciato qualcuno John?" la domanda di Nia interrompe i pensieri di John e lo costringe a tornare con i piedi per terra.

"No." risponde, per la prima volta in vita sua con un filo di voce, ma sa che lei lo ha sentito. "O se l'ho fatto, non me ne ricordo. E comunque, non perché... amassi quella persona." e John non sa nemmeno cosa si provi davvero ad amare una persona. Tutto quello che conosce gli è stato raccontato, descritto come qualcosa di pericoloso per lui e forse potrebbe esserlo, ma non sa in che modo.

"Cosa ti sta succedendo dentro?"

"Non lo so."

"Io sì." gli occhi di John incontrano di nuovo quelli di Nia, aspettando che lei continui la frase. "Ma non te lo dirò, dovrai capirlo da solo. Hai la risposta davanti agli occhi ma non la vedi. E quando la vedrai..." probabilmente sarò già lontana, pensa Nia. "Sei un uomo di ragione ma stavolta devi usare l'istinto." Nia termina la frase perché capisce che per lui potrebbe essere già abbastanza da digerire. Ha capito qual è il sentimento che prova John nei suoi confronti, ma dirglielo significherebbe che lui lo neghi a lei e a sé stesso, e non è quello che lei vuole. "Ti ho già detto abbastanza per oggi." continua, allontanandosi di un passo da lui e posando la mano sulla maniglia di camera sua. "Dormici sopra per ora. Non devi avere tutte le risposte adesso. Buonanotte John." con un leggero sorriso la mora entra in camera e richiude la porta dietro di sé senza far rumore, per mettere finalmente un po' di distanza tra di loro. Non fa in tempo a spostarsi e raggiungere l'interruttore per accendere la luce che sente John bussare alla porta. Apre senza riflettere e un attimo dopo esser stata inondata della luce del corridoio, John fa qualche passo all'interno della stanza verso Nia, che indietreggia ma non abbastanza velocemente e lui le è subito vicino, troppo vicino, i loro respiri si mescolano di nuovo e le mani di John sono sulla vita di Nia e tra la sua mandibola e il suo collo, delicate.

"Hai detto tu di usare l'istinto." sussurra John a pochi centimetri dalle labbra di Nia. Le labbra di John si posano delicatamente su quelle di Nia, ferme, probabilmente per attendere una sua reazione. Ma la mora non si allontana e lascia che l'esplosione dentro di sé prenda il sopravvento, preme le labbra su quelle di John un po' più forte. Fa scivolare lentamente le mani attorno alla vita di John e anche i loro corpi si avvicinano, toccandosi in svariati punti: l'addome, le gambe, i bacini. È John ad approfondire il bacio, cercando con la punta della lingua quella di Nia, dopo che è riuscito a combattere un altro comando del suo cervello, quello di mettere fine a questo. I suoi gesti sono stati completamente travolgenti, senza nessun pensiero dietro, esattamente come quando... no, non deve pensarci. Non è la stessa cosa, morte e vita sono agli opposti. Non dà peso al suo cuore che batte ancora più veloce di prima e tanto meno al respiro corto nei suoi polmoni che chiedono aria, perché se fosse per lui, adesso, di questa sensazione non ne farebbe più a meno. Per un attimo un leggero sapore salato lo spaventa, ma non fa in tempo a domandarsi da dove arrivi che è già scomparso tra le loro labbra. Nia si allontana dopo qualche istante ed entrambi aprono gli occhi, incontrando lo sguardo dell'altro e subito gli occhi di John vengono catturati da una leggera riga sulla guancia di Nia, illuminata dalla luce del corridoio. Lei si nasconde subito nell'ombra che proietta lui per cercare di non farsi vedere, ma è tardi ormai, a lui non sfugge niente, e prima che possa dire qualunque cosa, lei lo interrompe.

"Va via, per favore." mormora, con una mano sul petto di John per allontanarlo, non riesce più a guardarlo.

"Nia..." cerca di tenerla vicino a sé, ma non arriva a posare la mano nuovamente sulla sua vita.

"Scusami John, per favore... vai via." ripete, anche se non è quello che vorrebbe. Non riesce a guardare nei suoi occhi mentre lui si allontana e le augura la buonanotte, non sa cosa sta provando. Lo guarda uscire dalla camera e chiudere piano la porta dietro di sé, si asciuga velocemente la riga della lacrima che le è scesa lungo la guancia e accende la luce principale della stanza. Si ferma a pensare, lì dov'è in questo istante, le braccia strette al petto. Vorrebbe scappare lontano, gridare, ma nello stesso tempo restare con John, ma non chiusa in un albergo. Vorrebbe potersi liberare del codice e vivere di nuovo una vita normale, tornare a casa dai suoi genitori. Si lascia cadere a terra, seduta con le gambe incrociate, due sensazioni completamente opposte che la divorano e che sa che non la lasceranno dormire. Da un lato il senso di colpa per quello che sta facendo, il pensiero che tra una settimana se ne andrà via e cercherà di sparire per sempre, avere di nuovo una vita normale, anche se non lo sarà mai completamente. Il fatto che stia per piantare in asso la persona che la sta aiutando in tutto questo e che proprio adesso è riuscita a scoprire il suo lato umano, prima sepolto chissà dove. Dall'altra invece c'è quello che prova per John. Qualcosa che non aveva tenuto in conto, a cui non avrebbe mai pensato se non fosse stata costretta a vivere con lui così a lungo.

Nia dorme male e in maniera intermittente e la mattina decide di non andare nel salone per fare colazione. Cerca distrattamente il servizio in camera sul suo cellulare e ordina qualcosa da mettere sotto i denti mentre il mal di testa la attanaglia da notte fonda. Invia un messaggio veloce a John, dicendogli semplicemente di venire in camera sua con qualcosa che la aiuti contro il dolore. Si alza dal letto quando qualche minuto dopo sente bussare alla porta, si infila un paio di shorts di cotone e va ad aprire. Il cameriere le dà il buongiorno e spinge il carrello nella sua stanza, andando a posare ciò che Nia ha ordinato sul tavolino tra i due divani. Una porta che si chiude in corridoio vicino alla sua stanza la interrompe mentre sta ringraziando l'uomo e vede John in piedi oltre la soglia. Lo invita a entrare con un cenno della mano e non appena il cameriere se ne va i due si siedono e Nia lo invita a dividere con lei la colazione.

"Come al solito ho ordinato troppe cose e non riuscirò a mangiare tutto. Inoltre questo mal di testa mi sta uccidendo e non vedo l'ora di tornare nel letto." a quelle parole John le porge una scatola di medicine che ha tenuto fino ad ora nella tasca della giacca. "Grazie." un sorriso si dipinge sul volto di Nia e di riflesso su quello di John ne passa un accenno. La mora mangia qualcosa in silenzio e nemmeno lui dice nulla. Si sforza di prendere una mela e portarsela alle labbra, ma dal momento in cui ha rivisto la mora gli si è stretto lo stomaco, ogni tanto si guardano, ma solo per un breve istante. Mentre Nia prende la sua pillola contro il mal di testa John si impone di parlarle.

"Dimmi solo se ieri ho sbagliato." le parole gli escono a fatica e le sue labbra si muovono appena. Nia butta giù un altro sorso d'acqua e posa il bicchiere di fronte a sé.

"No, assolutamente. Ti sei ascoltato, ed è quello che doveva succedere."

"La tua reazione... diceva il contrario." ricorda benissimo la lacrima che ha visto sulla sua guancia, il modo in cui lo ha mandato via, che non lo hanno lasciato dormire.

"Lo so, ma è solo colpa mia. Ho sbagliato. Tu non hai fatto nulla di male." continua, sporgendosi verso di lui e appoggiandosi con i gomiti alle ginocchia, guarda John che è rimasto sulla difensiva con le mani strette al bordo del divano e lo vede fare un sospiro.

"Quello che è successo ieri sera non deve ripetersi." dice a bassa voce, guardando Nia con la testa leggermente inclinata verso il basso. Nei suoi occhi la mora non vede alcuna emozione. John non è mai stato così freddo con lei nemmeno quando si sono incontrati la prima volta. Si guardano in silenzio mentre John cerca di non lasciare che quello che ha appena detto gli faccia più male di quanto non voglia dare a vedere.

"Sono d'accordo, non possiamo esporci a dei rischi così grandi." dice infine la mora, rompendo il silenzio.

"Mi dispiace."

"Non ti scusare per queste cose, non farlo mai con nessuno. Anche tu sei umano."

La settimana passa in fretta, Nia e John continuano ad allenarsi insieme in palestra e non parlano più del bacio che c'è stato tra di loro in un tacito accordo. Nia si è procurata uno zaino abbastanza capiente in cui ha messo via tutte le cose che le serviranno e ha guardato sul suo computer le destinazioni che potrebbe raggiungere da Roma in treno, ne ha scelte un po' e tramite una selezione attenta delle opzioni è arrivata ad avere due alternative. Ha consultato il sommelier dell'albergo mentre John era via e al posto della pistola che le ha regalato John se ne è portata via un'altra, con una scorta di caricatori abbastanza cospicua ma che non la appesantisca troppo durante il viaggio. Ha preso anche un numero sufficiente di coltelli, più o meno piccoli, che nasconderà tra i suoi vestiti in una cintura apposita e nello zaino. Ha messo tra le cose da portare via quanti più vestiti antiproiettile possibili, il suo computer, un paio dei suoi libri che si era portata da Toronto, i suoi preferiti, nulla di più. Ha infilato la maggior parte dei soldi il più in fondo allo zaino possibile, tenendone una parte a portata di mano per comprare le cose che le serviranno al momento e nelle tasche dei pantaloni, assicurandosi che non potessero muoversi, ha infilato le monete d'oro che le sono rimaste. Nasconde nuovamente lo zaino nell'armadio nello stesso istante in cui sente John bussare alla sua porta, andranno alla festa di Julius insieme, come si erano detti. Ora è tutto pronto, partirà domattina quando tutti staranno ancora dormendo.

John e Nia scendono insieme le scale verso la festa e dato che lei non mette i tacchi da un po', John decide di porgerle il braccio per aiutarla, vedendola visibilmente in difficoltà. La mora stringe il suo braccio e lo lascia solo quando i suoi piedi sono entrambi saldamente fermi a terra alla fine della rampa. Si guardano intorno e notano qualche sguardo nella loro direzione, che entrambi lasciano correre: sono abituati a quelli che li guardano a ogni minimo movimento che fanno e Nia non vede l'ora di liberarsi della scomoda sensazione che l'essere continuamente osservata porta con sé.

"Vuoi qualcosa da bere?" le chiede John, cercando il suo sguardo.

"Sì, vado io al bar, non preoccuparti. Cosa bevi?" risponde lei, incontrando i suoi occhi per un istante. C'è sempre quella luce in loro, quella che da tempo ormai tradisce John, se qualcuno dovesse vederlo mentre la guarda capirebbe subito che lei lo ha cambiato talmente tanto che non è più lo stesso uomo di prima, per lo meno sul lato sentimentale.

"Un gin." Nia gli fa cenno di aspettarla e si allontana verso il bancone.

"Mi faresti un gin e un virgin mojito? Grazie." il barman prepara velocemente i cocktail e glieli porge, la mora prende i bicchieri e cautamente si muove evitando di andare a sbattere contro altre persone. Vuole essere completamente sobria e al massimo della forma per domattina. Consegna il drink a John e propone un brindisi con lui. "A cosa brindiamo?" John riflette per un po'.

"A Nia Davis." lei sorride e avvicina il suo bicchiere a quello di John.

"A Jonathan Wick." i bicchieri si toccano con un sonoro tin ed entrambi bevono un sorso. Tra la folla Julius invita tutti i partecipanti a unirsi a lui per un altro brindisi. Nia finisce il suo virgin mojito abbastanza in fretta, sempre accompagnato con qualcosa da mangiare e mentre osserva le persone attorno a sé le percepisce nella sua testa sempre più lontane. Guarda quello che sta succedendo attorno a sé come si guarda la televisione: in maniera distaccata, lontani da essa, estranei a quello che sta succedendo, sa che questo è il richiamo del viaggio che farà domani. Da seduta al suo tavolo vede John emergere dalla folla e avvicinarsi a lei per poi sedersi a poca distanza sullo stesso divanetto. Rimane concentrata sul resto delle persone finché la voce di John non la riporta al presente come un elastico che schiocca.

"Come?" chiede, voltandosi verso di lui. Lo vede esitare per un istante e poi le porge di nuovo la domanda.

"Ti va di ballare?" la mora resta piacevolmente sorpresa dalla proposta.

"Ero convinta che tu non ballassi."

"Posso sempre provare." risponde lui, con un accenno di sorriso. Anche Nia sorride. Cazzo John, l'amore ti ha proprio fottuto come si deve, pensa, alzandosi in piedi.

È buio quando Nia esce in silenzio dalla sua camera, un paio di jeans e una felpa antiproiettile con cappuccio addosso, un paio di scarpe da ginnastica e lo zaino in spalla. In mano stringe il cellulare su cui ha già impostato il navigatore che la porterà alla stazione e si è assicurata che lo schermo avesse il minimo della luminosità. Ci vorranno circa venti minuti di cammino per arrivare a Roma Termini. Nel corridoio dell'albergo le uniche luci accese sono quelle delle lampade sui tavolini in stile retrò, nessuna persona è in vista, Nia chiude la porta della sua stanza senza fare rumore e si ferma accanto alla porta di John. La guarda per un paio di minuti e posa una mano sul legno spesso.

"Spero che tu riesca a trovare qualcuno che ti ami senza condizioni, perché io non posso farlo." sussurra. È la prima volta che riesce a lasciare che le parole esprimano quello che sente. Toglie la mano dalla porta e controlla l'ora sul suo cellulare. Le quattro e quaranta. Si allontana in silenzio e prima di scomparire oltre la porta dell'ascensore si volta a guardare un'ultima volta la porta della stanza di John nella penombra del corridoio. Esce in strada dalla porta secondaria, senza incontrare nessuno nel resto dell'albergo e dopo aver alzato il cappuccio della felpa sopra la testa si incammina verso la stazione con un dolore lancinante nel petto che si acuisce a ogni passo che la allontana dal Continental e dall'uomo di cui si è innamorata.

In stazione non c'è molto movimento e nessuno che è in piedi a quest'ora ha l'aria di una persona che la sta cercando. Si dirige verso una macchinetta automatica che vende biglietti e seleziona Milano come prima destinazione, il treno partirà alle cinque e trenta e lei ha tutto il tempo di arrivare alla sua carrozza e sistemarsi per il viaggio.

Appoggia la testa contro lo schienale del suo posto, dietro un tavolino su cui ha posato il cellulare e il biglietto.

Controlla di avere la cintura con i coltelli saldamente legata in vita e nascosta sotto la felpa.

Il capotreno fischia per la partenza.

Le case della periferia di Roma iniziano a essere illuminate dal primo chiarore della mattina.

I primi raggi del sole illuminano l'interno del vagone e l'altoparlante annuncia che il servizio bar nella carrozza ristorante inizierà tra venti minuti.

È di nuovo fuori nel mondo.

Inizierà una nuova vita.

Avrà un altro nome e nessuno saprà chi è veramente.

Diventerà un fantasma finché smetteranno di cercarla e anche allora resterà nell'ombra.

Spera solo che non le portino via anche questo.

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