Capitolo 12

I miei genitori avevano sempre voluto un maschio per pochi semplici motivi: avrebbe portato avanti il nome di famiglia e mio padre avrebbe potuto giocare a football con lui. Daniel era l'epitome del figlio perfetto agli occhi dei miei genitori. Era solo in terza media ma a 14 anni era già alto quasi un metro e ottanta ed era il miglior giocatore di football della sua squadra.

I nostri ruoli ci erano stati assegnati alla nascita. Il piano per me era quello di diventare la miglior studentessa della Ivy League e vivere i sogni di mia madre. Per questo motivo, aveva programmato lezioni di pianoforte, tutor e programmi extrascolastici. Ma dalla nascita di Daniel, le mie esibizioni di pianoforte erano passate in secondo piano rispetto alle partite di football. Le fiere della scienza erano state trascurate dai viaggi per gli allenamenti. Le medaglie della robotica erano appese dietro i trofei di MVP. Per me, ci si aspettava un GPA di 4,8, che equivaleva al fallimento. Per Daniel, anche se perdeva giorni di scuola, era perfetto. Giocava ai videogiochi per ore e non aveva bisogno di chiedere di uscire con i suoi amici.

Quando ero più piccola, avevo anche provato a giocare a football perché pensavo che a quel punto mio padre mi avrebbe amata davvero. E avevo davvero dato il massimo, l'unica ragazza ai provini. Purtroppo non avevo coordinazione e i miei genitori mi avevano fatto capire subito che il calcio era uno sport da ragazzi. Fortunati loro, Daniel era qui per svolgere quel ruolo.

Sfrecciai per portare Daniel al suo allenamento, quasi passai con due semafori rossi e superai almeno cinque auto per arrivare in tempo. Mio padre era già lì, chiaramente irritato con me per essere in ritardo, ma il suo viso si illuminò quando Daniel si avvicinò a lui correndo. Fondamentalmente ero solo un'autista, ma ero sua sorella, perciò restai un po' a guardalo prima di andarmene.

Tornai a casa verso le cinque, ma sul punto di iniziare i compiti mi ricordai del messaggio di Zack.

Non rispondere: hai pensato alla mia offerta?

Alzai gli occhi al cielo. Forse non avrei proprio dovuto rispondere. Lo schermo del mio telefono e io ci fissammo intensamente prima di cedere...

Amelia: No grazie

Risposta secco, per non dire altro, ma avevo bisogno di concentrarmi. Statistica era una vera spina nel fianco e erano passati solo pochi giorni dall'ultimo test.

Si prese il suo tempo per rispondere.

Non rispondere: non avresti retto

Scossi la testa.

Amelia: Immagino che non lo sapremo mai

Tornai ai miei appunti ma passò appena un minuto quando rispose.

Non rispondere: ho detto a DeMarco di andare a farsi fottere oggi

Le mie sopracciglia si alzarono.

Amelia: stai scherzando

Non rispondere: perchè dovrei?

Amelia: non lo so

Chiamata in arrivo: Non rispondere

Il panico mi attraversò mentre la suoneria sembrò suonare più forte del previsto e velocemente disattivai l'audio del telefono prima di entrare nella mia cabina armadio e chiudere la porta.

"Ciao?" Risposi.

"Non sto scherzando", disse. "Quel ragazzo è un coglione."

"E' tuo amico," gli feci notare.

"Esattamente."

Risi ma piano in modo che mia madre non avrebbe sentito.

"Ho una domanda," gli dissi, ricordando la mia conversazione con Ella prima.

"Spara."

"C'è una festa il prossimo fine settimana?"

Riuscii praticamente a sentire il suo sorriso mentre rispondeva, "perché? Vuoi chiedermelo per andarci insieme?"

"No" la risposta uscì troppo acuta, "La mia amica vuole andare."

"Ѐ carina?" domandò subito e strinsi le labbra. Certo che lo era ed ero sicura che anche Zack avrebbe voluto che fosse cosi, in modo da poter sedurla. Ella aveva un debole per i "cattivi ragazzi" che si vedevano in TV e Zack era praticamente uno di quelli ma nella vita reale.

"A lei interessata solo della festa."

"Per adesso." Il suo tono era terribilmente sicuro.

Sbuffai. "Hai un indirizzo o no?"

"Nessuno organizza feste con due settimane di anticipo, sfigata."

Non ero particolarmente offesa da questo nome. Il suo tono non era cattivo.

"Beh, lo avrai?" mi corressi stancamente.

"Certo," rispose semplicemente.

"Me lo manderai?" chiesi con un sospiro interiore. Dovevo chiedergli ogni piccola cosa?

"Potrei," disse ma aggiunge, "ma cosa otterrei in cambio?"

Era serio? "Lascia perdere. Lo chiederò a Jaden."

"Oh andiamo. Non essere noiosa."

Sapevo che la cosa più intelligente da fare sarebbe stata quella di riagganciare, ma decisi di continuare. "Cosa vuoi?"

Stava sicuramente sogghignando in quel momento. "Penserò a qualcosa," disse sprezzante.

Ottimo. Odiavo non sapere le cose.

"Va bene", decisi di accontentarlo semplicemente perchè dovevo tornare a studiare. "Ho un'altra domanda."

"No, non voglio relazioni serie," rispose prima ancora che potessi aprire bocca.

"Ch- cosa?" balbettai. "Io non.."

"Ѐ il tipo di domanda che mi viene fatta più spesso," fu la sua spiegazione. "Be', quella e anche quanto è grande il mio-" 

"Non è quello che stavo per chiedere!" Esclamai, la mia faccia era decisamente bordeaux. Per fortuna, per una volta, non poteva vedere il mio rossore anche se dubitavo che non lo sapesse.

"Certo che no," concordò categoricamente. "Sei troppo innocente." Sembrò quasi una provocazione, per come lo disse lui, ma non ci sarei cascata.

"Come sapevi che quello fosse il mio primo bacio?" Chiesi. Rimase in silenzio dall'altra parte e pensai che se ne fosse completamente andato finché non disse: "Non lo sapevo. Pensavo fosse uno scherzo".

Le mie sopracciglia corrugarono. "Cosa intendi?"

"Negli spogliatoi, ho sentito alcuni ragazzi parlare e quell'idiota, Brad Lockwood, stava parlando di come tu non avessi mai baciato un ragazzo. Pensavo stesse mentendo. Non l'avrei tirato fuori se avessi saputo che fosse vero."

Il mio cuore affondò. Brad Lockwood... L'anno scorso ci aveva provato con me, come faceva con metà delle ragazze della scuola, e si era incazzato quando lo rifiutai perché si aspettava che fossi "disperata" e "grata che un ragazzo come lui mi avesse anche solo rivolto la parola." Ero sicura che quello che Zack mi avesse detto fosse la versione censurata e il suo discorso nello spogliatoio fosse andato oltre il 'non ha mai baciato nessuno'.

I ricordi di come Brad avesse cercato di impressionarmi con la sua macchina costosa e le sue false maniere solo per cercare di toccarmi dopo avermi conosciuto soli 15 minuti, mi riempirono la testa. Mi aveva davvero portato in un vecchio parcheggio, aspettandosi qualcosa. Tutti i nomi con cui mi aveva chiamata quando ero uscita dalla sua macchina mi ritornarono in mente.

Ricordai di essere tornata a casa da sola quella notte con un tempo gelido, finché il mio telefono non aveva ripreso segnale. Avevo scoperto un paio di giorni dopo che fosse il suo modo di comportarsi: scegliere ragazze che non ricevevano molte attenzioni da parte dei ragazzi e provare a portarle a letto. Il pensiero mi fece stringere la presa sul telefono.

"Ci sei?" chiese Zack, strappandomi dai miei pensieri.

"Devo andare." Non gli diedi il tempo di replicare e riagganciai.

•••

Quella notte mi rigirai nel letto fino alle quattro del mattino, anche se di solito mi addormentavo alle due.

In cima c'era lo stress: i miei punteggi SAT sarebbero usciti presto, dovevo alzare il voto di Statistica a 93, prima del prossimo test e continuavo a dimenticare gli accordi nel mezzo del mio pezzo di Chopin per la mia più grande competizione. Inoltre, non potevo credere che quel cretino, Brad Lockwood, parlava ancora di me.

Poi, c'era l'entusiasmo. La copia vintage di Piccole Donne che avevo cercato su Internet e per cui avevo fatto un buon affare sarebbe arrivata l'indomani. Però, non sapevo quando avrei avuto il tempo per leggerla.

Al terzo posto c'era il ricordo di ogni singolo momento imbarazzante della mia vita: quando camminai con la macchia del ciclo sul sedere e Eddie Shi mi vide, tutte le volte che venivo aggiunta a gruppi di progetto perché non avevo amici...

Ma i miei pensieri finali della serata erano i peggiori: il sorriso di Jaden che era troppo carino per appartenere a un ragazzo, quanto era gelosa della loro relazione amorosa. Il senso di colpa mi inondò per aver pensato a lui e i miei pensieri si spostarono sull'odore di un falò; occhi scuri e truci; e un braccio muscoloso che guidava il cambio manuale.

Ti farò vedere com'è uno vero...

Anche le sue maledette labbra erano carine: piene, mai screpolate, e quasi sempre tirate in un sorrisetto che avrei voluto far scomparire a schiaffi. Mi chiesi se le sue mani fossero morbide o callose. Immaginai la loro sensazione sulla pelle.

Santo cielo!

Ero un pervertita. Perché stavo pensando a certe cose? Il mio corpo era accaldato, per l'imbarazzo, immaginavo. Onestamente, non sapevo nemmeno come spiegare quelle reazioni fisiche.

Dovevo essere stanca.

Chiudendo gli occhi, mi sforzai di pensare a Mr. Bean e solo a Mr. Bean finché il mio corpo non tornò alla sua temperatura normale. Sicura dei miei pensieri, mi addormentai in pochi minuti, ma quando mi svegliai, ero in preda al terrore. Saltai immediatamente giù dal letto e andai spruzzarmi la faccia con dell'acqua ghiacciata.

L'avevo sognato.

E non era un buon segno.

S/A.

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