3 - Blurryface
Sono le sei di mattina e sono tranquillamente raggomitolata sotto le lenzuola.
Uno dei rari momenti di pace che--
«Johanna, svegliati!» urla zia Beth, battendo un paio di pugni sulla porta della mia camera.
Momento di pace un corno, già.
Mi trascino fuori dal letto fino al bagno, portando con me il telefono e facendo partire la musica mentre mi faccio la doccia.
E quale modo migliore di iniziare la giornata se non con Blurryface dei Twenty One Pilots?
«Can you save, can you save my, can you save my heavydirtysoul? Can you save, can you save my, can you save my heavydirtysoul? For meee, for meeeee. Can you save,» canticchio sotto la doccia, seguendo il ritmo della canzone.
«Avrei preferito un martello in testa, piuttosto che una tua esibizione mattutina, sai, Joe?» esclama Rick, facendomi ridacchiare.
«Quando diventerò una cantante di successo stra ricca ne riparleremo!» gli urlo di rimando, continuando ad ascoltare distrattamente le parole della canzone, prima di uscire dalla doccia e tornare in camera mia a vestirmi.
Dopo essermi infilata la maglietta, un trillo interrompe improvvisamente le note di Stressed Out, facendomi sobbalzare.
Chi diavolo è che mi manda un messaggio a quest'ora?
[da: numero sconosciuto]
pausa pranzo, muretto dietro il campo d'atletica. -M
Non ho la più pallida idea di chi possa essere, ma rispondo lo stesso, dicendo che ci sarò.
E se fosse uno stupratore? E se fosse uno stalker? E se fosse uno di quei maledetti nerd da cui avevo copiato il compito di matematica la scorsa settimana?
Vabbè, ormai ho risposto che ci sarò, quindi dovrò affrontare chiunque si presenterà in quel luogo.
Prendo lo zaino e scendo le scale sulle prime note di Ride, correndo in cucina per bere il mio caffè mattutino e poi uscire insieme ai gemelli per prendere il pullman.
Come al solito ci sediamo nei posti da quattro, io vicina a Ross, e Rick di fronte a noi.
Noto lo sguardo freddo di Ross e gli sfioro la spalla con le dita di una mano, e lui mi sorride tristemente, per poi infilarsi gli auricolari come me.
Dopo aver ascoltato Fairly Local, Tear In My Heart e Lane Boy, il pullman si ferma davanti a scuola e fa scendere tutti gli studenti, noi tre compresi.
E la consapevolezza che mi prenderò un'altra insufficienza in fisica mi colpisce come un tir a tutta velocità.
Che bella la vita quando fa schifo, eh già.
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Quando finalmente arriva la pausa pranzo, sospiro avvilita, sperando di poter sparire nelle viscere della Terra, piuttosto che vedere lo sguardo schifato della professoressa quando mi consegnerà il compito di fisica con il voto, segnato in rosso e cerchiato spasmodicamente nell'angolo in alto a destra.
Dopo aver fatto una coda interminabile per prendermi solo un sandwich con prosciutto e maionese al bancone della mensa, mi trascino fino al tavolo dove Rick e Ross sono già seduti, scorgendo poi in lontananza la chioma bionda di Luke Hemmings che si erge al di sopra dei primini che gli stanno ostacolando il passaggio, seguito da Calum Hood, il quale indossa un paio di occhiali da sole anche se siamo al chiuso.
E rimango leggermente delusa quando non vedo la chioma sgargiante di Michael Clifford seguire i due amici.
MA CERTO!
M, quello che mi ha mandato il messaggio stamattina, è Michael, ecco perché non è in mensa, perché mi aspetta dal muretto!
Non essere ridicola, mi suggerisce la mia coscienza, cosa potrebbe mai volere Michael Clifford da una come te?
Aspettate, da quando ho una coscienza?
Appena arrivo al tavolo dove sono seduti i due gemelli, borbotto in fretta e furia delle scuse e li saluto, correndo fuori dalla mensa per andare dietro al campo d'atletica.
Ansimando per la corsa imprevista, mi avvicino al muretto e noto che non c'è ancora nessuno.
Così sospiro, sedendomi su un gradino e mettendomi gli auricolari per ascoltare un po' di musica mentre aspetto.
Sorrido istintivamente, quando le note di The Judge mi riempiono le orecchie, facendomi rilassare e riprendere un ritmo di respirazione normale.
Improvvisamente una cuffietta mi viene sottratta e spalanco gli occhi, per poi accorgermi di qualcuno di fianco a me che si mette l'auricolare e sorride compiaciuto quando capisce che canzone sto ascoltando.
«Non pensavo fossi una da Twenty One Pilots, sai?» dice Michael, sorpreso.
«Non mi conosci minimamente, è ovvio che tu non possa dedurre i miei gusti musicali solo guardandomi per pochi secondi, sai?» ribatto, guardandomi distrattamente le unghie, sentendolo poi ridacchiare.
«Touché.» si arrende, restituendomi l'auricolare, «Ma non sono qui per parlare di musica.» il suo tono di voce si fa improvvisamente serio, per poi sospirare, «Come sta Ross? So che non ho nessun diritto di chiederlo, ma io--»
«È stato peggio.» lo interrompo, «Però non capisco perché, se tieni così tanto a lui, ti ostini a voler rimanere fuori dalla sua vita. Ti rendi conto di essere profondamente incoerente? Se volessi rimanere completamente estraneo alla sua vita, non dovresti preoccuparti così di lui e dei suoi sentimenti, per di più dopo averli feriti brutalmente.»
«Lo so, ma è meglio così.» sussurra, e prima che io possa ribattere aggiunge «So che non la pensi così, ma tu non sai nemmeno tutta la storia, tutta la nostra storia, mia e di Ross, e...», rabbrividisce quando il nome di Ross lascia le sue labbra e si passa una mano tra i capelli nervosamente, «Questo non è il momento adatto per raccontartela, anche perché lui mi ucciderebbe se sapesse che vado a raccontare in giro ciò che è successo.»
Dopo qualche minuto di silenzio, Michael comincia a rovistare nelle tasche della propria felpa, senza riuscire a trovare quello che cerca.
Allora mi sporgo verso il mio zaino e prendo il pacchetto di sigarette e l'accendino, e li porgo entrambi al ragazzo seduto di fianco a me.
«Grazie, ma come..?»
«Anche Ross fa così, quando cerca le sigarette e non le trova.» rispondo semplicemente, e vedo il suo sguardo rabbuiarsi, prima di prendersi una sigaretta e accendersela.
Quando mi restituisce il pacchetto e l'accendino, prendo anche io una sigaretta e fumo insieme a lui, dimenticandomi del sandwich ancora intatto.
«Comunque lo farò,» sospiro, prima di prendere un'altra boccata di nicotina, «lo terrò d'occhio e tutte le altre cose. Non ti assicuro niente, però.»
«Grazie, Joe.» sorride riconoscente, finendo la sigaretta e buttando il mozzicone a terra.
Prima che possa allontanarsi, richiamo la sua attenzione «Clifford,» lui mi guarda accigliato, «il mozzicone. L'hai lasciato per terra.»
«Non pensavo fossi una perfettina, sai?» ridacchia, raccogliendo il mozzicone da terra.
«Infatti non lo sono, semplicemente mi da' fastidio che si butti la spazzatura a terra, quando c'è un cestino a pochi passi.» scrollo le spalle, spegnendo la mia sigaretta sul muretto e portando il mozzicone nel cestino.
«Hai ragione.» ridacchia Michael, con lo sguardo colpevole, per poi gettare anche il suo mozzicone nel cestino.
«Non credo che nessuno me l'abbia mai detto.» borbotto tra me e me, sistemandomi lo zaino su una spalla.
«È stato un piacere, Johanna Walker.» dice in tono plateale, facendo poi anche un inchino.
«Ugh, smettila di fare il lecchino, grazie.» esclamo, assumendo un'espressione tra lo sconvolto e il disgustato, che fa scoppiare a ridere Michael (e posso giurare che la sua risata sia il suono delle porte del paradiso).
E prima di sparire dalla mia vista, Michael Clifford mi rivolge un sorriso di saluto, facendo anche un segno con la mano.
E forse potrei o non potrei essere andata in iperventilazione per un momento.
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Dopo essermi addormentata nell'ora di storia pomeridiana, aver rimediato un timpano perforato dall'urlo molto delicato della professoressa più amorevole della scuola ed essere finita in presidenza a girarmi i pollici mentre facevo finta di ascoltare i rimproveri del preside, saltando così l'ora successiva a quella di storia - ovvero scienze -, posso dire di aver concluso tranquillamente la mia giornata.
Se non fosse che...
«Dannazione! Maledetto il pullman, maledetto l'autista e maledetto il giorno in cui questo mondo è stato creato!» urlo a squarciagola, quando ormai il pullman l'ho perso e dovrò aspettare un'ora per prendere quello dopo.
Mi avvicino alla panchina della fermata e lancio malamente lo zaino a terra, sedendomi con molta grazia sul sedile di legno cigolante.
Sento delle persone ridacchiare e non ci bado, finché una giraffa si mette davanti a me in controluce ed io devo alzare lo sguardo, facendo una smorfia davvero poco elegante per mettere a fuoco la sua faccia.
«Chi cavolo sei e che cavolo vuoi?» chiedo, molto garbatamente.
«Mmh, no, il cavolo non credo sia tra le mie verdure preferite. Magari la lattuga, o i pomodori!» risponde entusiasta, e dalla sua voce capisco che è Luke Hemmings.
Avete presente lo stereotipo della ragazza bionda, stupida e troia?
Beh, ecco, Luke Hemmings è il ragazzo biondo, stupido e un po' troio.
Almeno non è stronzo, come la maggior parte degli altri.
«Hai perso il pullman?» mi chiede poi, ingenuamente, e mi verrebbe quasi voglia di stringergli le guance come fanno le vecchie nonne rincoglionite.
«No, certo che no. In realtà mi piace stare qui seduta alla fermata ad inveire contro il mondo e gli autisti dei pullman.» rispondo, forse un po' troppo acidamente, perché vedo Luke abbassare lo sguardo e smettere di sorridere.
«Oh, scusami se ti ho disturbato.» sussurra, mordicchiandosi le labbra e facendo per andarsene.
«Luke,» lo richiamo, facendolo fermare e voltare verso di me, «scusami, non avevo nessun diritto di trattarti così. Volevi chiedermi qualcosa?»
«Volevo chiederti se avevi bisogno di un passaggio.» risponde, sorridendo e scrollando le spalle.
Lo guardo, meravigliata e riconoscente, «Davvero?» gli chiedo conferma, sperando di non dover aspettare una lunga e afosa ora alla fermata.
«Beh, in realtà è Calum che ci porta. Sai, Michael in questo periodo è un po' nervoso e non se la sente di guidare fino a casa dei tuoi zii per prendere Ashton...» mi rivela, sussurrando l'ultima parte.
Aspetta... Calum? Calum Hood?
I miei poveri ormoni stanno già impazzendo.
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E, non so come e non so quando, mi ritrovo nel bagno di casa mia, seduta sul water, a farmi medicare la fronte da un ragazzo moro dai tratti neozelandesi.
Beh, sì, Calum Hood è inginocchiato davanti a me, con il viso a pochi centimetri dal mio, mentre mi disinfetta la fronte insanguinata.
Il fato si diverte a prendermi in giro, facendomi rivivere un mio sogno erotico di qualche mese fa, in cui Calum era il dottore sexy e... Credo che il resto si possa intuire.
Rabbrividisco e tremo, quando sento una fitta di dolore alla testa, e Calum allontana la garza dalla mia fronte, per poi chiedermi «Ti ho fatto male?», riportandomi così alla memoria una parte di quel sogno davvero poco casta. Davvero.
E prima che possa minimamente pensare o scuotere la testa, le parole fuoriescono dalle mie labbra senza che riesca a fermarle, «Continua a farmi male.»
Contro ogni mia aspettativa, sul viso di Calum si forma un ghigno malizioso, «È una proposta a sfondo sessuale?» mi chiede.
«Ovviamente non ti volevo chiedere di bucarmi la fronte attraverso la ferita fino al cervello.» rispondo, facendolo ridere.
«Sei davvero una ragazza interessante, Johanna.» ridacchia lui, sembrando però serio e finendo di medicarmi il taglio che ho in fronte, per poi alzarsi e andarsene.
Perché tutti si divertono a giocare con il mio autocontrollo? È ingiusto.
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