2 - Lasagne & old friends
Quando ci sediamo tutti a tavola, alle sette e trenta precise, cala un silenzio tombale.
Zio Ector continua a leggere il giornale (credo sia sulla stessa pagina da almeno due ore), zia Beth è in cucina che prepara da mangiare, io sono seduta di fianco a Rick, e Ross è seduto di fronte a noi.
Ashton e Calum sono seduti di fianco a Ross e Michael e Luke sono vicino a me.
Ovviamente ho cercato di rendermi vagamente presentabile per la grande occasione: ho acconciato i miei capelli castani in una treccia morbida, mi sono messa un paio di pantaloni a metà coscia verde scuro ed una canotta nera con dei disegni dorati. Tutto il look completato da un make-up molto minimal, composto da mascara nero e rossetto viola.
Mi sento molto come Enzo e Carla di Ma Come Ti Vesti?! - un programma televisivo italiano che guardavo ogni tanto - mentre elenco il mio outfit.
Ross non alza lo sguardo dalle sue mani, mentre continua a giocherellare con un anello.
Rick borbotta tra sé e sé le formule di fisica, per ripassare.
Ashton, Luke e Calum parlottano tra di loro.
Michael, seduto di fianco a me, ha lo sguardo costantemente su Ross, anche se quando i suoi amici gli chiedono qualcosa, lui si volta verso di loro e risponde frettolosamente, come se avesse paura che Ross possa sparire da un momento all'altro.
La tensione si attutisce un po' quando zia Beth fa il suo ingresso trionfale con una teglia enorme di lasagne.
«Mamma! Non facevi le lasagne da almeno cinque anni!» esclama Rick, pieno di gioia.
«In realtà da sei anni e un mese, per essere precisi.» lo corregge Ross, dirigendo lo sguardo per un istante verso Michael, il quale rabbrividisce sul posto.
«Beh, allora spero vi piaccia!» esclama zia Beth, cominciando a servire prima gli ospiti.
Ad un certo punto, quando tutti sono concentrati sul proprio piatto stracolmo di lasagne, zia Beth decide di fare conversazione.
«Dunque, ragazzi,» esordisce, rivolgendosi agli ospiti, «in che scuola andate?»
«Zia Beth,» richiamo la sua attenzione, «vengono a scuola con noi, ricordi? Luke e Calum frequentano il mio stesso anno e Michael quello di Rick e Ross. Ashton, invece, ha finito l'anno scorso.»
«Grazie, cara, ma avevo chiesto a loro, non a te.» mi risponde dolcemente (sì, come una motosega nel naso).
«Joe ha ragione, mamma.» borbotta Ross, «E sinceramente mi inquieta il fatto che sappia tutto ciò così minuziosamente.»
«È semplice osservazione. Luke e Calum hanno la mia stessa età e hanno dei corsi in comune con me, e tu, Rick e Michael la stessa cosa. Ashton l'ho visto alla cerimonia di consegna dei diplomi dell'anno scolastico passato.» rispondo, alzando poi le spalle come se fosse una cosa ovvia (in realtà è il risultato di quasi due anni di stalking anche su social network).
«Da quando in qua sei così sveglia? Fino all'altro ieri rischiavi di uscire di casa senza pantaloni.» dice zio Ector, con la sua voce dolce e amorevole come sempre, dopo aver improvvisamente e inaspettatamente distolto l'attenzione dal giornale.
«Sei uscita di casa senza pantaloni?!» esclama Rick, indignato, facendo ridacchiare i quattro dei scesi in terra seduti a tavola con noi.
«Certo che no!» rispondo, cercando di difendermi, «Faceva talmente caldo che mi sembrava già di averli addosso!»
Rick sembra pensarci su un attimo, «No, non ha assolutamente senso.» dice, scuotendo la testa, «Come poteva sembrarti di averli già addosso? Avevi la sensazione di un tessuto a contatto con la pelle? Te li eri almeno precedentemente infilati, oppure proprio non li avevi tirati fuori dall'armadio?»
«E se anche fosse?» ribatto, esasperata, «Tanto mi hanno vista solo zio Ector e zia Beth...»
«...e il vecchio Tobia, sua moglie Rosmerta, la loro nipote, il loro cane, l'autista del pullman, un signore che portava al pascolo le mucche, Jerry e suo fratello Johnny, Chad sul trattore, e beh, un po' tutta la fattoria e tutti quelli che sono passati qui per caso.» aggiunge zia Beth, facendomi desiderare di poter scomparire.
«E probabilmente anche Ashton.» rincara la dose zio Ector.
A volte mi chiedo se forse non sarebbe stato meglio rimanere con mio padre in Europa.
Ashton, sentendosi chiamato in causa, tossicchia leggermente e borbotta qualche monosillabo, del tipo «Uhm, ehm, sì, boh, forse...»
«Mi dispiace tu abbia dovuto assistere ad uno spettacolo così pietoso e privo di pudore.» gli dice zia Beth, visibilmente dispiaciuta, tenendosi una mano sul cuore.
«Non credo che ad Ash sia dispiaciuto poter vedere due belle gambe come quelle di Johanna mentre lavorava, signora.» ridacchia Calum Hood, facendomi sentire improvvisamente accaldata.
Dimenticatevi ciò che ho detto prima di restare in Europa con mio padre: ragazzi come Calum Hood sono una rarità, me ne resto volentieri qua.
«Beh, non posso negare che abbia apprezzato l'anatomia di vostra nipote, signori Walker.» dichiara Ashton, facendomi salire gli ormoni alle stelle.
Vabbè, chi se ne frega più dell'Europa e di mio padre, voglio rimanere qui in eterno con Ashton Irwin e Calum Hood, addio.
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Verso la fine della cena, l'unico che non ha interagito è Michael. E ovviamente nemmeno Ross ha spiccicato parola.
Così zia Beth decide di fare la ficcanaso e parte all'attacco.
«Michael, mi sembra di averti già conosciuto da qualche altra parte, ma non ricordo dove.»
«È molto probabile, dato che vengo tutti i fine settimana a prendere Ashton con la mia macchina.» risponde atono, lanciando ogni tanto qualche occhiata a Ross.
«No, io intendo prima. Ad esempio, eri per caso un compagno di classe di Rick e Ross quando eravate piccoli? Può darsi che tu sia venuto qualche volta qui a giocare con loro?» continua lei, con quella sua vocina stridula da ficcanaso.
«Può darsi che io abbia dimenticato, signora Walker.»
Ross si alza di scatto da tavola, facendo strisciare la sedia sul pavimento e sparendo al piano di sopra, probabilmente nella sua stanza.
«Scusatelo, Ross ha un caratteraccio e spesso si arrabbia per delle piccole cose prive di senso.» si scusa, sorridendo falsamente agli ospiti.
«Lo so. Me lo ricordo benissimo.» sussurra impercettibilmente Michael al mio fianco.
«Va' di sopra a parlargli.» gli intimo, cercando di non farmi sentire da nessun'altro all'infuori di Michael.
«Perché dovrei? Non siamo nemmeno amici.» mi risponde, con un tono quasi strafottente e derisorio.
Mi alzo anche io da tavola, ignorando i richiami di mio zio e mia zia, e vado di sopra, dalla stanza di Ross.
C'è la musica a tutto volume, ma nonostante ciò riesco a sentire dei forti singhiozzi.
Provo ad aprire la porta, ma è chiusa, così busso delicatamente.
«Cosa vuoi?» chiede con la voce tremolante e tirando su col naso un paio di volte.
«Non dover più condividere l'ossigeno con le simpaticissime persone al piano di sotto.»
Sento qualcosa muoversi all'interno della stanza e poi la voce debole di Ross che dice «Entra, è aperto.»
Appena mi richiudo la porta alle spalle, Ross mi fa cenno di bloccarla, indicando la chiave sulla sua scrivania.
«Hey, perché io non ho una chiave per la porta di camera mia?» sbuffo scherzosamente, non suscitando nessuna risposta in Ross, sdraiato sul letto con la faccia schiacciata contro il cuscino.
Mi avvicino cautamente a lui, coricandomi sul fianco e accarezzandogli dolcemente la schiena.
Dopo eterni minuti di silenzio, «Anche lui lo faceva.» dice, con la voce carica di tristezza, «Quando mi arrabbiavo per qualcosa o ero triste, Michael...» un singhiozzo lo scuote e lui cerca di annegare le lacrime contro il cuscino, «Michael mi massaggiava la schiena, più o meno come stai facendo tu adesso.»
«Se vuoi che smetta--»
«No! No, è... Mi aiuta a calmarmi.» balbetta, sospirando infine.
Così continuo ad accarezzargli dolcemente la schiena finché non si addormenta, e quando sono sicura che stia dormendo, mi avvicino allo stereo e abbasso il volume, per poi uscire e richiudere la porta a chiave, lanciandogliela da sotto la porta.
Mi giro lentamente in direzione della mia camera, ma, prima che possa muovere un passo, una mano mi prende per il polso destro e mi fa voltare.
Quando mi ritrovo davanti il viso di Michael il primo istinto è quello di prenderlo a pugni, ma credo che lui l'abbia potuto intuire, dato che mi blocca anche l'altro polso.
«Cosa vuoi?» sbotto, mantenendo un tono di voce basso e cercando di liberarmi dalla sua presa, senza riuscirci ovviamente.
«Come sta?» chiede, sussurrando, con un leggero tremore nella voce.
«Secondo te? E comunque non credo siano affari tuoi.» gli rispondo, intenzionata ad andarmene, ma Michael mi blocca ancora.
«Voglio solo che stia bene senza di me.» sospira, «Potresti, uhm, tenerlo d'occhio da parte mia? Nel senso,» si passa freneticamente una mano tra i capelli, cercando le parole, «spronarlo a studiare, stargli vicino nei momenti di difficoltà, convincerlo a non andare a certe feste... Cose del genere, insomma. Magari tenendomi informato di tanto in tanto.»
«Credo tu abbia scelto la persona sbagliata per indicargli la retta via.» ridacchio amaramente, «Non sono una studentessa modello, per niente. Preferisco andare ad una festa ed ubriacarmi fino al vomito per annegare tutto l'odio e la rabbia che ho intorno e dentro di me nell'alcool, piuttosto che studiare inutili materie di cui non me ne importa niente. E se anche fossero utili o mi importassero in qualche modo, farei schifo lo stesso perché non so fare altro.» poi mi volto, intenzionata ad andarmene in camera mia, ma «Comunque ci proverò.» aggiungo, continuando a camminare.
«Grazie, Johanna.» sussurra, scendendo poi le scale.
È sempre entusiasmante fare patti con il diavolo.
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